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sezione I civile; sentenza 29 aprile 1999, n. 4322; Pres. Grieco, Est. Milani, P.M. Gambardella...

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sezione I civile; sentenza 29 aprile 1999, n. 4322; Pres. Grieco, Est. Milani, P.M. Gambardella (concl. conf.); Soc. Scurci &D'Orazio (Avv. Castelli, Tatone) c. Centurione. Dichiara inammissibile ricorso avverso Trib. Pescara, ord. 11 marzo 1997 Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 9 (SETTEMBRE 1999), pp. 2551/2552-2561/2562 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193624 . Accessed: 25/06/2014 03:09 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.47 on Wed, 25 Jun 2014 03:09:05 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 29 aprile 1999, n. 4322; Pres. Grieco, Est. Milani, P.M. Gambardella(concl. conf.); Soc. Scurci &D'Orazio (Avv. Castelli, Tatone) c. Centurione. Dichiara inammissibilericorso avverso Trib. Pescara, ord. 11 marzo 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 9 (SETTEMBRE 1999), pp. 2551/2552-2561/2562Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193624 .

Accessed: 25/06/2014 03:09

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2551 PARTE PRIMA 2552

CORTE DI CASSAZIONE; sezione i civile; sentenza 3 maggio

1999, n. 4397; Pres. R. Sgroi, Est. Losavio, P.M. Schirò

(conci, conf.); Angelillo (Avv. Di Cagno) c. Comune di Gioia

del Colle; Comune di Gioia del Colle (Avv. De Leonardis,

Lorusso) c. Angelillo. Conferma App. Bari 14 marzo 1996.

Arbitrato e compromesso — Arbitrato rituale — Lodo del 1991 — Impugnazione — Notifica al difensore — Validità (Cod.

proc. civ., art. 141, 330, 827, 828).

È valida la notificazione dell'atto di impugnazione per nullità

di lodo arbitrale rituale del 1991 eseguita alla parte vittoriosa

nel domicilio dalla medesima eletto presso il difensore nel pro cedimento avanti gli arbitri. (1)

Motivi della decisione. — (Omissis) 3. - Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente deduce violazione degli art. 137,

139, 141 e 330 c.p.c. e dell'art. 43 c.c., nonché omesso esame

di punti decisivi della controversia e lamenta che la corte di

merito abbia ritenuto la validità della notificazione dell'atto di

impugnazione del lodo, eseguita nel domicilio eletto presso il

difensore che aveva assistito l'Angelillo nel giudizio arbitrale, non abbia tenuto conto della nuova elezione di domicilio conte

nuta nel precetto notificato contestualmente al lodo arbitrale, abbia ritenuto la validità della ulteriore notificazione «indiriz

zata personalmente al sig. Angelillo Giuseppe» ed eseguita in

luogo indicato come suo domicilio, ma non corrispondente né

alla sede dell'impresa individuale né alla residenza del destina

tario, con consegna di copia a tale Angelillo Annunziata, nep

pure identificata come convivente di Angelillo Giuseppe. Il motivo è infondato.

Con piena ragione la corte di merito ha ritenuto la validità

della notificazione dell'impugnazione per nullità del lodo arbi

trale eseguita nella specie presso il difensore costituito nel giudi zio arbitrale e domiciliatario della parte, con tale pronuncia ade

guandosi al consolidato orientamento della giurisprudenza di

legittimità (Cass., sez. un., n. 6596 del 1981, Foro it., Rep.

1983, voce Arbitrato, n. 110; n. 293 del 1982, id., 1982, I, 683; n. 5922 del 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 101; sez. I n.

(1) La prima sezione civile formula la riassunta enunciazione riba dendone la riconducibilità ad orientamento giurisprudenziale dalla me desima prima sezione definito «consolidato».

In realtà, però, le cose non stanno nel modo rappresentato, con su

perficialità e disinformazione, dalla riportata sentenza. Con sent. 14 gennaio 1999, n. 345, Foro it., 1999, I, 1089, con osser

vazioni di C.M. Barone (pubblicata, quindi, quasi quattro mesi prima della riprodotta sent. n. 4397 del 1999, ma, ciò malgrado, da questa inspiegabilmente ignorata!), la stessa prima sezione civile (est. Carbone) ha riesaminato a fondo la tendenza (ora pedissequamente ribadita dalla

corte), escludendone recisamente la indiscriminata invocabilità. La ri cordata sent. n. 345 del 1999, all'esito di una esaustiva valutazione dei

molteplici profili giuridicamente rilevanti ai fini del decidere, ha, inve

ro, reputato valida la notifica dell'impugnazione per nullità del lodo

eseguita alla parte vittoriosa presso il difensore domiciliatario nel pro cedimento arbitrale solo «allorché l'elezione di domicilio sia stata inse rita» nel contratto «e l'obbligatorietà della notifica al domicilio eletto sia stata espressamente richiesta per i rapporti fra le parti del contrat to» medesimo. In difetto di tali condizioni, necessarie per l'applicabili tà del 2° comma dell'art. 141 c.p.c. — ha soggiunto la citata sent, n. 345 del 1999 — «la notifica dell'impugnazione presso un procuratore ritenuto erroneamente domiciliatario della controparte è inesistente e determina l'inammissibilità dell'impugnazione».

Ponendosi in inconsapevole contrasto con la or menzionata ben più approfondita sent. n. 345 del 1999, la pronuncia in rassegna ne disat

tende, sempre inconsapevolmente, le acquisizioni, alla stregua, però, di una approssimativa e lacunosa considerazione dei vari profili della

questione controversa, che risulta, così, decisa, in maniera sommaria e superficiale, soltanto attraverso la pedissequa riesumazione di tauto

logiche e tralaticie propalazioni, definitivamente messe in crisi dalle pun tuali ed articolate argomentazioni della ignorata Cass. n. 345 del 1999. E poiché l'or evidenziato contrasto appare alimentato da esternazioni inattendibili ed errate, del tipo di quelle, sic et simpliciter, reiterate dal la riportata sentenza, si impone una sollecita riconsiderazione della que stione, mediante il suo doveroso ancoraggio alle acquisizioni della ripe tuta Cass. n. 345 del 1999, che, in quanto basate, per un verso, su attenta disamina del rapporto tra l'art. 47 c.c. e l'art. 141 c.p.c., e, per altro verso su puntuale e rigorosa ricostruzione della portata del 2° comma di tale norma, si pongono, ormai, come sicuri e imprescindi bili punti di riferimento per ogni seria indagine sul tema in discussione.

[C.M. Barone]

Il Foro Italiano — 1999.

7597 del 1990, id., Rep. 1991, voce cit., n. 165), secondo cui

la notificazione in tale forma è validamente effettuata, benché

non sia applicabile la disciplina di cui all'art. 330, 1° comma, seconda ipotesi, c.p.c. («tenuto conto che il rapporto tra la par te e il suo difensore nel giudizio arbitrale si svolge sul piano meramente contrattuale del mandato con rappresentanza»), per ché la ricezione dell'impugnazione rientra tra gli adempimenti che incombono al difensore domiciliatario per la definizione del

giudizio arbitrale sul fondamento, in particolare, dell'art. 141, 2° comma, c.p.c. Non attiene dunque alla fattispecie la giuris

prudenza di questa corte richiamata dal ricorrente, che in tema

di notificazione del lodo arbitrale afferma il principio generale secondo cui la notificazione alla parte personalmente è idonea

a far decorrere il termine breve per la proposizione dell'impu

gnazione di nullità pur quando la parte medesima sia stata assi

stita nel giudizio arbitrale da un procuratore e abbia eletto do

micilio presso di lui e ciò per la ragione che in tale giudizio il rapporto con il difensore si svolge sul piano contrattuale del

mandato con rappresentanza, senza implicare costituzione in sen

so proprio, e perciò resta inapplicabile la disciplina di cui agli art. 170 e 285 c.p.c. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 29 aprile

1999, n. 4322; Pres. Grieco, Est. Milani, P.M. Gambardel

la (conci, conf.); Soc. Scurci & D'Orazio (Avv. Castelli,

Tatone) c. Centurione. Dichiara inammissibile ricorso avver

so Trib. Pescara, ord. 11 marzo 1997.

