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Sezione I civile; sentenza 29 gennaio 1964, n. 229; Pres. ed est. Stella Richter P., P. M. Pisano...

Date post: 31-Jan-2017
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Sezione I civile; sentenza 29 gennaio 1964, n. 229; Pres. ed est. Stella Richter P., P. M. Pisano (concl. diff.); Associazione nazionale assistenza pubblici impiegati-A.n.a.p.i. (Avv. Santoro) c. Banco di Napoli (Avv. Capobianco) Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 4 (1964), pp. 777/778-783/784 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23154107 . Accessed: 28/06/2014 07:53 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.50 on Sat, 28 Jun 2014 07:53:33 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 29 gennaio 1964, n. 229; Pres. ed est. Stella Richter P., P. M. Pisano(concl. diff.); Associazione nazionale assistenza pubblici impiegati-A.n.a.p.i. (Avv. Santoro) c.Banco di Napoli (Avv. Capobianco)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 4 (1964), pp. 777/778-783/784Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23154107 .

Accessed: 28/06/2014 07:53

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777 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 778

vanza, viceversa, dell'obbligo fiscale imposto dall'art. 77

importa soltanto l'obbligo del giudice di sospendere il

processo, sotto pena (ed è questa l'unica sanzione) di essere

altrimenti egli tenuto al pagamento dell'imposta, con la

conseguente validità della sentenza resa il che sta a signi ficare clie, non essendo pregiudicata l'ammissibilità della

domanda, la norma non influisce, nè direttamente nè indi

rettamente, sul diritto sostanziale e sulla tutela giurisdi zionale di esso.

Del resto ogni altra considerazione sul punto può appa rire superflua dopo clie la Corte costituzionale, con la

pronuncia n. 45 del 9 aprile 1963 {Foro it„ 1963,1, 646) a pro

posito dell'analoga norma contenuta nella legge sul registro, ha riconosciuto che le proibizioni del genere intendono stimo

lare l'adempimento degli obblighi fiscali senza in alcun modo

riconnettersi alla regola del solve et repete. Ed è appena il caso

di avvertire, ad eliminare un altro equivoco in cui sembra

sia incorsa la denunciata sentenza, che, ai fini dell'appli cabilità dell'art. 77, il giudice deve limitarsi unicamente

a constatare il fatto estrinseco se sia stato ottemperato

all'obbligo della denuncia dell'eredità o del legato e del

pagamento della relativa imposta liquidata senza che possa scendere ad esaminare il merito della liquidazione e svolgere

indagini sull'operato degli organi fiscali. L'affermazione della

resistente con la quale, previo riferimento alla pretesa inde

bita restituzione della somma di lire 408.461 da parte del

l'ufficio finanziario all'erede, in quanto la somma medesima

avrebbe dovuto essere, invece, trattenuta ed imputata alla

imposta relativa al legato, si tende a porre in evidenza

che un tributo sul legato sarebbe stato, dopo tutto, pagato, non ha pregio, perchè trascura quello che in effetti è stato

l'accertamento del tributo successorio afferente al legato, in relazione alla denuncia corrispondente, nell'importo già detto di lire 13.360.262, somma di gran lunga maggiore di

quella oggetto della pretesa indebita restituzione alla Tan

zarella.

Nel controricorso si è richiamato, per sorreggere la deci

sione impugnata, altro e diverso motivo che, pur ritenuto

serio, come è detto nella sentenza, non fu dalla corte di

appello esaminato, in quanto assorbito. Si deduce all'uopo

che, non trovando la sospensione del processo, di cui è

questione, un particolare autonomo regolamento nella legge tributaria e dovendosi la sospensione stessa inquadrare nelle

norme che disciplinano la sospensione necessaria, il giudice istruttore avrebbe al più dovuto ordinare la cancellazione

della causa dal ruolo, nè avrebbe potuto, pertanto, pro nunciare l'estinzione del processo se non dopo decorso il

termine di un anno dalla data del provvedimento di cancel

lazione ; ma la deduzione non è esatta.

Invero, ancorché trattisi di sospensione necessaria, il

potere del giudice di fissare un termine per l'adempimento

dell'obbligo fiscale e per la riassunzione della causa, non può contestarsi sia per l'art. 297 sia per l'art. 307, 3° comma,

del codice di rito, nè sembra che tale potere sia stato da

alcuno mai contestato. Se, infatti, una questione si è posta, è stata unicamente se, nel caso in cui il giudice non abbia

fissato alcun termine per la riassunzione del processo, ai

fini della estinzione di questo per inattività delle parti, debba trovare luogo il termine di cui all'art. 297 (sei mesi

dal provvedimento di sospensione) ovvero il termine di un

anno dalla cancellazione della causa dal ruolo, per effetto

della sospensione di cui all'art. 307, ma la questione qui non interessa. Ciò che importa, piuttosto, rilevare, nel caso

di che trattasi, è che pienamente legittimo fu sia il prov vedimento di sospensione del processo con la fissazione da

parte del giudice istruttore del termine perentorio per

l'adempimento dell'obbligo fiscale, sia la conseguente pro nuncia di estinzione del processo stesso, a seguito della

protratta inattività della parte, a cui era stata imposta l'osservanza dell'obbligo suddetto ; cosa della quale la

corte del merito, per effetto dell'erronea interpretazione dell'art. 77 della legge n. 3270 del 1923, non ha tenuto

conto.

