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sezione I civile; sentenza 29 maggio 1992, n. 6520; Pres. Vela, Est. R. Sgroi, P.M. Martinelli...

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sezione I civile; sentenza 29 maggio 1992, n. 6520; Pres. Vela, Est. R. Sgroi, P.M. Martinelli (concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Guicciardi) c. Soc. Permaflex; Soc. Permaflex (Avv. Iresa, Puoti) c. Min. finanze. Conferma App. Bologna 26 ottobre 1987 Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1993), pp. 2303/2304-2309/2310 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187556 . Accessed: 28/06/2014 18:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.176 on Sat, 28 Jun 2014 18:57:42 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 29 maggio 1992, n. 6520; Pres. Vela, Est. R. Sgroi, P.M. Martinelli(concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Guicciardi) c. Soc. Permaflex; Soc. Permaflex (Avv.Iresa, Puoti) c. Min. finanze. Conferma App. Bologna 26 ottobre 1987Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1993), pp. 2303/2304-2309/2310Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187556 .

Accessed: 28/06/2014 18:57

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.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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2303 PARTE PRIMA 2304

come tale riservata alla giurisdizione speciale attribuita in mate

ria del citato d.p.r. 636/73 in via esclusiva alle commissioni, che non può risultare pregiudicata ad opera di un giudice diverso.

Con la sentenza n. 6040 del 15 ottobre 1986 (id., Rep. 1987, voce Riscossione delle imposte, nn. 69, 70) questa corte ha poi

specificamente esaminato il caso dell'opposizione all'esecuzione esattoriale intrapresa nei confronti di un soggetto diverso dal

debitore iscritto a ruolo in forza di una pretesa sua coobligazio ne solidale; ed ha affermato che la domanda di detto soggetto

passivo rivolta a denunciare l'illegittimità dell'azione esecutiva

per difetto di titolo configura un'opposizione all'esecuzione, come

tale non proponibile (ai sensi degli art. 53 e 54 d.p.r. 29 settem bre 1973 n. 604) dinanzi al giudice ordinario e che resta invece

devoluto alle commissioni tributarie l'accertamento dell'inesi

stenza dei presupposti dell'obbligazione. Tale principio non può non essere esteso al terzo che, in via

di opposizione ex art. 619 c.p.c., faccia valere un'uguale prete

sa, con riferimento alla posizione del debitore d'imposta o di

un coobbligato di questi, e chieda al giudice (ordinario) dell'e secuzione l'accertamento in via incidentale della non debenza

del tributo da parte dei detti soggetti, per i riflessi che indiretta

mente deriverebbero a suo favore da un simile accertamento

negativo. Oggetto del giudizio di opposizione di terzo, che è

autonomo rispetto al processo esecutivo, è la legittimità dell'e

secuzione esclusivamente sotto il profilo dell'appartenenza del

bene pignorato al debitore. Il terzo non è cioè legittimato a

far valere vizi della procedura; tanto meno può, quando per l'accertamento di questi è prevista la giurisdizione delle com

missioni tributarie, dedurre detti vizi dinanzi al giudice ordina

rio dell'opposizione ex art. 619 c.p.c., al quale non può essere rimessa la cognizione di una controversia tributaria neppure in

via di accertamento incidentale. Al di fuori di ciò, resta invece

ferma, ovviamente, la competenza giurisdizionale dello stesso

giudice a conoscere nel merito dell'opposizione di terzo, per

quanto riguarda l'appartenenza del bene sottoposto all'esecu

zione fiscale.

Correttamente perciò nel caso in esame la corte di merito

ha ribadito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a

conoscere della questione proposta dall'opponente in ordine al

l'inesistenza dell'obbligazione tributaria, a titolo solidale, della

Gualino quale moglie del debitore, per non avere essa sotto

scritto il concordato fiscale concluso dal curatore dell'eredità

giacente del marito, unico debitore d'imposta. Ciò tanto più in quanto di detta questione era stato investito (su istanza degli eredi della Gualino) proprio il giudice tributario, come risulta

dalla decisione della Commissione centrale esibita dal ricorrente

in questa sede.

3. - Per logica conseguenza, deve essere disattesa anche la censura di cui al quarto motivo di ricorso, con il quale si dedu

ce l'omessa pronunzia sulla richiesta di sospensione del presente giudizio fino all'esito di quello tributario ora ricordato. Essen

do l'oggetto dei due giudizi diverso — quello tributario, sulla

legittimità della pretesa esecutiva dell'amministrazione finanzia

ria; quello attuale, sull'appartenenza dei mobili pignorati al ter zo opponente o al debitore esecutato — non esisteva rapporto di pregiudizialità. E pertanto esattamente venne rifiutata la chiesta

sospensione, tanto più che il terzo rivendicante del bene poteva

svolgere validamente le proprie ragioni in ordine all'apparte nenza del bene dinanzi al giudice dell'esecuzione, senza necessi

tà di attendere la decisione sulla controversia tributaria, alla

quale egli era estraneo.

