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Sezione I civile; sentenza 3 aprile 1983, n. 2520; Pres. Santuosuosso, Est. Sensale, P. M. Dettori...

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Sezione I civile; sentenza 3 aprile 1983, n. 2520; Pres. Santuosuosso, Est. Sensale, P. M. Dettori (concl. conf.); Borrelli (Avv. Serrao, Prisco, Procaccini) c. Avitabile (Avv. Ammendola), Fall. Scamarcio (Avv. Della Pietra), Pepillo. Cassa App. Napoli 23 ottobre 1979 Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1983), pp. 1899/1900-1905/1906 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175342 . Accessed: 28/06/2014 15:15 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.72 on Sat, 28 Jun 2014 15:15:33 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 3 aprile 1983, n. 2520; Pres. Santuosuosso, Est. Sensale, P. M. Dettori(concl. conf.); Borrelli (Avv. Serrao, Prisco, Procaccini) c. Avitabile (Avv. Ammendola), Fall.Scamarcio (Avv. Della Pietra), Pepillo. Cassa App. Napoli 23 ottobre 1979Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1983), pp. 1899/1900-1905/1906Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175342 .

Accessed: 28/06/2014 15:15

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1899 PARTE PRIMA 1900

(id., Rep. 1937, voce Effetto cambiario, n. 155); 21 ottobre 1955, n. 3396 (id., 1956, I, 1327); 11 febbraio 1969, n. 478 (id., Rep.

1969, voce Titoli di credito, n. 73), si tratta di una presunzione iuris tantum, entro cui è data la prova contraria. Secondo Cass.

10 agosto 1962, n. 2515 (id., Rep. 1962, voce cit., n. 75); 4 gen

naio 1966, n. 74 (id., Rep. 1966, voce cit., n. 72); 3 maggio 1969, n.

1468 (id., 1969, I, 2219), si tratta di una presunzione semplice. Più

probabilmente è esatta la prima opinione, dal momento che la pre

sunzione è correlata con l'obbligo di restituire il titolo pagato

(cfr. Cass. 14 gennaio 1971, n. 63, id., Rep. 1971, voce Compe tenza civile, n. 166) al debitore. Tuttavia, non occorre prendere

precisa posizione sul punto; infatti, nei riguardi del coobbligato di pari grado la circostanza della restituzione prova la sua libe

razione nei confronti del creditore, ma manca del requisito della

consequenzialità rispetto al fatto che se ne vorrebbe inferire, e

cioè il pagamento ad opera soltanto di quello dei coobbligati che

è in relazione materiale col titolo. Manca quindi uno dei re

quisiti fondamentali della nozione di presunzione, tanto legale che semplice (art. 2727). Invero, sono possibili ipotesi diverse,

contrarie a tale consequenzialità: a) la prima è quella già indi

viduata da Cass. n. 1194 del 1968, e cioè che la materiale ese

cuzione del pagamento sia stata eseguita da chi è rientrato in

possesso del chirografo con somme fornite da tutti i coobbligati.

Anche se tale ipotesi, come si è qui dimostrato, non può con

cretare una presunzione di pagamento da parte di tutti i coob

bligati, tuttavia esiste come possibilità che impedisce la sussi

stenza della supposta contraria presunzione; b) la seconda ipo tesi è quella correlata al pagamento ad opera congiunta di tutti

i coobbligati, che pertanto hanno tutti in egual modo il diritto

di rientrare in possesso del titolo, che tuttavia rientra nella

disponibilità materiale di uno solo di essi, essendo un documento

indivisibile. In tal caso, come nel precedente, tutti i condebitori,

avendo pagato il titolo, si troverebbero — pur in difetto di una

relazione continua con il documento — nella possibilità di di

sporre del documento stesso senza che l'altro soggetto che lo

detiene materialmente abbia il potere di escluderlo (Cass. 13

marzo 1975, n. 960, id., Rep. 1975, voce Possesso, n. 13).

