Sezione I civile; sentenza 29 luglio 1963, n. 2122; Pres. Varallo P., Est. Caporaso, P. M. Pisano(concl. conf.); R. (Avv. Ozzo) c. G. (Avv. Tabet)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 2 (1964), pp. 345/346-349/350Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23156043 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
cui non sarebbero leciti ed operanti i patti che restringono eccessivamente i diritti essenziali delle parti.
La impugnata decisione della corte d'appello, solleci tata dal quinto e sesto motivo di nullità del lodo a riesa minare la questione tenendo presente che nella specie trat tavasi di appalto relativo ad opera pubblica realizzata con il contributo dello Stato onde l'applicazione del citato
art. 40 era obbligatoria e di ordine pubblico, ha ribadito
il concetto espresso dagli arbitri, affermando che il lodo aveva
disapplicato una disposizione del capitolato generale inse
rita in un rapporto di appalto come clausola contrattuale
del medesimo, tale nonostante che le opere appaltate fossero
state eseguite con il contributo dello Stato. Da qui la con
seguenza che non si versava in materia indisponibile, sot
tratta per gli art. 806 e 808 cod. proc. civ. al potere giuris dizionale degli arbitri, e che le eventuali violazioni di legge contenute in proposito nella decisione arbitrale impugnata non rientravano nel quadro degli errores in indicando, i
soli rilevanti nella ipotesi di lodo non impugnabile, come
quello in esame (art. 49 del capitolato generale). Alla corte è così sfuggita la inderogabilità e la indispo
nibilità del precetto contenuto nell'art. 294, ult. capov.. t. u. legge com. e prov. del 3 marzo 1934 n. 383 applicabile anche ai consorzi di enti territoriali locali, quale per l'ap
punto il ricorrente consorzio di Campocatino, costituito
tra l'amministrazione provinciale di Fresinone ed il co
mune di Gluercino.
Per i lavori che si eseguono con il concorso o con il sus
sidio dello Stato nella spesa, recita l'art. 294, i comuni de
vono, in ogni caso, adottare il capitolato generale in vigore
per le opere dipendenti dal ministero dei lavori pubblici. In tale ipotesi, i capitolati generali inseriti nel contratto
stipulato dall'ente minore, ma relativi a lavori che si ese
guono col concorso dello Stato nella spesa, hanno natura
normativa.
Questo Collegio Io ha già ritenuto e dichiarato con la pre cedente decisione del 18 aprile 1962, n. 754 (Foro it.
1962, I, 618), con la quale è stato affermato il principio
che, a norma dell'art. 294, ult. comma, legge com. e prov.
gli appalti di opere pubbliche finanziate in tutto o in parte dallo Stato soggiacciono alla disciplina del capitolato gene rale dei lavori pubblici, la cui applicazione deriva dalla
legge e non dal contratto. Sicché la clausola limitativa di
responsabilità, che il citato art. 294 impone, sovrasta, per
legge, la volontà delle parti, le quali non possono rinunziare
ad essa nè modificarla, e non possono quindi farne oggetto di transazione e di compromesso. E trattandosi di oggetto
indisponibile, su di essa non potevano pronunziarsi gli
arbitri, non essendo certamente nel loro potere di decidere
se possa prescindersi perchè restrittiva dei pretesi diritti
essenziali delle parti, dalla limitazione di responsabilità tassativamente fissata ex lege (cioè ex art. 294 legge com.
e prov. ed art. 40 del capitolato). Dato che gli arbitri si erano ritenuti investiti del potere
di decidere in materia ad essi non consentita, il lodo così
emesso, se non inesistente, dovevasi ritenere nullo ai sensi
del combinato disposto degli art. 706, 808 e 829, n. 1, cod.
proc. civ. cioè per una causa per la quale il diritto alla im
pugnazione, per espressa disposizione di legge, permane, anche quando e nonostante che il lodo non sia impugnabile.