4. - Resta da esaminare il terzo motivo di ricorso, con il qua

le, denunziando la violazione degli art. 619 c.p.r. e 2697 e 2727

c.c. oltre che il vizio di carenza di motivazione, il Rivetti sostie

ne che erronemante la corte di Torino ha ritenuto che egli non

aveva fornito la prova necessaria per vincere la presunzione di

appartenenza alla Gualino dei beni mobili pignorati nel suo al

loggio, senza considerare che invece egli aveva esibito il con

tratto di locazione relativo all'altro alloggio, del tutto autono mo anche se contiguo, di proprietà della predetta ma da lui

occupato. La resistente banca popolare, oltre ad eccepire (al pari del

l'amministrazione finanziaria) l'infondatezza di tale censura, pro

pone un motivo di ricorso incidentale condizionato per sostene re che la corte di appello avrebbe dovuto dichiarare inammissi

bile o improponibile l'opposizione ai sensi dell'art. 52 d.p.r.

602/73, perché proposta dal nipote ex filio della debitrice e cioè

Il Foro Italiano — 1993.

da uno dei congiunti cui, per detta disposizione di legge, l'op

posizione all'esecuzione è vietata.

È però evidente l'infondatezza del su riportato motivo del

ricorso principale: e ciò toglie rilevanza al ricorso incidentale

che va perciò dichiarato assorbito.

Si tratta infatti di censura chiaramente di merito, inammissi

bile perché tende a chiedere un riesame del materiale probatorio in base al quale la corte di Torino ha ritenuto non fornita la

dimostrazione che i mobili rinvenuti nella «casa del debitore»

fossero di proprietà del terzo rivendicante. La sentenza impu

gnata ha dato conto in modo adeguato, con motivazione esente

da vizi logici e giuridici, del fatto che le denunzie verbali di

locazione esibite dal Rivetti non potevano costituire prova vali

da dell'esistenza di un contratto di locazione con l'attuale ricor

rente, poiché in base alle deposizioni testimoniali rese dal fra

tello del padre di questi e alle dichiarazioni rese dall'ufficiale

giudiziario che procedette al pignoramento non era risultato che

l'appartamento in cui erano stati rinvenuti i mobili pignorati (unico, anche se con due ingressi) fosse diverso da quello del

Rivetti, né che questi fosse il proprietario di tutti i mobili sui

quali era caduto il pignoramento. La corte di merito ha cioè

considerato il valore probatorio della denunzia verbale di fitto

e l'ha ritenuto insufficiente, a fronte delle contrarie risultanze

di prova acquisite, a vincere la presunzione di appartenenza al

debitore dei mobili rinvenuti nella sua casa di abitazione.

Il ricorso principale è perciò da rigettare, perché infondato

in tutti i suoi motivi, mentre (come si è detto) resta assorbito

l'esame del ricorso incidentale condizionato dalla Banca popo lare di Novara.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 29 mag

gio 1992, n. 6520; Pres. Vela, Est. R. Sgroi, P.M. Marti

nelli (conci, diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Guicciar

di) c. Soc. Permaflex; Soc. Permaflex (Avv. Iresa, Puoti) c. Min. finanze. Conferma App. Bologna 26 ottobre 1987.

Lotto, lotteria e concorsi a premi — Operazione a premio vieta ta — Tassa proporzionale di lotteria — Inapplicabilità (R.d.l. 19 ottobre 1938 n. 1933, riforma delle leggi sul lotto pubbli

co, art. 44, 49, 51; 1. 5 giugno 1939 n. 973, conversione in

legge, con modificazioni, del r.d.l. 19 ottobre 1938 n. 1933, art. unico).

Lotto, lotteria e concorsi a premi — Operazione a premio —

Regali in natura — Assimilabilità agli sconti — Esclusione

(R.d.l. 19 ottobre 1938 n. 1933, art. 44; 1. 5 giugno 1939

n. 973, art. unico; r.d. 25 luglio 1940 n. 1077, regolamento sui servizi del lotto e sul personale delle ricevitorie, art. 107).

La tassa proporzionale prevista dell'art. 49, 5° comma, r.d.l.

19 ottobre 1938 n. 1933 — da qualificarsi tassa di licenza, al pari della tassa fissa contemplata dallo stesso articolo —,

quantunque sia collegata all'autorizzazione per lo svolgimen to delle operazioni a premio di cui all'art. 44 r.d.l. 1933/38, è dovuta anche nel caso in cui tale autorizzazione non sia

stata chiesta, sempre che l'operazione a premio sia suscettibi

le di essere autorizzata; qualora invece l'operazione sia orga nizzata con modalità vietate (nella specie, si trattava di una

operazione che riconosceva premi in denaro, in violazione del

l'art. 51 r.d.l. 1933/38), la tassa proporzionale non è

dovuta. (1)

(1) Non si rinvengono precedenti in termini nella giurisprudenza del la Suprema corte; in dottrina, v. G. Ielo, Per la Cassazione il «paghi 2 - prendi 3» è una operazione a premio (nota a Cass. 29 maggio 1992, n. 6520, in epigrafe), in Corriere trib., 1992, 2227, il quale cita il d.m. fin. 23 giugno 1981, n. 2393/V che ha annullato un'ordinanza con la

quale un'intendenza di finanza aveva chiesto il pagamento della tassa di lotteria per una manifestazione a premio non autorizzabile.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I regali in natura accordati alla clientela non in base a consue

tudini, convenzioni o accordi economici collettivi e al di fuori di singole pattuizioni contrattuali non costituiscono sconti bensì

operazioni a premio soggette alla disciplina di cui al r.d.l.