Il detentore ha quindi l'onere di provare il proprio possesso

esclusivo, come effetto del pagamento soltanto da parte sua, non valendo la presunzione di possesso in colui che esercita il

potere di fatto (art. 1141 c. c.) se non nei rapporti con gli altri

soggetti del rapporto cambiario diversi dagli obbligati in pari

grado.

Concludendo, abbandonato il terreno delle presunzioni (che non militano né a favore dell'una né a favore dell'altra parte), mentre colui che agisce in regresso deve provare tutte le condi

zioni dell'azione, compreso il pagamento esclusivo da parte sua,

11 convenuto deve provare i fatti estintivi e cioè il pagamento (totale o per la quota che gli compete). La prima prova, poiché non è diretta contro il creditore, ma costituisce elemento della

fattispecie del regresso, non è soggetta ai limiti posti dall'art.

2726 c. c., contrariamente a quanto sostiene il ricorrente (Cass. 19 settembre 1970, n. 1617, id., 1971, I, 241).

Alla stregua dei suddetti principi, la sentenza impugnata deve

essere confermata perché vi si è sostanzialmente adeguata (nono stante qualche imprecisione di termini, là dove considera « por tatore » delle cambiali il Cirnigliaro che invece non poteva

qualificarsi tale, in quanto non munito di azione cambiaria con

tro il Corritore).

Infatti, la prova del pagamento esclusivo da parte del Cirni

gliaro è stata desunta, oltre che dalla detenzione materiale dei titoli cambiari estinti, da tre altri elementi.

Il primo è la quietanza, e cioè la separata scrittura a firma

del Montevergine, in cui si menzionava soltanto il Cirnigliaro; il secondo è l'ammissione — da parte del Corritore — di non

aver mai versato una qualsiasi somma al Cirnigliaro, per effet

tuare il pagamento in nome e per conto di entrambi; non sus

siste, pertanto, l'ipotesi supra indicata sub a), per ammissione

dello stesso opponente. Il terzo elemento è la mancata prova dell'assunto del Corritore (che egli aveva offerto di provare), e

cioè del versamento diretto di somme al Montevergine, da parte del Corritore. La corte d'appello non solo ha ritenuto non

provato tale assunto, ma lo ha considerato smentito dagli ele menti di prova contrari ad essi, e cioè dall'equivocità della diversa dichiarazione del Montevergine prodotta dal Corritore. È da

notare, infatti, che l'opponente aveva dedotto che i titoli pro dotti dal Cirnigliaro erano stati rinnovati a favore del creditore

Montevergine e che quelli rinnovati erano stati da lui pagati. La corte d'appello — a differenza del tribunale — non si è

occupata del primo assunto, non avendo ritenuto provato il se condo. Infatti, la tesi della rinnovazione in tanto poteva ritenersi

utile per l'opponente, solo in quanto egli avesse dimostrato che

i titoli dati a rinnovo fossero stati da lui pagati. Avverso la suddetta complessa motivazione della corte d'ap

pello il ricorrente non muove una pertinente censura, la quale è limitata a contrastare una pretesa applicazione esclusiva della

presunzione di pagamento derivante dal possesso del titolo, che

invece non costituisce affatto la ratio esclusiva della sentenza

impugnata. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 3 aprile 1983, n. 2520; Pres. Santuosuosso, Est. Sensale, P. M. Det tori (conci, conf.); Borrelli (Aw. Serrao, Prisco, Procaccini) c. Avitabile (Aw. Ammendola), Fall. Scamarcio (Aw. Della

Pietra), Pepillo. Cassa App. Napoli 23 ottobre 1979.

Contratto in genere — Contratti collegati — Compravendita e mandato liquidatorio al venditore per l'ipotesi di inadempimen to dell'acquirente — Risoluzione per inadempimento della

compravendita — Condizioni.