Il ricorso, perciò, va accolto in relazione al mezzo testé

esaminato. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 29 gennaio 1964, n. 229 ; Pres.

ed est. Stella Richteb P., P. M. Pisano (conci,

diff.) ; Associazione nazionale assistenza pubblici impie

gati-A.n.a.p.i. (Avv. Santoro) c. Banco di Napoli (Avv.

Capobianco).

(Cassa App. Firenze 3 luglio 1961)

Titoli di credito — Assegno I.c.c.r.i. 11011 trasferibile — Pagamento, effettuato da altra banca, a per sona diversa dall'intestatario — Responsabilità extracontrattuale — Sussistenza (Cod. civ., art. 2043, 2055 ; r. d. 21 dicembre 1933 n. 1736, disposizioni sul

l'assegno bancario, ecc., art. 43, 69, 73, 86),

Il richiedente non intestatario di un assegno circolare non

trasferibile (nella specie, assegno I.c.c.r.i.) è legittimato ad agire per responsabilità extracontrattuale contro altra

banca, la quale ne ha pagato Vimporto a persona di

versa dalVintestata! io che di questo aveva falsificato la

firma. (1)

(1) La sentenza cassata, App. Firenze 3 luglio 1961, è rias sunta nel Rep. 1961, voce Titoli di credito, n. 157.

In senso conforme, oltre la sentenza 25 ottobre 1961, n. 2371, citata nella motivazione di quella annotata, ma che non risulta

massimata dall'Ufficio massimario, nè edita (e di cui riportiamo, con gli estremi, i passi salienti in fondo a questa nota), Trib. Lecce 26 maggio 1959, id., Rep. 1959, voce cit., nn. 197-199 (anche in

quel caso trattavasi di assegno I.c.c.r.i., e la causa era stata pro mossa dall'A.n.a.p.i. ; ma gli assegni erano stati emessi a nome di persona inesistente), richiamata amplius da Acone, retro, 365.

In dottrina, ritiene che il banchiere incaricato dell'incasso d'un assegno « non trasferibile » sia responsabile erga omnes della

violazione della clausola, Pellizzi, Z'assegno bancario, 1964, I, pag. 509 e segg. Sostanzialmente contraria deve considerarsi Cass. 7 ottobre 1958, n. 3133, Foro it., 1959, I, 73, stando alle

precisazioni che fornisce Acone nella osservazione citata : arche

in quel caso il richiedente dell'assegno circolare non trasferibile

agiva contro la banca girataria per l'incasso, il che non ha impe dito alla Cassazione di affermare il principio letteralmente ripro dotto poi in quella 22 maggio 1963, n. 1343 (che ha offerto occa

sione al citato commento di Acone, retro, 364. cui si rinvia per i

precedenti) : la responsabilità della banca, la quale paghi mala

mente, non è configurabile come risarcimento del danno, bensì

come inadempimento dell'originaria obbligazione cambiaria. In un caso, come il presente, in cui si discuteva della nego

ziazione di un assegno I.c.c.r.i., la Cassazione ha ragionato in ter

mini di assegno circolare ; mentre in precedenti occasioni (sent. 29 settembre 1960, n. 2524, Foro it., 1961, I, 1170, con nota di

Ferri) lo ha qualificato assegno bancario. Pur se l'annotata sen

tenza non può considerarsi come sintomo d'un mutato indirizzo, va ricordato che la dottrina tende a ricomprendere l'assegno in questione nel genus assegno circolare (Ferri, op. cit. ; per più

ampi ragguagli Buttaro, in Banca, borsa, ecc., 1959,1,19). È da notare la cura, con la quale la Cassazione pone in

evidenza le caratteristiche di fatto, riassunte nella massima, che le consentono di coordinare la sentenza riportata con l'altra

(14 ottobre 1963, n. 2734, Foro it., 1963, I, 2084), che ha disco

nosciuto al richiedente, non intestatario dell'assegno circolare, la legittimazione a chiederne l'ammortamento.

Sulla irrisarcibilità del pregiudizio, arrecato agli interessi

legittimi nel campo del diritto amministrativo, cui si riferisce

la sentenza riportata, v., da ultimo, Cass. 6 ottobre 1962, n. 2866,

ibid., 1002, con nota di richiami, cui adde Satta, in Riv. dir.

comm., 1963, I, 325.