Procedimento civile — Ordinanza successiva alla chiusura del

l'istruzione — Ricorso per cassazione — Inammissibilità (Cost., art. Ill; cod. proc. civ., art. 186 qua ter).

È inammissibile il ricorso per cassazione ex art. Ill Cost, av

verso l'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione emessa

dal giudice istruttore ai sensi dell'art. 186 quater c.p.c. (1)

(1) Non constano precedenti in termini. La pronuncia in epigrafe giunge alla dichiarazione d'inammissibilità

del ricorso per cassazione ex art. Ill Cost, negando il requisito della definitività dell'ordinanza post-istruttoria: e ciò perché durante la pen denza del processo il provvedimento anticipatorio in questione è revo cabile con la sentenza definitiva, mentre, in caso di rinuncia dell'inti mato o di estinzione del giudizio, l'ordinanza acquista l'efficacia della sentenza ed è impugnabile mediante appello.

In dottrina, in senso conforme alla massima in epigrafe, v. soprattut to Carratta, Profili sistematici della tutela anticipatoria, 1997, 503

ss., spec. 549 ss. È opportuno sottolineare che il problema dell'ammissibilità del ricor

so per cassazione ex art. Ill Cost, nei confronti dell'ordinanza succes siva alla chiusura dell'istruzione si pone in termini diversi rispetto agli altri provvedimenti anticipatori previsti dagli art. 186 bis e ter c.p.c. (con riferimento a tali ipotesi si rinvia alle indicazioni sub nota 2). In

fatti, in caso di estinzione del processo o di rinuncia dell'intimato, poi ché l'ordinanza post-istruttoria si trasforma in sentenza, non sorge nep pure un problema di ricorribilità in Cassazione ex art. Ill Cost., non dubitandosi che le uniche impugnazioni esperibili sono quelle proponi bili contro la sentenza stessa (sul punto, v. Carratta, Profili, cit., 550). Sicché, come ognun comprende, la questione dell'esperibilità del ricorso straordinario per cassazione avverso l'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. si pone solo in caso di pendenza del giudizio nel corso del quale è stato pronunciato il provvedimento anticipatorio (come è avvenuto nella fattispecie definita dalla sentenza in epigrafe); ma anche in tal caso è agevole consentire con la pronuncia in epigrafe, posto che la revocabilità dell'ordinanza post-istruttoria, espressamente prevista dal l'art. 186 quater, 2° comma, impedisce che si configuri il requisito della

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 17 luglio 1998, n. 6995; Pres. Favara, Est. Spagna Musso, P.M. Del

li Priscoli (conci, conf.); Soc. Fonderit Etruria (Avv. Pu

gliese, Casati, Giustina) c. Soc. Sofinpar (Aw. Greco, Rai

mondo). Dichiara inammissibile ricorso avverso Trib. Geno

va, ord. 6 luglio 1995.

Procedimento civile — Ordinanza d'ingiunzione — Ricorso per cassazione — Inammissibilità (Cost., art. Ill; cod. proc. civ., art. 186 ter).

È inammissibile il ricorso per cassazione ex art. Ill Cost, av

verso l'ordinanza anticipata di condanna emessa dal giudice istruttore ai sensi dell'art. 186 ter c.p.c. (2)

definitività del provvedimento, presupposto indefettibile per l'ammissi bilità del rimedio ex art. Ill Cost.

Se mai è interessante osservare che la decisione odierna sembra dare

per scontato che la revoca dell'ordinanza ex art. 186 qua ter possa avve nire solo con la sentenza che definisce il giudizio, laddove appare pre clusa al g.i. ai sensi dell'art. 177 c.p.c. (su tale argomento, da ultimo, v. Cea, Riflessioni sull'art. 186 quater c.p.c., in Giur. it., 1999, in cor so di pubblicazione, spec. n. 3, cui si rinvia per ulteriori indicazioni

bibliografiche). Da rimarcare, infine, che con il ricorso sfociato nella decisione in

epigrafe erano state sollevate problematiche abbastanza controverse, quali quelle relative all'ammissibilità dell'ordinanza post-istruttoria in caso di cumulo di domande (nella specie, domanda principale e domanda riconvenzionale: sull'argomento, v., soprattutto, Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, 1996, 644 ss.), ovvero concernenti i dubbi di costituzionalità da taluno paventati (sul punto, diffusamente, E.F.

Ricci, Ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione, in Nuove leg gi civ., 1996, 653 ss.): senonché la corte si è limitata ad un diligente catalogo delle questioni, ma, sull'ovvio rilievo del valore assorbente della

pronuncia di inammissibilità, saggiamente si è astenuta dalla tentazione di un obiter.

(2) Non constano precedenti negli esatti termini. Il caso scrutinato dalla Suprema corte riguarda l'ipotesi di un ricorso

per cassazione avverso un'ordinanza ingiunzionale ex art. 186 ter c.p.c. emessa in un processo ancora pendente (e, quindi, non estintosi) e con tutte le parti costituite.

Il decisum della pronuncia in epigrafe si snoda secondo le seguenti direttrici:

a) l'ordinanza d'ingiunzione, in quanto soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli art. 177 e 178, 1° comma, c.p.c., è un provvedimento con funzione di condanna anticipatoria revocabile

e modificabile dal g.i., dal collegio o dal giudice unico con la sentenza dalla quale è destinato ad essere sostituito: conseguentemente va esclusa

una sua idoneità al giudicato in considerazione della possibilità di revo

ca in pendenza del processo; b) in caso di estinzione deve comunque escludersi l'attitudine al giudi

cato del nostro provvedimento, il quale, a norma del 4° comma dell'art. 186 ter c.p.c., acquista, in deroga all'art. 310 del codice di rito, soltanto un'ultrattività (mantenendo l'efficacia esecutiva), di guisa che il debitore

ingiunto può rimettere in discussione la vicenda creditoria sfociata nel

l'ordinanza ex art. 186 ter, senza che gli sia opponibile l'eccezione di

giudicato, in un altro giudizio di cognizione, ivi compreso quello di op posizione a decreto ingiuntivo. Ne consegue che, essendosi in presenza di un provvedimento privo di contenuto decisorio ed inidoneo, pertanto, ad incidere con l'autorità di giudicato su posizioni di diritto sostanziale, l'ordinanza ingiunzionale non può essere inscritta nell'area di ricorribili

tà per cassazione imposta de resìduo dall'art. Ill Cost. Nessuna posizione, invece, viene assunta dalla sentenza in rassegna

relativamente all'ipotesi prevista dal 5° comma dell'art. 186 ter c.p.c.

(debitore contumace che non si costituisca neppure dopo la pronuncia dell'ordinanza), in quanto nella fattispecie l'ingiunto si era già costituito.

Nella giurisprudenza di merito, in linea con l'orientamento di Cass.

6995/98, ma con riferimento all'ipotesi di ordinanza ex art. 186 bis c.p.c., Trib. Prato 29 gennaio 1996, Foro it., Rep. 1996, voce Ingiunzione

(procedimento) n. 102, e, per esteso, Toscana giur., 1996, 652, secondo

cui l'ordinanza di pagamento di somme non contestate non è suscettibi

le di conversione in provvedimento decisorio ed è, pertanto, inidonea, in caso di estinzione del giudizio, a produrre la preclusione pro iudica

to; contra, Trib. Milano 16 maggio 1995, Foro it., 1995, I, 2588 (in

motivazione), e Pret. Monza 18 novembre 1996, id., Rep. 1997, voce

Procedimento civile, n. 272, e, per esteso, Giur. it., 1997, I, 2, 728, secondo cui l'ordinanza ex art. 186 ter è idonea ad acquistare la stabili

tà della statuizione passata in giudicato. In dottrina, il dibattito è più articolato.

