Sezione I civile; sentenza 29 gennaio 1964, n. 228; Pres. Fibbi P., Est. Perrone Capano, P. M.Pedace (concl. parz. diff.); Finanze (Avv. dello Stato Soprano) c. Angeli, GrifoniSource: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 5 (1964), pp. 1007/1008-1011/1012Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23155085 .
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100? PARTE PRIMA 1008
esercitare una determinata attività professionale, non
libera a tutti coloro che possiedono certi requisiti, essendo
prestabilito il numero delle farmacie ed essendo la tito
larità di esse conferita in seguito a concorso, per il pubblico interesse collegato all'esercizio della professione di far
macista, a cittadini iscritti nell'albo professionale, dotati
di mezzi sufficienti, con i conseguenti obblighi da osser
vare sotto la vigilanza della p. a.
Dalla concessione del pubblico servizio (nella specie,
farmaceutico) sorge per il concessionario il diritto alla
conservazione e allo esclusivo esercizio della concessione.
Tale diritto è condizionato all'interesse pubblico, in vista
del quale è destinato a cadere quando la concessione non
risponda più alle pubbliche esigenze. Questo Supremo
collegio, a Sezioni unite, ribadisce la facoltà, generalmente riconosciuta alla p. a., di revocare la concessione ogni qual volta l'esercizio eccezionale dell'attività, da parte del
privato, si ponga in contrasto con il pubblico interesse, ha negato che al rapporto di concessione possa ritenersi, almeno in via di massima, applicabile, nei confronti del
l'amministrazione concedente, il principio privatistico della
responsabilità aquiliana di cui all'art. 2043 cod. civ. (Cass. 28 ottobre 1961, n. 2481, Foro it., Eep. 1961, voce Con
cessioni amministrative, nn. 9, 10 ; 2 aprile 1959, n. 972,
id., Eep. 1959, voce cit., n. 21). Ma se ciò è indubitabile, al di fuori della revoca per
causa di pubblico interesse, l'estinzione del rapporto di
concessione può aver luogo anche attraverso il concorso
di un fatto giuridico o di un comportamento del conces
sionario, previsto dalla legge o dalla convenzione inter
venuta con l'amministrazione come causa estintiva, e
di una pronuncia dichiarativa dell'amministrazione. Si
rientra così nella diversa ipotesi della decadenza, che può aversi anche per inadempienze gravi e reiterate del con
cessionario. Per quanto riguarda il caso in esame, è da con
siderare l'art. 113 del ricordato t. u. n. 1265 del 1934, per il quale la decadenza dall'autorizzazione (ma si è già detto
che si tratta di concessione) all'esercizio di una farmacia, oltre che nei casi preveduti dall'art. 108 (mancato paga mento della tassa di concessione) e 112 (concessione di
una seconda farmacia senza rinuncia alla prima), ha luogo
per una serie di cause, tra le quali alla lett. e) è preveduta la « constatata, reiterata o abituale negligenza e irregola rità nello esercizio della farmacia » o « altri fatti imputabili al titolare autorizzato » dai quali sia « derivato grave danno alla incolumità individuale o alla sanità pubblica ».
In queste ipotesi tassative, l'atto della amministrazione
che pronuncia la decadenza è un atto vincolato e si limita
ad accertare una situazione obiettiva. Gli effetti della
decadenza si esauriscono, di regola, nella risoluzione del
rapporto, ma se l'amministrazione faccia valere, con la
pronuncia dichiarativa, una ipotesi insussistente o non
prevista di decadenza, non ha luogo l'affievolimento del
diritto, quale si ha invece nel caso che la concessione non
sia più idonea alla pubblica esigenza, ma si ha una misura
illegittima, che costituisce violazione del diritto soggettivo alla conservazione e all'esercizio della concessione, con la
conseguenza del risarcimento del danno economico che ne sia derivato, da far valere innanzi all'autorità giudiziaria ordinaria, quanto meno dopo l'annullamento da parte della stessa amministrazione dell'atto illegittimo (ed è
questo il caso in esame) da parte dei competenti organi amministrativi.
