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Sezione I civile; sentenza 29 agosto 1963 n. 2391; Pres. Celentano P., Est. Giannattasio, P. M....

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Sezione I civile; sentenza 29 agosto 1963 n. 2391; Pres. Celentano P., Est. Giannattasio, P. M. Cutrupia (concl. diff.); Vaselli (Avv. Scandale) c. Finanze (Avv. dello Stato Masi) Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 8 (1963), pp. 1609/1610-1613/1614 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23153327 . Accessed: 28/06/2014 07:48 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 07:48:29 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 29 agosto 1963 n. 2391; Pres. Celentano P., Est. Giannattasio, P. M.Cutrupia (concl. diff.); Vaselli (Avv. Scandale) c. Finanze (Avv. dello Stato Masi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 8 (1963), pp. 1609/1610-1613/1614Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153327 .

Accessed: 28/06/2014 07:48

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

menti ordinatori, anche ai provvedimenti decisori del giu dioe delegato, incidenti comunque su diritti soggettivi.

Bitiene la Corte di lion poter eondividero questa inter

pretazione della legge fallimentare e degli artiooli impugnati. II decreto 16 marzo 1942 contiene una disciplina del

fallimento, la quale, mentre si ispira alle particolari esigenze delle procedure concorsuali, si inquadra nel sistema del

rordinamento giuridico e trova in questo i suoi limiti. In

particolare, la tutela degli interessi generali, a cui e diretta

la speciale procedura fallimentare, si integra e si armonizza, nell'unita deH'ordinamento, con la tutela dei diritti sog

gettivi garantiti dal diritto comune.

Su la base di tali premesse va considerata la disposi zione dell'art. 26 legge fallimentare, relativa al reclamo al

tribunale contro i decreti del giudice delegato, da proporre entro tre giorni dalla data.

La norma si collega ai poteri di direzione amministra

tiva del fallimento, attribuiti al giudice delegato dal prece dente art. 25, e si ispira, da una parte, aU'esigenza di ren

der® possibile, nell'mterno dell'amministrazione fallimen

tare, una revisione dei provvedimenti del giudice, even

tualmente lesivi degli interessi del reclamante ; dall'altra,

all'esigenza di rapiditä delle operazioni fallimentari. Ciõ

spiega il carattere esecutorio attribuito al provvedimento del giudice, la brevitä del termine per ricorrere e l'esaurirsi

del reclamo noll'ambito della procedura fallimentare.

Non si puõ, invece, ritenere che la norma dell'art. 26

si riferisca a provvedimenti emessi dal giudice delegato nell'esercizio di funzioni di cognizione, aventi per oggetto diritti soggettivi. Ciõ & escluso sia dalla stessa struttura

del reclamo da essa previsto, sia dalle forme e dalle garanzie di tutela dei diritti soggettivi, assicurate daH'ordinamento

generale. Quanto alia struttura del reclamo, e da notare

che e legittimato a proporlo « chiunque vi abbia interesse » ;

che e deciso in camera di consiglio, con decreto per il quale

non si richiede motivazione ; infine, che non sospende la

esecuzione : elementi, questi, che, normalmente, non sono

propri, secondo il nostro ordinamento, dei rimedi destinati

alia tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi. D'altra parte, l'applicazione dell'art. 26 a,i provvedi

menti del giudice delegato che decidono su diritti soggettivi

porterebbe a una decadenza dall'esercizio dell'impugnativa

di essi nel predetto termine di tre giorni, decorrenti dalla

data del provvedimento, indipendentemente dalla effettiva

conoscenza di esso da parte dell'interessato. Ora, non sol

tanto la brevitä del termine renderebbe eccessivamente

difficile l'esercizio della tutela del diritto, sopra tutto per

chi al momento della emanazione del decreto sia ancora

fuori della procedura fallimentare (caso dell'associato in

partecipazione), ma la mancanza di ogni garanzia di pub

blicitä, o, comunque, di conoscenza del provvedimento

stesso da parte del terzo interessato potrebbe, di fatto,

rendere addirittura impossibile l'esperimento del ricorso :