A) Secondo un orientamento maggioritario (v. soprattutto Proto Pi

sani, Lezioni di diritto processuale civile, 1996, 642; Verde (Di Nan

ni), Codice di procedura civile. L. 26 novembre 1990 n. 353, 1991,

Il Foro Italiano — 1999.

Ill

TRIBUNALE DI PERUGIA; ordinanza 8 aprile 1998; Giud. Cossu; Soc. Airservice c. Soc. Securbag.

Ingiunzione (procedimento per) — Opposizione — Ordinanza

d'ingiunzione — Inammissibilità (Cod. proc. civ., art. 186 ter,

645).

Proposta opposizione a decreto ingiuntivo, deve considerarsi

inammissibile la richiesta dell'opposto di pronuncia dell'ordi

nanza d'ingiunzione per lo stesso credito per il quale fu con

cesso il decreto ingiuntivo. (3)

IV

PRETURA DI VERONA; ordinanza 22 gennaio 1998; Giud.

Mirenda; Soc. Arch. Studio (Avv. Bastianello) c. Avesani

(Avv. Finardi), De Rossi (Avv. Pesa vento).

Ingiunzione (procedimento per) — Opposizione — Ordinanza

d'ingiunzione — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 186 ter,

645).

Proposta opposizione a decreto ingiuntivo, deve ritenersi ammis

sibile l'ordinanza d'ingiunzione richiesta dall'opposto per lo stes

so credito per il quale fu concesso il decreto ingiuntivo. (4)

105; Tarzia, Lineamenti del nuovo processo civile, 1991, 142 ss.; Faz z ai ari, Luci ed ombre della riforma del processo civile, in Riv. dir.

proc., 1991, 621 ss.; Balena, La riforma de! processo di cognizione, 1994, 277; Lanfranchi, Il ricorso straordinario inesistente e il processo dovuto ai diritti, in Giur. it., 1993, IV, 521 ss.; Sassani (Consolo, Luiso), La riforma del processo civile. Commentario, 1991, 125; Crvi

nini, Le condanne anticipate, in Foro it., 1995, I, 345; M. Fabiani, I provvedimenti a funzione prevalentemente deflattiva, id., 1993, I, 2005; lMPAGNATiELLO,-in Provvedimenti urgenti per il processo civile a cura di Tarzia-Cipriani, 1992, 113; Didone, Le ordinanze anticipatone di

condanna, 1998, 63 ss.), sebbene l'art. 186 ter non parli espressamente di immutabilità, il riferimento alle norme dalle quali si ricava la deciso rietà del decreto ingiuntivo in caso di mancata opposizione o di estin zione del giudizio di opposizione, non avrebbe altro significato che quello di riconoscere anche all'ordinanza d'ingiunzione la stessa incontroverti bilità e definitività.

B) Per altri (v. soprattutto Attardi, Diritto processuale civile. I. Parte

generale, 1994, 149; Id., Le ordinanze di condanna nel giudizio ordina rio di cognizione di primo grado secondo la legge di riforma, in Giur.

it., 1992, IV, 9 s.; Montesano, La tutela giurisdizionale dei diritti, in Trattato di diritto civile diretto da F. Vassalli, 2a ed., 1994, XIV, 4, 298; Borghesi, L'anticipazione dell'esecuzione forzata nella riforma del processo civile, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1991, 196 s.; Como

olio, I provvedimenti anticipatori, in Le riforme della giustizia civile. Commento alla l. n. 353 del 1990 e alla l. n. 374 del 1991 a cura di

Taruffo, 1993, 330 ss.; Olivieri, Le ordinanze anticipatone nei giudizi davanti al pretore, in Dir. e giur., 1991, 292; Cirulli (Basilico), Le condanne anticipate nel processo civile di cognizione, 1998, 296 ss.,

spec. 341 ss.), in considerazione del fatto che l'ordinanza ex art. 186 ter è soggetta alla disciplina propria delle ordinanze istruttorie, il richiamo

degli art. 647 e 653, 1° comma, c.p.c., deve intendersi come attributivo al nostro provvedimento della sola efficacia esecutiva.

C) In posizione intermedia si colloca chi (Mandrioli, Le nuove ordi

nanze di «pagamento» e «ingiunzionale» net processo ordinario di co

gnizione, in Riv. dir. proc., 1991, 652 ss.; Id., Corso di diritto proces suale civile, 10a ed., 1995, II, 109 ss.), ritenendo che occorra distingue re l'ipotesi prevista dall'art. 647 da quella contemplata dal 1° comma dell'art. 653, sostiene che solo in caso di mancata opposizione o manca ta costituzione dell'opponente il decreto ingiuntivo acquista l'incontro vertibilità del giudicato, laddove nell'ipotesi di estinzione del giudizio di opposizione il decreto ingiuntivo acquista la sola efficacia esecutiva.

D) Infine, per un riesame funditus della questione, v. Carratta, Or

dinanze anticipatone di condanna (dir. proc. civ.), voce dell' Enciclope dia giuridica Treccani, 1995, XXII, 17; Id., Profili sistematici della tu

tela anticipatoria, 1997, 447 ss., spec. 503 ss., il quale, al termine di

un'esauriente disamina, conclude che, una volta diventata definitiva (per l'estinzione del giudizio o per la mancata costituzione del contumace), l'ordinanza ingiunzionale acquista non solo la stessa forza esecutiva ma

anche la stessa immutabilità e decisorietà che ha il decreto ingiuntivo non opposto o a seguito dell'estinzione del giudizio di opposizione; con

seguentemente essa sarà impugnabile solo con la revocazione straordi

naria o l'opposizione di terzo nei ristretti limiti previsti dall'art. 656 c.p.c.

(3-4) Continua la querelle sul problema dell'ammissibilità dell'ordi

nanza ingiunzionale richiesta dall'opposto nel corso del giudizio di op

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2555 PARTE PRIMA 2556

I

Svolgimento del processo. — Con citazione notificata il 3 set

tembre 1988 Dante Centurione conveniva dinanzi al Tribunale

di Pescara la Scurci & D'Orazio s.n.c., alla quale aveva conces

so in affitto un fondo rustico per l'escavazione di ghiaia, chie

dendo la condanna al risarcimento del danno causato dagli ina

dempimenti della società affittuaria, la quale aveva proceduto all'estrazione di ghiaia anche dal fondo limitrofo a quello loca

to, di proprietà dell'attore, ed aveva omesso di ripristinare, me

posizione a decreto ingiuntivo, con il rischio che nel tentativo di arreca re nuovi argomenti a sostegno della propria tesi si finisca per avventu rarsi per sentieri non sempre persuasivi: è forse il caso di Trib. Perugia in epigrafe, dove si sostiene che l'accoglimento dell'istanza di pronun cia dell'ordinanza ingiunzionale si concreterebbe in un non consentito

aggiramento della norma di cui all'art. 649 del codice di rito (nella specie, la richiesta ex art. 186 ter era stata formulata dall'opposto dopo che il g.i. aveva sospeso ai sensi dell'art. 649 il decreto ingiuntivo di chiarato provvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.c.).

È appena il caso di osservare che, poiché l'ordinanza ingiunzionale non nasce naturaliter dotata di efficacia esecutiva, come nell'ipotesi con

templata dall'art. 186 bis c.p.c., l'argomento utilizzato da Trib. Peru

gia non appare del tutto conferente, in quanto, potendo l'ordinanza ex art. 186 ter essere pronunciata sfornita di vis esecutiva, il problema della sua ammissibilità nel corso del giudizio di opposizione a decreto

ingiuntivo non sarebbe più condizionato dall'ostacolo rappresentato dal l'art. 649 del codice di rito.

Se si esamina nel dettaglio il panorama della giurisprudenza edita ci si accorgerà che il contrasto interpretativo sul problema che ci occu

pa è meno marcato di quanto potrebbe apparire prima facie; che anzi una scrupolosa considerazione delle fattispecie concrete decise conduce ad un suo drastico ridimensionamento.

