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sezione I civile; sentenza 29 novembre 1997, n. 12113; Pres. Baldassarre, Est. Vitrone, P.M. Nardi...

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sezione I civile; sentenza 29 novembre 1997, n. 12113; Pres. Baldassarre, Est. Vitrone, P.M. Nardi (concl. conf.); Pelaggi (Avv. Maori) c. Soc. Ferrovie dello Stato (Avv. Molè). Conferma App. Catanzaro 24 febbraio 1995 Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 6 (GIUGNO 1998), pp. 1945/1946-1951/1952 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192660 . Accessed: 28/06/2014 17:36 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 17:36:38 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 29 novembre 1997, n. 12113; Pres. Baldassarre, Est. Vitrone, P.M.Nardi (concl. conf.); Pelaggi (Avv. Maori) c. Soc. Ferrovie dello Stato (Avv. Molè). ConfermaApp. Catanzaro 24 febbraio 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 6 (GIUGNO 1998), pp. 1945/1946-1951/1952Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192660 .

Accessed: 28/06/2014 17:36

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

— che gli opponenti non avevano ragione di dolersi del ca

rattere prematuro dell'iniziativa giudiziale della creditrice, pri ma del decorso di quel termine, dato che erano rimasti anche

successivamente inadempienti; — che la riduzione del quantum, nella misura già stabilita

dal tribunale, era imposta dalla non computabilità nel saldo

passivo dell'accreditata di cambiali girate per lo sconto, non

ancora scadute, e poi andate a buon fine, ed esigeva la revoca

dell'ingiunzione; — che il credito della banca, entro detta somma, era dimo

strato dalla produzione dei titoli insoluti; — che la pretesa degli opponenti di ristoro del danno, in tesi

prodotto dalla perdita di «fido» per le iscrizioni ipotecarie ed

i pignoramenti illegittimamente effettuati dalla creditrice sulla

scorta del decreto provvisoriamente esecutivo, era rimasta sfor

nita di prova, anche perché quella perdita si sarebbe ugualmen te verificata anche se l'ingiunzione fosse stata mantenuta nella

somma poi risultata dovuta.

La Casali ed il Lippini, con ricorso notificato il 13 ottobre

1995, hanno chiesto l'annullamento parziale o la «integrazione» della sentenza d'appello, formulando tre censure. La Banca na

zionale del lavoro ha replicato con controricorso. La resistente

ha depositato memoria.

Motivi della decisione. — Con il primo ed il secondo motivo, e con le deduzioni sviluppate nella parte conclusiva e finale del

ricorso, da esaminarsi congiuntamente, i ricorrenti sostengono che la corte d'appello, dopo aver riscontrato che l'azione della

banca non era assistita da un credito all'epoca esigibile, avreb

be dovuto rilevare e dichiarare l'invalidità del decreto opposto, nonché delle iscrizioni ipotecarie eseguite in base allo stesso, ordinandone la cancellazione, ed inoltre accordare il risarcimento

del danno che tale arbitrario comportamento aveva provocato, trattandosi di pregiudizio in re ipsa.

Le riportate censure sono ammissibili ed in parte fondate, nei limiti delle considerazioni seguenti.

La revoca del decreto ingiuntivo va disposta quando il relati

vo provvedimento sia stato richiesto ed adottato in difetto dei

requisiti all'uopo prescritti, indipendentemente dall'eventuale ac

coglimento della domanda che sia stata poi formulata dal credi

tore nel giudizio d'opposizione promosso dall'intimato, ovvero

quando, pur sussistendo detti requisiti, si accerti per fatti so

pravvenuti (ad esempio, l'adempimento) il venir meno od il ri

dursi della consistenza del credito, occorrendo comunque rimuo

vere e sostituire il precedente titolo (v. Cass., sez. un., n. 7448

del 7 luglio 1993, Foro it., Rep. 1993, voce Ingiunzione, n. 45). La distinzione fra l'una e l'altra revoca non è meramente no

minale (e va quindi, riconosciuto, contrariamente a quanto af

ferma la resistente, l'interesse dei fideiussori a farla valere), per

ché, anche a prescindere dai riflessi sulle spese della fase moni

toria (nella specie non in discussione), si riverbera sull'applica bilità o meno dell'art. 653, 2° comma, c.p.c., il quale stabilisce, in presenza di accoglimento parziale dell'opposizione, la pro

porzionale conservazione degli atti d'esecuzione in precedenza

compiuti, e, quindi, per analogia, anche dell'iscrizione ipoteca ria effettuata a norma dell'art. 655 c.p.c. (v. Cass. n. 4169 del

17 ottobre 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 53). Detta conservazione, infatti, è da circoscriversi al secondo dei

casi sopra delineati, cioè quello dell'accoglimento parziale del

l'opposizione nonostante l'iniziale presenza delle condizioni del

l'ingiunzione. Tale interpretazione discende dal testuale riferimento del me

desimo art. 653 alla «riduzione» dell'ammontare portato dal

decreto, vale a dire alla revisione dell'entità della somma dovu

ta che non tocchi la legittimità del provvedimento ingiuntivo, e dalla carenza di giustificazioni logiche al mantenimento degli effetti di un atto che risulti compiuto in violazione di legge.