Invero, la rinunzia preventiva alla impugnazione per
nullità del lodo non copre e non può comprendere, per pre ciso dettato dell'art. 829 cod. proc. civ. i vizi di forma e gli errori in procedendo ; essa cioè non è valida e non e opera
tiva in nessuna delle previsioni contemplate dalla prima
parte dello stesso art. 829.
Avendo il giudice del merito diversamente deciso, il
ricorso deve essere accolto e la causa deve essere rinviata
ad altro giudice per essere decisa sulla base dei principi
sopra specificati. Per questi motivi, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 29 luglio 1963, 11. 2122 ; Pres. Varallo P., Est. Capokaso, P. M. Pisano (conci, conf.) ; E. (Avv. Ozzo) c. G. (Avv. Tabet).
(Conferma App. Torino 5 giugno 1962)
Filiazione Dichiarazione scritta di paternità Errore (li l'atto — Inefficacia (Cod. civ., art. 269).
Filiazione — Dichiarazione gindiziale di paternità — Esame dei gruppi sanguigni — Ammissibi lità — Limiti (Cod. civ., art. 269).
Procedimento in materia civile — Minore conve nuto in giudizio — Acquisto della maggiore età in corso di causa — Sanatoria con effetto re troattivo Condizioni (Cod. proc. civ., art. 75).
Filiazione — Dichiarazione giudiziale di paternità — Minore ultra diciottenne —
Capacità pro cessuale passiva —- Sussistenza (Cod. civ., art. 250).
La non equivoca dichiarazione scritta di paternità è resa
inefficace, solo se il presunto padre provi che la stessa è inficiata da errore di fatto soggettivo od oggettivo. (1)
( 1 ) Secondo una costante giurisprudenza, la non equivoca dichiarazione scritta di paternità di cui all'art. 269, n. 2, cod. civ., è una dichiarazione di scienza e non di volontà ; essa costi tuisce non un negozio giuridico di riconoscimento, con la conse
guente inapplicabilità delle norme concernenti i vizi del consenso nel negozio giuridico, ma una fonte legale di prova, desunta da uno scritto che riveli, in modo univoco, il convincimento del di chiarante circa il rapporto di paternità naturale. Per la dichia razione giudiziale di paternità naturale, non occorre l'espressa attribuzione della qualifica di figlio, nè l'adozione di formule sa cramentali. La detta dichiarazione scritta, pur dovendo essere univoca ed autosufficiente, può tuttavia essere assoggettata a
processo interpretativo da parte del giudice, il quale si avvarrà dei comuni criteri per stabilire l'idoneità o meno del documento a palesare la consapevolezza e la convinzione del dichiarante di essere l'autore del concepimento : Cass. 1° febbraio 1961, n. 192, Foro it., Rep. 1962, voce Filiazione, nn. 68, 69 ; App. Lecce 24
agosto 1959, id., Rep. 1960, voce cit., nn. 38, 39 ; Cass. 23 giugno 1958, n. 2225, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 68-72 ; 18 ottobre 1956, n. 3695, id., Rep. 1956, voce cit., n. 58 ; 15 giugno 1953, n. 1755, id., Rep. 1953, voce cit., nn. 53-56.