Infatti, mentre sembra possa desumersi una maggiore compattezza e consistenza del fronte del no, di quello, cioè, che nega l'ammissibilità dell'ordinanza ingiunzionale nel corso del giudizio di opposizione a de creto ingiuntivo (in tal senso, v. Trib. Padova 3 ottobre 1996, Foro it., Rep. 1997, voce Ingiunzione (procedimento), n. 91, e, per esteso, Giur. merito, 1997, 695; Trib. Bologna 2 luglio 1996, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 88, e, per esteso, Giur. merito, 1997, 13; Trib. La

Spezia 17 maggio 1996, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 92, e, per esteso, Dir. ed economia assicuraz., 1996, 1023, con nota di Ceselin; Trib. Como 17 aprile 1996, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 107, e, per esteso, Giur. it., 1996, I, 2, 814, con nota di Belli; Trib. Cagliari 13 febbraio 1996, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 87, e, per esteso, Riv. giur. sarda, 1997, 375, con nota di Corpino; Trib. Nocera Inferio re 4 ottobre 1995, Foro it., Rep. 1996, voce Procedimento civile, n. 225, e, per esteso, Arch, civ., 1996, 490; Trib. Milano 16 maggio 1995, Foro it., 1995, I, 2588; Trib. Bari 24 novembre 1994, id., Rep. 1996, voce Ingiunzione (procedimento), n. 108, e, per esteso, Corriere giur., 1996, 704; Trib. Bologna 14 ottobre 1994, Foro it., Rep. 1995, voce Procedimento civile, n. 268, e, per esteso, Riv. dir. proc., 1995, 1291, con nota di Roversi; Trib. Mondovì 25 agosto 1994, Foro it., 1995, I, 331, con nota di Civinini; Trib. Napoli 13 maggio 1994, id., Rep. 1995, voce Sentenza civile, n. 82, e, per esteso, Giur. it., 1995, I, 2, 293; Trib. Roma 13 aprile 1994, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 83, e, per esteso, Arch, civ., 1994, 1276), non altrettanto può dirsi per il fronte del sì (di quello, cioè, che consente la pronuncia dell'ordinanza ex art. 186 ter nel corso del giudizio di opposizione a decreto ingiunti vo), giacché i distinguo e le puntualizzazioni sono tali da indurre a ritenere che si sia in presenza di un fronte del ni piuttosto che del sì.

Infatti, per un'incondizionata ammissibilità dell'ordinanza ex art. 186 ter nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo sembrano schie rarsi solo Trib. Prato 29 gennaio 1996, Foro it., Rep. 1996, voce In

giunzione (procedimento), n. 102; Trib. Taranto 19 ottobre 1994, id., 1995, I, 2588, e Trib. Milano 30 giugno 1994, id., Rep. 1995, voce Procedimento civile, nn. 269, 270, e, per esteso, Riv. dir. proc., 1995, 1291, con nota di Roversi, la prima decisione perché nega al provvedi mento ex art. 186 ter l'idoneità al giudicato, le altre due in quanto sva lutano il problema dell'eventuale duplicazione dei titoli esecutivi (argo mento da sempre usato in senso ostativo all'ammissibilità dell'ordinan za ingiunzionale) in considerazione della chance dell'opposizione all'esecuzione riconosciuta all'ingiunto.

Per le altre pronunce edite, il discorso è più articolato: — Pret. Salerno 26 novembre 1996, Foro it., Rep. 1997, voce Ingiun

zione (procedimento), n. 89, e, per esteso, Giur. it., 1997, I, 2, 430, consente l'ammissibilità dell'ordinanza ingiunzionale nel giudizio di op posizione a decreto ingiuntivo solo dopo la decisione sulle istanze di cui agli art. 648 e 649 c.p.c. (e, cioè, qualora il decreto ingiuntivo non sia esecutivo), sicché si può ragionevolmente affermare che, nell'ottica di tale decisione, la mancanza di esecutività del decreto ingiuntivo oppo sto diventa requisito di ammissibilità dell'ordinanza ex art. 186 ter c.p.c.;

— Trib. Roma 16 novembre 1996, Foro it., Rep. 1997, voce cit.,

Il Foro Italiano — 1999.

diante adeguato riempimento, il fondo oggetto di affitto, così

rendendolo parzialmente inutilizzabile come terreno agricolo. Costituitasi la convenuta ed esaurita l'istruttoria, dopo l'e

spletamento di consulenza tecnica d'ufficio e successivi chiari

menti, il g.i. emetteva in data 8-11 marzo 1997 — su richiesta

dell'attore — l'ordinanza prevista dall'art. 186 quater c.p.c., con

la quale condannava la società convenuta al pagamento della

somma di lire 23.663.000, oltre interessi, nonché al pagamento delle spese processuali, fissando contestualmente l'udienza per la precisazione delle conclusioni.

n. 90, e, per esteso, Nuova giur. civ., 1997, 567, con nota di Izzo, consente la pronuncia dell'ordinanza ingiunzionale per lo stesso credito

per il quale fu emesso il decreto ingiuntivo solo dopo che nel corso del giudizio di opposizione il provvedimento monitorio sia stato dichia rato inefficace ex art. 644 c.p.c., per essere stato notificato oltre il ter mine di legge (il che, come ognun comprende, mette fuori gioco il pro blema ermeneutico che ci occupa, dal momento che non c'è alcun ri schio di sovrapposizione di titoli esecutivi, essendo soltanto travolto il decreto ingiuntivo opposto dalla declaratoria di inefficacia ex art. 644 c.p.c.);

— Pret. Bari 29 febbraio 1996, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 106, e, per esteso, Corriere giur., 1996, 704, dichiara ammissibile l'ordinanza

ingiunzionale in un'ipotesi di credito che, pur fondato sullo stesso titolo azionato in sede monitoria, sia successivo alla pronuncia del decreto in

giuntivo e sia stato posto ad oggetto di una nuova domanda dell'oppo sto: anche in questo caso si è in una prospettiva completamente difforme da quella relativa alla vicenda interpretativa che ci occupa, giacché l'or dinanza ex art. 186 ter viene concessa per un diverso credito (rispetto a

quello oggetto della fase monitoria) azionato dall'opposto con una nuo va domanda proposta nel giudizio di opposizione (sicché non v'è un pro blema di cumulo di titoli esecutivi relativi allo stesso credito);

— Trib. Pistoia 12 ottobre 1994, Foro it., 1995, I, 331, con nota di Civinini, condiziona l'ammissibilità, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, delle ordinanze di condanna ex art. 186 bis e 186 ter al fatto che siano richieste per somme quantitativamente differenti da

quelle indicate nel decreto ingiuntivo; nella stessa direzione sembra muo versi Trib. Milano 4 aprile 1997, Giur. it., 1998, 945, con nota di Con

te, secondo cui, ove l'opposizione venga riconosciuta in parte fondata, può pronunciarsi l'ordinanza ingiunzionale ex art. 186 ter per un im

porto inferiore a quello portato dal decreto ingiuntivo. Il condizionale in questo caso è, però, d'obbligo, perché non è chiara la reale portata del decisum: in altre parole non è chiaro se il giudice milanese abbia

pronunciato un'ordinanza di condanna ex art. 186 ter, ovvero se abbia utilizzato tale norma per reinterpretare l'art. 648 del codice di rito, con sentendo la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto per un importo inferiore rispetto a quello originario (sul punto, v. Conte, oltre alla già citata nota, anche Provvisoria esecuzione (parziale) ex art. 648 c.p.c. tra disciplina dell'art. 186 ter c.p.c. e regolamento di giuris dizione, in Riv. dir. proc., 1998, 505, spec. 523 ss.);

— Trib. Verona 29 marzo 1993, Foro it., 1993, I, 1993, con nota di M. Fabiani, secondo cui è ammissibile l'ordinanza ingiunzionale che sia stata richiesta per il credito azionato dall'opponente con la doman da riconvenzionale spiegata con l'atto di opposizione a decreto ingiunti vo: anche in questo caso, come già rilevato in precedenza sub Pret. Bari 29 febbraio 1996, cit., siamo in un'ottica lontana mille miglia dal problema del cumulo di decreto ingiuntivo ed ordinanza ex art. 186 ter relativi allo stesso credito.