Nel primo caso, non operando detta conservazione, l'ipoteca

giudiziale è necessariamente travolta dalla revoca dell'ingiun

zione, di modo che il giudice, pronunciando la revoca stessa,

anche d'ufficio deve ordinare la cancellazione dell'iscrizione ipo

tecaria, trattandosi di statuizione strettamente conseguenziale (v. Cass. n. 2552 del 21 marzo 1997, id., 1997, I, 3243).

La corte di Bologna ha dato atto che il credito della Banca

è insorto, o comunque è divenuto esigibile dopo la richiesta

e l'emissione del decreto, e, quindi, ha acclarato il verificarsi

della prima di quelle ipotesi, considerando che le pattuizioni del contratto di apertura di credito, se consentivano alla banca

Il Foro Italiano — 1998.

il recesso ad nutum, differivano l'obbligo della società accredi

tata di restituire le somme in precedenza utilizzate al decorso

di almeno un giorno dalla comunicazione del recesso medesimo.

In questo contesto, restava irrilevante, ai fini in esame, l'ina

dempienza dei debitori dopo che il credito era nato ed aveva

acquisito esigibilità, trattandosi di circostanza influente esclusi

vamente per l'accoglimento della domanda che la creditrice ave

va riproposto nel giudizio d'opposizone.

Pertanto, la revoca dell'ingiunzione avrebbe dovuto essere di

sposta in ragione della sua invalidità ab origine, con il menzio

nato corollario in ordine alla cancellazione dell'ipoteca. Il mancato rilievo di detta invalidità originaria, con gli evi

denziati riflessi sull'ipoteca giudiziale, infirma anche la reiezio

ne della domanda risarcitoria, in quanto elide il presupposto della relativa decisione, incentrata, come si è visto, solo sull'os

servazione (erronea) che il decreto ingiuntivo sarebbe stato co

munque emesso sia pure per somma inferiore. (Omissis) In conclusione, con l'accoglimento del ricorso nei limiti sopra

indicati, si deve annullare la decisione della corte di Bologna, affinché in fase di rinvio, ferme restando le statuizioni sulla

validità del recesso della banca e sull'ammontare del suo credi

to, si provveda ad emendare la riscontrata omissione in ordine

all'iscrizione ipotecaria, traendo sul punto le conseguenze del

l'accertata invalidità del decreto ingiuntivo, nonché a riesami

nare la domanda di risarcimento del danno, sempre alla luce

di tale accertamento.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 29 no

vembre 1997, n. 12113; Pres. Baldassarre, Est. Vitrone, P.M. Nardi (conci, conf.); Pelaggi (Avv. Maori) c. Soc. Fer

rovie dello Stato (Aw. Mole). Conferma App. Catanzaro 24

febbraio 1995.

Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione appro

priativa — Perfezionamento — Fattispecie (Cod. civ., art.

2043; d.l. 11 luglio 1992 n. 333, misure urgenti per il risana

mento della finanza pubblica, art. 5 bis; 1. 8 agosto 1992 n.

359, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 11 lu

glio 1992 n. 333; 1. 23 dicembre 1996 n. 662, misure di razio

nalizzazione della finanza pubblica, art. 3, comma 65).

Non è sufficiente a determinare l'acquisto della proprietà a tito

lo originario dall'ente pubblico, l'occupazione di un fondo

per la costruzione di un cavalcavia ferroviario, con deposito di pietrisco e realizzazione di canalette interrate, trattandosi

di interventi di scarsa entità, non impeditivi della restituzione

del suolo. (1)

(1-2) All'iniquità del termine breve di prescrizione dell'azione risarci toria del danno da occupazione appropriativa, si aggiunge l'onere per il privato proprietario di determinare il momento dell'irreversibile desti nazione dei fondi all'opera pubblica, cui la giurisprudenza riconduce tanto l'acquisto della proprietà del fondo da parte della pubblica ammi

nistrazione, quanto l'inizio del decorso del termine prescrizionale (Pfiff ner, L'occupazione appropriativa, il termine di prescrizione dell'azione risarcitoria e il problema della tutela del proprietario, in Resp. civ., 1993 , 534).

L'identificazione del dies a quo della prescrizione, in rapporto al per fezionamento della fattispecie acquisitiva, segna anche il momento di

riferimento per la valutazione del bene ai fini della liquidazione del

danno (Cass. 22 giugno 1990, n. 6266, Foro it., Rep. 1990, voce Espro

priazione perp.i., n. 150; 4 giugno 1991, n. 6322, id., Rep. 1991, voce

cit., n. 287; 5 agosto 1997, n. 7192, id., Mass., 700), e per la decorren

za degli interessi e della rivalutazione (Cass. 26 agosto 1997, n. 7998,

ibid., 799; 3 gennaio 1998, n. 13, id., Mass., 3). È appena il caso di notare che a tali effetti nessuna rilevanza sembra

rivestire la collocazione del momento acquisitivo in successione e quale

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1947 PARTE PRIMA 1948

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 12 agosto

1997, n. 7532; Pres. Corda, Est. Grieco, P.M. Giacalone

(conci, conf.); Comune di Montecarlo (Aw. Paolettx) c. Par

docchi (Aw. Padoa). Cassa App. Firenze 17 giugno 1992.

Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione appro

priala — Modificazioni profonde — Esclusione — Fattispe cie (Cod. civ., art. 2043; d.l. 11 luglio 1992 n. 333, art. 5 bis; 1. 8 agosto 1992 n. 359; 1. 23 dicembre 1996 n. 662, art. 3, comma 65).

La trasformazione del fondo privato con irreversibile destina

zione all'opera pubblica, quale modo di acquisto della pro

prietà a titolo originario, non presuppone necessariamente una

profonda modifica materiale del fondo, essendo sufficiente la sola sua diversa collocazione nella realtà giuridica, come

nel caso di realizzazione effettiva di giardino pubblico. (2)

conseguenza (logica) dell'impossibilità di restituzione dell'immobile (Cass. 6 dicembre 1994, n. 10467, id., Rep. 1995, voce cit., n. 247): si legge in Cass. 10 giugno 1988, n. 3940, id., 1988, I, 2262, che «la radicale trasformazione del fondo, con irreversibile destinazione nella realizza zione dell'opera, comporta l'estinzione del diritto dominicale del priva to, e la sua contestuale acquisizione a titolo originario in capo all'ente

costruttore, tenuto conto che l'indicata vicenda, implicando la perdita da parte del privato di ogni facoltà di godimento e di disposizione del

bene, in via permanente o comunque a tempo indeterminato, non è

compatibile con la permanenza del suo diritto di proprietà». La scissione logica è sottolineata da Corte cost. 23 maggio 1995, n.

188, id., 1996, I, 464, con nota critica di Benini, secondo il quale la distinzione tra la fase di spossessamento del bene dall'acquisto vero e proprio, quest'ultimo giustificato dall'impossibilità di restituzione del bene per le trasformazioni nel frattempo apprestate, contraddice con la costruzione che riconduce comunque la pretesa di ristoro del privato all'azione risarcitoria da fatto illecito, mentre poteva avere una propria giustificazione funzionale nell'ottica dell'orientamento che costruendo

l'acquisizione come fatto lecito che nello spossessamento trovava solo un antecedente storico, giustificava la pretesa del privato come diritto al controvalore, soggetto alla prescrizione decennale, posto che sotto il profilo temporale non è dato apprezzare una qualche diacronia tra i due aspetti.

È certo dunque che l'illecito della pubblica amministrazione si loca lizza nel tempo allorché, per effetto dell'irreversibile trasformazione del

fondo, diventa impossibile la restituzione del bene. Diversamente, non

sempre all'irreversibile trasformazione si associa temporalmente la de stinazione pubblicistica, che al di là dell'impiego costante di formule definitorie (si legge fin da Cass. 26 febbraio 1983, n. 1464, id., 1983, I, 626, che «la radicale trasformazione del fondo — che sia ritenuta dal giudice di merito univocamente interpretabile nel senso dell'irrever sibile sua destinazione al fine della costruzione dell'opera pubblica —

comporta l'estinzione in quel momento del diritto di proprietà del pri vato e la contestuale acquisizione a titolo originario della proprietà al l'ente costruttore»; Cass. 24 novembre 1983, n. 7022, id., Rep. 1983, voce cit., n. 321, parla di definitiva trasformazione funzionale alla rea lizzazione dell'opera) che danno per scontata la contemporaneità della realizzazione dell'opera e della destinazione all'uso pubblico, richiede rebbero qualche precisazione, in rapporto alla doverosa corrispondenza tra la dichiarazione di pubblica utilità (l'imprescindibilità del presuppo sto viene sottolineata già a partire da Cass. 10 giugno 1988, n. 3940, cit.; al riconoscimento del diritto, in mancanza di rituale dichiarazione di pubblica utilità, ad un risarcimento commisurato a criteri d'integrali tà ove non si opti per la restituzione — in tal senso, Cass. 16 luglio 1997, n. 6515, id., 1997, I, 3592, con nota di De Marzo; 26 agosto 1997, n. 7998, cit.; 10 gennaio 1998, n. 148, id., Mass., 16 —, si pervie ne in virtù del fondamentale passaggio nell'evoluzione dell'istituto, co stituito dall'affermazione del carattere permanente dell'illiceità ove sia mancato il formale riconoscimento della pubblica utilità dell'opera, con il risultato dell'imprescrittibilità dell'azione di risarcimento: Cass. 4 marzo

1997, n. 1907, id., 1997, I, 721, con nota di richiami) e la destinazione concretamente impressa al manufatto ed al suolo in esso incorporato. Si pensi infatti al caso del perimento della cosa dopo la realizzazione ma prima della concreta destinazione ad uso pubblico (ipotesi affaccia ta da Cass. 18 aprile 1987, n. 3872, id., 1987, I, 1727). La questione non può che avvalorare le perplessità di chi si interroga se l'impossibili tà di conseguire la restituzione del bene sia il portato di un limite giuri dico o dell'inclinazione dei giudici a mediare, in ogni caso, tra interesse

privato e quello pubblico, in considerazione della situazione materiale

prodotta nella manipolazione del fondo (De Marzo, Occupazione ap propriativa e pendenza dei termini di occupazione legittima, in Giur.

it., 1994, IV, 114). Qualora la realizzazione dell'opera pubblica sia temporalmente con

tenuta nel termine dell'occupazione autorizzata (ed eventualmente pro

li. Foro Italiano — 1998.