si avrebbe, cioõ, l'incongruita del decadere dall'impugnativa

di un provvedimento lesivo di un diritto prima di averne

avuto conoscenza, sia legale sia di fatto. Tutto ciõ contra

sterebbe con i principi che esigono la congruitä dei ter

mini di decadenza, in generale (arg. ex art. 2965 cod. civ.) ;

con i principi che stabiliscono la decorrenza dei termini

delle impugnazioni dalla conoscenza dell'atto impugnabile,

o quanto meno dal fatto che l'emanazione di esso sia stata

portata nella sfera di conoscibilitä degli interessati all'im

pugnativa (art. 326, 327, capov., cod. proc. civ.); con i

principi, infine, che vogliono assicurata la effettivitä del

l'esercizio del diritto di difesa (sent, di questa Corte n. 93

del 1962, Foro it., 1962, I, 2161). 6 perciõ da escludere che la tutela pubblicistica degli

interessi generali, a cui si informa la disciplina della proce

dura fallimentare e che tende a imprimere a questa carat

teri di rapiditä e di scioltezza, possa portare a situazioni

nelle quali si abbia, non giä una limitazione o un affievo

limento dei diritti soggettivi, ma addirittura l'impossibilita

di una loro tutela giurisdizionale.

Va, pertanto, riconosciuto che esattamente la giurispru

denza e la dottrina dominanti hanno ritenuto che l'art. 26

legge fallimentare non si applica ai provvedimenti deci

sori del giudice delegato, incidenti su diritti soggettivi,

quale il prowedimento previsto dall'art. 77 della stessa

legge (ingixinzione all'associato in partecipazione di versare

la parte ancora dovuta dei conferimenti, nei limiti delle

perdite a suo carieo) : prowedimento che e, conseguente

mente, impugnabile eon opposizione, secondo le norme del

diritto eomune (art. 645 cod. proc. civile). Ne possono trarsi argomenti contrari all'interpretazione

qui esposta dagli art. 242 e 258 della legge, a cui fa riferi

mento l'ordinanza. Trattasi, infatti, di norme transitorie,

le quali disponevano clie le forme del procedimento sta

bilite dalla legge stessa si applicavano anche ai fallimenti

in corso (art. 242), e che, nei giudizi contro i soci per i ver

samenti ancora dovuti, la causa veniva rimessa dal tri

bunale al giudice delegato, perche questo provvedesse nei

termini dell'art. 150 (art. 258). Ma 6 chiaro che le procedure stabilite dalla nuova legge si applicavano ai fallimenti in

corso nei limiti ad esso propri, e che la rimessione al giudice

delegato dei giudizi in corso per versamenti dei soci non

implicava che il prowedimento da lui emesso a termini

dell'art. 150 non potesse essere impugnato con la comune

opposizione ai decreti ingiuntivi, se questa impugnabilitä discende dal sistema. Anzi, potrebbe dirsi che la norma

transitoria conferma questa impugnabilitä, perchö altri

menti le parti sarebbero state private, in pendenza del

giudizio, della garanzia del procedimento comune : vale a

dire, lo ius superveniens, peggiorando la posizione proces suale delle parti, avrebbe ridotto la tutela dei loro diritti

soggettivi. In base alle esposte considerazioni, la questione di le„rit

timitä, costituzionale dell'art. 26 legge fallimentare si rivela

infondata, in quanto la norma di esso, che prevede il reclamo

al tribunale contro i prowedimenti del giudice delegato entro il termine di tre giorni dalla data, non si applica alle

impugnative dei prowedimenti decisori dello stesso giu

dice, e pertanto non e in contrasto con l'art. 24, 1° comma,

della Costituzione. Come questa Corte ha giä avuto occa

sione di affermare, si puõ assumere la violazione dell'art.