Per quel che concerne le due pronunce di merito riportate in epigra fe, è opportuno segnalare che Pret. Verona si schiera sì per l'incondi zionata ammissibilità dell'ordinanza ingiunzionale nel corso del giudi zio di opposizione a decreto ingiuntivo (ed ovviamente per lo stesso credito azionato con la procedura monitoria), ma in un'ipotesi in cui il creditore opposto aveva dichiarato di rinunciare al decreto ingiunti vo, sicché, al di là del problema del valore da attribuire a tale dichiara zione di rinuncia, si potrebbe ipotizzare una sorta di influenza sublimi nale di tale circostanza sulla decisione adottata; Trib. Perugia, invece, non consente la pronuncia dell'ordinanza ex art. 186 ter nonostante la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, concessa a nor ma dell'art. 642 c.p.c., fosse stata sospesa ai sensi del successivo art. 649.

Un'ultima osservazione: Cass. 6995/98, in epigrafe, che ha dichiara to inammissibile il ricorso ex art. Ill Cost, avverso l'ordinanza ingiun zionale, è stata adita in un'ipotesi in cui il provvedimento ex art. 186 ter

c.p.c. era stato pronunciato nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (per l'esattezza, per un importo inferiore a quello riconosciuto dal decreto ingiuntivo opposto, e solo dopo che di que st'ultimo provvedimento era stata sospesa, ai sensi dell'art. 649 c.p.c., l'esecutorietà concessa a mente dell'art. 642 del codice di rito): anche in questo caso, come in quello sfociato nella massima sub 1, la Supre ma corte, che non era tenuta a pronunciarsi sul problema del cumulo tra decreto ingiuntivo ed ordinanza ingiunzionale (essendo assorbente la questione dell'ammissibilità del ricorso ex art. Ill Cost.), prudente mente si è astenuta da qualsivoglia considerazione in merito. [C.M. Cea]

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Avverso tale ordinanza la Scurci & D'Orazio s.n.c. ha propo sto ricorso per cassazione ex art. Ill Cost.

L'intimato non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione. — Preliminarmente, la ricorrente so

stiene l'ammissibilità del ricorso proposto, avendo l'ordinanza

impugnata natura di sentenza sotto il profilo sia della decisorie

tà che della definitività. La decisorietà è, infatti, palese, atteso

il contenuto del provvedimento in parola, recante condanna al

pagamento di una somma di denaro, mentre la definitività deri

va dall'esecutività del titolo, equiparato ex lege alla sentenza

per l'ipotesi di estinzione del processo o di rinuncia della parte intimata alla pronuncia della sentenza, contro il quale non vie

ne prevista né risulta esperibile alcuna forma d'impugnazione se non il ricorso ex art. Ill Cost. L'ordinanza in questione,

infatti, diversamente da quelle disciplinate dai precedenti art.

186 bis e 186 ter, non è reclamabile ai sensi degli art. 177 e

178, né può ritenersi reclamabile ai sensi dell'art. 669 terdecies, non costituendo sotto nessun profilo una misura cautelare; la

stessa non è appellabile (tranne le richiamate ipotesi di estinzio

ne del processo o rinuncia della parte intimata alla pronuncia della sentenza), essendo tale mezzo d'impugnazione riservato

alla successiva sentenza, né può essere contestata mediante op

posizione all'esecuzione, essendo il processo tuttora pendente in sede di cognizione.

L'argomentazione non è condivisibile.

L'art. 186 quater c.p.c. prevede al 2° comma che l'ordinanza

in parola è «revocabile con la sentenza che definisce il giudi zio»: il provvedimento qui impugnato, quindi, è espressamente dichiarato dalla legge «revocabile» e può essere modificato o

posto nel nulla dalla pronuncia definitiva, che può adottare sta

tuizioni diverse e contrastanti rispetto all'ordinanza emessa dal

g-i

Inoltre, qualora la parte intimata — come previsto dal 4°

comma della norma in questione — dichiari di rinunciare alla

pronuncia della sentenza, l'ordinanza «acquista l'efficacia della

sentenza» stessa, ed è impugnabile mediante appello.

Ugualmente l'ordinanza risulta appellabile nell'ipotesi in cui,

dopo la sua emissione, il processo si estingua (3° comma). L'ordinanza stessa, quindi, è soggetta a riesame nel caso che,

dopo la sua pronuncia, il processo prosegua fino alla sentenza

e, in caso contrario, è impugnabile con il mezzo previsto per la sentenza.

Risulta quindi palese come sia del tutto preclusa la possibilità

d'impugnazione dell'ordinanza in oggetto mediante ricorso per cassazione ex art. Ill Cost.

Da un lato perché, nell'ipotesi di prosecuzione del processo, è modificabile e revocabile con la sentenza che definisce il pro cesso stesso, e d'altro lato perché, nell'ipotesi contraria, è sog

getta ad altro mezzo d'impugnazione.

Né, evidentemente, tale conclusione può mutare per il fatto

che l'ordinanza in parola costituisca titolo esecutivo: l'esecutivi

tà del titolo, che si inserisce nella logica dei provvedimenti anti

cipatori di condanna, non incide sulla non definitività dell'ordi

nanza e non può rendere esperibile un mezzo d'impugnazione

incompatibile con la qualificazione giuridica e la collocazione

sistematica dell'ordinanza medesima.

Il ricorso proposto va, pertanto, dichiarato inammissibile.

La dichiarazione d'inammissibilità preclude evidentemente l'e

same delle censure, di natura processuale e sostanziale, mosse

dalla ricorrente, secondo cui l'ordinanza sarebbe stata pronun ciata senza specifica previa determinazione dell'oggetto del prov vedimento richiesto e senza che l'istruzione della causa potesse dirsi esaurita, anche in ordine alla domanda riconvenzionale avan

zata dalla convenuta, e sarebbe inoltre priva di adeguata moti

vazione in relazione alle eccezioni formulate ed alle prove forni

te dalla convenuta: ed invero, l'esame di tali censure presuppor rebbe necessariamente la possibilità di dare ingresso alla impu

gnazione, esclusa in radice dalla pronuncia d'inammissibilità.

Analogamente, resta precluso l'esame dell'eccezione d'illegit timità costituzionale sollevata dalla ricorrente.

Tale eccezione investe, infatti, sotto diversi profili, l'art.

186 quater c.p.c. (norma che — così come formulata — viene

ritenuta lesiva del diritto di eguaglianza e di difesa, nonché del

l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali), ma

non può in alcun modo incidere sulla sfera di applicabilità del

l'art. Ill Cost., che consente l'impugnabilità per cassazione sol

II Foro Italiano — 1999.

tanto dei provvedimenti assimilabili alle sentenze, in quanto mu

niti dei requisiti della decisorietà e della definitività. In questa sede, quindi, la questione di legittimità costituzio

nale dell'art. 186 quater c.p.c. non può essere sollevata, perché

priva del requisito della rilevanza, essendo la risoluzione della

questione stessa insuscettibile di influire sulla decisione del pre sente procedimento, adottata in base a presupposti non intacca

bili dall'eventuale invocata dichiarazione d'illegittimità costitu zionale.

II

Svolgimento del processo. — Nel giugno 1992 la Fonderit

Etruria s.r.l. commise alla Ilva Csa s.p.a. — alla quale poi è

succeduta la Sofinpar s.p.a. — che ne assunse l'appalto per il prezzo complessivo di circa lire 5.000.000.000, la realizzazio

ne, in Campiglia Marittima, di un «complesso industriale».