19 ottobre 1938 n. 1933. (2)

Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 22 otto

bre 1984, la soc. Permaflex conveniva dinanzi al Tribunale di

Roma l'amministrazione finanziaria dello Stato, assumendo che

la polizia tributaria aveva constatato con verbale 5 maggio 1980

che essa aveva posto in essere, senza autorizzazione ministeria

le, iniziative costituenti operazioni a premio, consistenti in rim

borsi di sconti differenziati o nell'utilizzazione dell'importo di tali sconti in acquisti successivi, nonché avere attuato, senza

autorizzazione, altre operazioni a premio, consistenti in omaggi di beni mobili ai rivenditori acquirenti di un determinato pro dotto o di un determinato quantitativo di prodotti; che l'inten

denza di finanza di Roma con ordinanza 10 novembre 1982

le aveva imposto di pagare lire 598.917.110 a titolo di tributo

evaso, lire 950.000 a titolo di pena pecuniaria, oltre interessi;

che il ministero delle finanze, con decreto 3 agosto 1984, aveva

respinto il suo ricorso; tutto ciò premesso, l'attrice chiedeva

che il tribunale annullasse i suddetti provvedimenti e dichiarasse

inesistente ogni obbligazione tributaria, osservando che le due

operazioni commerciali suddette non costituivano operazioni a

premio, e quindi non rientravano nella previsione degli art. 44

r.d.l. 19 ottobre 1983 n. 1933 e 107, 2° comma, r.d. 25 luglio 1940 n. 1077; che la concessione di sconti rientrava nella nor

male prassi dei contratti di commercio e che l'omaggio di beni

mobili ai rivenditori-acquirenti di un determinato quantitativo di prodotto doveva essere considerato una concessione gratuita a titolo di sconto.

Si costituiva l'amministrazione, resistendo alla domanda, che

veniva rigettata dal tribunale con sentenza del 21 dicembre 1985.

Su appello della soc. Permaflex, la Corte di appello di Roma,

con sentenza 26 ottobre 1987, accoglieva parzialmente l'impu

gnazione e pertanto dichiarava l'illegittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati nella parte in cui applicavano la tassa

di licenza e relativa addizionale all'operazione denominata «scala

sconti»; compensava fra le parti le spese di entrambi i gradi.

La corte osservava: — che la prima operazione consisteva nella concessione di

sconti agli acquirenti-venditori, che però non venivano applicati contestualmente all'acquisto ma venivano via via applicati in

In generale, sulla struttura della tassa di lotteria o di licenza, v., in

dottrina, E. De Sena, Concorsi e operazioni a premio, giuochi di abili tà e concorsi pronostici nel diritto tributario, voce del Digesto comm.,

Torino, 1988, III, 377; C. Taurino, Le manifestazioni promozionali a premio e le iniziative di sorte locali, in Tributi, 1992, fase. 7, 61; M. Corvaja, Cenni sulle principali problematiche fiscali dei concorsi

ed operazioni a premio, in Bollettino trib., 1989, 1857.

Sulla base imponibile della tassa di lotteria, v., da ultimo, Cass. 23

gennaio 1993, n. 783, Foro it., 1993, I, 1094, che afferma che nella determinazione di questa deve tenersi conto dell'importo totale — oneri

fiscali inclusi — che il destinatario del premio dovrebbe pagare per ac

quistare un identico oggetto. Sulle autorizzazioni e sanzioni in materia di manifestazioni a premio,

v., da ultimo, L. Ferrajoli, Manifestazioni promozionali a premi, in

Fisco, 1992, 6894.

(2) In tema di assoggettabilità alla tassa di lotteria o di licenza degli sconti alla clientela, v. Cass. 1° aprile 1987, n. 3107, Foro it., 1987,

I, 1040, e Rass. trib., 1987, II, 652, con nota di Tinelli, ad avviso

della quale la campagna promozionale di casa produttrice di automobili

basata sulla promessa di una valutazione minima dell'usato restituito

dagli acquirenti di vetture nuove integra gli estremi di uno sconto sul

prezzo di queste ultime, come tale non soggetto alla tassa di lotteria

o di licenza. In argomento, v. anche S. Fiaccadori, Gli sconti in natura ai clienti

in relazione alla disciplina delle manifestazioni a premio, in Fisco, 1990,

6883, e min. fin., ris. 26 settembre 1986, n. 4/294928, id., 1986, 7575.

Sugli sconti alla clientela, v. ora l'art. 7 d.l. 30 settembre 1989 n.