24 Cost, solo quando il legislatore abbia limitato la difesa

processuale di un diritto da esso stesso attribuito o rico

nosciuto (sent. n. 57 del 1962, Foro it., 1962. I, 1073). Per le stesse ragioni deve ritenersi non fondata la que

stione di legittimita costituzionale del medesimo art. 26,

2° comma, e dell'art. 23, ult. comma, della stessa legge

fallimentare, in riferimento all'art. Ill, 2° comma, Cost,

in quanto dalla esposta interpretazione dell'art. 26, 1°

comma, discende che le norme del 2° comma di esso e del

l'ult. comma dell'art. 23 non si applicano ai predet.ti prov vedimenti decisori del giudice delegato.

Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di legittimitä costituzionale degli art. 23, ult. comma, e

26, 1° e 2° comma, del r. decreto 16 marzo 1942 n. 267,

recante norme sulla disciplina del fallimento, in riferimento

agli art. 24, 1° comma, e 111, 2° comma, della Costituzione.

CORTE SUPREMA UI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 29 agosto 1963 n. 2391 ; Pres.

Celentano P., Est. Giannattasio, P. M. Cutrufia

(concl. diff.) ; Vaselli (Aw, Scandale) c. Finanze

(Aw. dello Stato Masi).

(Oonferma 0. centrale 30 giugno 1961, n. 80973)

Tassa sulle succession! — Azienda — Denuncia del

valore dei singoli elementi — Accertamento di

maggior valore — Unico valore — Ammissibi

litä (Cod. civ., art. 2555 ; r. d. 1. 26 settembre 1935

n. 1749, provvedimenti in materia di tasse sugli affari.

art. 11 ; r. d. 1. 7 agosto 1936 n. 1639, riforma degli

ordinamenti tributari, art. 19, 21).

L'accertamento del maggior valore di un'azienda caduta in

successione puö effettuarsi, ai fini della imposta relativa,

Il Fobo Italiano — Volume LXXXV1 — Parte /-103.

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1611 PARTE PRIMA 1612

con Vindicazione di un valore unico, ancorche il cmtri

buente abbia denunciato quello dei singoli elementi azien

dali. (1)

La Corte, ecc. — Con l'unico motivo le rioorrenti de

nunciano la violazione degli art. 19 e 21 del r. decreto legge 7 agosto 1936 n. 1639, e 11 del r. decreto 26 settembre 1935

n. 1749, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ. e sostengono la nullita dell'avviso di accertamento di ruaggior valore

della Azienda relitta dal Monti, in quanto, alia specifica zione dei singoli elementi aziendali, contenuta nella de

nuncia di successione, l'ufficio contrappose un unico va

lore per la totality dell'azienda. Secondo le ricorrenti, a

norma del ricordato art. 21, sotto sanzione di invaliditä

dell'accertamento, l'ufficio avebbe dovuto specificare il

valore rettificato di ogni singolo bene. Ciõ si dice, alio scopo di consentire il contraddittorio dinanzi agli organi giurisdi zionali e di permettere al contribuente di poter compiuta mente opporre valore a valore. Negano le ricorrenti che

esiste o possa esistere, nel nostro ordinamento, una disposi zione che consideri unitariamente le aziende ai fini della

loro valutazione, e ciõ perche le aziende noil sono un solo

bene, ma la somma di una serie di beni. Lo stesso art. 11

del decreto n. 1749 del 1935, citato dall'impugnata decisione,

per sostenere il contrario, non sarebbe stato bene inter

pretato, perche esso del resto l'art. 19 del decreto n. 1639

del 1936 ribadisce l'obbligo dell'ufficio di stabilire il valore in relazione a eiascun elemento dell'azienda.

Questo Supremo collegio osserva che la risoluzione del

problema sottoposto al suo esame poggia sulla interpreta zione da darsi a tre disposizioni di legge e precisamente all'art. 21 capov. del r. decreto legge 7 agosto 1936 n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari, che e cosi conce

pito : «In contrapposto ai prezzi, corrispettivi o valori diehiarati o determinati, l'ufficio, iiell'avviso di accerta

mento, indicherä quel valore che l'Ammmistrazione reputa doversi attribuire a ciascuno dei beni, escludendone quelli per i quali l'ufficio ritenesse congruo il valore, prezzo o