È, del pari, giurisprudenza costante che, ai fini della dichia razione giudiziale d: paternità, l'interpretazione della non equi voca dichiarazione scritta di paternità prevista dall'art. 269, n. 2, cod. civ., dev'essere condotta senza l'ausilio di altri elementi
probatori estranei alla medesima. Peraltro, ciò non impedisce che il giudice possa tener conto delle circostanze in cui la dichiarazione fu emessa, del tempo in cui venne redatta, delle ragioni che la
determinarono, delle modalità in cui fu resa e della personalità del dichiarante, considerata anche in rapporto al suo grado di cultura e di esperienza : Cass. 17 giugno 1959, n. 1873, id., Rep. 1959, voce cit., n. 51 ; 6 maggio 1959, n. 1332, ibid., n. 50 ; 4 luglio 1958, n. 2390, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 74, 75 ; 24 giugno 1958, n. 2246, ibid., n. 73. Secondo Cass. 9 novembre 1960, n. 2991, id., Rep. 1960, voce cit., n. 57, il codice civile vigente, adoperando negli art. 269, n. 2, e 279, n. 3, la locuzione « dichiarazione non
equivoca », in luogo dell'espressione « dichiarazione esplicita », usata nell'art. 193, n. 3, del codice abrogato, non ha inteso atte nuare il rigore dei termini con cui la dichiarazione di paternità va fatta, in quanto nessuna sostanziale differenza sussiste fra le
menzionate espressioni. In senso contrario : Cass. 16 luglio 1953, n. 2310, id., Rep. 1953, voce cit., n. 57. Da Cass. 20 maggio 1961, n. 1196, id., 1962, I, 756, con nota di richiami, è stato ritenuto che il riconoscimento e la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturali hanno efficacia dichiarativa ed attribuiscono al figlio il diritto al mantenimento fin dalla nascita. Secondo
App. Napoli 12 gennaio 1957, id., Rep. 1957, voce cit., n. 40, la dichiarazione di paternità naturale è annullabile per erroie
di fatto e per ogni altro vizio del consenso. La Corte costituzionale, con sentenza 16 febbraio 1963,
n. 7, id., 1963, I, 471, ha dichiarato incostituzionale l'art. 123, 1° comma, disp. trans, cod. civ., per il quale i nati prima del 1°
luglio 1939 possono proporre azione per la dichiarazione giudi ziale di paternità, solo nel caso in cui ricorrano le condizioni pre viste nell'art. 189 cod. civ. 1865 (ratto e stupro violento).
In dottrina, cons., in generale sull'argomento : Cicu, La
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347 PARTE PRIMA 348
In, materia di dichiarazione giudiziale di paternità, Vesame
dei gruppi sanguigni è un mezzo eccezionale di prova, da ammettersi solo quando il giudice non possa attingere altrimenti al proprio convincimento. (2)
Se il minore convenuto in giudizio, non in persona del le
gale rappresentante, consegue la maggiore età in corso di
causa e si difende nel merito senza opporre eccezione, viene sanata con effetto retroattivo la iniziale nullità del
procedimento. (3) Il minore che ha compiuto il diciottesimo anno di età, ha la
capacità processuale passiva nel giudizio di dichiarazione
giudiziale della paternità. (4)
La Corte, eco. — Il E. con il primo motivo di ricorso
elenca una lunga serie di articoli del codice civile che
la denunciata sentenza della Corte d'appello di Torino
avrebbe violato. Ma, in realtà, la censura si può riassu
mere nella proposizione finale del motivo di ricorso, là
dove si legge che la dichiarazione di paternità, fatta dal
E. alla G. « tu sarai mia moglie "e nostro figlio avrà un
padre », è nulla ed impugnabile con le regole dei negozi
giuridici, perchè « emanante da esaltato amatore, incapace di intendere e di volere » e si aggiunge poi che la prova
filiazione, 1951, pag. 170 segg. ; Stella Richteb-Sgboi, Delle
persone e della famiglia, in Commentario del cod. civ., 1958, I, 2, pag. 180 segg. ; Zappi, L'art. 269 cod. civ. alla luce delle solu
zioni giurisprudenziali degli ultimi anni, in Dir. eccles., 1960,
II, 463.
(2) In senso conforme : Cass. 3 marzo 1962, n. 398, citata
nel testo, Foro it., 1962, I, 421, con nota di richiami, cui adde :
Cass. 17 maggio 1963, n. 1261, Giust. civ., 1963, I, 1863 ; 1° feb braio 1961, n. 192, Foro it., Rep. 1962, voce Filiazione, nn. 47, 48. In dottrina : Fobmaggio, Il contributo della biologia alla di chiarazione di paternità naturale, in Riv. medicina legale, 1962, II, 1. Sulla possibilità della fecondazione per eiaculazione extra
genitale o pre-imeneale, cons. Pellegrini, Tratt. medicina legale e delle assicurazioni, 1959, II, pag. 478 segg. I
Secondo Cass. 18 luglio 1962, n. 1923, Foro it., Rep. 1962, voce cit., n. 19, è incensurabile in Cassazione l'attendibilità con ferita da 1 giudice di merito al mezzo di prova costituito dal l'esame dei gruppi sanguigni in concorso con altri elementi
probatori. Sulle conseguenze, ai fini probatori, de] rifiuto di as
soggettamento all'esame dei gruppi sanguigni, cons. Cass. 13 di cembre 1960, n. 3229, id., 1961, I, 36, con nota di richiami, cui adde Cabnelutti, in Riv. dir. proc., 1961, 129 ; Andrioli, Ap punti dir. process, civ., 1962, pag. 34.