332, convertito nella 1. 27 novembre 1989 n. 384, che ha stabilito che

non sono soggette alle disposizioni sulle operazioni a premio le manife

stazioni i cui premi sono costituiti da sconti di prezzo o da quantità

aggiuntive del prodotto propagandato: su tale nuova disciplina, v. D.

Orazi, Le manifestazioni a premio alla luce delle recenti modifiche le

gislative, in Tributi, 1990, fase. 6, 39, e min. fin., circ. 18 settembre

1990, n. 6/4/6712, Dir. e pratica trib., 1991, I, 102.

Il Foro Italiano — 1993.

funzione della quantità di merce ordinata nell'arco di un anno.

Questo sistema, denominato «scala sconti» prevedeva cinque sca

glioni di acquisto espressi in lire ed altrettante percentuali di

sconto. La percentuale di sconto relativa al primo scaglione era

applicata a tutti; superato il tetto di primo scaglione, la somma

percentuale di sconto veniva applicata sugli acquisti del nuovo

scaglione; nel contempo veniva ricalcolato con la nuova percen tuale lo sconto già praticato sul primo scaglione e la differenza

fra lo sconto già concesso e quello nuovo e maggiore era accre

ditata al rivenditore o con l'emissione di una nota di credito

o di un assegno, o mediante la concessione al rivenditore di

portare l'importo in diminuzione dei pagamenti relativi ad ac

quisti successivi; — che la seconda operazione consisteva nella dazione gratui

ta ai rivenditori-acquirenti di un dato prodotto o di un dato

quantitativo di prodotti di omaggio di beni mobili; per esem

pio, la Permaflex dava in omaggio un materasso per ogni ordi

ne di dieci materassi, ovvero una scaffalatura per ogni ordine

di sedici materassi, ovvero una poltroncina per ogni ordine di

dieci materassi; — che non aveva fondamento la censura secondo la quale

le operazioni promozionali suddette non rientravano nella pre visione degli art. 43 e 44 r.d.l. 1933/38, in quanto i premi veni

vano attribuiti in modo automatico, in presenza di determinati

elementi di fatto e quindi senza nessuna alea, perché:

a) il sistema della scala sconti ricade nell'ambito delle opera

zioni a premio di cui all'art. 44 cit.; niun dubbio che lo sconto

fosse riconducibile al premio, ai sensi dell'art. 107 r.d. 1077/40.

Si trattava di operazioni a premio che non potevano essere au

torizzate, perché gli sconti venivano accreditati in un momento

successivo all'acquisto e perché consistevano nell'accredito di

denaro. L'impegno a concedere tali sconti aveva natura di pro

messa unilaterale e quindi era svincolata dal contratto di vendita;

b) quanto al secondo gruppo di operazioni, si trattava di una

pratica riconducibile all'art. 44, 2° comma, lett. b), che doveva

essere autorizzata. L'art. 44 prevede in modo espresso l'ipotesi dell'offerta di regali ed esige l'autorizzazione; anche ammessa

l'assimilazione dei regali agli sconti, l'autorizzazione sarebbe stata

indispensabile, considerato il consistente valore dei regali offerti; — che era invece fondata la censura con la quale si sosteneva

che la prima operazione non avrebbe potuto essere autorizzata,

e conseguentemente non avrebbe potuto essere soggetta a tassa

di autorizzazione, la quale non riguarda qualsiasi forma di ope

razione promozionale, ma soltanto determinate operazioni. Nes

suna tassa è applicabile ad operazioni non autorizzabili.

Avverso la suddetta sentenza l'amministrazione finanziaria ha

proposto ricorso per cassazione. La soc. Permaflex. resistendo

con controricorso, ha proposto ricorso incidentale, illustrato con

memoria.

Motivi della decisione. — Col primo motivo l'amministrazio

ne denuncia la mancanza od insufficienza di motivazione su

un punto decisivo, la violazione dell'art. 112 c.p.c. (art. 360,

nn. 3 e 5, c.p.c.), osservando che nella specie l'imposta applica ta era stata quella proporzionale di cui al 4° comma dell'art.

49 r.d.l. n. 1933 del 1938, che non è una tassa di licenza (tassa

fissa dovuta in relazione all'avvenuta autorizzazione ad espleta

re un numero indefinito di operazioni per un certo periodo di

tempo), ma un prelievo che è previsto perché è superato il limi

te, fissato dal ministero, dell'ammontare dei premi, non più

ragguagliato al tempo di durata dell'autorizzazione, ma all'am

montare effettivo dei premi, con l'aliquota dell'8 per cento.

Nella specie non vi era tassa di licenza, ma tassa proporzio

nale, per cui:

a) o la corte di Roma aveva avuto presente la differenza sud

detta, ed allora la questione da essa decisa in realtà non si pre

sentava;

b) o la corte non aveva avuto presente detta differenza, ed

allora la sentenza è erronea, perché la tassa proporzionale non

è collegata alla licenza ed è un prelievo collegato al fatto che

comunque si conseguono (in modo lecito o non, con autorizza

zione o non) effetti promozionali.