corrispettivo dichiarato o determinato . . », all'art. 19 dello

stesso decreto, per il quale « nei trasferimenti a qualunque titolo di aziende industriali o commerciali e di quote di

compartecipazione in societa di commercio, rAmministra

zione, per determinare la quantitä ed il valore delle merci

esistenti al giorno del trasferimento, la specie ed il valore

degli altri beni di ogni natura, compresi l'avviamento e i diritti di privativa, ha diritto di esaminare i libri di com mercio e tiene conto delle risultanze di essi, degli accerta menti compiuti per le imposte dirette e di ogni altro idoneo

elemento»; l'art. 11 del r. decreto 26 settembre 1935 n. 1749, per il quale «le aziende di industria e di commercio ricadenti neile successioni devono essere distintamente denunciate nei singoli elementi di cui constano, compreso il valore di avviamento, nella parte attiva della denuncia e le passivitä devono essere denunciate, nei loro singoli ele

menti, nella parte passiva della denuncia k giustificata nei modi vigenti. In questo caso il passivo giustificato e da ammettersi per intero anche se eccede l'attivo aziendale ».

Va subito, poi, rilevato che il problema e posto per la

prima volta all'esame della Corte suprema. La sentenza 21 dicembre 1960, n. 3303 (Foro it., 1961,

I, 226), invocata dalle ricorrenti, e che fornisce una certa

interpretazione del ricordato art. 21 del r. decreto n. 1639 del 1936 si riferiva ad una fattispecie assolutamente diversa, e cioõ ad una denuncia di successione, nella quale erano

(1) Non constano precedenti in termini. La sentenza Cass. 21 dicembre 1960, n. 3303, richiamata in motivazione, leggesi in questa rivista, 1961, I, 226, con nota di richiami.

Da Comm. prov. imp. Caserta 7 febbraio 1958, e stata estratta, in Rass. dir. pubbl., 1959, II, 18, la seguente massima, l'iprodotta nel Rep. 1959, voce Tassa sulle successioni, n. 34 : se il contribuente denuncia agli effetti dell'imposta di succes sione beni mobili ed ex aziendali relitti nella massa ereditaria separati e distinti gli uni dagli altri, e non costituenti una. uni versitas iuris, non puõ l'ufficio procedere a giudizio di congruitA del valore di essi.

stati indicati numerosi immobili, a ciascuno dei quali era.

stato attribuito un valore, salva la specificazione dell'im

porto complessivo, laddove nell'avviso di due accertamenti era stato unicameiite indicato il valore complessivamente a tali immobili attribuito. La fattispecie iu esame riguarda il trasferimento mortis causa di una azienda, per cui il

problema si traduce nello stabilire, in primo luogo, quale e la conseguenza, ai fini tributari, del coordinamento fun zionale dei beni costituenti l'azienda ; ed in secondo luogo, anche ammesso che, agli indicati fini, detti beni conser vino la propria autonomia, quale e la conseguenza, nell'accer tamento dell'ufficio, della mancata espressa specificamente del maggior valore attribuito ad ogni singolo elemento, per il quale sia stato ritenuto incongruo il valore dichiarato dal contribuente.

Si rileva, al riguardo, che la legislazione tributaria non fornisce una nozione particolare dell'azienda, per la cui

definizione, anche ai fini tributari occorre far riferimento a

quella generale contenuta nell'art. 2555 cod. civ. per la

quale l'azienda e il complesso dei beni organizzati dall'im

prenditore per l'esercizio dell'impresa. E poiclie per gli art. 2558, 2559 e 2560 la cessione dell'azienda importa la successione nei contratti, la cessione dei crediti e dei debiti

gravanti nell'azienda stessa, viene in tal modo a delinearsi la sua natura giuridica, che puõ definirsi una universitas