Essendo insorte divergenze tra le parti, queste, con atto tran

sattivo del 23 dicembre 1994, convennero, fra l'altro, il paga

mento, alla consegna dell'opera, della prima rata del prezzo in lire 1.000.000.000.

A seguito di ricorso monitorio dell'appaltatore, con decreto

del 1° marzo 1994 il presidente del Tribunale di Genova ingiun se alla Fonderit Etruria s.r.l. l'immediato pagamento della som

ma di lire 1.000.000.0000, pari all'importo convenuto della pri ma rata del prezzo dell'appalto.

Oppostasi la società committente, l'istruttore sospese la prov visoria esecuzione del decreto e, ad istanza della Sofinpar s.p.a., con ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. ingiunse alla Fonderit Etru

ria il pagamento della somma di lire 971.459.000 (a seguito del

la decurtazione di lire 28.541.000 riconosciuta dal creditore sul

la somma di lire 1.000.000.000) importo poi ulteriormente ri

dotto a lire 964.459.000, con provvedimento del 26 settembre

successivo.

Avverso l'ordinanza, come successivamente modificata, ricorre

per cassazione, ai sensi del cpv. dell'art. Ill Cost., la Fonderit

Etruria s.p.a. resistita dal controricorso della Sofinpar s.p.a.,

poi illustrato da memoria, che immediatamente oppone l'inam

missibilità del ricorso. Motivi della decisione. — Pregiudiziale alla disamina della

fondatezza delle doglianze esposte nel ricorso per cassazione è

la verifica della sua ammissibilità, negata dalla resistente sotto

il profilo dell'estraneità del provvedimento impugnato all'area

di residua ricorribilità desunta dal cpv. dell'art. Ill Cost.

La questione pregiudiziale va risolta nel senso prospettato dalla

resistente.

Con la parziale riforma del codice di rito attuata con la 1.

26 novembre 1990 n. 353 gli art. 20 e 21 di questa hanno inseri

to nella previgente disciplina della fase di trattazione del pro cesso di cognizione ordinaria (alla quale si richiama con la for

mula dell'art. 645 c.p.c. il giudizio di opposizione a decreto

ingiuntivo) due tipi di provvedimenti finalizzati entrambi, nel

l'intento del legislatore, a «decongestionare ed a razionalizzare

la trattazione delle cause civili a mezzo della rapida concessione

di un titolo esecutivo»: provvedimenti questi molto differenziati

e rispettivamente predisposti con l'introduzione, nell'originario

corpus del codice di procedura civile, degli art. 186 bis e 186 ter.

In particolare, per quel che in questa sede rileva, il 3° comma

dell'art. 186 ter espressamente dispone: «l'ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli art. 177 e

178, 1° comma, c.p.c.»; trattasi quindi di un provvedimento con funzione di condanna anticipatoria revocabile e modificabi

le dal g.i., dal collegio o dal giudice unico con la sentenza dalla

quale è destinato ad essere sostituita: secondo una previsione comune ai provvedimenti anticipatori.

Per l'ipotesi, poi, dell'estinzione del processo prima della pro nuncia della sentenza, il 4° comma recita: «l'ordinanza che non

ne sia munita acquista efficacia esecutiva ai sensi dell'art. 653, 1° comma».

Efficacia questa acquisita dall'ordinanza in esame anche nel

l'ipotesi — prevista dal 5° comma — in cui, dopo essere stata

pronunziata nei confronti del convenuto contumace ed a questo notificata non sia poi seguita dalla sua costituzione nel termine

vigesimale. Pur nella carenza nella disciplina dell'ordinanza in esame di

una disposizione che, comunque, configuri una sua efficacia de

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2559 PARTE PRIMA 2560

finitiva, una sua idoneità al giudicato, questa tuttavia deve cer

tamente negarsi avuto riguardo alla revocabilità del provvedi mento in pendenza del processo.

Nell'evenienza, poi, della sua estinzione prima della pronun zia della sentenza, ugualmente deve escludersi quella particolare efficacia atteso che l'ordinanza acquisterebbe, in deroga all'art.

310 c.p.c. e conformemente a quella ex art. 186 bis, solamente

un'ultrattività, secondo la formula del 4° comma, e che non

implica il giudicato, pur mantenendo l'efficacia esecutiva, il cui

rimedio apprestato per il debitore va rinvenuto in un altro giu dizio di cognizione, compreso quello di opposizione all'ese

cuzione.

Ne consegue che, essendo l'ordinanza in esame priva di con

tenuto decisorio e inidonea, pertanto, ad incidere con l'autorità

del giudicato su posizioni di diritto sostanziale, il provvedimen to non può essere inscritto nell'area di ricorribilità per cassazio

ne imposta de residuo dal cpv. dell'art. Ill Cost.

È controverso se l'efficacia del giudicato possa riconoscersi

all'ordinanza pronunciata nei confronti di una parte contumace

non seguita dalla sua costituzione considerandosi l'incontrover

tibilità dell'ingiunzione non opposta, art. 647 c.p.c. e, al con

trario, la permanente possibilità della revoca del provvedimen to: ma la questione è estranea al caso in esame essendo costitui

ta nel giudizio la parte ingiunta.

Ili

Nelle proprie deduzioni parte opposta propone, in via grada tamente subordinata, una serie di istanze, tutte volte ad ottene

re la provvisoria esecutività del decreto impugnato, per l'intera

somma ingiunta o, comunque, nei limiti delle rate già scadute,

invocando, a tal fine, la norma di cui all'art. 648 c.p.c. e, in

subordine, quella di cui all'art. 186 ter c.p.c. Deve subito rilevarsi l'inapplicabilità al caso in esame della

disciplina prevista dall'art. 648 c.p.c., la quale presuppone, per la sua effettiva operatività, che l'esecuzione provvisoria non sia

stata concessa a norma dell'art. 642 c.p.c. Tale condizione ostativa deve ritenersi sussistente nel caso di

specie, a nulla rilevando la circostanza che la provvisoria esecu

zione disposta ex art. 642 c.p.c. sia stata successivamente sospe sa con provvedimento presidenziale ex art. 649 c.p.c. A ben

vedere, la clausola di riserva di cui all'art. 648, 1° comma, ulti

ma parte, c.p.c. si giustifica proprio con riferimento ad ipotesi del genere, essendo evidente che, in presenza di provvisoria ese

cuzione disposta a norma dell'art. 642 c.p.c., non sospesa né

revocata, un'eventuale istanza ex art. 648 c.p.c. sarebbe in radi

ce inammissibile per difetto di interesse ex art. 100 c.p.c.

L'inapplicabilità dell'art. 648 c.p.c. nella fattispecie in esame

è, peraltro, da intendere in via assoluta, vale a dire sia con riferimento all'intera somma portata dal decreto ingiuntivo op

posto, sia in relazione ad una somma inferiore a quella ivi indi

cata, di tal che entrambe le istanze fondate da parte opposta sulla predetta norma devono ritenersi inammissibili.

Quanto alla richiesta ex art. 186 ter, anche in questo caso

formulata per l'intera somma ingiunta o, in via subordinata,

per una parte di essa, va sottolineato che più di un argomento osta all'accoglibilità di siffatta istanza. Principalmente la consi

derazione secondo cui l'eventuale emissione di un'ordinanza

ingiunzione ex art. 186 ter nell'ambito del procedimento moni

torio determinerebbe un'inammissibile duplicazione di titoli giu diziali di identico contenuto in ipotesi di estinzione del proces

so, in virtù del combinato disposto degli art. 653, 1° comma, e 186 ter, 4° comma, c.p.c.

In assenza di espressa previsione normativa in punto di coor

dinamento tra due provvedimenti dotati di pari efficacia, analo

gamente a quanto previsto dall'art. 186 quater c.p.c., la pro

spettata questione del bis in idem non pare altrimenti superabile — a meno di non voler accedere ad indebite forzature del detta

to normativo —, se non ritenendo la radicale inammissibilità

delle istanze di cui all'art. 186 ter c.p.c. nel particolare procedi mento monitorio.