I

Motivi della decisione. — (Omissis). Con i primi tre motivi, che per la loro stretta connessione sono suscettibili di trattazio

ne congiunta, si denunciano il vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia (primo motivo), la violazione degli art. 115 e 116 c.p.c. sotto il profilo dell'asserito stravolgimento delle risultanze istruttorie (secondo motivo) e la violazione degli art. 3 1. 27 ottobre 1988 n. 458; 834, 936, 938 e 2043 c.c.; 9

e 13 1. 25 giugno 1865 n. 2359, e 76 1. 7 luglio 1907 n. 429, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., con riferimento all'er

rogata), il dies a quo della prescrizione va posto alla scadenza di essa

(tra le altre, Cass. 18 ottobre 1994, n. 8495, Foro it., Rep. 1994, voce

cit., n. 278; 5 maggio 1995, n. 4913, id., Rep. 1995, voce cit., n. 241; 9 aprile 1996, n. 3270, id., Rep. 1996, voce Prescrizione e decadenza, n. 67): nei limiti temporali in cui è legittima la compressione delle fa

coltà di godimento del proprietario, infatti, tutto ciò che accade sul fondo occupato è irrilevante nei confronti del privato (Cass. 29 novem bre 1993, n. 11796, id.. Rep. 1993, voce Espropriazione per p.i., n.

449; 5 dicembre 1995, n. 12520, id., Rep. 1995, voce cit., n. 280; 28

maggio 1997, n. 4723, id., Mass., 450; 19 maggio 1998, n. 4985, inedi

ta). Soluzione obbligata per via del connotato di illiceità conferito al fenomeno appropriativo: è il momento in cui viene meno il titolo di

detenzione del bene a favore della pubblica amministrazione, e, più in generale, il titolo giustificativo del suo operato, che detta la qualifi cazione giuridica riguardante l'emersione del quid novi sul fondo priva to, e in definitiva il compimento della fattispecie appropriativa (solu zione su cui si appuntano le critiche di De Marzo, op. cit., 120, secon do cui l'attribuzione alla mano pubblica del fondo già dal compimento dell'opera compiuta in costanza di occupazione legittima, s'impone non essendo diversamente definibile il regime proprietario nell'intervallo tra l'ultimazione dei lavori e la scadenza dell'occupazione). Fino alla sca denza del termine, infatti, può utilmente intervenire il decreto di espro priazione (Cass. 22 aprile 1998, n. 4085, id., Mass., 432).

Il presupposto ontologico perché possa configurarsi l'accessione in vertita a favore della pubblica amministrazione è inoltre quello dell'e mersione di un quid fisicamente e strutturalmente nuovo così da evi denziare l'incompatibilità dell'autonoma sopravvivenza del fondo in

globato (Cass. 16 luglio 1986, n. 4584, id., Rep. 1986, voce cit., n.

302, secondo cui, pur potendo l'inizio delle opere comportare la radica le trasformazione, ciò non è ravvisabile nella mera recinzione dell'area

occupata; 16 novembre 1989, n. 4885, id., Rep. 1989, voce cit., n. 369, secondo cui il perfezionarsi del fatto illecito estintivo del diritto priva to, non si verifica con l'inizio dei lavori, ma richiede che detta opera sia completata, o comunque abbia assunto i suoi connotati definitivi, sicché il suolo ne risulti inscindibile parte integrante; 9 giugno 1993, n. 6433, id., Rep. 1993, voce cit., n. 445, che, pur non richiedendo il completamento dell'opera, localizza il dies a quo nel momento in cui essa si delinea con i suoi connotati definitivi, sì da rendere oggetti vamente valutabile l'effettiva entità dell'intervento ablatorio (in appli cazione del principio, Cass. 13 luglio 1994, n. 6561, id.. Rep. 1994, voce cit., n. 277, e 3 maggio 1996, n. 4086, id., Rep. 1996, voce Pre

scrizione e decadenza, n. 66, riconoscono il compimento di una strada nell'assunzione dei connotati minimi suoi propri, rivelando l'astratta idoneità ad essere percorsa come tale, anche se ancora priva di opere accessorie destinate a renderne l'uso più agevole e sicuro e a consentir ne l'effettiva apertura al traffico); 16 marzo 1994, n. 2507, id., Rep. 1994, voce Espropriazione per p.i., n. 224, che esclude l'irreversibile trasformazione del fondo in caso di modesti lavori di sistemazione di un'area definita a «verde attrezzato», di per sé inidonea ad impedire la restituzione del fondo e la riconduzione in pristino; conf., Cass. 25 marzo 1991, n. 3197, id., Rep. 1992, voce cit., n. 317, riguardo alla mera apertura di cantiere, o, nel caso di opera complessa, alla costru zione del solo manufatto principale, perché è necessario che l'opera si delinei nei connotati definitivi; 7 aprile 1994, n. 3292, id., Rep. 1994, voce cit., n. 225, riguardo alla semplice adozione di un piano attuativo che vincoli l'area all'esecuzione di opere di urbanizzazione; 29 novem bre 1997, n. 12113, in epigrafe, riguardo alla distruzione delle colture