Col secondo motivo, l'amministrazione denuncia la violazio

ne degli art. 43, 46, 49, 53, 54 r.d.l. 1933/38 (art. 360, n. 3,

c.p.c.), osservando che la tesi accolta dalla corte di appello è

paradossale, perché teorizza un beneficio da doppia illegittimi

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2307 PARTE PRIMA 2308

tà, in quanto ammette che la Permaflex, in quanto non ha chie

sto la preventiva autorizzazione ed ha erogato premi consistenti

in denaro, commettendo una atto vietato, non deve pagare la

tassa proporzionale. Secondo l'amministrazione, a parte gli aspet ti sanzionatori penali, vi è la necessità del ripristino della situa

zione giuridica lesa sotto il profilo dell'entrata fiscale, perché l'effetto promozionale conseguito con il denaro non può andare

esente da tributo. Trattasi di tributi percetti in occasione di un'au

torizzazione amministrativa, che hanno come presupposto lo svol

gimento di attività promozionali mediante meccanismi premiali. Secondo l'amministrazione, non si può ricorrere all'argomen

to secondo cui non è scuscettibile di tassazione l'attività illecita,

perché il fatto illecito consiste nell'aver organizzato una mani

festazione a premi senza aver ricevuto la preventiva autorizza

zione e senza aver pagato la relativa tassa, non nella scelta del

mezzo (denaro) con cui il premio veniva erogato, essendo que sta una circostanza influente sulla concedibilità dell'autorizza

zione, ma non costituente un autonomo specifico illecito.

L'obbligo fiscale — secondo la ricorrente — non è eludibile

organizzando la manifestazione con modalità tali da renderla

non autorizzabile. Una volta che l'operazione si sia svolta, le

sue modalità non possono escludere la percezione del tributo

sull'ammontare dei premi erogati. Il ricorso è infondato. In primo luogo, le censure contenute

nel primo motivo non colgono nel segno perché è evidente e

chiaro il contenuto della sentenza impugnata, che è partita dal

presupposto che la tassa di cui all'art. 49 r.d. n. 1933 del 1938

e successive modificazioni sia in ogni caso una tassa di licenza, sia quando è stabilita in misura fissa che quando è stabilita

in misura proporzionale all'ammontare dei premi. Tale assunto si deve condividere. L'art. 49 stabilisce una tas

sa di licenza in misura variabile a seconda del reddito del sog

getto ed a seconda della circostanza che le operazioni a premio siano limitate ad una provincia od estese in due o più province, ma sempre in misura fissa, per ciascuno dei suddetti casi. Il

4° comma dispone: «L'applicazione della tassa di licenza è su

bordinata, però, alla condizione che i premi assicurati a tutti, considerati nel loro valore assunto e non in relazione all'entità

degli acquisti, siano contenuti nei limiti che sono fissati ogni anno . . .». Ed il successivo comma dispone: «Qualora il valore

dei premi sia per tutti superiore al limite stabilito, dovrà appli carsi la tassa proporzionale nella misura dell'8 per cento sul

valore complessivo dei premi stessi; qualora invece il valore dei

premi sia per alcuni contenuto nei limiti stabiliti nel decreto

del ministro per le finanze e per gli altri sia superiore a tale

limite, è dovuta sui primi la tassa di licenza e sugli altri la tassa

proporzionale dell'8 per cento».

Dall'ultimo comma dell'art. 49 risulta l'alternatività fra le due misure di tassa, ma non la distinzione fra esse.

La tassa fissa è indicata come tassa di licenza, per brevità

(comprendendosi in essa tutte le ipotesi indicate nei primi tre

commi); la tassa proporzionale non è espressamente indicata

come tassa di licenza, ma ciò non significa che essa non sia

tale. Altrimenti si dovrebbe concludere che quella proporziona le non è collegata all'autorizzazione, ma ad un altro presuppo sto, e cioè al compimento di fatto dell'operazione a premio. Tale conclusione contrasta con tutto il sistema del titolo V della

legge, che si occupa, appunto, delle previe autorizzazioni neces

sarie per i concorsi e le operazioni a premio, nonché con il

tenore letterale dell'art. 124: «Chiunque promuove od organiz za concorsi od operazioni a premio senza aver ottenuto la pre scritta autorizzazione o senza aver pagato la relativa tassa, è

punito . . .». La punizione si riferisce, evidentemente, ai due

tipi di tassa, non essendo previsto un esonero da responsabilità, nel caso che sia dovuta la tassa proporzionale la quale, quindi, è espressamente definita come «relativa» all'autorizzazione, e cioè come tassa connessa all'autorizzazione medesima. L'alter

natività fra le due ipotesi si spiega con l'osservazione che, evi

dentemente, chi non ha ottenuto la prescritta autorizzazione, non avrà pagato la tassa relativa ad essa; ma chi ha ottenuto

l'autorizzazione può incorrere nella contravvenzione solo per il fatto (diverso) di non aver pagato la «relativa tassa».

