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Sezione I civile; sentenza 29 ottobre 1963, n. 2887; Pres. Varallo P., Est. Bianchi d'Espinosa, P.M. Pedote (concl. conf.); Cannone (Avv. Piacenza) c. Ente riforma Puglia e Lucania (Avv. delloStato Cavalli) e LamannaSource: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 1 (1964), pp. 63/64-67/68Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152750 .
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63 PARTE PRIMA 64
zione di regolamentazione, sicche deve aderirsi conforme
mente a quanto deciso dalla sentenza impugnata alla piu forte corrente dottrinale, la quale ritiene l'art. 1127 inno vativo nei confronti dell'art. 12 del decreto del 1934 e ri tiene inibito al proprietario dell'ultimo piano di sopraele yare, quando le condizioni statiche non lo consentano, e di prooedere egli senz'altro alle opere di rafforzamento e di
consolidamento, e deve conseguentemente disattendersi la tesi meno diffusa, fondata su un passo della relazione del
guardasigilli sul terzo libro del cod ice, tesi secondo cui l'onere di accertamento e di operare il consolidamento ed il rafforzamento sarebbe implicito anche nella vigente formulazione della norma. II che & inaccettabile : tutta la formulazione dell'art. 1127 6 contraria a siffatto ricliiamo
implicito. Vi õ sostituzione di regolamentazione e la nuova e antitetica in confronto alla abrogata, onde e inammis sibile la possibility di richiamo parziale implicito. Come si õ visto dal raffronto dianzi fatto, la prima regolamenta zione prevedeva l'esercizio di un diritto subordinate ad un
onere, di guisa che i controinteressati (gli altri condomini) non potevano in alcun caso opporsi all'esercizio del diritto, ma solo controllare l'adempimento concreto dell'onere; la seconda regolamentazione prevede solo limiti al diritto.
Oioõ, il diritto alia sopraelevazione non õ consentito in
ogni caso, sia pure sottoposto ad onere, ma & consentito solo se ristretto entro determinati limiti. Ove questi limiti siano superati, viene meno del tutto il diritto e la sopraele vazione non puõ essere piu. eseguita, salvo, ben s'intende, in ogni caso, l'accordo di tutti i condomini. Quindi, nel caso che le costruzioni statiche del fabbricato non consen tano la nuova sopraelevazione, mentre, sotto il vigore della
legge del 1934, il proprietario dell'ultimo piano aveva solo il dovere di accertare siffatte condizioni ed operare in modo da renderle idonee all'esercizio del suo diritto, attualmente
egli decade del tutto dal diritto di sopraelevare e questa * non õ ammessa ». II che rende chiaro come diverso sia il contenuto dell'opposizione consentita agli altri condomini:
prima essi non potevano che limitare l'opposizione al caso di inadempimento totale o parziale deU'onere e non po tevano vietare la sopraelevazione quando le opere di con solidamento risultassero idonee a consentire il peso della nuova fabbrica ; oggi essi hanno diritto ad opporsi ed a vie tare la sopraelevazione sol che essa contrasti con le condi zioni statiche, indipendentemente da ogni consolidamento e rafforzamento (v. per alcuni cenni sent. n. 4073 del
1956, id., Rep. 1956, voce eit., nn. 115, 116). Data la indicata nuova regolamentazione, 6 evidente
come l'affermare la sussistenza di un richiamo parziale all'antica, richiamo non consentito e vietato dalla totale modifica data alia risoluzione del caso dalla legge succes
siva, appare contrario alle norme ermeneutiche fondamen tali. D'altronde la nuova disciplina, rigorosa, della sopraele vazione, senza dare la possibility al proprietario dell'ultimo piano di compiere da solo e direttamente opere di consoli damento, risponde pienamente alia disciplina generale che il codice del 1942 dä a tutte le innovazioni che tocchino le condizioni statiche e la stability del fabbricato, le quali sono senz'altro vietate e per le quali non õ nemmeno suffi ciente l'adesione della maggioranza qualificata (art. 1120, capov.). II singolo condomino anzitutto non deve dimi nuire od intaccare il godimento della cosa singola degli altri condomini (e sovente l'opera di consolidamento im porta l'invasione. anche temporanea, della cosa singola degli altri condomini) ; in secondo luogo puõ usare la cosa co mune, compiendovi anche qualche modifica idonea al suo
miglior uso (art. 1102), ma non puõ mai recare pregiudizio alia stability e sicurezza del fabbricato (art. 1120). In tale disciplina generale ben si inquadra quella particolare del l'art. 1127.