per la realizzazione di canalette interrate in vista della costruzione di un cavalcavia; secondo Cass. 13 gennaio 1994, n. 301, id., 1994, I, 302, con nota di richiami di Bentni, l'irreversibile trasformazione si verifica per via di «alterazioni fisiche e funzionali non emendabili», cui, tuttavia, si accompagni la «realizzazione dell'opera pubblica in tut te le sue componenti essenziali»; conf., Cons. Stato, ad. plen., 7 feb braio 1996, n. 1, id., 1996, III, 137, con nota di richiami). Ma la solu zione è a ben vedere in contrasto con la tesi che attribuisce rilevanza decisiva alla trasformazione, con perdita degli originari caratteri strut

turali, del fondo privato, che può anche anticipare la definitiva ultima zione dell'opera (Cass. 6 febbraio 1987, n. 1172, id., Rep. 1987, voce

cit., n. 313; 9 maggio 1990, n. 3795, id., Rep. 1990, voce cit., n. 406; 17 maggio 1990, n. 4295, ibid., n. 413; 3 febbraio 1993, n. 1302, id., Rep. 1993, voce cit., n. 444; 22 febbraio 1994, n. 1725, id., Rep. 1994,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

rata esclusione della dedotta occupazione acquisitiva dell'intera

area di mq 2.000 (terzo motivo). Sostiene al riguardo la ricorrente che dalle risultanze istrutto

rie emergerebbe — contrariamente a quanto ritenuto in senten

za — che già nel periodo aprile-giugno 1981 l'attività dell'im

presa appaltatrice aveva determinato una situazione di irreversi

bile trasformazione dell'area occupata e che del tutto apodittica sarebbe l'affermazione del consulente d'ufficio secondo cui det

ta trasformazione irreversibile si era verificata solo in epoca suc

cessiva all'immissione in possesso seguita al decreto di occupa zione d'urgenza del 15 aprile 1981, poiché l'affermazione relati

va alla data in contestazione non si fondava su precisi elementi

probatori, come poteva desumersi da un corretto esame delle

deposizioni testimoniali raccolte; che erroneamente, inoltre, era

stato escluso che i lavori provvisori eseguiti prima del decreto

di occupazione avessero determinato l'immutazione dello stato

dei luoghi, tenuto conto della imprescindibile destinazione del

fondo occupato a servizio del vicino cavalcavia ferroviario.

La complessa censura, articolata in tre separati motivi, non

può trovare accoglimento poiché, attraverso la denuncia di vizi

di motivazione e di violazione di norme sostanziali e processua

li, la ricorrente sottopone in realtà a questo giudice di legittimi

tà un inammissibile riesame delle risultanze istruttorie al fine

di pervenire ad una decisione della controversia in senso ad essa

favorevole.

Assolutamente ineccepibile, infatti, appare la motivazione della

sentenza impugnata la quale, sulla base delle conclusioni della

consulenza tecnica d'ufficio confortate dalle deposizioni testi

moniali in atti, ha affermato che il comportamento della ditta

appaltatrice dei lavori nel breve periodo antecedente l'emana

zione del decreto di occupazione d'urgenza (che reca la data

del 15 aprile 1981) non era stato tale da determinare la trasfor

mazione irreversibile del fondo della ricorrente poiché, anche

a voler ritenere pacifico che nell'aprile del 1980 l'impresa ap

paltatrice avesse depositato sull'area occupata del rilevato di pie

trisco, poi asportato, e avesse realizzato delle canalette interra

te, ciò non sarebbe stato in ogni caso sufficiente a determinare

l'acquisto della proprietà dell'area a titolo originaro da parte dell'ente per conto del quale veniva eseguita l'opera pubblica. Tale affermazione appare del tutto coerente, infatti, con il con

solidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la trasfor

mazione irreversibile del fondo occupato per fini di pubblica

voce cit., n. 272; 29 marzo 1995, n. 3723, id., Rep. 1996, voce cit., n. 209; 29 novembre 1995, n. 12416, id., Rep. 1995, voce cit., n. 244). La radicale trasformazione non equivale a mutamento perpetuo e ineli

minabile, oltre che strutturale, derivando l'irreversibilità della trasfor

mazione dalla necessità di nuovi interventi eversivi per il ripristino del

l'originaria fisionomia (Cass. 28 dicembre 1993, n. 12868, id., 1994,

I, 1442); secondo Cass. 12 agosto 1997, n. 7532, in epigrafe, non è

necessaria la profonda modificazione materiale del bene, che gli faccia

assumere struttura, forme e consistenza diverse, rendendosi sufficiente

«la sola sua collocazione nella realtà giuridica» (fattispecie in tema di

realizzazione di un giardino pubblico). Va osservato a tal proposito che la qualificazione illecita dell'occupa

zione appropriativa, e la costruzione del modo di acquisto della pro

prietà pubblica a titolo originario, per via dell'impossibilità di restitu

zione del bene, dovrebbero indurre a localizzare la consumazione del

l'illecito in parallelo allo svuotamento delle facoltà dominicali, il che

si verifica anche prima della «costruzione dell'opera» (anche se non

completata), per effetto, ad esempio, delle fondamenta di una costru

zione, che impediscono anche l'uso agricolo. Se viceversa si pone l'ac

cento, quale elemento giustificatore dell'accessione del suolo al fabbri

cato, alla prevalenza del fine pubblico per cui l'opera è stata concepita

(aspetto valorizzato dalla fondamentale Cass. 25 novembre 1992, n.

