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Sezione I civile; sentenza 29 febbraio 1960, n. 376; Pres. Lorizio P., Est. Malfitano, P. M....

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Sezione I civile; sentenza 29 febbraio 1960, n. 376; Pres. Lorizio P., Est. Malfitano, P. M. Maccarone (concl. conf.); Mangano (Avv. Scherillo) c. Fall. Invernizzi (Avv. Vaselli) Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 11 (1961), pp. 2013/2014-2015/2016 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151574 . Accessed: 28/06/2014 11:45 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.174 on Sat, 28 Jun 2014 11:45:40 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 29 febbraio 1960, n. 376; Pres. Lorizio P., Est. Malfitano, P. M.Maccarone (concl. conf.); Mangano (Avv. Scherillo) c. Fall. Invernizzi (Avv. Vaselli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 11 (1961), pp. 2013/2014-2015/2016Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151574 .

Accessed: 28/06/2014 11:45

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2013 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2014

concordatario possa produrre i suoi effetti anche riguardo al matrimonio civile contratto fra le stesse persone, discende dall'esigenza di garantire i diritti delle parti, e, eventualmente, anche dei terzi (quali i figli, interessati

alla validità del matrimonio civile dei genitori). Non è possibile, in altri termini, addivenire all'annul

lamento di un matrimonio civile, contratto in modo del

tutto autonomo ed indipendente dal matrimonio reli

gioso, in virtù della norma eccezionale transitoria del

l'art. 22 della legge del 1929, senza consentire a chi vi

ha interesse di contestare che sussistessero le condizioni, stabilite dalla stessa norma, per farsi luogo all'efficacia

invalidatrice della sentenza ecclesiastica anche sul matri

monio civile. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile; sentenza 29 febbraio 1960, n. 376; Pres.

Lorizio P., Est. Malfitano, P. M. Maccarone (conci,

conf.) ; Mangano (Avv. Scherillo) c. Fall. Invernizzi

(Avv. Vaselli).

yixegowimenio ai competenza avverso irto, iyliuiiio jlx ytli naio 1959)

Competenza e giurisdizione in materia civile — Ri vendicazione d'immobili contro il fallito — Pro nuncia d'inammissibilità — Istanza di regola mento — Improponibilità (Cod. proc. civ., art. 43 ; r. d. 16 marzo 1942 n. 267, .disciplina del fallimento, art. 9, 103).

È improponibile l'istanza di regolamento di competenza av verso la sentenza confermativa del decreto, con il quale il

giudice delegato al fallimento aveva dichiarato inammissi bile la rivendicazione d'immobili, proposta contro il debi tore con ricorso. (1)

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Dichia

rato il fallimento di Antonio Invernizzi dal Tribunale di

Milano con sentenza del 17 luglio 1956, Luigi Mangano, con ricorso al Giudice delegato in data 2 febbraio 1957,

(1) La questione, prospettata dal ricorrente, è nuova, ma la risoluzione, che le massime « ufficiali » non riassumono (Foro it., Ma;s., 86), è la conferma dell'orientamento giurisprudenziale, in virtù del quale non possono formare oggetto di regolamento di competenza questioni di rito (come la presente, che si sostan ziava nell'indagare se la rivendicazione d'immobili contro il fal lito possa essere fatta valere con la procedura del ricorso pre vista nell'art. 103 legge fall.) : Cass. 14 dicembre I960, n. 3251, idRep. 1960, voce Competenza civ., n. 360 (mancato invito alla precisazione delle conclusioni in procedimento pretorile) ; 13 novembre 1959, n. 3356, id., Rep. 1959, voce cit., n. 371 (ipotesi, in cui il pretore, nel procedimento di convalida di sfratto, aveva accantonato l'eccezione d'incompetenza, provvedendo sul l'assunzione di mez .i istruttori) ; 27 novembre 1958, n. 3792, idRep. 1958, voce cit., n. 473 (ipotesi, in cui il collegio aveva confermato l'ordinanza, con la quale il giudice istruttore aveva

disposto mezzi istruttori accantonando la questione di compe tenza) ; 25 ottobre 1957, n. 4110 ; 30 ottobre 1957, n. 3216