Nel caso in cui venga stipulato, fra le medesime parti che han no precedentemente concluso più contratti di compravendita con prezzo rateizzato, un mandato liquidatorio a favore del venditore da eseguire nell'ipotesi di inadempimento del com

pratore, vi è collegamento funzionale fra i contratti con la subordinazione dei primi al secondo (nel senso che la stipu lazione di questo influisce sulle modalità di esecuzione di

quelli), onde va respinta la domanda di risoluzione per ina

dempimento del compratore al pagamento di alcune rate del

prezzo, se il venditore-mandatario non dimostri di avere in

fruttuosamente dato esecuzione al mandato. (1)

(1) Non constano precedenti in termini. La sentenza che si riporta, nel risolvere la controversia ricorrendo

alla figura del collegamento funzionale fra negozi, si distingue da altre recenti in quanto considera un caso in cui il collegamento non opera nel senso di un reciproco condizionamento, bensì nel senso della subordinazione di un negozio rispetto all'altro, il cui impiego influisce sulle modalità di esecuzione del primo pur senza modificarne il contenuto. Ammettono esplicitamente questo nesso unilaterale di subordinazione Cass. 6 luglio 1978, n. 3360, Foro it., Rep. 1978, voce Contratto in genere, n. 179; Trib. Napoli 20 luglio 1974, id., Rep. 1976, voce cit., n. 63. Nello stesso senso, in dottrina, Schizzerotto, Il collegamento negoziale, Napoli, 1983, 163 ss., il quale, proceden do ad una sistemazione classificatoria del complesso fenomeno del col legamento, ritiene di accorpare le diverse ipotesi in cui un negozio risulti subordinato all'altro nella definizione di « collegamento uni laterale ».

Sulla nozione di collegamento funzionale fra contratti, ricostruita in base alla contemporanea presenza dell'elemento teleologico (fun zione economica unitaria) posto dalla volontà dei contraenti e del concorso di negozi (individuati dalle distinte ed autonome cause dei singoli schemi negoziali), v., tra le più recenti, Cass. 2 luglio 1981, n. 4291, Foro it., 1982, I, 467 (con ampia nota di richiami di giuris prudenza e dottrina), ove, tra l'altro, si specifica, a conferma dell'orien tamento ormai costante sul punto, che, accertata la natura funzionale del collegamento, le vicende di un contratto si ripercuotono sull'altro, condizionandone validità ed efficacia. In questo senso cfr. anche Cass. 21 ottobre 1981, nn. 5503, 5510, 5515, 5516, 5517 e 5520, id., Rep. 1981, voce Contratto in genere, nn. 78-83; 5 agosto 1982, n. 4401, id., Rep. 1982, voce cit., nn. 69, 297.

L'opinione contraria è rara ed ormai lontana: v., ad es., Cass. 29 luglio 1958, n. 2727, id., Rep. 1958, voce Obbligazioni e contratti, n. 66.

In dottrina v. ancora Schizzerotto, op. cit., 195, secondo il quale è da escludere « l'automaticità della ripercussione della vicenda di un negozio sull'altro in forza del collegamento », in virtù della co munque affermata autonomia dei negozi (ma il contratto collegato ad altro nullo, rescisso o risolto risulterebbe inutile). In particolare, poi, l'a. nega (pag. 204) l'ammissibilità dell'eccezione d'inadempimento nell'ipotesi di contratti collegati, operando questa nel solo ambito del singolo contratto a prestazioni corrispettive (nondimeno ammette che « chi è parte del singolo negozio ... può rifiutare l'adempimento ... invocando... la sopravvenuta inutilità del negozio di cui vien chie sto l'adempimento per effetto dell'inadempimento del negozio colle gato »). Diverso, sul punto, è l'avviso della giurisprudenza prevalente, per la quale v. Cass. 11 marzo 1981, n. 1389, Foro it., Rep. 1981, voce Contratto in genere, n. 321; 19 aprile 1979, n. 2204, id., Rep. 1979, voce cit., n. 350; Trib. Genova 28 dicembre 1970, id., Rep. 1972, voce cit., n. 396; Cass. 21 giugno 1955, n. 1912, id., Rep. 1955, voce Obbligazioni e contratti, n. 69.