12546, id., 1993,1, 87, che prendendo le distanze dalle suggestioni civi

listiche dell'accessione invertita, dà un'autonoma connotazione pubbli cistica all'occupazione appropriativa, giustificata dalla prevalenza del

l'interesse generale per cui l'opera è stata costruita, sull'interesse parti colare del proprietario), allora dovrebbe attendersi il momento in cui

il manufatto acquista connotazioni sufficientemente univoche che ren

dano riconoscibile la destinazione: e la realizzazione delle sole fonda

menta non giustificherebbe quella preponderanza del novum che è ra

gione dell'attrazione del suolo privato al manufatto pubblico (secondo Varlaro Sinisi, L'occupazione appropriativa e l'«irreversibile trasfor mazione» del fondo, in Giust. civ., 1995,1, 2308, muovendosi dall'art.

938 c.c., la fattispecie estintivo-acquisitiva dovrebbe essere ricollegata ad una sentenza costitutiva previo accertamento dei presupposti elabo

rati dalla giurisprudenza sul perfezionamento della fattispecie acquisiti

va). [S. Bhnini]

Il Foro Italiano — 1998.

utilità, se pur non richiede la completa ultimazione dell'opera

pubblica, deve comunque determinare l'impossibilità della sua

restituzione al privato proprietario a causa della rilevante entità

dell'alterazione del preesistente stato dei luoghi; e nella specie, alla luce delle risultanze istruttorie, e tenuto conto della scarsa

precisione del riferimento temporale della dedota occupazione

acquisitiva, correttamente è stato escluso, con motivazione che

si sottrae ad ogni censura, che l'esporpriazione abbia interessa

to un'area già acquistata a titolo originario delle Ferrovie dello

Stato, poiché la scarsa entità degli interventi già praticati non

avrebbe impedito la restituzione del suolo, salvo restando il ri

sarcimento del danno derivante dalla distruzione delle colture

nonché dalla realizzazione delle canalette interrate che dà luogo ad un illecito di carattere permanente, il quale perdura fino a

quando dette opere non vengano rimosse ovvero sia costituita

regolarmente la corrispondente servitù, nei confronti della qua le non è configurabile, com'è noto, alcuna forma di occupazio ne acquisitiva (sez. un. 24 giugno 1994, n. 6082, Foro it., Rep.

1995, voce Servitù, n. 15). (Omissis)

II

Motivi della decisione. — (Omissis). Il comune ricorrente de

nunzia la violazione di legge in cui sarebbe incorso il giudice della decisione impugnata riconoscendo ai proprietari il diritto

al risarcimento del danno indicato pur nell'inesistenza dell'irre

versibile trasformazione del bene occupato e della realizzazione

dell'opera pubblica. In ogni caso, l'affermazione della perdita della proprietà per irreversibile trasformazione dei luoghi non

sarebbe stata sorretta dalla necessaria motivazione, non essendo

state spiegate le ragioni in base alle quali i modesti lavori ese

guiti dall'amministrazione comunale avrebbero determinato l'ir

reversibile trasformazione del suolo.

Contraddittoriamente, poi, sarebbe stata affermata la non ne

cessità di quella trasformazione ai fini dell'effetto acquisitivo. La censura non ha fondamento per quel che concerne gli aspet

ti sostanziali prospettati; non è fondata neppure per quanto at

tiene a quelli processuali.

E, tuttavia, essa offre l'occasione per sottolineare caratteri

tutt'altro che marginali della vicenda espropriativa allorché l'oc

cupazione illegittima del suolo appartenente al privato, nell'am

bito di una procedura che ha avuto il suo presupposto nella

dichiarazione di pubblica utilità ed ha iniziato la sua concreta realizzazione del provvedimento di occupazione di urgenza, tro

va nell'opera pubblica realizzata la ragione dell'irreversibilità

del nuovo stato di fatto.

Invero, «l'acquisto della proprietà in capo alla pubblica am

ministrazione si verifica perché la restituzione non è più giuridi camente possibile a causa della natura pubblica del nuovo bene

di cui solo l'ente pubblico occupante può essere titolare; e non

già, all'inverso, nel senso che il bene non debba essere restituito

perché acquisito dalla pubblica amministrazione» (cfr. sez. un.

25 novembre 1992, n. 12546, Foro it., 1993, I, 87). Ribadito che alla possibilità di reintegrare il privato nel do

minio del bene si oppone l'opera pubblica che è stata realizzata

e che diviene, conseguenzialmente, in attuazione di una espro

priazione sostanziale (cfr. sez. un. 25 novembre 1992, n. 12546,

cit.), «bene pubblico»; ribadito, quindi, che dall'acquisizione del bene nel patrimonio della pubblica amministrazione a titolo

originario (bene che non può essere restituito) si origina non

il diritto al pagaménto del valore al momento in cui esso è stato

acquisito dalla pubblica amministrazione a titolo originario, bensì

il diritto al risarcimento del danno mentre l'attività della pub blica amministrazione non è solo un antecedente storico ma la

causa dell'acquisto della proprietà da parte della pubblica am

ministrazione; va definito — tutto ciò ricordato — il significato di «radicale trasformazione».