***

Riportiamo i passi più importanti dello « svolgimento del

processo » e dei « motivi della decisione », tratti dalla inedita sen

tenza della Cassazione richiamata da quella che si annota :

Sezione I civile ; sentenza 25 ottobre 1961, n. 2371; Pres. Di

Pilato P., Est. Albanese, P. M. Criscuoli (conci, conf.) ; Banca

naz. dell'agricoltura c. A.n.a.p.i. (Conferma App. Napoli 29

maggio 1959). « Svolgimento del processo. — Dammico Giuseppe, agente

per la provincia di Napoli dell'A.n.a.p.i. (Associazione nazionale

assistenza pubblici impiegati), fece pervenire alla direzione dei

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779 PARTE PKIMA 780

La Corte, eoo. — Svolgimento del processo. — Con atto di citazione 21 maggio 1958 l'Associazione nazionale assi stenza pubblici impiegati (A.n.a.p.i.) convenne in giudizio avanti al Tribunale di Firenze il Banco di Napoli, sede di Firenze, esponendo che tale Gino Gucci, dipendente del distretto militare di Firenze aveva abusivamente riem

pito ed inviato all'istante nove moduli di ri chi està di pre stiti intestati ad altrettanti dipendenti del distretto, dei

quali aveva falsificato la firma ; che, per soddisfare tali

richieste, l'A.n.a.p.i. aveva fatto emettere dall'Istituto di credito delle casse di risparmio italiane nove assegni circolari non trasferibili, di lire 42.720 ciascuno, intestati ai nominativi di coloro che apparivano sottoscrittori delle

richieste, ed aveva inviato gli assegni stessi al Gucci per la

consegna agli intestatari ; che il Gucci aveva invece riscosso

gli assegni, non ostante che fossero non trasferibili, presso l'agenzia n. 3 di Firenze del Banco di Napoli, il quale banco aveva quindi violato l'art. 43 del r. decreto 21 dicembre 1933 n. 1736 ; che l'associazione, per ottenere il risarcimento del danno, aveva promosso azione surroga toria, sostituendosi ai singoli intestatari degli assegni, contro il banco, ma la domanda, accolta dal tribunale, era stata respinta dalla Corte d'appello di Firenze con sentenza 7 marzo-21 maggio 1955, contro la quale invano

'ente diciannove istanze di prestito (da rimborsarsi con ritenute sullo stipendio) avanzate da altrettanti impiegati, le sottoscri zioni dei quali risultarono successivamente falsificate. Sulla base di tali istanze vennero emessi dall'Istituto di credito delle casse di risparmio, a richiesta dell'A.n.a.p.i., diaciannove assegni bancari, per l'importo complessivo di lire 1.302.960, a favore di coloro che risultavano istanti per il prestito, assegni muniti della clausola « non trasferibile non all'ordine ». Il Dammico ot tenne poi dalla Banca nazionale della agricoltura, sede di Napoli, il pagamento dei titoli, mediante girata per l'incasso alla banca medesima da parte di persone diverse dai beneficiari, identi ficate per garanzia e conoscenza da esso Dammico.

« In seguito il Dammico rimborsava all'A.n.a.p.i., sul com

plessivo importo degli assegni, lire 464.960. «Pertanto l'A.n.a.p.i., con citazione del21 marzo 1957, con

veniva in giudizio la Banca dell'agricoltura avanti al Tribunale di Napoli per sentirla condannare al pagamento della residua somma di lire 838.000, deducendo la responsabilità dell'istituto bancario in via contrattuale ed extracontrattuale, per avere pa gato gli assegni a persona diverse dai prenditori.

« La convenuta eccepiva il difetto di legittimazione attiva dell'A.n.a.p.i., per essere quest'ultima rimasta estranea al rap porto giuridico espresso dai titoli di credito intrasferibili, ed op poneva altresì che autore dell'illecito ai danni dell'A.n.a.p.i., e quindi responsabile in via extracontrattuale, era soltanto il Dammico.

« Il tribunale, con sentenza del 4 dicembre 1957-12 febbraio 1958, rigettava la domanda dell'attrice, osservando che l'A.n.a.p.i. era effettivamente estranea al rapporto cambiario sorto dalla emissione degli assegni e riguardante la circolazione e il pagamento degli stessi ; che non era ipotizzabile, d'altra parte, un'azione dell'A.n.a.p.i. per risarcimento dei danni ex art. 2043 cod. civ., in quanto la Banca dell'agricoltura, pagando a persone identi ficate dal Dammico noto come delegato dell'A.n.a.p.i., si era ispirata a criteri di prudente e diligente cautela.

« Sull'appello dell'A.n.a.p.i. la Corte di Napoli, con sen tenza del 20 marzo-29 maggio 1959, in riforma della decisione impugnata, accolse la domanda, sul riflesso che la banca dovesse rispondere del fatto illecito a norma dell'art. 2043 cod. civ., avendo provveduto al pagamento degli assegni, non trasferi bili, in base soltanto alla firma di garanzia del Dammico, senza curare direttamente l'identificazione delle persone presentateti per la riscossione, e senza neppure conoscere quali fossero gli effettivi rapporti correnti tra il Dammico e l'A.n.a.p.i.

« Ricorre la Banca nazionale dell'agricoltura sulla base di quattro motivi. L'A.n.a.p.i. resiste con controricorso.