La citata Cass. 4291/81 conferma, tra l'altro, il diffuso orientamento secondo cui l'accertamento della funzione economica unitaria perse guita dalle parti attraverso la stipula di più contratti è indagine di fatto, in quanto tale spettante al giudice di merito ed incensurabile in Cassazione; il punto è discusso criticamente da A. Lener in nota a Cass. 28 marzo 1977, n. 1205, id., 1977, I, 1088.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con atto del 3 febbraio 1972 Mario Borrelli esponeva di avere venduto ai coniugi Nicola Soamarcio e Adelina Pepillo alcuni cespiti immobiliari di nuova costruzione ubicati in Scafati, e precisamente allo Scamarcio gli immobili descritti negli atti per notar De Liegro del 2 novembre 1970 (prezzo: lire 37.700.000), per notar Bianchi del 7 dicembre

1970 (prezzo lire 26.070.000), per notar De Liegro del 27 feb

braio 1971 (prezzo: lire 12.700.000); e alla Pepillo gli immobili

descritti negli atti per notar Bianchi del 1° maggio 1970 (prezzo: lire 15.700.000) e per notar De Liegro del 2 dicembre 1970 (prez zo: lire 23.800.000). Il Borrelli aggiungeva che gli acquirenti si erano resi inadempienti, mandando insoluti effetti cambiari per lire 2.100.000 scaduti il 1° gennaio 1972, e inoltre avevano offerto

in garanzia tutti i suddetti immobili a Ciro Fellaco per un cre

dito di lire 75.000.000 vantato da costui in base a cambiali ipo tecarie.

Ciò premesso, il Borrelli conveniva dinanzi al Tribunale di

Napoli gli acquirenti Scamarcio e Pepillo per sentir dichiarare

la risoluzione dei contratti di compravendita sopra indicati e

condannare in suo favore i convenuti al risarcimento dei danni, ad esso imputandosi gli acconti di prezzo versati.

I convenuti impugnavano la domanda, chiedendone il rigetto. L'adito tribunale accoglieva la domanda di risoluzione e ri

gettava quella di risarcimento.

Contro tale sentenza proponeva appello il curatore del falli

mento di Nicola Scamarcio (nel frattempo dichiarato dal tribunale

di Salerno in data 23 dicembre 1972), deducendo: a) che i beni

acquistati da Adelina Pepillo, coniuge del fallito, dovevano con

siderarsi acquisiti alla massa ai sensi dell'art. 70 1. fall.; b) che

il Borrelli non aveva specificato gli acconti ricevuti dagli acqui renti, ammontanti a lire 41.200.000, oltre alle somme risultanti

'dagli atti di vendita pari a lire 1.983.841, né le rate di mutuo

pagate agli stessi nella misura di lire 8.865.000; c) che il mutuo

ipotecario con il Fellaco era stato voluto dal Borrelli affinché i

coniugi Scamarcio avessero potuto ottenere dallo stesso Borrelli

(del quale il Fellaco era prestanome) lire 45.000.000; d) che in

fase di maturazione delle ulteriori scadenze ideile cambiali

emesse dai coniugi Soamarcio vi era stata una novazione del

rapporto, in quanto con rogito De Liegro del 2 dicembre 1971

era stato conferito al Borrelli un mandato irrevocabile con i più

ampi poteri di rappresentanza a vendere tutti gli immobili dei

coniugi Scamarcio siti in Scafati, e con scrittura in pari data si

era precisato che il mandato doveva intendersi conferito a scopo di garanzia, ma che se i suddetti coniugi non avessero soddisfatto

le proprie obbligazioni o cambiali all'ordine del Borrelli o con

girata a quest'ultimo, a partire dal gennaio 1972, il mandato

avrebbe spiegato tutta la sua efficacia e le somme incassate si

sarebbero compensate con i crediti presenti e futuri del Borrelli; e qualche giorno dopo, il 6 dicembre 1971, era stato stipulato

l'apparente mutuo ipotecario col Fellaco, persona interposta dal

Borrelli; e) che dal gennaio del 1972 i coniugi Scamarcio non

erano più stati in condizione di onorare le cambiali precedente mente emesse, si che doveva spiegare effetto il mandato liqui datorio conferito al Borrelli e, non avendolo costui eseguito, era

a lui opponibile l'exceptio inadimpleti. L'appellante concludeva,

quindi, per il rigetto della domanda, dandosi atto dell'acquisi zione al fallimento dei beni acquistati dalla Pepillo.