(mancata sospensione del processo) ; 21 maggio 1957, n. 1830

(separazione della domanda principale dalla riconvenzionale), id., Rep. 1957, voce cit., nn. 371-373, 376 ; 16 giugno 1955, n. 1853, id., Rep. 1955, voce cit., nn. 472, 473 (riunione di cause

pendenti avanti lo stesso ufficio giudiziario). Sulla questione (esaminata nella prima' parte della moti

vazione della sentenza riportata), che non possa formare oggetto di regolamento di competenza l'attribuzione della cognizione di una controversia alla sezione ordinaria o alla sezione fallimentare dello stesso tribunale : Cass. 30 marzo 1960, n. 692, id., Rep. 1960, voce Fallimento, n. 260 ; 4 marzo n. 614 e 7 agosto n. 2483 del 1959, id., Rep. 1959, voce cit., nn. 185, 186 ; 30 ottobre 1957, n. 4216 {id., Rep. 1957, voce cit., n. 182), richiamata nella motivazione della presente ; 5 ottobre 1955, n. 2831, id., Rep. 1955, voce Competenza civ., n. 477 ; 29 settembre 1954, n. 3160, id., 1955, T, 960, con nota di richiami.

propose istanza di revindicazione di alcuni immobili com

presi nel fallimento, assumendo di esserne proprietario per averli acquistati con scrittura privata dell'11 luglio 1955.

Il Giudice delegato respinse la domanda non ritenendosi

« competente a decidere con la forma del decreto su que stioni riguardanti immobili ».

Con ricorso in data 10 luglio 1957, il Mangano propose

opposizione ai sensi dell'art. 98 legge fallimentare e chiese

la revoca del provvedimento del Giudice delegato insistendo

nell'affermarsi proprietario degli immobili ; inoltre con

atto del 6 novembre 1957 convenne il Fallimento Invernizzi

davanti allo stesso Tribunale di Milano in sede ordinaria

proponendo la medesima domanda di revindicazione ;

infine, nelle conclusioni relative al giudizio di opposizione, chiese la riunione dei due procedimenti ai sensi dell'art. 273

cod. proc. civ., perchè riguardanti la stessa causa e pendenti davanti allo stesso giudice.

Con sentenza in data 20 novembre 1958-19 gennaio 1959, pronunciata nel giudizio di opposizione, il Tribunale

di Milano, pur rilevando la pendenza davanti allo stesso

Giudice di due cause identiche, perchè vertenti tra le stesse

parti con identità di titolo e di oggetto, non ritenne di

disporre la riunione dei giudizi stante la diversità di rito

delle relative procedure ; confermò il provvedimento del

Giudice delegato, trattandosi di domanda relativa a diritti

reali immobiliari, sottratta alla competenza del Tribunale

fallimentare e, conseguentemente, rigettò l'opposizione. Motivi della decisione. — Il ricorrente, premesso che

la sentenza impugnata, pur essendosi limitata, nel disposi tivo, a confermare il provvedimento del Giudice delegato e

a respingere l'opposizione, avrebbe sostanzialmente risolto

una questione attinente alla competenza del tribunale fal

limentare, e costituirebbe, quindi, un provvedimento im

pugnabile con l'istanza di regolamento di competenza, so

stiene che l'eventuale incompetenza del giudice delegato non comporterebbe necessariamente anche la incompe tenza del tribunale, successivamente adito in sede di oppo sizione e che, pertanto, trattandosi, nella specie, di domanda

che rientrava nella competenza ordinaria, per territorio e

per valore, dello stesso tribunale che aveva dichiarato il

fallimento, il Tribunale di Milano avrebbe dovuto dichia

rarsi competente a decidere il merito, a nulla rilevando che

il giudizio fosse stato inizia1 o con ricorso, ai sensi dell'art.

98 legge fallimentare, anziché con citazione. Il resistente

eccepisce l'inammissibilità dell'istanza di regolamento di

competenza, in quanto la sentenza impugnata non conter rebbe una decisione su questioni di competenza.

Osserva la Corte che l'istanza è improponibile. Invero, perchè si abbia una decisione sulla competenza,

impugnabile con l'istanza di regolamento, occorre che sia stata risolta una questione concernente la identificazione del giudice di merito competente ad emettere la pronuncia di accoglimento o di rigetto della domanda giudiziale. È

necessario, cioè, che la decisione contenga o l'affermazione della competenza del giudice che la emette o il diniego di tale competenza con la corrispondente indicazione (che può essere anche implicita) della competenza di un giudice di

verso, sicché sia possibile la concreta sostituzione di uno ad altro giudice nella funzione diretta alla pronuncia di ac

coglimento o di rigetto della domanda giudiziale. Nella specie, il Tribunale di Milano, nel dichiarare la

propria incompetenza come tribunale fallimentare a cono scere dell'azione di rivendicazione proposta dal Mangano, risolse una questione che sarebbe stata attinente alla com

petenza in senso stretto, qualora la competenza a conoscere di tale azione fosse appartenuta, secondo le norme ordinarie richiamate dall'art. 24 legge fallimentare, a un giudice di verso per materia, valore e territorio, il quale avrebbe do vuto in concreto sostituirsi al detto Tribunale nella cogni zione del merito della causa.