« Motivi della decisione. —■ Gol primo motivo, denuncian dosi la contraddittorietà di motivazione dell'impugnata sen tenza e la violazione degli art. 81 e 100 cod. proc. civ., si so stiene che la corte di merito, dopo avere esattamente osservato che l'A.n.a.p.i. era carente di legittimazione per potere eserci tare, in conseguenza dell'irregolare pagamento degli assegni da parte della banca, l'azione cartolare di cui all'art. 43, 2" comma, del r. decreto 21 dicembre 1933 n. 1736, avrebbe tutta via riconosciuto, in evidente contrasto con le affermazioni di cui

opra, la responsabilità contrattuale della banca nei confront i

era stato proposto ricorso per cassazione ; che la medesima associazione intendeva agire direttamente contro il banco

per la sua responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Tutto ciò premesso, chiese che il convenuto fosse con

dannato al pagamento della somma di lire 384.480, con gli interessi e le spese.

Il banco eccepì che l'attrice non poteva esperire un'azione contrattuale perchè era rimasta estranea al rapporto cam biario conseguente all'emissione degli assegni, e che non

poteva agire neppure in via extracontrattuale, perchè non vi era stata lesione di un diritto primario, tutelabile erga omnes. Soggiunse che comunque il diritto sarebbe stato

prescritto e che il danno era addebitabile a colpa della stessa A.n.a.p.i., la quale aveva consegnato gli assegni al Gucci.

L'adito tribunale con sentenza 4-14 marzo 1959 rigettò la domanda. La soccombente propose appello, ma la Corte di Firenze con pronuncia 23 gennaio-3 luglio 1961 lo re

spinse. Considerò la corte che l'attrice, la quale indubbia

mente aveva subito un danno, non aveva azione per il risarcimento nei confronti del banco di Napoli, nè in via contrattuale, nè in via extracontrattuale. Sotto il primo profilo, infatti, bastava osservare che il banco non era stato l'emittente degli assegni. Poteva aggiungersi comun

dell'istante A.n.a.p.i. proprio sulla base di quello stesso art. 43 già in precedenza richiamato per escludere la legittimazione ad agire.

« La censura è infondata. Non sussiste che la corte di merito abbia ritenuto la Banca dell'agricoltura obbligata ex contractu a corrispondere all'A.n.a.p.i. l'importo degli assegni irregolar mente pagati a persone diverse dai prenditori. Nella motiva zione della sentenza è detto in termini espliciti che la responsa bilità della banca verso l'A.n.a.p.i. discendeva unicamente da fatto illecito, in quanto cioè la banca medesima, col proprio negligente comportamento (che si era concretato nel corrispon dere l'importo degli assegni non trasferibili senza procedere ad una rigorosa identificazione dei beneficiari), aveva reso effi ciente l'attività delittuosa del Dammico, ed aveva quindi ca gionato all'A.n.a.p.i. un danno ingiusto da cui discendeva l'ob bligo del risarcimento a norma dell'art. 2043 cod. civile.

« Nessuna contraddizione è dunque rilevabile nella deci sione impugnata. È stata negata espressamente, dalla corte di appello, la possibilità di un'azione cambiaria dell'A.n.a.p.i. (ed altresì la possibilità d'una azione causale inerente al contratto di emissione intercorso fra la stessa A.n.a.p.i. e l'Istituto di cre dito delle casse di risparmio, essendosi ormai esaurito il rapporto d'emissione con la consegna alla richiedente, da parte dell'isti tuto, dei titoli corrispondenti alla provvista ricevuta). È stato invece riconosciuto il diritto dell'A.n.a.p.i. di ottenere dalla Banca naz. dell'agricoltura il risarcimento del danno sofferto per fatto imputabile alla banca medesima. È vero che i giadici del merito, nell'indagine svolta per l'accertamento dell'illecito extracontrattuale, hanno richiamato, tra l'altro, il disposto dell'art. 43, 2° comma, r. decreto n. 1736 ; ma ciò al fine preci puo di valutare quale fosse stata la condotta della Banca del l'agricoltura in relazione alle regole fissate dalla legge per il pagamento degli assegni non trasferibili, evidente essendo che non potevasi prescindere, per il giudizio sulla colpa, dal riferi mento specifico alle cautele richieste nelle operazioni concer nenti i titoli suddetti. Quel richiamo, dunque, non è affatto in contrasto con quanto affermato in precedenza dalla corte di merito nel senso che l'azione cambiaria, ai sensi del citato art. 43, spetti soltanto al prenditore legittimo dell'assegno. (Omissis)

« Si assume inoltre, con lo stesso secondo mezzo, che, in tema di negoziazione di assegni, non sarebbe configurabile una responsabilità della banca di natura extracontrattuale.