(3) In senso conforme : Cass. 8 settembre 1960, n. 2442, Foro it., Rep. 1960, voce Procedimento civ., n. 45 ; 8 luglio 1953, n. 2171, id., Rep. 1953, voce cit., n. 93 ; 24 giugno 1952, n. 1873, id., Rep. 1952, voce cit., n. 82, le quali hanno ritenuto che il difetto iniziale di capacità processuale, derivante dalla minore età di una delle parti, può essere sanato con effetto retroattivo, iti qualsiasi stato del giudizio, mediante manifestazione di vo lontà del soggetto interessato, divenuto maggiorenne in corso di
causa, con conseguente regolarizzazione del contraddittorio. In generale, sul difetto della legitimatio ad processum, la
giurisprudenza ritiene che esso sia rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (Cass. 26 ottobre 1961. n. 2401, id., Rep. 1961, voce cit., n. 63; 26 novembre 1958, n. 3790, id., Rep. 1958, voce cit., n. 42), salvo che la questione abbia formato oggetto di specifica contestazione in sede di merito e la, relativa decisione sia stata accettata dalle parti o non im
pugnata (Cass. 27 marzo 1962, n. 627, id., Rep. 1962, voce cit., n. 55 ; 16 ottobre 1961, n. 2165, id., Rep. 1961, voce cit., n. 61). e purché non si sia verificata la preclusione derivante dal giudi cato, anche implicito, formatosi sulla questione a seguito dell'ac cettazione de] contraddittorio fatta dalla controparte senza ecce zioni (Cass. 7 luglio 1960, n. 1794, id., Rep. 1960, voce cit., n. 42).
Il difetto di legitimatio ad processum ò suscettibile di sanatoria in qualsiasi stato o grado del giudizio e l'eliminazione di tale difetto opera retroattivamente, salvo che si sia verificata una decadenza ai sensi dell'art. 182, capov., cod. proc. civ. (Cass. 25
maggio 1961, n. 1250, id., Rep. 1961, voce cit., n. 62 ; 10 agosto 1959, n. 2508, id., Rep. 1959, voce cit., n. 32 ; 28 gennaio 1953, n. 223, id., Rep. 1953, voce cit., n. 96 e sentenze citate nel testo).
In dottrina cons. Andrioli, Commento. I*, pag. 218 e II', pag. 71 ; Satta, Commentario, 1959, I, pag. 258 ; Cabnelutti, Capacità processuale sopravvenuta, in Riv. dir. proc., 1956, II. 286 ; Mandrioli, La rappresentanza nel processo civile, 1959, pag. 321 segg.
(4) Non risultano precedenti editi in termini.
del sangue era nel caso concreto assolutamente necessaria.
Il fulcro di tutta la critica contenuta in questo e nel
successivo motivo di ricorso è dato dalla affermazione
che, per le particolari circostanze del caso concreto (età del presunto padre, infatuazione amorosa del medesimo,
fecondazione da coito ante portam, ecc.), la cennata di
chiarazione del R. non poteva dare la certezza della sua
paternità. *
All'uopo basta osservare che, alla stregua dell'art. 269, n. 2, cod. civ., per la dichiarazione giudiziale della pater nità naturale è sufficiente che vi sia una non equivoca di
chiarazione scritta di colui al quale si attribuisce la pa ternità.