Mutuando da una autorevole fonte dottrinale la distin
zione tra norme di azione, che tutelano l'interesse pubblico non nel suo rapporto con l'interesse di altro soggetto, ma
nell'attività dell'amministrazione per garantire la conformità
ad esso degli atti che l'amministrazione stessa compie
per l'esercizio dei propri diritti e poteri e nell'adempi mento dei propri obblighi, e norme di relazione, dirette
invece a regolare i rapporti che intercorrono tra la p. a. e il cittadino, tracciando la linea di demarcazione tra la
sfera giuridica dell'uno e quella dell'altro soggetto, la di
sposizione dell'art. 113 del t. u. delle leggi sanitarie, che
disciplina la ipotesi di decadenza del farmacista dalla
concessione farmaceutica appartiene alla seconda cate
goria, onde la violazione di essa, da parte dell'autorità
amministrativa, vuol dire indebita invasione della sfera
giuridica del cittadino e quindi lesione del diritto altrui, con il conseguente obbligo di riparazione.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la vio
lazione dell'art. 28 della Costituzione e lamenta clie i giu dici di merito abbiano errato nell'ammettere che la p. a.
possa essere ritenuta responsabile per un atto illegittimo
compiuto da un suo funzionario, quando, come nella specie,
questo ultimo, citato in proprio, sia stato assolto con sen
tenza passata in giudicato. La domanda attrice, si af
ferma, chiamava in causa la p. a. come responsabile soli
dale in una causa contro il funzionario, si fondava, cioè,
proprio sull'art. 28 della Costituzione, sicché non era pos sibile modificare più che la stessa eausa petendi, la legit timazione passiva della parte e il contenuto oggettivo del giudizio.
La censura muove da una inesatta indicazione dei fatti
ed è infondata in diritto. Come risulta dallo svolgimento del processo, sin dall'atto introduttivo del giudizio la
Nuvola ha chiesto l'accertamento della condotta illegittima del Migliore, sia in proprio sia quale organo locale del
Governo, per cui si è avuta una duplice domanda, contro
il soggetto che impersonava l'organo e contro l'ammini
strazione che aveva agito a mezzo del proprio organo. In linea di diritto si osserva, poi, che la responsabilità
della p. a. per atti dei suoi funzionari e dipendenti, i quali abbiano agito neU àmbito dei compiti ad essi affidati e
non per fini propri, è una responsabilità diretta, identifi
candosi nei funzionari e dipendenti gli organi attraverso i
quali lo Stato e gli enti pubblici minori agiscono, onde la loro azione è azione dell'ente, che ne risponde in modo
immediato e diretto. Tale principio è rimasto fermo anche
dopo l'entrata in vigore della Costituzione, il cui art. 28 non ha inteso snaturare la responsabilità diretta della p. a. e sanzionare il principio della responsabilità indiretta, ma
ha voluto soltanto sancire, accanto alla responsabilità della p. a., anche quella personale dei funzionari e dipen denti, che finora era ritenuta assorbita dalla responsa bilità dello Stato o in genere dell'ente pubblico.
In altri termini, la legge ha inteso stabilire anche la
responsabilità dei funzionari, ma non ha inteso affatto
svuotare quella diretta della p. a. che continua ad esistere, anche laddove sia esclusa la responsabilità concorrente e solidale del funzionario.
Per questi motivi rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 29 gennaio 1964, n. 228 ; Pres. Fibbi P., Est. Pekkone Capano, P. M. Pedace (conci, parz. diff.) ; Finanze (Avv. dello Stato Soprano) c.
Angeli, Grifoni.
(Cassa C. centrale 29 novembre 1961, n. 83128)
Ricchezza mobile — Giudizi avanti le commissioni tributarie — Notificazione degli atti — Modalità
(R. d. 11 luglio 1907 n. 560, regolamento per l'appli cazione dell'imposta sui redditi di r. m., art. 89).
Tasse e imposte in genere — Giudizi avanti le com missioni tributarie — Appello dell'ufficio — No tifica — Nullità — Sanatoria (E. d. 8 luglio 1937 n. 1516, norme relative alla costituzione ed al funzio namento delle commissioni amministrative per le im
poste dirette e per le imposte indirette sugli affari, art. 38, 45).