Sorge il problema se una tassa collegata all'autorizzazione sia

dovuta quando detta autorizzazione non sia stata chiesta (e cioè

per il fatto obiettivo di avere organizzato o promosso le opera zioni a premio) e la risposta non può che essere positiva (perché

Il Foro Italiano — 1993.

altrimenti si autorizzerebbe l'evasione volontaria dal tributo, rea

lizzata con la semplice astensione dal richiedere l'autorizzazio

ne), ad una precisa condizione: che, cioè, la suddetta operazio ne rientri fra le operazioni autorizzabili.

Se l'autorizzazione non può essere data (per esempio, come

nel caso di specie, perché i premi consistevano in denaro e cioè

l'operazione era organizzata con modalità vietate dall'art. 51) si spezza il legame necessario fra l'autorizzazione (concessa o

concedibile) e la tassa, la quale andrebbe a colpire non un fatto

di evasione fiscale, ma un fatto di «elusione» e cioè un procedi mento indiretto rivolto al medesimo risultato pratico, con mo

dalità diverse da quelle previste dalla legge. Si può ammettere

la parificazione fra l'evasione o l'elusione quando la legge pre veda un'ipotesi specifica di frode fiscale, colpendo con la stessa

imposizione tutti i fatti — comunque configurati — diretti a

raggiungere il medesimo scopo, ovvero quando dal sistema ri

sulta l'indifferenza di un atto formale, per la percezione della

tassa. Se, invece, il sistema è, come nel caso di specie, nel senso

di un'indefettibile correlazione fra la tassa e l'atto formale, se

questo non solo non esiste, ma non potrebbe neppure esistere

per difetto di un requisito dell'atto di autorizzazione, l'imposi zione andrebbe a colpire un atto diverso da quello configurato dalla legge e, quindi, difettandone uno degli elementi costituti

vi, non può essere pretesa. Certamente, il sistema ricostruito in tal modo si presta ad

una facile elusione fiscale, ma dovrebbe essere la legge a preve dere tale fenomeno (con l'espressione, per esempio: «con qua

lunque mezzo o modalità» riferita all'operazione a premio, per la quale è dovuta la tassa di licenza non richiesta e, quindi, non ottenuta e, per avventura, neppure ottenibile).

Con il ricorso incidentale, la soc. Permaflex denuncia la vio

lazione e falsa applicazione degli art. 43 e 44 r.d.l. 1933/38

e dell'art. 107 r.d. 1077/40, relativamente all'erronea assimila

zione dell'operazione commerciale praticata dalla società nella

forma di sconto in merce con le operazioni a premio; operazio ne che andava inquadrata tra gli sconti di prezzo ed analoghe facilitazioni concesse all'atto dell'acquisto o del successivo pa

gamento, che l'art. 107 r.d. n. 1077 esclude dalla soggezione alle norme sulle operazioni a premio, in quanto è evidente che

la fornitura di un bene di produzione della società venditrice

determinava null'altro che la diminuzione del prezzo globale,

e, quindi, rimanendo immutato il prezzo di listino, costituiva uno sconto di prezzo.

Secondo la ricorrente, il legislatore, nel qualificare gli sconti

di prezzo e le analoghe facilitazioni, non li ha voluti agganciare ad un parametro di valutazione economica, ma ha solo tenuto

presente la sussistenza di una consuetudine commerciale o di

una pattuizione commerciale; esistenza la quale porta ad esclu

dere non soltanto gli sconti in denaro, ma anche quelli in merce

o natura e cioè le cessioni gratuite di beni che sono fatte a titolo di sconto od abbuono, per la considerazione che il valore

dei beni ceduti a tale titolo viene in pratica incluso il prezzo dei prodotti cui lo sconto od abbuono si riferisce, per cui è

ininfluente il valore della merce fornita a titolo di sconto, solo

oggetto ai rapporti di convenienza commerciale e di economici

tà correnti fra le parti, in forza delle cennate convenzioni di

fornitura.

Il ricorso è infondato. Si può riconoscere l'esattezza del rilie

vo mosso contro l'argomentazione secondo cui l'assimilazione

dei regali agli sconti sarebbe irrilevante, perché «l'autorizzazio ne sarebbe stata comunque indispensabile, considerato il consi

stente valore dei regali». Invero, se si fosse trattato di sconti

ai sensi dell'art. 107, 2° comma, il valore dei medesimi sarebbe

stato indifferente (rilevando esso, invece, solo nell'ipotesi che

non si fosse trattato di sconti, ai sensi del 1° comma). Ma si

tratta di argomentazione aggiuntiva, che non scalfisce l'accerta mento di merito (contro cui non viene mossa alcuna censura

se non l'asserzione pura e semplice di una contraria modalità

di erogazione dei c.d. sconti) secondo cui l'impegno di concede

re gli sconti aveva natura di promessa unilaterale, e quindi era

svincolato dal singolo contratto di vendita; affermazione for

malmente contenuta nella parte della sentenza che si occupa della prima operazione («scala sconti»), ma è implicitamente riferibile anche al secondo tipo di operazioni. Pertanto, secon

do l'incensurabile accertamento di fatto del giudice del merito, non esisteva né la singola pattuizione contrattuale, né la con

