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Sezione I civile; sentenza 29 maggio 1964, n. 1351; Pres. Caporaso, Est. D'Armiento, P. M. Toro...

Date post: 27-Jan-2017
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Sezione I civile; sentenza 29 maggio 1964, n. 1351; Pres. Caporaso, Est. D'Armiento, P. M. Toro (concl. conf.); Isoardi (Avv. Fresa, De Longhi, Del Pennino) c. Ditta F.a.e. di Zuccarello (Avv. Verdirame) Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 6 (1964), pp. 1123/1124-1125/1126 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23156162 . Accessed: 28/06/2014 07:33 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.50 on Sat, 28 Jun 2014 07:33:26 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 29 maggio 1964, n. 1351; Pres. Caporaso, Est. D'Armiento, P. M. Toro(concl. conf.); Isoardi (Avv. Fresa, De Longhi, Del Pennino) c. Ditta F.a.e. di Zuccarello (Avv.Verdirame)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 6 (1964), pp. 1123/1124-1125/1126Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23156162 .

Accessed: 28/06/2014 07:33

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1123 PARTE PRIMA 1124

dato. Chiusa la procedura, ed eseguito il concordato, i

creditori (è questo un principio di intuitiva evidenza) non

potrebbero più agire contro il debitore, chiedendogli ciò

c,lie non hanno potuto realizzare attraverso la procedura :

la legge stabilisce ciò con una norma (« Il concordato omo

logato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al de

creto di apertura della procedura del concordato », art. 184

legge fall.) che è identica a quella vigente per il concordato

fallimentare (art. 135), e che, invece, è in contrasto con il

principio valevole in tutte le altre ipotesi di chiusura del

fallimento, in cui, come è noto, i creditori possono agire contro l'ex fallito per il ricupero della parte non soddisfatta

del loro credito (cfr. art. 120, capov.). Concluso quindi il

concordato, ai creditori non residua alcuna azione verso

il debitore, il quale (a condizione che adempia regolar mente le obbligazioni stabilite nella sentenza di omologa

zione) resta completamente liberato per quanto riguarda i debiti anteriori alla procedura.

Ora, è ben vero che l'azione pauliana, come questa Corte suprema ha costantemente ritenuto, non tende al

l'annullamento del negozio affetto da frode, nè perciò a far rientrare il bene alienato nel patrimonio del debitore ; ma solo allo scopo (art. 2902 cod. civ.) di consentire ai

creditori l'esecuzione sul bene, che resta nel patrimonio del terzo acquirente ; ma tale considerazione non è suffi

ciente a fare ritenere, come vorrebbero le società ricorrenti, che l'azione stessa sia rivolta contro il terzo esclusivamente, e non anche contro il debitore che ha compiuto il negozio

colpito da inefficacia relativa, e che perciò non urti contro

il principio che il concordato libera il debitore. È, infatti, da rilevare che una volta accolta, in ipotesi, l'azione revo

catoria, e costretto perciò il terzo a subire le azioni esecu

tive sul bene che forma oggetto dell'atto impugnato, il

terzo stesso (cfr. 2902, capov.) acquisterà delle ragioni di

credito verso l'alienante, dipendenti proprio dall'eserci

zio dell'azione revocatoria, e proprio per tale considerazione

deve ritenersi che il debitore alienante è contraddittore

necessario, nel giudizio in cui sia proposta un'azione pau liana. Sì che in definitiva ove si consentisse di esercitare

l'azione in questione, il debitore sarebbe costretto, per via

indiretta, al pagamento anche di quel residuo credito, che il creditore (non completamente soddisfatto attraverso

il concordato preventivo) riuscirà a riscuotere dal terzo, attraverso l'esercizio della revocatoria. Conclusione, questa, che è in evidente contrasto con il principio, secondo il quale il concordato omologato libera, se esattamente eseguito, il

debitore, per quanto riguarda le obbligazioni anteriori

alla procedura.