Vero e che il ricorrente (nel secondo motivo) fa riferi mento ad un contemperamento della suddetta interpreta zione rigorosa sollecitato da taluni autori e commentatori dell'art. 1127 : ma, anche accettandosi siffatto contempera mento, la soluzione di specie non muta. Invero, si e soste nuto che, far roo quanto sopra e ferma 1'impossibility di richiamo alia legge del 1934, potrebbe solo essere consen
tito al proprietario dell'ultimo piano, nell'effettuare la so
praelevazione, compiere qualche lieve modificazione delle
parti comuni, nei limiti di cui all'art. 1102. In linea di prin cipio il detto contemperamento non contrasta con l'inter
pretazione dell'art. 1127. Questo Supremo collegio ha piu volte cliiarito che la disposizione dell'art. 1102 e fondamen tale in ogni tipo di comunione, giacehe il godimento della cosa comune e che le modificazioni consentite dalla. stessa
disposizione sono esclusivamente date dalle opere di miglio ramento ehe, senza alcun pregiudizio alia stability, consi stenza e destinazione della cosa comune e senza pregiudizio dei concorrenti diritti di uso e godimento degli altri con
domini, siano rivolte alla migliore e piü conveniente utiliz zazione della cosa comune (v. da ultimo sent. nn. 879 e 2134 del 1962, Foro it., Rep. 1962, voce Comunione e con
dominio, nn. 77-83). Ne consegue da un lato che la esecu zione di siffatte opere, non riguardando le condizioni sta tiche del fahbricato (nfe le linee architettoniche, nö la quan tity di luce e aria goduta dagli appartamenti sottostanti), rientra nei limiti che l'art. 1127 consente alia possibility di libero esercizio del diritto di sopraelevazione e dall'altio che l'art. 1102, dettato per la comunione in genere, e richia mabile a proposito di sopraelevazione dell'edificio condomi
niale, in quanto non contrasta con l'espressa disposizione dell'art. 1127 (art. 1139) : anzi entrambe servono a chiarire i limiti precisi, entro cui il diritto a sopraelevare del pro prietario dell'ultimo piano o del lastrico solare deve essere contenuto. Ma, come si 6 premesso, tutto ciõ non modifica la soluzione del caso di specie : avendo il giudice del merito, con suo apprezzamento insindacabile e motivato, stabilito in fatto, sulla base degli accertamenti tecnici e della valu tazione critica delle varie consulenze, che la sopraeleva zione in oggetto non era consentita dalle originarie condi zioni statiche del fabbricato e che erano necessarie opere per adattare quelle condizioni al nuovo peso, & chiara la illazione giuridica, che si fuoriesce dal ristretto campo di
applicazione dell'art. 1102 e che cioe non si & in presenza di una semplice modificazione della cosa comune ai soli fini di miglioramento e comoditä di uso, ma di una vera
sopraelevazione contrastante con le condizioni statiche, cioö di una sopraelevazione « non ammessa ».
Il ricorso, quindi, non puõ essere atteso ed il ricorrente deve essere condannato alia perdita del deposito, nulla di
sponendosi in ordine alle spese del presente grado, data la mancata costituzione dei fratelli Blasi.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
I
Sezione I civile ; sentenza 29 ottobre 1963, n. 2887 ; Pres. Varallo P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M. Pedote
(concl. conf.); Cannone (Aw. Piacenza) c. Ente riforma Puglia e Lucania (Aw. dello Stato Cavalli) e Lamanna.
(Oonferma App. Bari 13 luglio 1961)
Agricoltura — Riiornia fondiaria — Controvcrsia sul diritto di asseynazioiip dello stcsso podcre — Intervento dell'ente di rilorma —
Rcgola di
giudizio (Cod. civ., art. 1380 ; cod. proc. civ., art. 105 ; legge 21 ottobre 1950 n. 841, norme per I'espropriazione, bonifica, trasformazione ed assegnazione dei terreni ai contadini, art. 21).