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Page 5: sezione I civile; sentenza 29 maggio 1992, n. 6520; Pres. Vela, Est. R. Sgroi, P.M. Martinelli (concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Guicciardi) c. Soc. Permaflex; Soc. Permaflex

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

suetudine o la convenzione o l'accordo economico collettivo, a cui l'art. 107, 2° comma, condiziona la possibilità di esclude

re dalla applicabilità delle norme sulle operazioni a premio di

cui al 2° comma, lett. ti) dell'art. 44 della legge gli sconti «e

le analoghe facilitazioni» concessi all'atto dell'acquisto o del

successivo pagamento, trattandosi, invece, di una promessa uni

laterale di un regalo in natura (vedi la sentenza là dove si riferi

sce il contenuto della sentenza del tribunale, confermata dalla

corte di appello, in ordine alla promessa unilaterale ed all'esclu

sione della pattuizione contrattuale).

Pertanto, non applicandosi l'esclusione di cui al 2° comma

dell'art. 107 del regolamento del 1940, si rientrava nell'ambito

della lett. ti) del 2° comma dell'art. 44 della legge del 1938,

come ha esattamente affermato la corte.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 29 mag gio 1992, n. 6480; Pres. Brancaccio, Est. Taddeucci, P.M.

Caristo (conci, conf.); Carusillo (Avv. Lubrano) c. Cassa

pensioni dipendenti enti locali (Avv. dello Stato Stipo). Con

ferma Corte conti, sez. giur. reg. Sardegna 21 giugno 1986,

n. 215.

Corte dei conti — Sezione giurisdizionale per la Sardegna —

Numero dei votanti — Questione manifestamente infondata

di costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 21 marzo 1953 n. 161, modificazioni al testo unico delle leggi sulla Corte dei conti,

art. 2; 1. 8 ottobre 1984 n. 658, istituzione in Cagliari di una

sezione giurisdizionale e delle sezioni riunite della Corte dei

conti, art. 5). Cassazione civile — Motivi inerenti alla giurisdizione — Vizi

di costituzione del giudice (Cost., art. Ill; cod. proc. civ.,

art. 158, 360, 362).

È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale dell'art. 5, 1° comma, l. 8 ottobre 1984 n. 658 per aver ridotto a tre il numero dei votanti componenti il collegio

della sezione della Corte dei conti per la Sardegna, laddove

l'art. 2 l. 21 marzo 1953 n. 161 prevede per ciascuna sezione

giurisdizionale della Corte dei conti il numero invariabile di

cinque votanti, in riferimento all'art. 3 Cost, (nella motiva

zione si precisa che detta limitazione numerica trova adegua ta giustificazione nell'esigenza di attuare un progressivo de

centramento degli organi preposti all'amministrazione della giustizia contabile senza peraltro scalfire i caratteri fondamen

tali degli organi giurisdizionali quali la precostituzione, l'indi

pendenza e la collegialità del giudice). (1) È ammissibile il ricorso per cassazione avverso le decisioni del

giudice speciale ai sensi degli art. Ili, 3° comma, Cost, e

362, 1° comma, c.p.c., inquadrandosi nel difetto di giurisdi

zione il vizio derivante dalla irregolare costituzione del eolle

(1) Non si rinvengono precedenti nella giurisprudenza della Cassazio

ne. La Corte dei conti, sezione giurisdizionale regione Sardegna, aveva,

invece, già rilevato con la pronuncia del 20 gennaio 1987, n. 158 (Foro

it., Rep. 1987, voce Responsabilità contabile, n. 81), la manifesta in

fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, 1°

comma, 1. 8 ottobre 1984 n. 658, affermando che la sola diversità di

composizione numerica non altera l'intima struttura dell'organo, non

incide sulla collegialità dello stesso e non determina una disparità di

trattamento tra i soggetti sottoposti all'uno o all'altro giudizio. Sul decentramento delle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti,

cfr. il d.l. 15 maggio 1993 n. 143, Le leggi, 1993, 1, 1483, di reitera

del d.l. 8 marzo 1993 n. 54, ibid., 977, sul quale cfr., da ultimo, in

prima approssimazione, F. Petralati, L'azione a tutela della legittimi tà amministrativa nel d.l. 8 marzo 1993 n. 54, in Documenti giustizia,

1993, fase. 4, 592.

Il Foro Italiano — 1993.

gio giudicante, ancorché tale irregolarità implichi una que stione di legittimità costituzionale della norma prevedente quel la costituzione. (2)

Svolgimento del processo. — La Corte dei conti per la Sarde

gna — sezione giurisdizionale per le pensioni civili — con deci

sione del 21 giugno 1986 ha respinto il ricorso proposto dal

dr. Nunzio Carusillo avverso il decreto del ministero del tesoro

relativo alla determinazione del suo trattamento pensionistico. Con ricorso notificato il 28 marzo 1987 il dr. Carusillo ha

adito questa corte per sentir annullare la suindicata decisione,

deducendo il difetto assoluto di giurisdizione nell'organo che

l'aveva emessa per irregolare sua composizione, e sollevando

a tale scopo questione di legittimità costituzionale dell'art. 5,

1° comma, 1. 8 ottobre 1984 n. 658, in relazione all'art. 3 Cost.