Prima dell'entrata in vigore del decreto pres. 29 gennaio 1958 n. 645, le notificazioni degli atti processuali in materia di imposte di r. m. (e di imposta di registro) dovevano essere eseguite con le modalità previste dal r. decreto 11 luglio 1907 n. 560, che all'art. 89 non com
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
prendeva i vicini di casa fra i soggetti cui può essere
consegnata la copia dell'atto da notificarsi. (1) La nullità di notificazione dell'appello dell'ufficio del registro
e dei relativi motivi di gravame effettuata mediante lo stesso avviso di notificazione della decisione di prima istanza, per incapacità della persona consegnataria a
riceverlo, non determina l'inammissibilità dell'appello, ma giustifica l'ordine di rinnovazione della notificazione,
impartito d'dla commissione adita. (2)
La Corte, ecc. — Col primo motivo si deduce che la
Commissione centrale per le imposte avrebbe errato nel ritenere che la notifica dell'atto di appello fosse nulla
(tanto da determinare l'inammissibilità del gravame),
perchè eseguita mediante consegna dell'atto ad una vicina di casa del destinatario, mentre l'art. 89 del r. decreto 11
luglio 1907 n. 560 non prevede i vicini di casa fra i soggetti ai quali può essere consegnata la copia dell'atto da noti ficare. In particolare, la ricorrente amministrazione so
stiene che il citato art. 89, il quale disciplina le modalità di notifica delle dichiarazioni e rettificazioni di ufficio in materia di ricchezza mobile, non sarebbe applicabile nella
fattispecie, in quanto il caso in esame « non attiene a no tifiche di atti sostanziali di accertamento, ma di atti proces suali, quale l'appello, e non si riferisce ai redditi di ric chezza mobile, ma all'imposta indiretta di registro ».
,11 motivo è infondato.
È vero che l'art. 89 del regolamento per l'applicazione
dell'imposta sui redditi di ricchezza mobile, approvato con r. decreto 11 luglio 1907 n. 560, riguarda le notifica
zioni degli avvisi relativi alle dichiarazioni e rettificazioni fatte d'ufficio, di cui i contribuenti debbono venire a cono
scenza. Ma le prescrizioni dettate per tali notifiche, ossia le modalità per esse stabilite in tema di accertamento dei
redditi, valgono anche per le notifiche degli atti processuali in materia di imposta di ricchezza mobile, in virtù del
l'espresso richiamo contenuto negli art. 97 e seguenti dello
stesso regolamento, concernenti i reclami alle commis
sioni di prima istanza e i ricorsi alle commissioni provin ciali e alla Commissione centrale. Dispone l'art. 97 che
« l'agente ha obbligo di notificare al reclamante la parte dispositiva della decisione (di primo grado), inviandogli
apposito avviso per essere recapitato nei modi e con le
forme di cui all'art. 89 ». Il successivo art. 99 stabilisce
che l'appello dell'ufficio ed i relativi motivi devono essere
portati a conoscenza del contribuente « con l'avviso col
quale gli si notifica la decisione di prima istanza » (nei modi e con le forme di cui all'art. 89). E gli art. 102 e 105
si riportano anche essi all'art. 97, che a sua volta richiama
l'art. 89, per quanto riflette i ricorsi in appello e le notifiche
delle decisioni delle commissioni provinciali e della Com
missione centrale.
Non tutte queste disposizioni vennero sostituite da
quelle degli art. 35 e seguenti del r. decreto 8 luglio 1937
n. 1516. Con tale decreto, infatti, mentre venne disciplinato con nuove norme il procedimento davanti alle commissioni
per le imposte dirette (e davanti a quelle per le imposte indirette sugli affari), nulla venne disposto in ordine alle
modalità di notificazione degli atti processuali. Cosicché, al riguardo, rimasero in vigore le disposizioni del regola mento del 1907 sui redditi di ricchezza mobile. Succes
sivamente è intervenuto il nuovo t. u. delle leggi sulle
imposte dirette, di cui al decreto pres. 29 gennaio 1958
n. 645. Ma il nuovo t. u. è stato approvato ed è entrato
in vigore dopo la notificazione di cui trattasi, eseguita il
13 marzo 1956, sicché esso non è applicabile nella fattispecie. Devesi concludere, quindi, che nel marzo 1956 le noti
ficazioni degli atti processuali in materia di imposta di
ricchezza mobile dovevano essere eseguite con le modalità
(1) Non risultano precedenti in termini.
(2) Questione nuova. Per alcuni problemi sulla notificazione
dell'appello, cfr. Bttzzetti, Sui modi e forme di notifica dell'ap pello incidentale da parte dell'ufficio, in Riv. it. dir. fin., 1942, I, 47.