L'appellato chiedeva il rigetto dell'appello e, in via incidentale, la condanna dei coniugi Scam; rcio al risarcimento del danno.

Interveniva in giudizio d'appello Salvatore Avitabile dedu

cendo che sull'immobile acquistato dalla Pepillo con l'atto del 1°

maggio 1970 era stata consentita una iscrizione ipotecaria a

garanzia di cambiali dell'importo di lire 12.539.996, emesse al

l'ordine di Alfonso Gaudiosi e da questo girate all'Avitabile e

rimaste insolute, sf che la risoluzione pronunciata in primo

grado pregiudicava i diritti di esso interveniente, e che, inoltre, la sentenza era frutto di dolo e collusione delle parti ai suoi

danni.

Con ordinanza collegiale veniva, poi, disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti di Adelina Pepillo, che si co

stituiva aderendo ai motivi di gravame.

A tale riguardo l'appellato deduceva la violazione dell'art. 331

c. p. c., sostenendo che l'integrazione del contraddittorio non era

avvenuta nel termine fissato dall'ordinanza collegiale.

Con la sentenza impugnata in questa sede la Corte d'appello di Napoli ha disatteso tale deduzione, osservando che la corte

non aveva fissato alcun termine per tale adempimento, essendosi

limitata a rimettere le parti davanti all'istruttore perché dispo nesse l'integrazione del contraddittorio nei confronti della Pe

pillo, e delegare quindi l'istruttore allo specifico adempimento,

riservandogli ogni attività necessaria alla disposta integrazione;

si che l'eccezione dell'appellato era priva di fondamento, poiché la Pepillo era stata citata nel termine fissato dall'istruttore.

La corte napoletana ha, poi, dichiarato inammissibili l'inter vento dell'Avitabile e l'appello del curatore riflettente il rapporto Borrelli-Pepillo, precisando che l'adesione al gravame da parte della Pepillo non poteva valere come impugnazione, in quanto avvenuta quando il relativo termine era decorso. Ha, invece, ac

colto l'appello per la parte riguardante il rapporto Borrelli-Sca

marcio, rigettando la domanda proposta dal primo verso il se

condo. Dopo avere precisato che l'inadempimento posto dal

tribunale a fondamento della sua decisione era il mancato paga mento di cambiali dell'importo di lire 2.100.000 e di altri titoli

scaduti nel corso del giudizio (e non anche l'altro, dedotto in

citazione, riflettente il consenso prestato alla iscrizione di gra vose ipoteche sugli immobili acquistati, a favore del Fellaco), la

corte ha osservato che il mandato liquidatorio conferito al Bor

relli dai coniugi Scamarcio-Pepillo era collegato al contratto di

vendita, modificandone termini e modalità di pagamento; che il

Borrelli non aveva dedotto né chiesto di provare di essersi ado

perato con la necessaria diligenza per eseguire il mandato (e la

sua colpa doveva presumersi vertendosi in materia contrattuale), si che non solo era da escludere un inadempimento colposo dei

coniugi Scamarcio-Pepillo (posto che il mancato pagamento del

prezzo doveva ritenersi conseguenza dell'inadempimento dell'ob

bligazione assunta dal Borrelli), ma era anche da ritenersi vali

damente opposta l'exceptio inadimpletì, poiché l'obbligazione

inadempiuta del Borrelli era sicuramente collegata con i negozi

precedentemente conclusi tra le parti. La corte d'appello ha quindi giudicato superfluo l'esame del