A ciò si aggiunga che, nel caso di specie, l'eventuale accogli mento dì una tale istanza si concreterebbe in un non consentito

aggiramento della norma di cui all'art. 649 c.p.c. In effetti, il provvedimento di sospensione della provvisoria esecuzione del

decreto ingiuntivo opposto pronunciato ex art. 649 c.p.c., in

Il Foro Italiano — 1999.

quanto «non impugnabile», in virtù del disposto di cui all'art.

177, 2° comma, n. 2, c.p.c., costituisce un provvedimento non

revocabile né modificabile. Appare quindi evidente che l'ema

nazione di un'ulteriore ordinanza esecutiva riguardante la stessa

pretesa, o anche solo una parte di essa, come richiesto da parte

opposta, si risolverebbe, in sostanza, in una revoca totale, o

quantomeno parziale, del provvedimento di sospensione, elu

dendo di fatto il regime di stabilità voluto dal legislatore con

la specifica previsione d'inimpugnabilità del provvedimento di

cui all'art. 649 c.p.c. Deve pertanto concludersi per l'inammissibilità dell'istanza for

mulata ex art. 186 ter c.p.c., valendo le considerazioni appena

esposte anche con riferimento alla richiesta di esecutività par

ziale, trattandosi pur sempre di una parte del credito azionato

in via monitoria. (Omissis)

IV

L'opposto chiede oggi, previa rinuncia al decreto ingiuntivo nei confronti di Arch Studio per il caso di accoglimento dell'i

stanza, di ingiungere ex art. 186 ter c.p.c. all'opponente e a

De Rossi Fabio, autonomamente convenuto con citazione ordi

naria qui riunita per connessione, ciascuno per le specifiche cau

sali, il pagamento di una minor somma rispetto a quella indica

ta rispettivamente dal decreto opposto e dalla citazione in parola. Entrambi i convenuti resistono alla domanda, eccependo pre

liminarmente l'inammissibilità in questa sede dell'istituto

dell'ordinanza-ingiuntiva nonché, nel merito, l'insussistenza dei

presupposti sostanziali legittimanti quel provvedimento. Nell'ordine viene in rilievo il delicato problema dell'ammissi

bilità dell'istituto invocato in sede di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

Sul punto si registrano pronunce di merito discordanti (per la soluzione negativa, oltre a quelle segnalate dall'attenta difesa

dei convenuti, v. anche Trib. Nocera 4 ottobre 1995, Foro it.,

Rep. 1996, voce Procedimento civile, n. 225; Pret. Milano 14

marzo 1996, ibid., voce Lavoro e previdenza (controversie), n.

147; Trib. Como 17 aprile 1996, ibid., voce Ingiunzione (proce

dimento), n. 107; Trib. Bologna 2 luglio 1996, id., Rep. 1997, voce cit., n. 88; in senso opposto, v. Trib. Pistoia 12 ottobre

1994, id., 1995, I, 331, e Trib. Taranto 19 ottobre 1994, ibid.,

2588; Trib. Prato 29 gennaio 1996, id., Rep. 1996, voce cit., n. 102); non consta essersi ancora pronunciata la Suprema corte.

Com'è noto, la tesi negativa ha il suo cardine principale nel

paventato pericolo del bis in idem derivante dalla duplicazione dei titoli in caso di estinzione del giudizio di opposizione (vale tuttavia sottolineare come la tematica sia tutt'altro che ignota al legislatore il quale ha comunque positivamente previsto la

possibilità di emanare un decreto ingiuntivo fondato su cambia

le: art. 642 c.p.c.); tale orientamento precisa poi che a nulla

gioverebbe il rimedio dell'opposizione all'esecuzione da parte

dell'ingiunto, trattandosi nei casi cennati di titoli esecutivi di

formazione giudiziale. Le obiezioni non paiono tuttavia convincenti.

Vale innanzitutto osservare, sul piano metodologico, come

non sia corretto erigere a fondamento dell'inammissibilità ri

cordata un evento puramente ipotetico (ciò è a dire il consolida

mento esecutivo ex art. 653 c.p.c. tanto del decreto quanto

dell'ordinanza-ingiuntiva) posto che detta ipotesi, ben lungi dal

corrispondere alla fisiologia del processo (il cui esito naturale

è la sentenza), appare all'evidenza un mero incidente (sovviene il brocardo adducere inconvenientes non est solvere argomen

tum). A ben vedere, difatti, al momento della proposizione del

l'istanza in esame non sussiste alcun impedimento processuale alla sua esaminabilità, non essendovi ancora (ovviamente) non

solo un titolo giudiziale definitivo del medesimo segno di quello ricordato ma, logicamente, neppure un decreto monitorio assi

stito dalla clausola di provvisoria esecutività ex art. 648, 649

c.p.c.

Pertanto, non sembra giuridicamente corretto declinare la di

samina della domanda in relazione ad una ipotetica circostanza

processuale che, oltretutto, forse mai si realizzerà.

Né vale replicare che il principio del ne bis in idem trova

applicazione anche in relazione a procedimenti aventi le caratte

ristiche di cui all'art. 39 c.p.c. e non ancora pervenuti alla for

mazione di un titolo: invero, i principi della litispendenza e di

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Page 7: sezione I civile; sentenza 29 aprile 1999, n. 4322; Pres. Grieco, Est. Milani, P.M. Gambardella (concl. conf.); Soc. Scurci & D'Orazio (Avv. Castelli, Tatone) c. Centurione. Dichiara

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

continenza operano nel solo caso di giudizi contemporaneamen te pendenti avanti a giudici diversi, non già — come nella fatti

specie astratta che si esamina — in caso di un incidente a cogni zione sommaria che si verifichi nell'ambito dell'unico processo.

Quanto poi al teorico pericolo di esporre il debitore ad una

ingiusta duplicazione dell'esecuzione derivante dalla duplicazio ne del medesimo titolo (ma quante volte è mai accaduto di assi

stere a simile ipotesi?), si è giustamente osservato — diversa

mente da quanto opinato da taluno — che ad ovviarvi bastereb

be proprio l'opposizione ex art. 615 c.p.c., tenuto conto che

laddove vi fosse stato un pagamento in forza dell'ordinanza

ingiunzionale, seguito poi da una esecuzione fondata sul decre

to ingiuntivo divenuto definitivo per estinzione del giudizio, l'e

secutato potrebbe legittimamente eccepire — in via impediti va/estintiva — quel pagamento poiché tecnicamente «successi

vo» alla formazione del titolo giudiziale, qui da individuarsi

senza alcun dubbio nella data di «emissione» del decreto moni

torio (in questo senso v., ad es., Giud. istr. Trib. Milano 30

giugno 1994, id., Rep. 1995, voce Procedimento civile, nn. 269,

270). Infine, a fugare ogni ulteriore perplessità giunge nella fatti

specie la preventiva rinuncia dell'opposto al decreto ingiuntivo

(sulla quale questo pretore dovrà congruamente pronunciare con

sentenza), a cui consegue logicamente l'esclusione a priori del

paventato rischio. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 14 aprile

1999, n. 3670; Pres. Garofalo, Est. Corona, P.M. Nardi

(conci, conf.); Di Paola (Avv. Stella) c. Nicotra (Avv. Ge

raci). Conferma App. Catania 3 aprile 1996.

Agricoltura — Riforma fondiaria — Assegnazione di fondo ru

stico — Preliminare di vendita stipulato prima del riscatto

con immissione in possesso del promittente acquirente — Nul

lità (Cod. civ., art. 1418; 1. 12 maggio 1950 n. 230, provvedi menti per la colonizzazione dell'Altopiano della Sila e dei ter

ritori jonici contermini, art. 18; 1. 21 ottobre 1950 n. 841,

norme per la espropriazione, bonifica, trasformazione ed as

segnazione dei terreni ai contadini, art. 21; 1. reg. Sicilia 27

dicembre 1950 n. 104, riforma agraria in Sicilia, art. 37).