Poiché tale dichiarazione era in atti ed il giudizio sulla
sua univocità, del resto evidente, è stato positivo alla G., che aveva agito in giudizio per il riconoscimento della
paternità naturale, non incombeva nessun altro onere
probatorio, avendo dato la prova richiesta dalla legge
per l'accoglimento della sua domanda.
Poteva, certamente, il ricorrente eccepire che la sua
non equivoca dichiarazione, era tuttavia inefficace perchè inficiata da errore di fatto, soggettivo od oggettivo. Ma
è chiaro che l'onere di provare il fatto costitutivo contrario
alla presunzione di legge di cui al citato art. 269, n. 2,
spettava al ricorrente medesimo e che la eventuale incer
tezza. della prova medesima non poteva che essere a disca
pito di siffatta eccezione.
Assumeva il ricorrente e ripete ora in Cassazione che
trattavasi di dichiarazione emessa da un giovane inco
sciente (di anni 19 al momento della dichiarazione) ed
affetto da ipereccitazione amorosa, il quale aveva scritto
quello che la donna (quasi ventunenne) gli aveva suggerito, senza che egli si fosse reso conto di ciò che dichiarava.
Tanto vero che non si avvide, allora, della assoluta ano
malia di una gravidanza provocata da un coito incom
pleto, semplicemente esterno.
Orbene, a parte che l'età giovanile del presunto padre e la sua più o meno infatuazione amorosa, non possono di per sè soli costituire motivi atti ad invalidare la uni
voca dichiarazione scritta di paternità, tutte le circostanze
addotte dal ricorrente a dimostrazione della incoscienza
del dichiarante e della sua supina sottomissione alla vo
lontà della donna, di lui più maliziosa, a dire del ricor
rente e più esperta, sono state prese in debita considera
zione dal giudice del merito, sebbene con esito sfavorevole al ricorrente medesimo.
In questa sede non è consentito discutere ancora sulle
modalità di fatto e sulla valutazione delle prove. Lo stesso deve dirsi per quanto riguarda l'ulteriore
semplicistico ragionamento del ricorrente : siccome il ri
petuto e periodico amplesso tra i due fidanzati non fu mai
pieno e diretto, la paternità sarebbe di necessità opera altrui, non del R. Il che, sempre ad avviso del ricorrente troverebbe conferma in taluni elementi logici di contorno,
quale un'asserita iniziale incertezza della stessa fidanzata circa il suo stato di gravidanza, la data precisa in cui essa rivelò alla sua mancata suocera di essere incinta al terzo
mese, la mancata prova della verginità, una semplice gita in macchina con un suo conoscente, ecc.
Ma la Corte ha innanzitutto ritenuto che la feconda zione provocata da coito ad limina non è poi così rara ed eccezionale, come il ricorrente mostra di credere, tanto
più che non si tratta, nella specie, di un rapporto isolato ed occasionale, ma di una serie di convegni amorosi, in concomitanza dei quali sopraggiunse poi la gravidanza della quale si discute. Per quanto riguarda tutte le altre circostanze di fatto, la corte ha ritenuto che mancava
ogni prova (dubbio della donna sull'autore del concepi mento ; data del certificato medico e nascita oltre il 300° giorno ; eventuali rapporti con altri uomini, ecc.) e che, comunque, esse non erano sufficienti a dare con creta configurazione all'errore di fatto soggettivo od
oggettivo, che il solo idoneo, come si è già detto, a ri muovere la efficacia della esistente dichiarazione, uni voca e per iscritto, di paternità.