rerwm, comprendente cose corporali (mobili ed immobili). cose immateriali, compreso l'avviamento, rapporti giuri dici di lavoro con il personale, debiti e crediti con la clien tela, elementi questi uuificati tutti dalla volontä del tito lare in vista dello scopo perseguito, unificato cioe nel senso funzionale della destinazione ad un fine comune (Cass. 28 dicembre 1960, n. 3157, Foro it., Rep. 1960, voce Azienda, n. 25 ; 6 maggio 1955, n. 1417, id., Eep. 1955, voce cit., n. 12 ; 21 gennaio 1953, n. 150, id., 1954, I, 628 ; 23 luglio 1952, n. 2319, id., Rep. 1952, voce Begistro, nn. 376, 377). Oltre a quelle giä eitate tutta una serie di disposizioni (art. 2565, 2573, 2112, 2610, 2427 cod. civ., 670 cod. proc. civ.) consentono, poi, di delineare ancora meglio una configura zione unitaria dell'azienda, che e quindi un oggetto nuovo ed unitario distinto dai singoli beni aziendali, sia che tale autonomo oggetto si rinvenga nel complesso aziendale, sia che lo si riporti ad un bene immateriale distinto dal complesso aziendale sebbene ad esso minimamente.

Se ciõ õ esatto e se per l'art. 21 del r. decreto n. 1639 del 1936 l'ufficio deve indicare, nell'avviso di accertamento, il valore che reputa attribuire a ciascun bene e se per deter -

minare i detti valori ha facoltä per il precedente art. 19 di esaminare i libri di commercio e di tener conto di altri accertamenti compiuti, occorre pienamente tali disposizioni ove nell'avviso specifichi il valore di quel bene unitario che c

l'azienda, anche se per giungere a tale valutazione deve pren dere in considerazione i singoli elementi dell'azienda, e ciofe le merci, l'avviamento e cosi via.

Ne puõ dirsi, che, in tal modo, l'avviso di accertamento difetti di requisiti formali o sostanziali per la sua validitä, perchfe allorquando l'avviso indica il soggetto passivo del

l'imposizione, e la base imponibile, esso e completo, e non e richiesta alcuna ulteriore motivazione o specificazione, che

puõ essere certamente utile, ma non e necessaria e la sua mancanza, in difetto di specifica dichiarazione di legge, non importa, sicuramente nullitä.

Ciõ si desume, del resto, dallo stesso art. 11 del r. decreto

legge 26 settembre 1935 n. 1749, che obbliga il contribuente di denunciare, nei singoli elementi attivi e passivi, compreso l'avviamento, l'azienda commerciale che appartenga ad un

singolo proprietario. Tale disposizione, che ha lo scopo di consentire che, ove i debiti risultino dimostrati nei modi

prescritti dagli art. da 45 a 50 della legge sulle succes sion^ essi possono essere portati in detrazione della altra

partita denunciata, e che, abilitando il contribuente a far incidere i debiti aziendali su attivita patrimoniali comprese nel relictum ma estranee alia azienda, 6 in sostanza una norma di favore per il contribuente, fa derivare, dalla sua

inosservanza, una sanzione relativa alia detrazione delle

passivity, senza alcuna incidenza sulla validitä della de nuncia : correlativamente, l'inosservanza, da parte dell'uf

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1613 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1614

ficio, della specificazione dei valori dei singoli elementi co

stitutivi dell'azienda, noil puõ portare ad una nullita

dell'avviso di accertamento, ohe non sia stabilita dalla legge. Per questi motivi, rigetta, ece.

CORTE SUPREMA Dl CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 29 agosto 1963, n. 2381 ; Pres.

Vistoso P., Est. Di Majo, P. M. Pedace (conel. conf.); Comune di Viareggio (Aw. Nigbo) o. Societä. gestione meroati ortofrutticoli-S.o.g.e.m.o. (Aw. Sorrentino).

(Oonferma A pp. Firenze 23 marzo 1962)

Fiera e mcreati —- Mercati ortofrutticoli — Nuova

Icjjisluzionc — Elfelti sulle concessioni preesi stenti (Legge 25 marzo 1959 n. 125, commercio al

l'iiigrosso di prodotti ortofrutticoli, carni e ittioi, art.

5, 16).