L'esegesi letterale della legge fallimentare poi conferma

la conclusione negativa cui la corte è pervenuta. Perchè

proprio la disposizione dell'art. 184 della legge medesima, che consente ai creditori di agire contro i coobbligati, i

fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso, che le ricorrenti citano a sostegno della loro tesi, dimostra che la legge ha inteso escludere ogni altra possibilità di

agire per il ricupero del residuo credito. Quella norma è, certamente, una norma eccezionale, ciò è reso evidente dall'avversativo (« tuttavia ») che la precede, e che pone in luce che si tratta di un'eccezione alla regola generale, enunciata in precedenza, secondo cui il concordato è obbli

gatorio per tutti i creditori, e non può quindi essere estesa

per analogia. Nel caso concreto, poi, non si riscontrerebbe neanche l'asserita analogia fra i coobbligati e i fideiussori da una parte, ed il terzo soggetto ad azione revocatoria : i primi, infatti, sono anche essi debitori del creditore che

agisce, perchè si sono direttamente obbligati nei suoi con

fronti, mentre, nel caso di negozio viziato da frode il terzo

acquirente non ha certamente assunto alcuna obbligazione verso il creditore dell'alienante, anzi, talvolta (per lo meno

negli atti a titolo gratuito), può non essere neanche consa

pevole del pregiudizio che l'atto ha arrecato alle ragioni del creditore. La disposizione dell'art. 184, quindi, dimo stra che al principio della obbligatorietà del concordato la legge ha inteso apportare la sola eccezione, riguardante la possibilità di agire, per il credito residuo non riscosso, contro i soggetti che si sono direttamente obbligati verso

il creditore ; e non anche contro terzi estranei (come parte cipi di un negozio che si assume concluso in frode delle

ragioni creditorie). Le società ricorrenti osservano che può apparire strano che il creditore possa agire contro i fideius

sori, e non contro i terzi, per un negozio che è affetto da frode ; ma l'osservazione si traduce in una critica alla legge, che non è qui certo il caso di esaminare. È, comunque, da notare che i creditori non restano certamente senza di

fesa, nel caso che il debitore abbia posto in essere dei ne

gozi in frode alle loro ragioni : essi sono autorizzati a de durre tutto ciò in sede di opposizione all'omologazione del concordato preventivo, ed il giudice dovrà tener conto di tale eventualità, sia in sede di valutazione soggettiva (esaminando se il richiedente è meritevole del beneficio), sia in sede di valutazione oggettiva sulla convenienza del

concordato, ai sensi dell'art. 181, n. 1, legge fall, (valu tando, cioè se attraverso la possibilità di esercitare le azioni

revocatone, una dichiarazione di fallimento potrebbe ga rantire la distribuzione di una percentuale maggiore di

quella che potrebbe ottenersi attraverso il concordato). È vero che, trattandosi di un giudizio in cui la prudente discrezionalità del tribunale ha larga parte, la tutela dei

creditori, in ipotesi dissenzienti, viene ad essere meno

piena, ma tale osservazione conferma la tesi (altre volte accolta da questa Corte suprema) sulla natura prevalente mente pubblicistica (cioè processuale) del concordato, di fronte alla concezione integralmente contrattualistica del

l'istituto, ma non può valere a porre in dubbio l'esattezza

degli argomenti che sono stati svolti. È infine da notare che nella regolamentazione paral

lela del concordato fallimentare (in cui figura, art. 135, una norma identica per quanto riguarda la possibilità di

agire contro i fideiussori ed i coobbligati) il divieto di eser

citare, a concordato omologato, le azioni revocatone, ri sulta espressamente dalla legge ; e precisamente, a contrario, dalla norma che consente, eccezionalmente, la cessione delle azioni già proposte dal curatore, a favore dell'assuntore

degli obblighi del concordato (art. 124, 2° e 3° comma). Per tutti questi motivi, i due ricorsi devono essere re

spinti, tenuto conto della novità e della delicatezza della

questione controversa, la Corte ritiene concorrano giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese di questo giudizio.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 29 maggio 1964, n. 1351 ; Pres.

Caporaso, Est. D'Aemiento, P. M. Toro (conci, conf.) ; Isoardi (Avv. Fresa, De Longhi, Del Pennino) c. Ditta F.a.e. di Zuccarello (Avv. Verdirame).

(Conferma App. Milano 16 marzo 1962)

Privative industriali — I'rcuso — Tuli-la (Cod. civ., art. 2584 ; r. d. 29 giugno 1939 n. 1127, disposizioni sui brevetti per invenzioni industriali, art. 1, 2, 4).

La brevettazione di un'invenzione industriale non ne pregiu dica Vutilizzazione da parte di chi possa vantarne il

premo, ma ne inibisce qualsiasi espansione, anche poten ziale. ( 1)

(1) Conformi: App. liouia 1° marzo 1955, Foro it., Rep. 1956, voce Privative industriali, n. 51 ; Cass. 23 aprile 1948, n. 585 (citata nella motivazione della sentenza in epigrafe), id.. Rep. 1948, voce cit., n. 29 ; App. Milano 2 aprile 1946, id., Rep. 1946, voce cit., n. 20, nella stessa causa. Contra App. Uologna 25 luglio 1953, id., Rep. 1954, voce cit., n. 35.