L'ente di riforma fondiaria e legittimato a spiegare intervento principale nel giudizio, in cui si contesta a ehi spettino i diritti di assegnatario su di un podere. (1)
Tale oontestazione e risolta a favore di ehi si b immesso per primo nel possesso del podere.(2)
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65 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 66
II
Sezione II civile ; sentenza 10 luglio 1663, n. 1863 ; Pres.
La Via P., Est. Tamburrino, P. M. Gedda (conol.
conf.) ; Pisegna (Aw. Bucoini) c. Di Cola (Avv. Me
rolli).
(Conferma Trib. Avezzano 5 aprile WGO)
Agricoltura — Assegnatario da eiite di riforina £on
diaria — Contestazioni per il confine del fond» —
Hivendica o regolamento di eonfini — Inammis
sihilitä — Azione per molestie di fatto (Cod. civ., art. 1585).
L'assegnatario di un fondo da ente di riforma fondiaria, che non abbia ancora pagato le rate del prezzo, non pud,
per la pretesa usurpazione di una striseia del terreno,
agire in i ivendica o per regolamento di eonfini, ma, se
dimostri il godimento della porzione eontestata, solo per molestie di fatto. (3)
I
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo.
— Con ci
tazione 20 agosto 1957, Cannone Giuseppe esponeva che,
eon contratto 11 agosto 1955, egli aveva acquistato dalla
sezione di riforma fondiaria di Puglia e Lucania un appez zamento di terreno in agro di Canosa, contraddistinto eon
la quota n. 0120 nel piano di frazionamento poderale del
l'ente. Senonche, per errore intervenuto al momento della
consegna dell'immobile, egli aveva conseguito il possesso di altro podere, contraddistinto col n. 0122, dell'estensione
di circa 50 are inferiore al primo, ed assegnato in conces
sione a tale Lamanna Antonio, il quale ultimo, a sua volta, era stato immesso nel possesso del fondo di maggiore esten
sione. Ciö premesso, il Cannone conveniva il Lamanna
innanzi al Tribunale di Trani, per sentirsi condannare al
rilascio dell'immobile, dandosi atto che esso attore era
pronto a sua volta a rilasciare il podere n. 0122.
II Lamanna oppose di aver conseguito il possesso del
podere in forza di regolare verbale di assegnazione redatto
dalla sezione di riforma. Quest'ultima intervenne volonta
riamente in giudizio, e dedusse che il Cannone, con deli
berazione 10 agosto 1957, era stato dichiarato decaduto
dall'assegnazione ; che, comunque, la domanda da lui spie
gata era improponibile, perche il Cannone, come tutti gl
assegnatari, non era titolare del diritto di proprieta del
fondo a lui attribuito in concessione. (Omissis) Motivi della decisione. — Col primo motivo del suo ri
corso, il Cannone sostiene che la Corte d'appello di Bari
avrebbe violato l'art. 112 cod. proc. civ., nel ritenere che
esso Cannone non avesse legittimazione sostanziale a pro
porre la domanda, in quanto questa era inequivocabil mente formulata come rivendicazione, mentre 1'assegna zione del fondo, ai sensi della legge di riforma fondiaria.
non attribuisce il diritto di proprieta. II ricorrente ammette
che la qualificazione giuridica dcll'azione, da lui data, era
errata ; e riconosce che, in conformitä del resto a quanto ritenuto da questa Corte suprema (sent. 19 giugno 1957, n. 2337, JPoro it., 1957, I, 1167), l'assegnazione delle terre di
riforma fondiaria costituisce uno speciale negozio, per ef
fetto del quale, durante il previsto trentennale stabilito
per Tammortamento del prezzo, l'assegnatario e un sem
plice detentore, e puö vantare solo diritti di carattere per sonale e non reale, ma sostiene che sarebbe stato compito
(1-3) Non constano precedents giurisprudenziali editi.
Conformi, sulla natura del negozio di assegnazione, App.
L'Aquila 31 gennaio 1962, Foro it., Rep. 1962, voce Agricoltura, n. 72 ed App. Firenze 6 luglio 1960, id., 1961, I, 135, con nota di
Carrozza, cui si rinvia per gli aiupi richiami di dottrina e giu
risprudenza. Sulle varie specie d'intervento, v., in questo stesso fascicolo,
retro, 34, Cass. 8 gennaio 1964, n. 22.