Per il solo fatto dell'entrata in vigore della legge n. 125 del

1959, non si estingue automaticamente il rapporto di

eoncessione di mercato ortofruttieolo tra il comune ed

un ente non contemplato nella legge stessa. (1)

La Corte, ecc. —■ Con il primo mezzo il ricorrente Co

mune di Yiareggio denunoia la violazione e falsa appli cazione di tutte le norme contenute nella legge 25 marzo

1959 n. 125, e particolarmente degli art. 5 e 16, nonche

dell'art. 1227 cod. civ., in relazione all'art. 360, nn. 3

e 5, cod. proc. civ. Sostiene il Comune che con l'entrata

in vigore della nuova disciplina legislativa sono rimasti

estinti i preesistenti rapporti di concessions dei mercati

ortofrutticoli con conseguente carenza di legittimazione della S.o.g.e.m.o. a proporre domande intese ad ottenere

dal Comune l'adempimento delle obbligazioni nascenti

dalla convenzione cui era subentrato un rapporto precario che traeva la sua fonte dal puro fatto della gestione ed

era risolubile in qualsiasi momento da entrambe le parti. Ancke se il Consiglio di Stato, decidendo sui ricorsi della

S.o.g.e.m.o. avverso la deliberazione del 23 agosto 1959

del Comune di Viareggio aveva osservato che la legge n. 125

del 1959 ha creato la figura del gestore di diritto dichia

rando conseguentemente inammissibile il ricorso della

S.o.g.e.m.o., perche proposto da un mero gestore di fatto.

La Corte del merito, ad avviso del ricorrente, avrebbe er

rato nell'interpretazione delle singole norme esaminate

ed avrebbe soprattutto travisato lo spirito della legge n. 125 del 1959 che ha non solo modificato il regime giu

ridico della gestione dei mercati ortofrutticoli, ma l'ha

t.rasformato radicalmente, basandolo su principi antitetici

a quelli anteriormente in vigore : liberalizzazione del com

meroio all'ingrosso, inderogabile determinazione dei sog

(1) La sentenza confermata, App. Firenze 23 marzo 1062, 6 riassunta nel nostro Rep. 1962, voce Fiera e mercati, nn. 5-7.

La decislone, resa fra le stesse parti dal Cons. Stato, Sez.

V, 27 settembre 1960, n. 684, e di cui 6 cenno nella motivazione

dell'annotata sentenza, ha negato la qualifica di «ente gestore di un mercato » a chi, all'entrata in vigore della legge n. 125

del 1959, gestiva di fatto in virtü di concessione amministrativa

e puA leggersi in questa rivista, 1960, III, 178.

Per l'automatica cessazione, all'entrata in vigore della

legge piü volte eitata, dei regolamenti di mercati comunali

all'ingrosso con diritto di privativa, incompatibili con la legge

stessa, Cass. 18 ottobre 1961, n. 2228, id., 1962, I, 1762, cdn

ampia nota di richiami. La nuova legislazione che, in fase di progetto, aveva riscosso

le critiche di M. S. Oi annini, giä ricordata nella nota redazionale

appena eitata, ha formato oggetto delle circolari Min. ind. 11

aprile 1959, n. 15600 (Man. amm., 1959, 224; Nuova rassegna,

1959, 853 ; Ammin. loc., 1959, 486 ; Corriere amm., 1959, 1003) e 4 novembre 1959, n. 15100.60.4 (Cons. Stato, 1959, II, 325) ;

e dei commenti di: BongiovANNINI, in Dir. economia, 1959,

1019; Veglia, in Nuova rassegna, 1959, 892; Manitto. ibid.,

475 ; Fbandini, in Ammin. loc., 1959, 230, 312.

getti legittimati a gestire il mercato, aggravamento del

procedimento di concessione, disciplina concreta delle

modalita della gestione. Attesa la contrapposizione fra

le due discipline, era venuta a determinarsi una automatica

soluzione di continuitä della gestione dei mercati giä istituiti.