In dottrina, si vedano, per una esauriente critica della tesi accolta dalla sentenza della Suprema corte che si annota : Asca itioi.l.l. Teoria delta concorrenza e dei beni immateriali, 1957, pag. 451 e segg. ; Gugliei.metti, Brevi osservazioni in tema di yreuso di invenzione industriale (nota ad App. Roma 1° marzo 1955, cit.), in Riv. dir. ind., 1956, II, 67, e II c. d. diritto di premo delle invenzioni industriali, id., 1954, I, 250. A favore della tutela

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1125 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1126

La Corte, ecc. — Con. i (lue primi mezzi di ricorso, stret tamente connessi, l'Isoardi denunzia la violazione e la falsa

interpretazione degli art. 1 e 2 r. decreto 29 giugno 1939

n. 1127 ; 2584, 832 cod. civ., sostenendo che erroneamente

la sentenza impugnata ha riconosciuto nel nostro ordina

mento la coniigurabilità di un « diritto di preuso » in ma

teria di brevetti per invenzioni industriali. Ed invero,

argomenta il ricorrente, anzitutto l'esclusività del diritto

del titolare del brevetto è chiaramente desumibile dalla

lettera della legge, e precisamente dagli art. 1 e 2 del r.

decreto del 1939 ora richiamato (i quali dispongono che il

brevetto concernente un nuovo metodo e processo indu

striale ne attribuisce al titolare l'uso esclusivo) e dall'art.

2584 cod. civ. (che parla anche esso di diritto di esclusività

per chi ha ottenuto il brevetto). In secondo luogo, tale esclusività è confermata dalla

ratio del sistema, intesa a fissare un momento quanto più

prossimo possibile a quello dell'invenzione, allo scopo di

ridurre il periodo di sfruttamento monopolistico ; ed è

confermato, altresì, dal fatto che il legislatore del 1939, e

poi quello del codice civile vigente, non intesero riprodurre

quella norma sulla espressa tutela del preuso, contenuta

all'art. 33 del r. decreto 13 settembre 19.54 n. 1602, sebbene

non potessero ignorare le dispute dottrinarie agitatesi in

materia.

Infine, continua l'argomentazione del ricorrente, il

preuso è previsto dal codice civile, in materia di marchio

(art. 2571), e ciò costituisce ulteriore conferma che lo si è

considerato solo dove lo si è voluto. E conclude che, l'er

rore in cui è incorsa la sentenza impugnata, concretant-esi

nell'avere posto a fondamento del diritto del preuso i prin

cipi informatori dell'istituto della proprietà in genere (art. 832 e segg. cod. civ.) è in tanto più grave, in quanto la

predetta sentenza ha attribuito il diritto medesimo non al

solo inventore, che abbia attuato la sua invenzione prima del brevetto altrui, ma addirittura a chiunque abbia, in

qualsiasi modo, attuato la nuova scoperta tecnica prima dell'altrui brevettazione.

Le censure, con le quali sostanzialmente si sostiene che

il preuso non riceva alcuna protezione nella nostra legisla zione vigente in materia di brevetti, non hanno fondamento.

La questione circa l'ammissibilità e la compatibilità di

un diritto di preuso, nella ipotesi di sopravvenuta conces

sione di brevetto, è molto dibattuta e controversa in dot

trina e nella giurisprudenza dei giudici di merito ; una sola

volta risulta che questa Suprema corte siasi pronunziata, nel lontano 1948, con la sentenza 23 aprile n. 585 (Foro

it., Rep. 1948, voce Privative industriali, n. 28), nella quale, e in una fattispecie molto simile a quella che forma oggetto del presente giudizio, fu riconosciuto il diritto del preu

tente, sia pure attraverso una motivazione che non si

occupò ex professo della questione. Orbene e senza dissimularsi la delicatezza della que

stione e una certa opinabilità della risoluzione, che ad essa

può essere data, ritiene il Collegio di confermare l'avviso

adottato nella sentenza indicata. Ed invero il preuso trova

espressa regolamentazione e tutela nel r. decreto 13 set

tembre 1934 n. 1602, il cui art. 33, 2° comma, n. 3 dispone :

« chi provi aver fatto uso legittimo dell'invenzione prima della presentazione della domanda di privativa può far

riconoscere il suo diritto a continuare ad usarne nei limiti

precedenti ».