Senonchè, essendo pacifico che la competenza a cono scere dell'azione proposta appartiene al Tribunale di Milano, in quanto gli immobili, oggetto della rivendicazione, si tro vano in detto luogo e hanno un valore di diversi milioni di lire, non v'è dubbio che la questione da esso risoluta at tiene alla ripartizione dei compiti tra organi, fallimentari

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2015 PARTE PRIMA '2016

e ordinari dello stesso giudice, e non alla competenza in

senso stretto.

Ora, come questa Corte suprema ha altre volte affer

mato, quando il tribunale, che ha dichiarato il fallimento

ratione loci, e quello che dovrebbe conoscere della contro

versia, se essa non avesse carattere fallimentare, non sono

territorialmente distinti, la distinzione fra tribunale fal

limentare e tribunale in sede ordinaria non ha alcuna rile

vanza ai fini della competenza, perchè, abbia o non la con

troversia carattere fallimentare, uno solo è il giudice chia

mato a conoscere di essa e, pertanto, non v'è materia per

regolamento di competenza (v. sent. n. 4216 del 30 ottobre

1957, Foro it., Rep. 1957, voce Fallimento, n. 182). Sostiene

il ricorrente che se il giudice ritenga di risolvere una que stione di competenza laddove essa non sussiste e nell'er

roneo convincimento dichiari la propria incompetenza, la

sua pronuncia sarebbe impugnabile con l'istanza di regola mento di competenza, non potendosi in tal caso ricorrere al

rimedio dell'appello, in quanto il giudice di secondo grado non potrebbe rimettere la causa al primo giudice non ricor

rendo alcuna delle ipotesi previste dall'art. 354 cod. proc. civile.

Ma va osservato che, al fine di stabilire se sia propo nibile il regolamento di competenza, devesi aver riguardo non

alla formida adoperata dal giudice, ma al contenuto so

stanziale della pronuncia ed accertare se sia stata effet

tivamente risolta una questione di competenza.

Nell'ipotesi, quindi, in cui il giudice abbia dichiarato la

propria incompetenza senza risolvere alcuna questione atti

nente alla competenza, la sua pronuncia è impugnabile con

l'appello e non con l'istanza di regolamento di competenza e nulla rileva che il giudice di secondo grado non possa rimettere la causa al primo giudice, perchè egli, tranne i

casi tassativamente indicati negli art. 353 e 354, può de

cidere la causa nel merito, anche se su questo non vi sia

stata una pronuncia in primo grado. Consegue che si deve

dichiarare improponibile l'istanza di regolamento di com

petenza proposta da Luigi Mangano e condannare l'istante

alle spese di questo grado del giudizio. Per questi motivi, dichiara improponibile, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 15 febbraio 1960, n. 236 ; Pres.

Lonardo P., Est. Arras, P. M. Trotta (conci, conf.) ; Geremia (Aw. Merlin) c. Compagnia assic. agricol tura (Avv. Silvestri).

(Gassa App. Venezia 4 giugno 1958)

Assicurazione (contratto di) — Condizioni generali di polizza — Clausola che commina decadenze per l'assicurato -— Approvazione in forma specifica — Necessità (Cod. civ., art. 1341).

Non è valida, in mancanza di specifica approvazione scritta, la clausola, contenuta, nelle condizioni generali della po lizza d'assicurazione, che prevede la decadenza dal di

ritto ad ottenere il rimborso dei danni pagati a terzi, nel

caso in cui l'assicurato rechi pregiudizio ai legittimi inte

ressi dell'assicuratore nella difesa contro le azioni e pre tese per risarcimento danni che esclusivamente gli spetta di condurre in nome e con la collaborazione dell'assi

curato. (1)