Contrariamente al convincimento del ricorrente, il concetto

non implica la profonda modificazione materiale del bene, sì

da assumere struttura, forme, consistenza diverse, ma si concre

ta — essenzialmente — nella diversa sua collocazione nella real

tà giuridica. Posto che la radicale trasformazione del bene oc

cupato comporta la sua irreversibile destinazione, va sottolinea

to che «radicale» è ogni (totale) trasformazione realizzata per un fine del tutto diverso. E nulla rende più diverso un bene

dalla sostituzione del fine pubblico a quello privato, indipen

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Page 5: sezione I civile; sentenza 29 novembre 1997, n. 12113; Pres. Baldassarre, Est. Vitrone, P.M. Nardi (concl. conf.); Pelaggi (Avv. Maori) c. Soc. Ferrovie dello Stato (Avv. Molè). Conferma

1951 PARTE PRIMA 1952

dentemente dalle forme che in concreto assume l'iniziativa della

pubblica amministrazione. E, così, nella realizzazione di nuovo

elettrodotto, o per la variante di uno esistente, l'apprensione sine titulo di suolo privato non determina la costituzione di ser

vitù di fatto nell'ambito della cosiddetta «occupazione acquisi tiva» perché non v'è — ab initio — il fine di destinare, nella

sua totalità — e, quindi, trasformare totalmente — il suolo del

privato per una finalità pubblica ma solo il più limitato scopo di utilizzarlo parzialmente nell'ambito dello schema della servir

tù di eletrodotto. E, quindi, non v'è l'acquisizione ma solo la

volontaria utilizzazione delle parti del suolo occupato.

Sicché, in difetto di autorizzazione della competente autorità

e di dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, la realizzazione

di elettrodotto, o la sua gestione, si risolve in un'attività mate

riale che consente al privato, proprietario del suolo, leso da

quella attività, di chiedere, ed ottenere, dal giudice ordinario

tanto il risarcimento del danno subito nel quinquennio anterio

re alla proposizione della domanda quanto la rimozione del

l'impianto e la restitutio in integrum. In presenza, invece, del

l'autorizzazione della competente autorità e della dichiarazione

di pubblica utilità dell'opera ma in carenza del provvedimento amministrativo impositivo della servitù, la realizzazione dell'e

lettrodotto, o la sua gestione, consente al privato, proprietario del suolo, che abbia subito danno dall'attività, di chiedere ed

ottenere dal giudice ordinario il risarcimento per equivalente pe cuniario e non in forma specifica (sez. un. 4619/89, id., 1989,

I, 3088). Orbene, tutto ciò conforta la tesi che la trasformazione è ra

dicale — e produce, di conseguenza, la irreversibile destinazio

ne — solo se la finalità è totalmente diversa; nel senso che essa

si concreta nel dare a tutto il suolo occupato una finalità pub blica. Questa volontà, nella realizzazione dell'elettrodotto, manca

perché la pubblica amministrazione si disinteressa del bene (suolo) su cui ha effettuato l'installazione e non si pone che una finali

tà di semplice utilizzazione di parti del suolo ed in relazione

a quel bene non pone problematiche di trasformazione totale,

epperciò radicale. Con la costituzione della servitù si renderà

legittimo quanto si è realizzato senza, per questo, che si sia

attuata la radicale trasformazione del suolo. Conclusivamente, nella specie, la destinazione a giardino pubblico del terreno dei

privati «effettivamente attuata», ha comportato la radicale tra

sformazione del bene in bene pubblico e la sua irreversibile de

stinazione al fine pubblico. A nulla rilevando l'entità degli in

terventi attuati e l'essenza delle opere realizzate per trasformare

il suolo privato. Occupato — nel presupposto della dichiarata

utilità pubblica — nell'ambito di un procedimento espropriati vo iniziato con l'occupazione legittima, ma non concluso da

tempestivo provvedimento di esproprio. E del danno subito dai proprietari, concretatosi nella perdita

del diritto di proprietà, legittimamente è stato disposto il risar

cimento.

Le ragioni della decisione sono state rese sufficientemente espli cite dalla corte territoriale che laddove ha affermato la non ne

cessità dell'irreversibile trasformazione ai fini del verificarsi del

l'effetto acquisitivo, lungi dall'incorrere nella contraddittorietà

denunziata dal ricorrente, ha manifestamente inteso proporre il principio della non necessità della «trasformazione» nel senso

ritenuto dal ricorrente. Non sussiste, in definitiva, alcun vizio

di motivazione. (Omissis)

Il Foro Italiano — 1998.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 29 otto

bre 1997, n. 10697; Pres. Senofonte, Est. Sotgiu, P.M. Mac

carone (conci, conf.); Min. finanze (Aw. dello Stato La Por

ta) c. Soc. Sief (Avv. Bozzi). Conferma App. Torino 5 giu

gno 1995.

Tributi in genere — Imposta erariale di consumo — Indebito

comunitario — Domanda di rimborso — Comunicazione al

l'amministrazione finanziaria — Limiti (L. 29 dicembre 1990 n. 428, disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee, art. 29).