Il Foro Italiano — Volume LXXXVII — Parte 1-5.
del giudice correggere l'errata impostazione data in diritto
alla domanda, e valutare il fondamento della domanda medesima alia luce degli esatti principi giuridici.
Ma, in realtä, e proprio questo che lia fatto la sentenza
impugnata, onde la censura non lia fondamento. La corte
d'appello, dopo avere esattamente escluso clie il Cannone
quale assegnatario fosse titolare del diritto di proprieta, ed avere quindi negato clie egli potesse agiro in revindica ai sensi dell'art. 948 cod. civ., riconobbe espressamente che, escluso il diritto di proprieta, «non per questo veniva meno ogni altro diritto del Cannone », sia pure in natura soltanto personale ; e passõ poi ad esaminare se, nella specie, tale diritto sussistesse, e potesse esser fatto valere nei con
fronti del Lamanna. La corte, quindi, non omise affatto di
pronunciare sulla domanda proposta, come sostiene il ri
corrente ; ma esaminõ la domanda medesima, sostituendo
all'errata definizione giuridica clie alia domanda aveva dato l'attore, la qualificazione esatta.
Infondato e del pari il secondo motivo del ricorso, con il
quale si censura la sentenza impugnata per un asserito
vizio di ultrapetizione. Secondo il ricorrente, la corte avrebbe
dovuto limitarsi a decidere sulla domanda proposta contro il Lamanna (rilascio del fondo in contestazione), senza poter prendere in esame un'eccezione sollevata dall'ente di ri forma agraria, in ordine alia carenza di azione del Cannone
per l'asserita intervenuta revoca deU'assegnazione e ciõ
perclie, secondo il ricorrente, l'intervento dell'ente mede
simo aveva il solo carattere di intervento adesivo secon
dario.
La premessa di tale tesi e inesatta. In realtä, una volta ammesso clie 1'assegnatario delle terre di riforma fondiaria
fe titolare di semplici diritti personali, perclie la proprieta
spetta all'ente di riforma e chiaro clie l'ente stesso, se in
terviene in un giudizio (come 1'attuale) in cui si discute
a quale dei due soggetti spettino i diritti dell'assegnatario su un fondo, fa valere il suo diritto di proprieta sul fondo
medesimo, e quindi un diritto relativo all'oggetto dedotto
in giudizio, e, di conseguenza, l'intervento ha carattere e
natura di intervento principale (art. 105, prima parte, cod. proc. civ.), e l'interveniente lia la piu. ampia facoltä
di proporre, in modo autonomo, domande ed eccezioni
contro i soggetti originari del processo. Anche su tali istanze
il giudice e tenuto a provvedere : onde la sentenza impu
gnata 11011 violõ certo l'art. 112, nel prendere in esame,
accogliendola, la tesi dedotta dall'ente interveniente, e
secondo la quale il Cannone non poteva piu far valere i
diritti spettanti all'assegnatario, essendo intervenuta la
revoca deU'assegnazione.
Egualmente infondati sono gli ultimi due motivi del
ricorso, riguardanti la decisione nel merito. La corte d'ap pello ha ritenuto infondata la domanda proposta dal Can none contro il Lamanna, per un duplice ordine di motivi :
a) perclie il Lamanna, nel confli.tto fra due soggetti che vantano uno stesso diritto di godimento nella stessa
cosa, doveva essere preferito, avendo per primo conseguito il godimento del fondo n. 0120, di cui era mezzadro prima dell'espropriazione (ed avendo quindi diritto alia preferenza
nell'assegnazione) ;
6) perche l'assegnazione al Cannone fu, comunquc, revocata dalla sezione di riforma fondiaria.
L'una e l'altra argomentazione (ed ognuna di esse sa rebbe stata sufficiente a giustificare la decisione di rigetto delle domande del Cannone) sono esatte. Indiscutibile 6 ehe il Lamanna e stato immesso nel godimento del fondo
prima del Cannone (il quale, anzi, non vi e mai stato im
messo) ; onde applicabile nella specie e l'art. 1380, 1° comma, una volta ammesso che l'ente di riforma abbia assegnato al Lamanna la quota in contestazione. E tale dato di fatto, accertato dalla corte di merito, non puõ essere riesaminato in sede di legittimitä, come non puõ essere piu ridiscussa la questione (anche essa formante oggetto di accertamento
di fatto), se il Lamanna fosse mezzadro del precedente
proprietario, e quindi, avendo in corso un contratto miglio ratario sul fondo, poteva vantare la preferenza nell'assegna zione, ai sensi dell'art. 21 legge 21 ottobre 1950 n. 841.