Il Fobo Italiano — Volume LXXXVI1 — Parte I-64.
previste dal regolamento del 1907, che non contemplava i vicini di casa fra i soggetti legittimati a ricevere gli atti da notificare. Le stesse modalità di notifica erano in quella epoca applicabili in materia di imposta di registro (quella che qui interessa), poiché l'art. 31 del r. decreto 7 agosto 1936 n. 1639, convertito con modificazioni nella legge 7
giugno 1937 n. 1016, dopo aver stabilito il criterio per la determinazione della competenza territoriale delle com missioni distrettuali e dopo aver dettato altre norme di carattere processuale, estese alle controversie riguardanti le imposte sul trasferimento dei beni tutte le altre norme relative al procedimento davanti alle commissioni delle
imposte dirette.
Il primo motivo di ricorso, pertanto, è infondato e deve essere rigettato.
Altrettanto deve dirsi del terzo motivo, col quale si deduce che l'appello dell'ufficio contro la decisione di
primo grado, emessa dalla commissione provinciale delle
imposte, non doveva formare oggetto di notificazione, ma di semplice comunicazione ai contribuenti.
A questo proposito basta rilevare che, a norma degli art. 38 e 45 del r. decreto 8 luglio 1937 n. 1516, la comu nicazione dell'appello dell'ufficio e dei relativi motivi, comunicazione che deve essere fatta al contribuente, può essere effettuata non solo in via autonoma, nel qual caso si osservano le norme riguardanti la comunicazione degli atti processuali, ma anche « con lo stesso avviso di noti ficazione della decisione di prima istanza », nel qual caso l'eventuale irritualità o nullità della notifica colpisce ne cessariamente l'intero atto notificato (o che si inten deva notificare). Nella specie, la comunicazione dell'appello proposto dall'ufficio del registro e dei relativi motivi di
gravame venne fatta a mezzo dell'atto di notifica della decisione impugnata, ossia « con lo stesso avviso di noti ficazione della decisione di prima istanza », di guisa che, ai fini di cui trattasi, occorreva ed occorre aver riguardo alle norme sulle notificazioni, non già a quelle sulle comuni cazioni degli atti processuali. Senza dire che le comunica zioni prescritte dalla legge non sono svincolate da ogni formalità, poiché sovrasta pur sempre l'esigenza di ga rantire il raggiungimento dello scopo cui esse sono dirette, che è quello di informare il destinatario circa la esistenza o il contenuto di un determinato atto o provvedimento.
Anche il terzo motivo di ricorso, dunque, è infondato e deve essere rigettato.
Parzialmente, fondato, invece, è il secondo motivo. Non è esatto che nella specie non sia configurabile una
nullità di notifica, per non essere la nullità prevista espres samente dalle norme fiscali in materia. Essa è comminata da una disposizione di carattere generale, applicabile anche nel procedimento tributario, quale quella dell'art. 160 cod. proc. civ., secondo cui la notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia. E poiché, nel caso in
esame, l'atto da notificare venne consegnato a persona non legittimata a riceverlo, esattamente la Commissione centrale ritenne che la notifica fosse nulla. Ma, riconosciuta la nullità, le conseguenze non erano quelle ravvisate nel
l'impugnata decisione, che dalla nullità della notifica fece derivare l'inammissibilità dell'appello. Sono ormai principi acquisiti, perchè più volte affermati da questo Supremo collegio, che la nullità della notificazione di un atto (quale quella che deriva dalla inosservanza delle disposizioni circa le persone alle quali può essere consegnata la copia) è sa nata con effetto ex tune, anche quando trattisi di atto di
impugnazione, o con la costituzione del destinatario del
l'atto, ancorché la costituzione avvenga dopo la scadenza del termine stabilito per l'impugnazione, ovvero con la rinnovazione della notificazione, che il giudice deve disporre ai sensi dell'art. 291 cod. proc. civ., applicabile non solo nel procedimento contumaciale di primo grado, ma anche in quelli di impugnazione. Tali principi devono valere anche nel processo tributario, nel quale manca una di
sciplina delle nullità delle notificazioni e dei relativi ef fetti. Al processo tributario, del resto, si estendono tutte le disposizioni generali del diritto processuale comune, che
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loll PARTE PRIMA 1012
non trovino nelle norme fiscali una espressa deroga e ohe
non siano con esse contrastanti o inconciliabili.
Da ciò deriva clie nel caso in esame la Commissione
centrale, anziché dichiarare inammissibile l'appello dell'uf
ficio del registro, la cui notifica era affetta da nullità (sa
nabile), avrebbe dovuto disporre la rinnovazione della
notifica stessa alle altre parti non comparse. Su questo punto, quindi, il ricorso è fondato ; sicché
l'impugnata decisione deve essere cassata con rinvio alla
stessa Commissione, affinchè disponga la rinnovazione
della predetta notifica (ove non vi provveda direttamente
l'ufficio interessato) e giudichi poi sull'appello, sempre che
l'ordine di rinnovazione venga regolarmente eseguito. Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
I
Sezione I civile ; sentenza 23 gennaio 1964, n. 160 ; Pres.