La domanda di rimborso di tributi non dovuti in base alla nor

mativa comunitaria (nella specie, imposta erariale di consu

mo sulle banane) deve essere comunicata all'ufficio delle im

poste dirette solo se riferita a periodi d'imposta successivi al

l'entrata in vigore della l. 29 dicembre 1990 n. 428, che detto

onere prescrive. (1)

(1) Non risultano precedenti editi in termini. La Cassazione aggiunge un'ulteriore tessera al complesso mosaico della

disciplina riguardante il rimborso dei tributi riconosciuti incompatibili con norme comunitarie, introdotta con l'art. 29 1. 29 dicembre 1990 n. 428. Nel caso di specie è stato affrontato il problema della comuni cazione della domanda di rimborso — imposta, a pena di inammissibi lità della stessa, dal 4° comma dell'art. 29 — anche all'ufficio tributa rio che ha ricevuto la dichiarazione dei redditi relativa all'esercizio di

competenza. Il successivo 8° comma stabilisce che la comunicazione della domanda va effettuata «a decorrere dal periodo d'imposta in cor so alla data di entrata in vigore della . . . legge». La Cassazione inter

preta la norma sulla decorrenza dell'onere di comunicazione non in senso puramente temporale — cioè ritenendo che debbano essere comu nicate tutte le domande di rimborso presentate successivamente all'en trata in vigore della legge, a qualunque periodo d'imposta riferite (e perciò anche a periodi anteriori a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge) — ma in senso sostanziale, vale a dire riferendo la comunicazione al periodo d'imposta, per cui solo le domande relati ve a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge e a quelli successivi devono essere comunicate.

I precedenti interventi della Cassazione sulle disposizioni dell'art. 29 1. 428/90, dei cui commi 2° e 7° è stata normalmente ribadita l'effica cia retroattiva, avevano riguardato:

a) la compatibilità della disciplina del rimborso con la normativa co munitaria (affermata da Cass. 28 marzo 1996, n. 2844, Foro it., Rep. 1996, voce Dogana, n. 91; 17 dicembre 1992, n. 13339, id., Rep. 1992, voce Comunità europee, n. 419; 4 novembre 1992, n. 11964, ibid., voce

Dogana, n. 48; 8 agosto 1992, n. 9389, ibid., n. 46; 24 febbraio 1992, n. 2269, id., Rep. 1993, voce cit., n. 75; 29 ottobre 1991, n. 11522, id., Rep. 1991, voce cit., n. 52; 2 luglio 1991, n. 7248, id., Rep. 1992, voce cit., n. 49. In proposito, è il caso di rilevare che recentemente Cass. 25 febbraio 1998, n. 2061, id., Mass., 220, ha affermato la com

patibilità con la normativa comunitaria dell'art. 29 1. 428/90, in quanto certamente rispondente ai principi giurisprudenziali elaborati in materia dalla Corte di giustizia, riportati infra, atteso il criterio di ripartizione dell'onere probatorio — v. sub e — e l'uniformità della disciplina che evita la creazione di uno ius singulare per i rimborsi comunitari, mentre

per i rimborsi extra-comunitari — v. sub d — vige l'art. 19 d.l. 688/82); b) la disapplicazione, perché in contrasto con l'ordinamento comuni

tario, della disposizione del 1° comma, che estende, con effetto retroat

tivo, il termine di decadenza quinquennale, previsto dall'art. 91 d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43, a tutte le domande e le azioni esperibili per il rimborso di quanto pagato in relazione ad operazioni doganali, con

conseguente applicazione del termine ordinario di prescrizione (Cass. 6 novembre 1992, n. 12024, id., Rep. 1992, voce cit., n. 57; 4 novembre

1992, n. 11969, ibid., voce Zuccheri, n. 2; 2 luglio 1991, n. 7248, cit., id.. Rep. 1992, voce Dogana, n. 58; v. anche Cass. 15 gennaio 1992, n. 414, id., 1992, I, 3248, con nota di M. Annecchino, per la quale la norma di cui all'art. 29, 1° comma, 1. 428/90 non può ritenersi re troattiva per quanto attiene al requisito di proponibilità della domanda entro il termine, inteso come decadenziale, di cinque anni);

c) l'irrilevanza dell'adozione da parte dello Stato italiano di altra nor mativa sostitutiva, come previsto dal 6° comma, laddove il contrasto della norma interna con l'ordinamento comunitario sia stato ricono sciuto dalla Corte di giustizia (Cass. 8 luglio 1993, n. 7508, id., Rep. 1993, voce cit., n. 73; 6 novembre 1992, n. 12024, cit.; 29 ottobre 1991, n. 11522, cit., id., Rep. 1991, voce cit., n. 53; 2 luglio 1991, n. 7248, cit., ibid., n. 54);

d) l'area di applicazione della norma in relazione alla precedente di

sposizione dell'art. 19 d.l. 30 settembre 1982 n. 688, convertito, con

modificazioni, nella 1. 27 novembre 1982 n. 873, il quale pone a carico del soggetto che chiede il rimborso la dimostrazione documentale di non aver trasferito, in qualsiasi modo, su altri l'onere economico del tributo assolto (Cass. 16 giugno 1995, n. 6840, id., Rep. 1995, voce

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