La amministrazione controinteressata, Cassa pensioni dipen denti enti locali, ha resistito alla impugnazione, con controri

corso. Il ricorrente ha prodotto memoria.

(2) I. - Allineandosi con la posizione espressa in suddetta pronuncia, la Corte di cassazione nella sentenza in epigrafe coglie l'occasione per ribadire l'ormai consolidato orientamento interpretativo secondo il quale i vizi attinenti alla regolare costituzione del collegio giudicante, si tra

ducono in difetto di giurisdizione dell'organo stesso.

Detto indirizzo, affermatosi in giurisprudenza fin dagli anni venti

(Cass., sez. un., 28 aprile 1925, Foro it., Rep. 1925, voce Ferrovie e

tramvie, n. 145; 22 giugno 1928, n. 2927, id., Rep. 1928, voce Impiega to governativo, n. 128; divenuto massima consolidata n. 117, id., Rep. 1948, voce Cassazione civile, n. 37), fu contraddetto da Cass. 16 dicem

bre 1950, n. 2775 (id., 1951, I, 303) — la quale individuò nella irregola re composizione del collegio giudicante un vizio determinante la nullità

della sentenza — e, «posto nel nulla» (l'espressione è di A. Scialoja

in nota a Cass. 10 dicembre 1951, n. 2764, id., 1952, I, 188), dalla

successiva pronuncia delle sezioni unite 19 ottobre 1951, n. 2641 (est.

Torrente), id., 1951, I, 1316, con nota di richiami. In tale occasione fu osservato come la alterazioni nella composizione

numerica dei collegi giudicanti, non comportassero alterazioni in punto di giurisdizione e di competenza ma, piuttosto, la «inesistenza» del prov vedimento giurisdizionale in quanto tale. Ciò considerando che: «l'irre

golare composizione del collegio giudicante non tocca il problema della

ripartizione della potestas decidendi tra i vari organi e neppure concer

ne la sottrazione della controversia dalla potestà medesima. La compe tenza e la giurisdizione riguardano l'attività dell'organo, laddove la com

posizione del collegio attiene ad un momento logicamente e cronologi camente anteriore all'esplicazione di questa attività e più propriamente si riferisce alla struttura del soggetto chiamato a giudicare».

Detta posizione, autorevolmente sostenuta in dottrina (V. Andrioli, nota a Cass., sez. un., 10 gennaio 1949, n. 7, id., 1949, I, 343, il quale considerava l'estensione del concetto di «difetto di giurisdizione» attua to dalla giurisprudenza «non . . . teoricamente giustificabile»), fu ac

colta nella successiva pronuncia della Cassazione 11 ottobre 1952, n.

3008 (id., 1952, I, 1321) che compose l'antinomia con il precedente orientamento sottolineando la specularità degli indirizzi: «tali statuizio

ni, in apparenza contrastanti, considerano ciascuna e risolvono la que stione di aspetti particolari e diversi, secondo cioè che si prenda in esa

me la pronuncia emessa dall'organo irregolarmente composto, quale atto a sé e la sua rilevanza per il diritto, ovvero la potestà dell'organo

irregolare che la pronuncia emise. Sotto il primo aspetto non può essere

dubbio che la pronuncia di un tale organo è "inesistente" (. . .): l'atto

non proviene da chi rivesta la qualità di giudice, e pertanto non esiste, è niente per il diritto. Ma se ciò non è contestabile, non pare nemmeno

disputabile che, quando la legge attribuisce l'esercizio del potere giuris dizionale ad un organo collegiale da costituirsi in un determinato mo

do, e della controversia invece conosca e giudichi organo diversamente

composto, ben possa e debba affermarsi che l'organo irregolare non

ha giurisdizione, o che, vale lo stesso, "difetta di giurisdizione"». Da

allora la giurisprudenza ha costantemente affermato detta interpreta zione estensiva del concetto di «difetto di giurisdizione», precisandone, via via, la portata.

Utili riferimenti in proposito — oltre alle pronunce richiamate nella

sentenza in epigrafe — sono contenuti nelle decisioni delle sezioni unite

della Suprema corte 3 giugno 1978, n. 2774, id., 1978, I, 1900, con

nota di F. Cipriani; 21 aprile 1982, n. 2476, id., 1982, I, 1256; 16

dicembre 1987, n. 9305, id., 1988, I, 1576, nelle quali il difetto di giuris dizione per irregolare costituzione dell'organo giudicante, è stato ravvi

sato nelle ipotesi di alterazione della sua struttura quantitativa o quali

tativa, di totale carenza di legittimazione di uno o più dei suoi compo nenti ovvero di loro assoluta inidoneità a farne parte.

II. - La fattispecie considerata dalla pronuncia in rassegna si diffe

renzia, peraltro, dai casi fin'ora ricordati (e, per vero, anche da quelli

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