« Nessuna ragione è esposta nel ricorso a sostegno di questa tesi, che è peraltro manifestamente infondata. Un comporta mento colposo, anche se afferente al rapporto cambiario, può integrare di per sè, nei confronti di un soggetto estraneo a quel rapporto, gli estremi del fatto illecito produttivo di danno e generatore di responsabilità a norma dell'art. 2043 cod. civ. E vi è da aggiungere che la corte di merito non ha trascurato di considerare che la specie sottoposta al suo esame si poneva sotto un profilo particolare, in quanto cioè, per le circostanze del caso concreto, era senz'altro da escludere la possibilità di contrapporre all'azione risarcitoria proposta dall'A.n.a.p.i. un'altra azione dei prenditori dei titoli volta ad ottenere dalla banca un nuovo pagamento sulla base del rapporto cartolare ». (Omissis)

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giurisprudenza costituzionale e civile

que che al rapporto di emissione degli assegni tra la banca

e il richiedente, ne succede un altro, tra la banca e il

prenditore, che è autonomo rispetto al primo. Quanto al secondo profilo, rilevò la corte che il paga

mento fatto dalla banca a persona diversa dal prenditore di un assegno non trasferibile, in violazione dell'art. 43

della legge del 1933, importa una responsabilità verso il

prenditore, consistente nell'obbligo di pagare una seconda

volta al medesimo, stante l'inidoneità del primo paga mento a liberare la banca. Quindi legittimato ad agire è

il prenditore dell'assegno e non il richiedente. Nè poteva farsi ricorso al principio dell'art. 2043 cod. civ., poiché nella specie non può ritenersi violato il precetto generale del neminem laedere.

Motivi della decisione. — Con il primo mezzo di ricorso

si denuncia la violazione e la falsa applicazione degli art.

2043 e 2049 cod. civ., nonché dell'art. 40 cod. pen., in rela

zione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere la corte

escluso la responsabilità extracontrattuale del Banco di

Napoli, per l'effettuato pagamento degli assegni circolari

non trasferibili a persona diversa dagli intestatari, non

ostante che sussistessero il fatto colposo del banco, il danno

dell'A.n.a.p.i. ed il nesso di causalità tra la colpa e il danno.

Con il secondo mezzo si lamenta la violazione e la falsa

applicazione degli art. 2055 cod. civ. e 41 cod. pen., in

relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere la

corte ritenuto unico responsabile il Gucci, che riscosse

fraudolentemente gli assegni, mentre si trattava di un'ipo tesi di responsabilità solidale del Gucci e del banco, poiché l'evento dannoso non si sarebbe determinato senza il con

corso della colpa di quest'ultimo. Il resistente ha eccepito preliminarmente l'inammissi

bilità di queste censure, sostenendo che con esse si pro

spettano questioni nuove rispetto a quelle che formarono

oggetto di esame da parte dei giudici del merito. Al riguardo deduce che l'A.n.a.p.i. aveva invocato la responsabilità diretta del banco, in base all'art. 43 della legge sull'assegno

bancario e circolare e all'art. 2043 cod. civ., mentre ora

fa valere una responsabilità indiretta del medesimo per fatto del preposto o con obbligazione solidale eon il Gucci,

rispetto alla quale occorrerebbero indagini di fatto diverse

da quelle finora compiute. L'eccezione è palesemente infondata.

L'A.n.a.p.i. si è sempre doluta perchè il Banco di Napoli aveva pagato gli assegni non trasferibili a persona diversa

dai prenditori, in ispreto all'art. 43 del r. decreto 21 dicem

bre 1933 n. 1736 (norma dettata per gli assegni bancari

ed applicabile anche a quelli circolari, ai sensi dell'art. 86

dello etesso decreto), ed ha sempre denunciato in questo

pagamento un fatto colposo che le aveva recato danno,

di cui appunto chiedeva il risarcimento.

Le circostanze di fatto sono state inoppugnabilmente accertate e sono del resto pacifiche : gli assegni, emessi

dall'Istituto di credito delle casse di risparmio con la clau

sola di non trasferibilità, furono pagati dall'agenzia n. 3

di Firenze del Banco di Napoli, non già ai prenditori, bensì a Gino Gucci, il quale li aveva presentati con la firma

per girata dei detti prenditori, firma da lui stesso apposta e quindi falsa. Poiché si trattava di assegni non trasferi

bili, il pagamento non poteva essere effettuato che agli stessi prenditori o dall'istituto emittente o da altra banca,

la quale avrebbe agito quale girataria per l'incasso nei

confronti di quell'istituto. In tale situazione non può essere necessaria alcuna

altra indagine di fatto, poiché la colpa del cassiere della

banca è in re ipsa, avendo egli trasgredito una tassativa

disposizione di legge. Se da questo fatto colposo del cas

siere, compiuto indubbiamente nell'esplicazione delle fun

zioni a lui demandate, consegua una responsabilità diretta

o indiretta del banco è questione che non è stata mai posta e che non ha alcuna rilevanza pratica : in ogni caso il

banco deve risponderne. Il problema della causa è soltanto quello di stabilire

se sia configurabile nella specie un fatto illecito, che dia

diritto al risarcimento del danno, a norma dell'art. 2043

ood. civ., a favore di chi aveva richiesto gli assegni.