Il ricorrente lamenta, infine, che non sia stato disposto
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349 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 350
l'esame del sangue dal quale sarebbe risultato, con eer
tezza, se il R. è o non è il padre del minore di cui si tratta. Ma anche su tale punto la sentenza è sufficientemente
motivata, avendo escluso la necessità, nel caso di specie, di ricorrere a questo eccezionale mezzo istruttorio, per il
quale la giurisprudenza è tuttora ferma, sul principio che, allo stato attuale della scienza, l'esame dei gruppi san
guigni non è un mezzo ordinario di prova, ma un mezzo
di prova, che per la sua particolarità e la sua delicatezza, il giudice deve ammettere solo nei casi in cui si presenti come l'unica via possibile per la formazione del proprio convincimento (Cass. 3 marzo 1962, n. 398, Foro it., 1962,
I, 421). Nella specie, i giudici del merito, con insindacabile
apprezzamento del materiale di causa, hanno ritenuto di
poter fare a meno del suddetto esame del sangue. Le considerazioni che precedono valgono anche per
la censura svolta con il secondo motivo di ricorso, nel
quale, previa menzione degli stessi articoli del codice, si ripetono e si sviluppano i medesimi rilievi già sopra confutati.
Si afferma, infatti, con tale motivo, che la sentenza
è affetta da gravi vizi logici : a) per avere affermato che
10 scritto del ricorrente aveva valore non equivoco di
confessione della paternità ; b) per avere, da elementi in
certi ed inattendibili, fatto discendere la certezza obiet
tiva della paternità, pur essendo mancato il possesso car
nale, e per avere altresi escluso, senza prove, il concepi mento ad opera di altri. È un giudizio di fatto, congrua mente motivato, quello con cui la corte del merito ha ri
tenuto univoca ed autosufficiente la dichiarazione che il
R. rilasciò dopo di avere appreso della gravidanza del
l'allora sua fidanzata, come è un giudizio di fatto quello sulla inesistenza della prova della totale incoscienza del
dichiarante e sulla exeeptio plurium concubentium. Dal che
consegue la giuridica rilevanza e validità della dichiara
zione di paternità del R.
Sul terzo ed ultimo motivo di ricorso non si è insistito
nella discussione orale, pur ponendo esso una questione
pregiudiziale, quale quella della minore età del convenuto
al momento della proposizione della lite, La eccezione, non proposta come motivo di appello, è infondata sotto
un duplice aspetto. Il R. divenne maggiorenne nelle more del giudizio
di primo grado e rimase in causa difendendosi nel merito
senza eccezione alcuna, sicché egli di fatto regolarizzò il
contraddittorio, sanando in tal modo e con effetto retroat
tivo la iniziale nullità del procedimento (conf. Cass. 22
maggio 1958, n. 1740, Foro it., Rep. 1958, voce Proce
dimento civ., n. 40 ; 13 novembre 1957, n. 4375, id., Rep.
1957, voce Minore età civ., n. 23). Per altro, versandosi in tema di riconoscimento di
figlio naturale, vige la norma di cui al capoverso del
l'art. 250 cod. civ., che abilita il padre, che abbia raggiunto 11 diciottesimo anno di età, a fare tale riconoscimento.
In armonia con questo preciso disposto di legge, deve ri
tenersi che il medesimo limite di età debba valere per la
capacità processuale passiva del padre convenuto per la
dichiarazione giudiziale di paternità naturale.
Sicché sia per l'una sia per l'altra ragiono, non può ritenersi sussistere il motivo di nullità processuale de
dotto con l'ultimo motivo di ricorso.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile; sentenza 29 luglio 1963, n. 2113; Pres.
Celentano P., Est. Pece, P. M. CuTRuriA (conci,
conf.) ; Finanze c. Pertusi.
(Conferma App. Torino 17 giugno 1961)
lti><|istr<> Quota «li società a responsabilità li
mitata Trasferimento — Imposta fissa (R. ci.
30 dicembre 1923 n. 3269, legge del registro, art. 5,
8, 27 ; ali. A, art. 108 ; ali. E, art. 10; legge 6 agosto 1954 n. 603, istituzione di un'imposta sulle_società e
modificazioni in materia di imposte indirette sugli affari, art. 36).