(1) Cass. 13 ottobre 1960, n. 2721 si è pronunciata nel senso della validità della clausola che prevede la decadenza dell'assicu rato dal diritto all'indennizzo, ove non compia gli atti necessari a salvaguardare l'azione di regresso dell'assicuratore verso i

terzi, sebbene detta clausola, contenuta nelle condizioni generali predisposte dall'assicuratore, non sia stata specificamente appro vata per iscritto : nell'ampia nota redazionale a tale sentenza (in

questa rivista, 1960, I, 1452) richiami ai vari casi presentatisi

La Corte, ecc. — Col primo motivo il ricorrente censura

la sentenza perchè, violando l'art. 1341 cod. civ., ha ritenuto

valida, sebbene non specificamente approvata per iscritto

la clausola 7a delle condizioni generali di polizza predisposte dalla Società (che commina « la decadenza dell'assicurato

dal diritto al risarcimento nel caso di pregiudizio da lui

arrecato ai legittimi interessi della Compagnia nella difesa

e contro le azioni e pretese per risarcimento danni, che

ad essa esclusivamente spetta di condurre in qualsiasi sede

e modo in nome e con collaborazione dell'assicurato »), considerandola non iugulatoria o particolarmente onerosa

per l'assicurato, mentre aveva importanza essenziale per la Società.

Il ricorrente osserva che la necessità dell'approvazione

specifica per iscritto deve essere desunta unicamente dal

contenuto della clausola, in relazione alle limitazioni che

essa pone alla libertà dell'assicurato ed alla gravità delle

conseguenze che dalla sua violazione si fanno derivare, e

non dal vantaggio che da essa possa trarre la società.

Il motivo è fondato. Il contratto di assicurazione appar tiene alla categoria dei cosiddetti contratti di adesione, nei

quali uno dei contraenti (economicamente più forte) riesce

ad ottenere l'uniformità di una serie di contratti, mediante

la predisposizione unilaterale di determinate clausole che

vengono praticamente imposte agli altri contraenti (più

deboli) ai quali non è dato di partecipare alla determina

zione del regolamento d'interessi e che devono perciò accet

tarle senza discuterle.

Rispetto a questa categoria di contratti il legislatore si

è preoccupato di evitare che il contraente per adesione,

appunto per la mancanza di una preventiva discussione

dei patti, potesse venire sopraffatto con l'inserzione surre

tizia, nello schema unilateralmente predisposto, di clausole

a lui particolarmente onerose, e perciò in deroga alla gene rale presunzione di conoscenza, che si ricollega al fatto

della recezione e della sottoscrizione (art. 1335 e 2702

cod. civ.), ha voluto assicurare la conoscenza effettiva (se condo l'ordinaria diligenza) delle condizioni generali (art.

1341, 1° comma) e la consapevole accettazione delle cosid

dette clausole vessatorie, la cui validità ha condizionato

alla loro specifica approvazione per iscritto. Clausole ves

satorie che ha poi elencato nel 2° comma dello stesso art.

1341, comprendendovi fra le altre quelle che importano limitazione di responsabilità a favore di colui che le ha

predisposte e quelle che sanciscono a carico dell'altro con

traente decadenze e limitazioni alla facoltà di opporre ecce

zioni. Rispetto a queste clausole, quindi, un problema circa

la loro validità senza la specifica approvazione per iscritto

non può neppure profilarsi, ima volta che il legislatore

esplicitamente ne condiziona l'efficacia (rectius la validità) a tale approvazione.

Manifesto quindi ne risulta l'errore della Corte di merito

che, pur riconoscendo che l'art. 7 delle condizioni generali del contratto che si pretendeva violato dal Geremia, com minava a carico del medesimo la decadenza dal diritto ad ottenere il rimborso dei danni pagati ai terzi, e quindi rien trava fra le condizioni generali elencate nel 2° comma del l'art. 1341 cod. civ., ha negato il carattere di vessatorietà che alla medesima il legislatore aveva espressamente attri

buito, e le ha riconosciuto validità, sebbene non approvata specificamente per iscritto, contro la esplicita disposizione legislativa.

La Corte è incorsa nell'errore di sostituirsi al legislatore nell'apprezzamentó della pericolosità della clausola, per venendo ad una diversa valutazione della medesima in

di recente al vaglio giurisprudenziale, in tema di condizioni gene rali di polizza.

Sulla necessità di approvare specificamente le clausole onerose contenute nelle condizioni generali di contratto, ma che si trovino inserite nel contesto del contratto, Cass. 16 giugno 1961, n. 1404, retro, 1318, con osservazioni di Lener.

È da notare che la sentenza riportata, in contrasto con Cass. 5 maggio 1961, n. 1041 (retro, 1704, con ampia nota di richiami

contrastanti), identifica la ratio dell'art. 1341, 2° comma, nella tutela dei contraenti più deboli.

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