La denunciata sentenza è addivenuta alla soluzione

negativa, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale il rapporto di emissione di un assegno circolare si esaurisce con l'emissione del titolo, avente i

caratteri pattuiti, e successivamente sorge un nuovo rap

porto (cambiario) tra la banca e il prenditore, che è auto

nomo rispetto al primo. Pertanto la banca che paghi a

chi non è legittimato, e, in particolare, nel caso di assegno non trasferibile, a persona diversa dal prenditore, è respon sabile non per una obbligazione risarcitoria del danno, bensì per l'obbligazione cambiaria originaria, che non è

stata validamente adempiuta e che quindi deve essere

adempiuta con un nuovo pagamento a favore del legitti mato (prenditore).

Questi principi sono esatti e meritano piena conferma, ma non sono idonei a risolvere la questione in esame, la

quale attiene non già alla responsabilità contrattuale del

l'istituto emittente, ma a quella extracontrattuale della

banca girataria per l'incasso (che ha pagato erroneamente), nei confronti del richiedente degli assegni, in un caso in

cui questi è stato vittima di una truffa, per la quale gli intestatari sono assolutamente estranei ad ogni rapporto con lui ed il truffatore ha sottratto gli assegni medesimi

conseguendone il pagamento. La particolarità della fattispecie, accertata dai giudici

del merito, esclude che i prenditori degli assegni avrebbero

chiesto un duplicato di quelli sottratti, duplicato che, a

norma dell'art. 73 della legge del 1933, tiene luogo per gli

assegni non trasferibili del decreto di ammortamento,

previsto dagli articoli precedenti. E ciò perchè i prenditori non avevano alcuna ragione di credito o rapporto di sorta

con l'A.n.a.p.i. ed anzi ignoravano del tutto che gli assegni

potessero essere emessi in loro favore.

Quindi alla configurabilità di un danno risarcibile a

favore dell'A.n.a.p.i. non osta il principio recentemente

affermato da questa Corte, secondo cui non è legittimato a chiedere l'ammortamento dell'assegno circolare, e quindi il duplicato di quello non trasferibile, colui che abbia

chiesto alla banca l'emissione del titolo direttamente a

nome di altri, anche se la sottrazione o lo smarrimento

avvenga prima della consegna all'intestatario, ma legitti mato è solo quest'ultimo (sent. 14 ottobre 1963, n. 2734

Foro it., 1963, I, 2084). La ragione del principio sta in

ciò che l'azione di ammortamento è un'azione cartolare

concessa esclusivamente al « portatore » del titolo, come

risulta dall'art. 69, 3° comma, della legge sull'assegno, e per « portatore » deve intendersi l'originario prenditore da una serie ininterrotta di girate o colui che ha la deten

zione del titolo contenente l'ultima girata in bianco (art. 22 della legge sull'assegno e art. 21 della legge sulla cam

biale). Nella specie il pagamento fatto illegittimamente al

terzo non può nuocere ai prenditori, ma solo al richiedente, che ha versato la relativa provvista e che ha perduto la

somma.

L'A.n.a.p.i., come la corte di merito ha riconosciuto, ha subito un danno per effetto del fatto delittuoso del

Cucci e di quello colposo del cassiere del Banco di Napoli, ed è la sola ad essere stata danneggiata.

È questo un danno ingiusto, che obblighi al risarci

mento ai sensi dell'art. 2043 cod. civile ?

Com'è noto, la prevalente dottrina e la giurisprudenza costante ritengono ingiusto il danno, e quindi risarcibile, solo quando importi la lesione di un diritto soggettivo, non anche quando leda un interesse legittimo. Il problema, che ha particolare rilievo nel campo del diritto ammini

strativo, si pone anche in quello del diritto civile.

Ora sembra al Supremo collegio che la tutela accordata

dall'ordinamento giuridico al richiedente degli assegni non

trasferibili non sia di mero interesse legittimo, ma di diritto

soggettivo. Questa tutela infatti è quella stessa accordata

al prenditore, giacche assicura che, in caso di smarrimento

o di sottrazione, il titolo non sarà pagato e quindi la somma

non sarà perduta. Non è dubbio che la detta tutela sia a

favore anche del richiedente, il quale, con la clausola della

non trasferibilità, evita i rischi inerenti allo smarrimento o

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Page 5: Sezione I civile; sentenza 29 gennaio 1964, n. 229; Pres. ed est. Stella Richter P., P. M. Pisano (concl. diff.); Associazione nazionale assistenza pubblici impiegati-A.n.a.p.i. (Avv.

PARTE PRIMA

alla sottrazione, che sono esclusivamente a suo carico fino

a che l'assegno non sia consegnato al prenditore. Se le

esposte considerazioni sono esatte, e non sembra che se

ne possa dubitare, l'A.n.a.p.i., che ha subito un danno, che non si sarebbe verificato se con il dolo del Gucci non

avesse concorso la colpa del cassiere del Banco di Napoli, ha diritto ad essere risarcita. In tali sensi, del resto, il

Supremo collegio si è pronunciato con la sentenza 25 ottobre

1961, n. 2371, in un caso, perfettamente identico, riguar dante la medesima associazione.

Pertanto la denunciata sentenza deve essere cassata

con il rinvio della causa ad altro giudice dello stesso grado, che si uniformerà agli esposti principi di diritto.