Il preliminare di vendita di un fondo rustico assegnato dall'ente

di sviluppo fondiario siciliano, anche quando ne sono differi ti gli effetti alla data del riscatto, è nullo se comporti il tra

sferimento del possesso in data anteriore, in quanto l'art. 18

l. 230/50, richiamato dall'art. 21 l. 841/50, nonché dall'art.

371. reg. Sicilia 104/50, dispone che sino al pagamento inte

grale del prezzo, qualsiasi atto tra vivi di disposizione o di

affitto o comunque di cessione totale o parziale, avente ad

oggetto il terreno assegnato, è nullo di pieno diritto. (1)

(1) Nel caso all'esame della sentenza riportata, l'assegnatario di un

fondo rustico concesso dall'ente di sviluppo siciliano, aveva alienato

il fondo prima del riscatto, cedendo il possesso immediato e stabilendo

che la stipula dell'atto pubblico sarebbe avvenuta dopo il riscatto.

A seguito della richiesta di trasferimento del fondo da parte del pro mittente acquirente, la corte del merito aveva dichiarato la nullità del

preliminare di vendita.

Il ricorrente in Cassazione ha dedotto che l'art. 18 1. 230/50 non

era applicabile, perché limitato all'Altopiano della Sila, ma la sentenza

riportata ha opposto che la norma era richiamata dall'art. 21 1. 841/50

per tutti i terreni della riforma fondiaria, nonché dal 2° comma del

l'art. 37 1. reg. Sicilia 104/50, secondo cui per il periodo di venti anni

qualsiasi atto tra vivi di disposizione o suddivisione o di affitto o co

munque di cessione in uso totale o parziale, avente ad oggetto il terreno

assegnato, è nullo di pieno diritto.

È stata confermata la nullità del preliminare di vendita, ritenuta dalla

corte del merito, richiamando la giurisprudenza secondo cui la nullità

ha carattere assoluto, e può essere fatta valere da chiunque vi abbia

interesse o essere rilevata d'ufficio dal giudice, posto che lo scopo della

Il Foro Italiano — 1999.

Svolgimento del processo. — Con citazione 4 aprile 1981,

Salvatore Di Paola convenne, davanti al Tribunale di Catania,

Giuseppe Nicotra. Espose quanto segue. Con contratto 17 novembre 1977, aveva acquistato un podere

ed i relativi fabbricati dal convenuto, il quale il 19 aprile 1974

aveva comprato l'immobile con patto di riservato dominio dal

l'ente di sviluppo agricolo per la Sicilia, con il pagamento dila

zionato del prezzo in trenta rate annuali da lire 2.132.300. Con

il venditore, avevano pattuito il corrispettivo, pari alle suddette

legge è assicurare che il fondo assegnato non sia, in alcun modo, sot tratto alla sua destinazione, consistente nella coltivazione e nel miglio ramento produttivo, mediante lo svolgimento dell'attività lavorativa per sonale e diretta dell'assegnatario scelto dall'ente assegnante, in seguito allo svolgimento di un procedimento amministrativo, tra soggetti in pos sesso di determinati requisiti (Cass. 5 marzo 1990, n. 1739, Foro it., Rep. 1990, voce Agricoltura, n. 102. Giurisprudenza pacifica, per cui, v., richiamate in motivazione, Cass. 11 novembre 1992, n. 12122, id., Rep. 1992, voce cit., n. 92; 25 febbraio 1986, n. 1177, id., Rep. 1986, voce cit., n. 81; 2 aprile 1984, n. 2157, id., Rep. 1984, voce cit., n.

62; 11 ottobre 1980, n. 5452, id., Rep. 1980, voce cit., n. 166). La sentenza riportata ha ancora osservato che la modifica delle nor

me sulla riforma fondiaria di cui alle 1. 29 maggio 1967 n. 379 e 30

aprile 1976 n. 387 non avevano sostanzialmente immutato la disciplina dettata dalla 1. 230/50, per quanto concerne la nullità degli atti di di

sposizione posti in essere dall'assegnatario prima che sia intervenuto il riscatto.

La nuova normativa infatti aveva consentito il riscatto anticipato del le annualità di prezzo, prima vietato, sempre che siano trascorsi sei anni dall'immissione in possesso da parte dell'ente e che l'assegnatario o avente causa avesse adempiuto agli obblighi essenziali derivanti dal

rapporto di assegnazione. Era stata stabilita l'inalienabilità del fondo sino al trentesimo anno dalla data della prima assegnazione, tranne che all'ente che aveva disposto l'assegnazione o a coltivatori diretti o altri manuali coltivatori della terra il cui nucleo familiare avesse forza lavo rativa non inferiore ad un terzo di quella occorrente. Erano anche state stabilite le modalità del prezzo in caso di vendita, con il diritto di prela zione da parte dell'ente, a parità di condizioni, per utilizzare il terreno in conformità ai propri fini istituzionali, nonché il diritto di prelazione dei coltivatori diretti proprietari dei terreni confinanti.

Era stata ribadita la nullità degli atti di affitto o comunque di cessio ne in uso totale o parziale del fondo assegnato, tranne di quelli autoriz zati dall'ente, in favore di coltivatori diretti.

La sentenza riportata ha anche disatteso l'adombrata eccezione di

incostituzionalità, posto che le norme in questione miravano a dare at

tuazione agli art. 44 e 47 Cost., statuendo per i terreni assegnati ai

lavoratori agricoli divenuti essi proprietari coltivatori diretti il vincolo dell'inalienabilità ed indivisibilità per conseguire i fini della riforma.

* * *

Fermo restando il divieto di cessione prima del riscatto, non può non ricordarsi che le leggi di attuazione della riforma fondiaria sono

state portate all'esame della Corte costituzionale. Una prima volta, Corte cost. 17 aprile 1985, n. 103, Foro it., 1986, I, 888, con osservazioni di D. Bellantuono, ha disatteso i dubbi di costituzionalità sulla disci

plina sostanziale e processuale della successione mortis causa all'asse

gnatario di un podere della riforma fondiaria, chiarendo che il partico lare statuto proprietario delineato per i terreni della riforma fondiaria

rappresentava una corretta attuazione degli obiettivi fissati dagli art.

41, 42, 44 e 47 Cost. Una seconda volta, Corte cost. 30 maggio 1991, n. 233, id., 1992, I, 2345, con osservazioni di G. Bellantuono, ha ritenuto infondata la questione di costituzionalità di cui all'art. 10, 2°

comma, 1. 386/76, nella parte in cui non prevedeva la perpetuità del vincolo dell'indivisibilità per tutti i terreni della riforma fondiaria, in

riferimento all'art. 3 Cost. Le decisioni richiamate della Corte costituzionale hanno evidenziato

la tendenza assai diffusa alla «liberalizzazione» dei terreni della riforma

fondiaria, ed in buona sostanza al suo affossamento, come se fossero

stati risolti i problemi di politica agraria emersi nel primo dopoguerra, in particolare la formazione di imprese coltivatrici efficienti di coltiva

tori diretti a cui non hanno saputo dare adeguata risposta le disposizio ni sulla prelazione agraria (1. 590/65 e 817/71).

A riprova della tendenza anzidetta, e dopo che Corte cost. 233/91,

cit., aveva esaminato i problemi dei vincoli, l'art, unico 1. 19 febbraio

1992 n. 191 ha stabilito che «il divieto di frazionamento delle unità

poderali di cui all'art. 1 1. 3 giugno 1940 n. 1078 ha durata trentennale

dalla prima assegnazione». Tra gli effetti più immediati di questa legge, v'è la modifica del regi

me successorio: mentre la perpetuità del vincolo, affermato dalla Corte

costituzionale, faceva obbligo di adottare il criterio dell'erede unico,

designato dal testatore o dall'autorità giudiziaria nel caso di disaccordo

tra i coeredi, con la 1. 191/92 alla scadenza del trentennio è applicabile il diritto successorio comune. [D. Bellantuono]

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