Del resto, anche a non voler tener conto di tali consi
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67 PARTE PRIMA 68
derazioni, il rigetto delle domande del Cannone rimaneva
pienamente ginstifioato, per la circostanza the, con deli
berazione 10 ottobre 1957, l'ente di riforma, in applicazione dell'art. 18 legge 12 maggio 1950 n. 230, revocõ l'assegna zione del fondo al Cannone medesimo si che, per effetto di
tale deliberazione, erano venuti a cessare anche quei diritii
personali di godimento, in base ai qual) l'attore aveva
proposto le sue domande. Si tratta, come b chiaro, di un atto
amministrativo, fondato su ragioni di merito (l'ente ha
considerato ehe il Cannone ha coltivato in modo assolu
tamente irrazionale la quota a lui affidata), ehe perciõ il
giudice ordinario non ha facoltä di sindacare. Non essendo
stato tale atto impugnato, la sua efficacia non puõ essere
disconosciuta nell'attuale giudizio ; onde non hanno fon
damento le censure formulate, contro tale punto della
sentenza impugnata, col quarto motivo del ricorso.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
II
La Corte, ecc. — II primo motivo del ricorso attiene al
punto fondamentale della decisione impugnata, relativo
al diniego di azione alcuna contro la Di Cola a favore del
ricorrente. Tale decisione appare del tutto esatta e con
forme a diritto, sia pure con alcune rettificazioni, dal punto di vista ineramente giuridico, della motivazione. Per vero,
per determinare se e quale azione avesse, in via petitoria, il Pisegna per far valere, contro la Di Cola, la pretesa usur
pazione della striscia di terreno confinante, posto che en
trambi i contendenti sono assegnatari dell'Ente riforma
agraria del Pucino, occorre risolvere il punto preliminare della natura deH'assegnazione e della qualifica che essa
attribuisce all'assegnatario in rapporto alia terra assegnata. La questione b stata giä affrontata da questo Supremo col
legio il quale (sent. n. 2337 del 1957, Foro it., 1957, I, 1167) ha ritenuto che l'assegnazione della terra di riforma fon
diaria costituisce un negozio speciaie sui generis, il quale
per l'inerenza di particolari finalitä di interesse pubblico ha una propria ben caratteristica natura giuridica, ma in
cui sono identificabili gli elementi della vendita, per quanto
riguarda la situazione finale e dell'affitto per quanto ri
guarda quella preparatoria o transitoria. Vale a dire che in
definitiva, quando cioe tutte le rate saranno pagate, l'as
segnatario acquisterä la proprietä completa della cosa, come se l'avesse acquistata a rate e si comporterä come il
compratore (sia pure con riserva della proprietä, riserva ormai venuta meno per il pagamento delle quote di ammor
tamento) ; ma fino a che egli non avrä completato il paga mento non avrä sulla cosa che un diritto personale di godi mento che si avvicina a quello dell'affittuario, con la rile vante differenza che la rata periodicamente pagata tende all'effetto di rendere possibile il trasferimento successivo della proprietä, c.ostituendo parte del prezzo di acquisto. II che importa certamente (e su ciõ concorda la sentenza
impugnata) che, nel periodo transitorio antecedente all'in
tegrale pagamento, l'assegnatario non puõ considerarsi
proprietario della terra assegnata e non b legittimato alle azioni a difesa della proprietä, proprietario rimanendo esclusivamente fino al momento finale l'ente assegnatario ;
quindi b del tutto esatta l'illazione che b impossibile par lare nel caso in esame di azioni di revindica della striscia in contestazione o di regolamento dei confini, trattandosi di azioni cui b legittimato il proprietario. Secondo la sen tenza impugnata, l'assegnatario, sempre nel periodo inter
medio, antecedente al momento finale del rapporto, sa rebbe a definirsi possessore : ma questo Supremo col
legio, conformemente alia richiamata giurisprudenza, non