Specifioamente, aggiunge il Comune, la Corte fiorentina

non avrebbe rettamente inteso l'art. 5 che e la norma

cardine del sistema, perche questo precetto si applies, anche alle preesistenti concessioni. Sostenendo il con

trario la Corte ha affermato ehe l'approvazione del pre fetto, attenendo alViter formativo del rapporto di con

oessione-eontratto, opera solo per le future concessioni. ma si tratta di una mera petizione di principio, in quanto si dä per presupposto ciõ ehe e invece oggetto della dimo

strazione : la continuitä delle concessioni. II controllo

prefettizio e cosi ampio e profondo e connaturato al si

stema clie non puõ pensarsi che ad esso si sottragga la

gestione dei mercati giä istituiti.

La censura e infondata.

La Corte del merito lia fatto esatta applicazione della

legge allorclie ha ritenuto, confermando l'analogo giu dizio espresso dal Tribunale, che la nuova disciplina di

cui alia legge n. 125 del 1959 sui mercati ortofrutticoli

non aveva travolto la concessione-contratto intervenuta

nel 1951-52 tra il Comune e la S.o.g.e.m.o. e tuttora ope rante in linea di fatto. Per vero e da considerare che un

diritto, quale era quello derivante indubbiamente alia

S.o.g.e.m.o. dalla cennata conyenzione per l'esercizio del

mercato ortofrutticolo di Viareggio, si sarebbe potuto ri

tenere automaticamente estinto, al sopraggiungere della

legge n. 125 del 1959, solo se tale estinzione si fosse po tuta desumere, sia pure in modo implicito, dal senso della

legge stessa. Ora, e certo che una disposizione esplicita in tal senso invano si ricerca nel complesso delle disposizioni

legislative in esame. E non la si ritrova neppure in modo

implicito ; che anzi dall'art. 16 (il quale dispone testual

mente che «la presente legge si applica anche ai mercati

all'ingrosso esistenti alia data della sua pubblicazione e, dalla data stessa, cessano di aver vigore le disposizioni di regolamento dei predetti mercati, che risultmo incom

patibili con le norme in esso contenute») h dato agevol mente desumere che, lungi dall'affermarsi un'efficacia

distruttiva dei precedenti rapporti, questi ultimi invece

si intendono conservare sol che si conformino ad alcune

delle nuove norme che, con quelle precedenti, risultino

incompatibili (cfr. sent. n. 2228 del 1961, Foro it., 1962,

I, 1762). La legge ha quindi considerato esistenti i mer

cati all'ingrosso gia istituiti ed ha esteso agli stessi alcune

soltanto delle nuove norme. II problema, che era perciõ in definitiva di interpretazione di norme in una successione"

di leggi, implicava questa sola sostanziale indagine : fino

a qua! punto il cennato diritto della S.o.g.e.m.o., che

era nato in epoca anteriore alia nuova legge, potesse svol

gere i suoi perduranti effetti anche alia stregua delle nuove

norme. Ed una volta escluso in radice che il diritto stesso, come si diceva, fosse caduto nel nulla, ogni ulteriore pro blema di adeguamento dei precostituiti rapporti fra Co

mune e S.o.g.e.m.o. alia nuova disciplina avrebbe richiesto

sicuramente una iniziativa (che si sarebbe potuta espli care anche con la revoca della concessione), iniziativa

che non vi 6 stata da parte del Comune concedente, di

talche, in siffatta situazione, doveva ritenersi, come cor

rettamente b stato ritenuto dalla Corte fiorentina, la

persistente efficacia di quel rapporto di concessione che

per la legge del tempo in cui era sorta cristallizzava diritti

perfetti scaturenti, per le parti contraenti, dalla conven

zione collegata alia concessione medesima.

Nö ha pregio l'argomento del ricorrente che fa perno sull'art. 5 della legge in cui si disciplina l'istituzione dei

mercati e la concessione della loro gestione, prescrivendosi che tale concessione põssa essere attuata soltanto nei

confronti di «enti o consorzi economici nei settori della

produzione, del commercio e della lavorazione dei prodotti stessi ». Se con il 4° comma di detto articolo, che segue immediatamente al comma che prescrive per i concessio

nari il possesso delle suddette quality, si e sancito «che

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