Per questi motivi, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 22 gennaio 1964, n. 154 ; Pres.

La Via P., Est. Iannitti Pibomallo, P. M. Raja (conci,

conf.) ; Di Stefano (Avv. Orlando Cascio) c. I.n.a.i.l.

(Avv. Radonich, Flamini).

(Cassa App. Palermo 28 dicembre 1960)

Infortuni sul lavoro — Assicurazione obbligatoria —

Omessa denuncia dei lavori — Diffida dell'I.n.a.i.l. — Mancato ricorso amministrativo — Conse

guenze — Fattispecie (R. d. 17 agosto 1935 n. 1765, assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro, art. 8, 9, 17).

Infortuni sul lavoro — Assicurazione obbligatoria —

Premi dovuti — Accertamento e riscossione —

Prescrizione ■— Determinazione (E. d. 17 agosto 1935 n. 1765. art. 67 ; r. d. 25 gennaio 1937 n. 200, rego lamento per l'esecuzione del r. d. 17 agosto 1935 n. 1765, art. 23).

La mancata proposizione, da parte dell'imprenditore, del ri

corso amministrativo avverso la diffida conseguente al

l'omessa denuncia delle lavorazioni soggette alla assicu razione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, non

impedisce all'imprenditore medesimo di contestare, con

l'opposizione a decreto d'ingiunzione a pagare all'I.n.a.i.l. i premi, la sussistenza dell'obbligo contributivo. (1)

(1) La sentenza App. Palermo 28 dicembre 1960, ora cassata, è riassunta in Foro it., Rep. 1961, voce Infortuni, n. 140. La Cas sazione successivamente adita sollevò la questione di legitti mità costituzionale dell'art. 9 del r. decreto n. 1765 del 1935 ; l'ordinanza è massimata in questa rivista, 1963, I, 176. La Corte costituzionale ha dichiarato infondata la questione con sentenza 22 giugno 1963, n. 107, ibid., 1332, con nota di richiami dottri nali, ai quali adde Ingbosso, in Infortuni, 1952, I, 101 ; Minuti, in Riv. it. prev. soc., 1961, 228. Sulla base dei principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale, la Cassazione ha deciso la fattispecie giungendo alla conclusione che non sussiste l'onere

per il datore di lavoro diffidato di esperire i ricorsi amministra tivi previsti nella legge speciale a pena d'improcedibilità del l'azione in sede giudiziaria così come detta l'art. 460 del codice di rito. L'opposta tesi era invece finora ben ferma nella giurispru denza di merito, a prescindere da ogni riferimento alla diversa

questione del solve et repete nella particolare materia, sia pure in

rapporto alla diversa procedura seguita dall'onte per la riscossione dei premi assicurativi : v., in questo senso, Trib. Lecce 13 giugno 1962, Foro it., Rep. 1962, voce cit., nn. 233-235 ; Trib. Bologna 24 dicembre 1958, id., Rep. 1959, voce cit., n. 205 ; Trib. Cosenza 22 agosto 1958, ibid., n. 181 ; Trib. Poggia 2 maggio 1955, id., Rep. 1955, voce cit., n. 191 ; App. Catania 15 aprile 1955, ibid., n. 190 ; App. Potenza 10 marzo 1954, id., Rep. 1954, voce cit., n. 166 ; Trib. Piacenza 10 marzo 1954, ibid., n. 183 ; Trib. Taranto 13 gennaio 1954, ibid., n. 172 ; Trib. Poggia 29 luglio 1953, ibid., n. 170 ; Trib. Trento 17 luglio 1953, ibid., n. 155 ; Trib. Trieste 9 luglio 1953, id., Rep. 1953, voce cit., n. 1 73 ; Trib. Genova 21

maggio 1953, ibid., n. 162 bis; Trib. Macerata 20 maggio 1953, ibid., n. 162 ; Trib. Viterbo 30 aprile 1953, ibid., n. 168; TriL. Como 16 marzo 1953, ibid., n. 180 ; Trib. Massa 28 febbraio 1953,

In terna di premi dovuti alVI.n.a.i.l., la prescrizione annuale

è invocabile solo per l'azione di riscossione, mentre per l'accertamento e la liquidazione del credito deve farsi riferi mento alla prescrizione ordinaria decennale decorrente dal

l'inizio dei lavori soggetti all'assicurazione obbligatoria. (2)

La Corte, eco. — Dopo la pronuncia con la quale la

Corte costituzionale, dissentendo dall'interpretazione data

all'art. 9, 2° comma, r. decreto 17 agosto 1935 n. 1765

dalla Corte d'appello di Palermo con la sentenza impugnata, ha respinto la sollevata eccezione di illegittimità costi

tuzionale della norma stessa, non può non riconoscersi la

fondatezza delle censure espresse dal Di Stefano contro

l'interpretazione medesima con il primo e terzo mezzo di

annullamento.