puõ condividere la suddetta affermazione. E ciõ, pre scindendo da altre considerazioni, per una osserva zione di carattere assorbente. Invero e indiscutibile che il possesso b uno stato di fatto che attribuisce al soggetto un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di un diritto reale su cosa altrai : ora, a proposito dell'assegnazione in discorso, si b completamente escluso che l'assegnatario põssa mai qualificarsi proprietario e possa
esercitare sul terreno assegnatogli attivitä e facoltä domi
nicali, onde il titolo per cui egli esercita sul fondo il suo
potere di tatto non e assolutamente un titolo di proprietä. E, poiche si e detto ehe la proprietä rimane nell'ente
assegnatario, taie titolo uon puö ehe essere quello di mera detenzione qualificata, vale a dire un titolo di godimento di un bene altrui, analogamente a quanto avviene per 1'af fitto. onde la richiamabilitä della disciplina giuridica del
1'affitto, quanto almeno alla natura ed alle conseguenze e tutelabilitä di quella. detenzione, disciplina ehe sia com
patible con la finalitä ultima del rapporto ehe e il trasfe rimento della proprietä all'atto del pagamento integrale. Siffatte osservazioni, perõ, non portano alla cassazione della sentenza impugnata, in quanto essa, in contraddizione con le
precedenti affermazioni, ha in definitiva ritenuto applica bili all'assegnatario le disposizioni a favore dell'affittuario sancite nell'art. 1585 cod. civ. e la possibilitä di questi di agire contro i terzi per le molestie di fatto ; il ohe e
esatto, proprio perche l'assegnatario e un detentore qua lificato, cioe ha il godimento di un bene altrui analogamente a quanto accade all'affittuario e la norma in esame non e
incompatibile con la finalitä ultima del rapporto. Ciõ posto il Tribunale di Avezzano ha escluso in linea
di fatto ohe esistessero i presupposti deH'applicabilitä ai caso concreto della norma dell'art. 1585, astrattamente
ricliiamabile, perche mancava nel Pisegna la detenzione e cioe il godimento (impropriamente chiamato dal tribunale
possesso) della striscia contestata, taie godimento non avendo avuto dall'ente proprietario. Avverso questa ultima affermazione si appunta il secondo motivo. Ma esso incide unicamente su un apprezzamento di fatto, idoneamente motivato. (Omissis)
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA Dl CASSAZIONE.
Sezioni unite civili; sentenza 15 ottobre 1963, n. 2767 ; Pres. Torrente P., Est. Del Conte, P. M. Pepe
(concl. conf.) : Aziende municipalizzate tramvie auto filovie di Firenze - A.t.a.f. (Avv. Vannutelli. Baldi
Papini) c. Paoletti (Avv. I.essona).
(CasHa, App. Firenze 23 g'ugno 19'iO)
Municipalizzazione dci puhhlici servizi — Aziende
municipalizzalc — Diprndenti — Controversie
d'impiego — Competenza del tjiiidice ordinario
(Cod. civ., art. 2093). Ferrovie, tramvie e filovie — Dipendcnti — Destitu
zione — Prctesa illej|ittiiiiitn Giudi/.io di ri sareimento dci danni proposto avanti il ijindicr ordinario — Efficaeia di jjiudicato dclla decision»' del Gonsijjlio di Stato sulla destituzione (Cod. civ., art. 2043, 2909 ; r. d. 8 gennaio 1931 n. 148, tratta mento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di con cessione, art. 58).
Le controversie relative al rapporto d'impiego dei dipendenti delle aziende municipalizzate rientrano nella competenza del giudice ordinario. (1)
II giudicato amministrativo di rigetto del ricorso contro il
provvedimento di destituzione di un agente delle ferrovie o tramvie concesse a privati o esercitate da un'azienda
municipalizzata fa stato nel giudizio di risarcimento di danni per illegittimitä della rottura del rapporto, proposto avanti il giudice ordinario, e, pertanto, impedisce di qua
(1) Nello stesso senso, Cass. 21 ottobre 1961, n. 2316, Foro it., 1961, I, 1614, cor esauriente nota di richiami, cui addc App. Brescia 25 luglio 1962, id., Rep. 1962, voce Impiegato dello Stato, n. 762 ; Cass. 27 giugno 1961, n. 1554, id., Rep. 1961, voce Municipalizzazione, n. 24.
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