Stella Eichtee P., Est. D'Amico, P. M. Colonnese
(conci, conf.) ; Rancilio (Avv. Nicolò, Russo) c. Min.
lavori pubblici.
(Conferma App. Roma 24 maggio 1961)
Opere pubbliche — Capitolato d'appalto — Decor
renza degli interessi sulle somme dovute dall'am
ministrazione in contrasto con la disciplina del
l'art. 1224 cod. civ. — Legittimità (Cod. civ., art. 1224).
Opere pubbliche — Capitolato d'appalto — Clausole
limitative della responsabilità della p. a. — Spe cifica approvazione per iscritto — Necessità — In
sussistenza (Cod. civ., art. 1341).
Non è illegittima la disposizione contenuta nell'ultimo comma
dell'art. 40 del capitolato generale d'appalto per le opere
pubbliche (approvato con decreto min. 28 maggio 1895),
giusta la quale gli interessi stille somme dovute dall'ammi
nistrazione all'appaltatore iniziano a decorrere due mesi
dopo la data della registrazione alla Corte dei conti del de
creto ministeriale emesso in esecuzione dell'atto con cui, in sede amministrativa o arbitrale, sono state risolute le
controversie. (1) Le clausole inserite nei contratti di appalto stipulati dal mi
nistero dei lavori pubblici attraverso il riferimento al ca
pitolato generale d'appalto per le opere pubbliche non sono
soggette alla disciplina degli art. 1341 e 1342 cod. civ., ancorché comportino limitazioni di responsabilità per la
pubblica amministrazione contraente. (2)
(1) In questi termini non risultano espliciti precedenti. Sull'inapplicabilità della disciplina dell'art. 1224 cod. civ. ai
rapporti di appalto regolati dall'art. 40 del capitolato generale per le opere pubbliche (o da disposizioni corrispondenti di altri
capitolati generali), v. la successiva nota (3), ove è pure men zionato un lodo arbitrale (7 novembre 1953) implicitamente contrario sul punto dell'affermato carattere dispositivo del l'art. 1224.
In argomento alla specifica disposizione dell'art. 40, di cui alla massima, cons, i lodi 4 luglio 1952 e 5 ottobre 1953, Foro
it., Rep. 1953, voce Opere pubbliche, nn. 67, 69 ; 10 maggio e 23 gennaio 1952, id., Rep. 1952, voce cit., nn. 70, 82 ; 22 luglio 1941, id., Rep. 1943-45, voce cit., n. 111.
Sulla natura moratoria o cori-ispettiva degli interessi pre visti a favore dell'appaltatore dall'art. 40 e da disposizioni analoghe (problema influente sul rapporto fra queste disposi zioni e l'art. 1224), v. De Martini, in Giur. Cass, civ., 1944, 377.
(2) La sentenza argomenta dal carattere di norme regola mentari, che essa riconosce alle disposizioni del capitolato ge nerale, richiamando a proprio conforto Cass. 23 giugno 1958, n. 2219, Foro it., 1958, I, 1442, con nota critica di Capac cioiii (estensore della sentenza appresso riportata) : punto sul
quale concordano più recenti pronunce (ad es., Cass. 14 giu
gno 1962, n. 1478, id., Rep. 1962, voce Opere pubbliche, n. 13 ;
II
Sezione III civile ; sentenza 29 ottobre 1963, n. 2857 ; Pres. Pellettieri P., Est. Capaccioli, P. M. Macca rone (conci, conf.) ; Rancìlio (Avv. Nicolò, Russo, Barbero) c. Ferrovie Stato (Avv. dello Stato Pal
lotta).
(Conferma App. Milano 15 gennaio 1960)
Ferrovie e tramvie — Capitolato d'appalto — Ri tardo liei pagamenti da parte dell'amministra zione — Liquidazione forfettaria preventiva del danno —- Hisarcibilità secondo i principi del diritto comune nei casi di dolo o colpa — Esclusione.
Ferrovie e tramvie — Capitolato d'appalto —- Opere non eseguite — Calcolo del decimo — Revisione di prezzi intervenuta nel corso del rapporto —
Necessità di riferimento ai valori revisionati.