Nè vale opporre che il testo di tale articolo non sia

entrato mai in vigore, così come non sia entrati in vigore l'intera legge nella quale esso è ricompreso, giacché come è

noto e come è precisato dallo stesso legislatore nelle leggi

successive, tutti i principi di cui al decreto del 1934 non

si vollero ripudiare, ma solo graduare nel tempo, dopo

averne sospeso l'attuazione, sdoppiandone l'unitaria disci

bilità del preuso si pronunciano invece Alù, La novità intrinseca,

la novità estrinseca e il preuso della invenzione industriale (la cui

consultazione è utile anche per ulteriori dati bibliografici), in

Giur. Cass. civ1948, 2° quadr., 644, in nota a Cass. 23 aprile

1048, n. 585, cit. ; e Pellegrino, Il preuso dell'invenzione in

dustriale, in Mon. trib., 1940, 145.

plina in due distinte leggi, del 1939 e del 1942, rispettiva mente per le invenzioni industriali e per il marchio d'im

presa. La mancata riproduzione dell'art. 33 del decreto del

1934 nel testo delle disposizioni legislative in materia di brevetto per invenzioni industriali vigente, approvato con r. decreto 29 giugno 1939 n. 1127, non costituisce, quindi, l'argomento per negare il diritto di asilo al preuso, che,

anzi, atteso quanto testé osservato, è da ritenersi che sa

rebbe stata necessaria esplicita disposizione in contrario, nel caso che si fosse voluto innovare e sopprimere la tutela del preuso.

Nemmeno costituisce argomento decisivo contrario il

fatto che nessuna norma tra quelle che il codice civile anno vera in materia del diritto di brevetto per invenzioni indu

striali (comprese nel capo II, titolo IX, libro V) si occupi del preuso. L'art. 2591 di detto codice, infatti, fa espresso rinvio alle leggi speciali, non solo per le condizioni e le

modalità per la concessione del brevetto, ma anche per l'esercizio dei diritti che ne derivano.

L'argomento più grave contro il preuso in materia di

brevetti è certo costituito dalla considerazione che, sia per le norme contenute nel codice civile (art. 2584), sia per

quelle contenute nella legge speciale (art. 1, 2 e 4 r. de

creto 29 giugno 1939 n. 1127), con la concessione del bre

vetto sono conferiti al titolare i diritti di esclusività, e cioè

la facoltà esclusiva di attuare l'invenzione e di trarne pro fitto nel territorio dello Stato (facoltà che si estende anche

al commercio del prodotto a cui l'invenzione si riferisce). Ma anche tale argomento è superabile, perchè l'antitesi

e l'incompatibilità logica e giuridica tra diritto di preuso e diritto di esclusività è più apparente e formale, che reale

e sostanziale, ove si ponga mente al diverso contenuto e

alle diverse modalità di esercizio e tutela dei due diritti, limitato il primo ad uno sfruttamento dell'invenzione o

del prodotto secondo l'uso anteatto e senza una possibilità di difesa di tale sfruttamento contro i terzi attentatori o

contraffattori, illimitato il secondo sia come estensione e

sia come tutela contro i terzi (salva la limitazione nei con

fronti del preutente). Una cosa è, infatti, il diritto di esclusività, nascente

dalla concessione del brevetto, siccome regolato dalla legge, che attribuisce al titolare un diritto immateriale erga omnes,

pieno ed incondizionato ; altra cosa è, ben più modesta, il diritto in sè dell'inventore (o preutente in genere) sul

proprio ritrovato, già perfettamente attuato ancorché non

registrato, diritto non solo senz'alcuna pretesa di impedire l'uso altrui, ma vincolato a non potersi più espandere ed a

mantenersi nei limiti dell'uso precedente, nel caso che altri

ottenga la concessione del brevetto. Il diritto di esclusività, conferito al titolare con la con

cessione del brevetto, bene inteso ed armonizzato anche

con i principi equitativi, non deve incidere insomma nega tivamente sul diritto del preutente, inventore o non in

ventore, a continuare, in una determinata zona territo

riale, lo sfruttamento di una invenzione da altri brevet tata ; e la coesistenza armonizzata dei due diritti, oltre a

trovare una base nell'equità, rispetta il diritto quesito del

preutente, che non può essere pregiudicato da un fatto

posteriore, quale è quello della concessione del brevetto.

(Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 29 maggio 1964, n. 1345 ; Pres.

Fibbi P., Est. Arienzo, P. M. Pedote (conci, conf.) ; Soc. Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova (Avv. Romanelli, Bazoli) c. Ditta Salvi strade (Avv. Cor

rao, Vescovini, Pietta).

(Conferma App. Brescia 29 novembre 1962).

Espropriazione per pubblico interesse — Costru

zione di autostrada — Indennità — Determina

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