I trasferimenti di quote di società a responsabilità limitata
sono assoggettati, non ad imposta proporzionale, ma ad
imposta fissa di registro. (1)
La Corte, ecc. — La sentenza impugnata ha ritenuto
clie la cessione delle quote di partecipazione delle società
a responsabilità limitata è soggetta all'imposta fissa di
registro, così come la cessione delle azioni delle società per
azioni, e non anche all'imposta proporzionalo, dovuta
per la cessione delle quote delle società in nome collettivo
ed in accomandita semplice. Con l'unico mezzo del ricorso, l'amministrazione delle
finanze sostiene, al contrario, la differenziazione del re
gime giuridico tributario della cessione delle quote delle
società a responsabilità limitata dal regime della cessione
di azioni delle società per azioni ed afferma che i trasferi menti di quote devono essere assoggettati all'imposta pro
porzionale ai sensi dell'art. 4 legge di registro. La censura non può essere accolta.
Il principio di cui alla sentenza impugnata era già stato affermato, in altre analoghe controversie, da que sta Corte suprema (sent. 16 gennaio 1961, n. 56, Foro it.,
1961, I, 221 e 12 dicembre 1961, ri. 2801, id., 1962, I, 223). Tale principio deve essere tenuto fermo.
Infatti, poiché il legislatore del 1923 non poteva pren dere in considerazione l'ipotesi di cessione delle quoto delle società a responsabilità limitata, dato che tale tipo di società è stato previsto solo con il cod. civ. del 1942, occorre richiamare la ratio per la quale, ai sensi del combi
nato disposto dell'art. 10 ali. E, e dell'art. 108 all. A
alla legge di registro (nel loro testo originario, antecedente
alle modificazioni di cui alla legge 6 agosto 1954, n. 603),
gli atti di trasferimento delle azioni, obbligazioni ed altri
titoli soggetti all'imposta di negoziazione, vennero esen
tati dall'imposta proporzionale di registrazione. Tale ratio va identificata, precisamente, nel fatto
che i titoli sopra menzionati già assolvevano l'imposta
(1) A proposito delle due sentenze della Cassazione, che la pronuncia riportata richiama come espressione del principio •ìassunto nella massima, è da rilevare che la sentenza 12 dicembre
1961, n. 2801 (Foro it., 11)02, I, 223) ha limitato la validità del
principio medesimo al caso in cui la prestazione del corrispet tivo sia contestuale alla cessione delle quote ; limitazione che, se è accolta dalla C. centrale 24 gennaio 1962, n. 84708 (id., Rep. 1962, voce Registro, n. 253), non è richiamata nella pronuncia che si riporta, e nella sentenza 17 giugno 1961 della Corte d'ap
pello di Torino ora confermata (id., Rep. 1961, voce cit., n. 210), dallo quali non risulta se la questione non sia stata prospet tata dalle parti sebbene il corrispettivo non fosse contestual
mente prestato ovvero perchè era stato contestualmente pre stato (v., anche, Trib. Brescia 6 dicembre 1962, id., 1963, I. 598).
Anche a seguito dell'art. 36 della legge 6 agosto 1954 n.
603, l'art. 108 della tariffa ali. A così dispone : « Atti pubblici o
scritture private per la negoziazione di azioni ed obbligazioni di
società nazionali ed estere quando il prezzo sia pagato nell'atto stesso dall'acquirente o con denaro o con azioni od obbligazioni :
imposta fissa lire 200 ». Una equiparazione legislativa, ai fini tributari, tra le quote
delle società a responsabilità limitata e le azioni è stata fatta in
occasione della istituzione di una ritenuta di acconto sugli utili
distribuiti dalle società : si legge nella relazione al Senato su
tale disegno di legge che « l'analogia nella struttura giuridica e
nella disciplina tributaria esistente tra società per azioni e a
responsabilità limitata ha indotto ad includere gli utili distri
buiti da queste ultime nel regime delle ritenute ». Ed anche
l'art. 3 del r. decreto 12 aprile 1943 n. 205, aveva stabilito che
le società a responsabilità limitata «sono soggette a tutte le
disposizioni che regolano l'acccertamento delle imposte dirette
in confronto delle società per azioni e delle società in accoman dita por azioni ».
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