Con il terzo motivo, il cui esame deve, nell'ordine lo

gico, precedere quello degli altri mezzi di gravame, il Di

Stefano ha sostenuto che, qualora fosse esatta l'interpre tazione data dalla corte di appello all'indicata disposi zione (2° comma dell'art. 9 r. decreto n. 1765 del 1935),

questa dovrebbe considerarsi costituzionalmente illegittima

per contrasto con l'art. 113 della Costituzione, a norma del

quale « contro gli atti della pubblica amministrazióne è

sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione or dinaria ed amministrativa ». Ed invero, ha osservato il Di

Stefano, la ripetuta disposizione costituirebbe una parti colare applicazione del principio del solve et repete, espres samente sancito dal successivo art. 17, principio che, li mitando la tutela giurisdizionale dei diritti del privato in confronto alla pubblica amministrazione, è già stato ri tenuto e dichiarato in contrasto con gli art. 3 e 24 e 113 della Costituzione. Tale contrasto — ha soggiunto il ricor rente — sarebbe ancor più accentuato se il 2° comma del

ibicl., n. 177 ; Trib. Napoli 26 gennaio 1053, ibid., n. 182 ; Trib. Ascoli Piceno 31 dicembre 1952, ibid., n. 160 ; Trib. Matera 31 dicembre 1952, ibid., n. 184 ; Trib. Benevento 20 setteml^re 1952, ibid., n. 185 ; Trib. Como 18 giugno 1952, id., Rep. 1952, voce cit., nn. 120, 121 ; Trib. Pistoia 7 giugno 1952, ibid., n. 122 ; Tiib.

Napoli 19 magg;o 1952, id., Rep. 1953, voce cit., n. 178 ; Trib.

Trapani 19 febbraio 1952, ibid., nn. 175, 176 ; Trib. Padova 25 ottobre 1951, id., Rep. 1952, voce cit., n. 123.

Nel senso che è illegittima l'emissione dell'ingiunzione di

pagamento prima della definizione dei ricorsi amministrativi, v. Trib. Foggia 13 gennaio 1961, id., Rep. 1962, voce cit., n. 134.

D'altro canto, prima che la Corte costituzionale dichiarasse costituzionalmente illegittimo il precetto del solve et repete nella particolare assicurazione obbligatoria, la prevalente giurispru denza affermò che non era tenuto all'osservanza di detto pre cetto l'opponente all'ingiunzione emessa dall'I.n.a.i.l. ai sensi della legge 14 aprile 1910 n. 693, se l'istituto non aveva proceduto alle previe contestazioni in sede amministrativa ; in questo senso v. Cass. 24 settembre 1959, n. 2605, id., Rep. 1959, voce cit., nn. 183-185 ; Trib. Bari 2 maggio 1959, ibid., n. 192 ; Trib. Bo logna 14 aprile 1959, ibid., n. 207 ; App. Firenze 8 luglio 1958, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 211-213 ; App. Milano 4 luglio 1958, id., Rep. 1959, voce cit., n. 189 ; Trib. S. Maria Ca.pua Vetere 29 aprile 1958, ibid., n. 196 ; Cass. 10 dicembre 1957, n. 4625, id., 1958, I, 558, con nota di richiami ; Cass. 10 dicembre 1957, n. 4624, ibid., 20 ; Trib. Venezia 17 giugno 1957, ibid., 160.

(2) La sentenza App. Palermo 28 dicembre 1960, ora cassata, è massimata in Foro it., Rep. 1961, voce Infortuni, nn. 136,291.

Conf. Trib. Parma 13 marzo 1961, id., Rep. 1962, voce cit., n. 310 ; App. Catania 7 febbraio 1961, ibid., n. 309 ; Trib. Bologna 13 maggio 1960, id., Rep. 1961, voce cit., n. 294 ; Trib. Bologna 10 febbraio 1960, id., Rep. 1960, voce cit., nn. 362, 363 ; Trib. Lecce 5 novembre 1959, ibid., n. 361 ; App. Bologna 7 gennaio 1959, id., Rep. 1959, voce cit., nn. 173, 174 ; Trib. Piacenza 6 novembre 1957, id., Rep. 1958, voce cit., n. 365 ; Trib. Roma 10 giugno 1955, id., Rep. 1955, voce cit., n. 301 ; App. L'Aquila 28 maggio 1954, id., "Rep. 1954, voce cit., n. 309 ; Ispett. lav. Ancona 23 marzo 1954, id., Rep. 1955, voce cit., n. 300 ; Trib. Piacenza 10 marzo 1954, id., Rep. 1954, voce cit., n. 308 ; Trib. Catanzaro 15 luglio 1953, id., Rep. 1953, voce cit., n. 297 ; Trib. L'Aquila 30 giugno 1953, ibid., n. 298 ; Trib. Lecce 15 aprile 1953, ibid., n. 295 ; Trib. Napoli 26 gennaio 1953, ibid., n. 296 ; Trib. Benevento 21 agosto 1951, id., Rep. 1952, voce cit., nn. 278, 279.

In dottrina, consulta Cat ALDI, L'istituto della prescrizione nel diritto infortunistico, in Riv. giur. lav., 1954, I, 223.

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