Per l'art. 40 del capitolato generale amministrativo delle fer rovie dello Stato, che opera senza esclusione di casi una
23 marzo 1961, n. 659, id., Rep. 1961, voce cit., n. 18 ; 21 maggio 1959, n. 1523, id., 1960, I, 1569), ma che fino a non molti anni fa è stato controverso nella giurisprudenza della Suprema corte, come ricordano i lettori di questa rivista (v., in senso contrario, Oass. 30 settembre 1954, n. 3174, id., 1955, I, 1679, nonché l'ampia rassegna di precedenti nella nota di Albano a Trib. Salerno, id., 1958, I, 1736, allineato con l'in dirizzo ora di nuovo dominante).
Va però ricordato che sull'inapplicabilità degli art. 1341 e 1342 cod. civ. concordano anche quelle pronunce che non rico noscono carattere di norme regolamentari alle disposizioni del capitolato generale (cosi, ad es., la cit. Cass. 30 settembre 1954, n. 3174), il che non desta meraviglia, se si pensa che Ja giuri sprudenza ritiene inapplicabili quelle norme ai contratti in ge nere con la pubblica amministrazione (tra le più recenti : Cass. 20 luglio 1962, n. 1982, id., Rep. 1962, voce cit., nn. 17, 18 ; 25 giugno 1960, n. 1676, con App. Roma 7 marzo 1960 e Trib. Agrigento 25 gennaio 1960, id., Rep. 1961, voce Amministra zione dello Stato, nn. 91-93 ; Cass. 28 maggio 1959, n. 1542, id., Rep. 1959, voce cit., n. 120 ; 11 marzo 1958, n. 810, id., Rep. 1958, voce cit., n. 166 ; 14 ottobre 1957, n. 3814, id., Rep. 1957, voce cit., n. 175).
La massima riflettente l'inapplicabilità degli art. 1341 e 1342 cod. civ. viene estesa (a volte esplicitamente riaffermando il carattere regolamentare delle disposizioni del capitolato gene rale, a volte lasciando il punto nell'ombra) agli appalti, interes santi soggetti diversi dallo Stato, ai quali il capitolato debba trovare applicazione ex lege : così per gli appalti stipulati dalla Cassa del mezzogiorno o da suoi concessionari (Cass. 23 giugno 1958, n. 2219, e Trib. Salerno 26 febbraio 1958, id., 1958, I, 1442 e 1736, con le citate note di Capaccioli e di Albano) ; per quelli per opere pubbliche finanziate dallo Stato, stipulati dagli enti pubblici territoriali (Cass. 18 aprile 1962, n. 754, id., 1962, I, 618, con nota di ricniami) ; per quelli stipulati dall'isti tuto aut. case popolari o da cooperative edili sovvenzionate (Cass. 3 agosto 1962, n. 2357, id., Rep. 1962, voce Case popolari, n. 88 ; Trib. Bergamo 6 febbraio 1956 e App. Genova 13 aprile 1956, id., Rep. 1956, voce Opere pubbliche, nn. 80-82 ; Cass. 9 marzo 1955, n. 715, id., 1955, I, 998, con nota di richiami).
La massima viene poi confermata, con esplicita argomen tazione a contrario, di fronte al richiamo dei capitolati generali statali contenuto in contratti che non interessano lo Stato (e ai quali i capitolati stessi non debbano per legge applicarsi), come pure di fronte ai capitolati generali predisposti da enti pubblici diversi dallo Stato : Cass. 1° febbraio 1962, n. 188, id., Rep. 1962, voce cit., n. 79 ; 23 marzo 1961, n. 659, id., Rep. 1961, voce cit., n. 18 ; 21 maggio 1959, n. 1523, id., 1960, I, 1569, con nota di richiami.
Isolata la voce di Trib. Udine 15 gennaio 1960, id., Rep. 1960, voce cit., n. 61, secondo cui la specifica approvazione per iscritto della clausola compromissoria, a norma dell'art. 1341, è necessaria anche quando il capitolato generale « operi relati vamente a contratti in cui lo Stato intervenga in qualità di parte » ; ma l'affermazione eccede il caso deciso, riguardante una controversia fra un consorzio ed un comune.
Per altri riferimenti, v. anche Cass. 27 giugno 1956, n. 2342, id., Rep. 1956, voce cit., n. 79 (inapplicabilità dell'art. 1341 di fronte al capitolato generale per la concessione del taglio di boschi).
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