rapporto Fellaco-Pepillo, anche perché su di esso era mancata

qualsiasi statuizione da parte del primo giudice, ed ha, infine,

rigettato l'appello incidentale del Borrelli concernente il risarci

mento dei danni, condannando il Borrelli alle spese del doppio

grado e compensando, peraltro, le medesime nei rapporti dell'in

terventore Avitabile e della Pepillo. Contro tale sentenza il Borrelli ha proposto ricorso per cassa

zione, svolgendo otto motivi illustrati con memoria. Hanno re

sistito con controricorso il curatore del fallimento Scamarcio e

l'Avitabile, il primo dei quali ha preliminarmente eccepito l'inam

missibilità del ricorso per la mancata trascrizione, nella copia

notificata, della procura speciale al difensore.

Motivi della decisione. — (Omissis). Con i motivi dal secondo

al sesto (dei quali si ravvisa la necessità di un esame congiunto al fine della esatta ricostruzione dei rapporti intercorsi tra lo

Scamarcio ed il Borrelli) il ricorrente denuncia: a) la violazione

e falsa applicazione dell'art. 1230 c. c. ed il vizio di contrad

dittorietà della motivazione, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui prima ha escluso la novazione e poi, ravvi

sando erroneamente un collegamento tra il mandato liquidatorio conferito al Borrelli ed i precedenti contratti di compravendita con la conseguente modificazione dei termini di scadenza delle

obbligazioni assunte per il pagamento del prezzo, ha sostanzial

mente attribuito alla convenzione del 2 dicembre 1972 l'efficacia

novativa che aveva in precedenza negato, senza considerare,

inoltre, l'ulteriore motivo di inadempimento dedotto dal Bor

relli e costituito dalla costituzione sugli immobili acquistati dallo

Scamarcio di gravose ipoteche a favore di Ciro Fellaco (secondo

motivo); b) la violazione dell'art. 1460 c. c. e dell'art. 112 c.p.c.,

per avere la corte d'appello ritenuto fondata l'exceptio inadim

pletì, nonostante l'adempimento del Borrelli agli obblighi del

venditore e l'assenza di simultaneità e di corrispettività tra le

prestazioni oggetto, rispettivamente, del mandato e delle com

pravendite; e per avere inoltre affermato l'inadempimento del

Borrelli incorrendo nel vizio di ultrapetizione, poiché il cura

tore appellante non aveva chiesto la dichiarazione di un ina

dempimento delle obbligazioni nascenti dal mandato, né avrebbe

potuto chiederlo, non essendo stato fissato un termine finale,

ma soltanto un termine iniziale di efficacia, coincidente con il

mancato pagamento delle cambiali scadenti nel gennaio 1972

(terzo motivo); c) la violazione e falsa applicazione degli art.

1362 ss. c.c. ed il vizio di illogicità della motivazione, censu

rando la sentenza impugnata per avere erroneamente interpre tato l'atto del 2 dicembre 1971 collegandolo alle precedenti com

pravendite, laddove la procura contenuta in quell'atto era stata

conferita a scopo di garanzia delle obbligazioni assunte dal

Borrelli verso terzi per fideiussioni prestate e interventi compiuti nell'interesse dello Scamarcio (quarto motivo); d) la violazione

degli art. 1183, 1218 e 1710 c.c. ed il vizio di omessa motiva

zione, per avere la corte del merito erroneamente ravvisato un

inadempimento del Borrelli alle disposizioni nascenti dal man

dato, benché questo non contenesse alcun termine di adempi

mento, fosse a titolo gratuito (per cui la responsabilità per colpa

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1903 PARTE PRIMA 1904

doveva essere valutata con minor rigore) e, inoltre, le successive

iscrizioni ipotecarie e l'istanza di fallimento ne avessero reso

impossibile l'esecuzione (quinto motivo); e) l'omesso esame del

negozio di garanzia ipotecaria a favore di Ciro Fellaco, che il

Borrelli aveva dedotto come ulteriore inadempimento dello Sca

marcio e che il tribunale non aveva esaminato per la ragione assorbente del ritenuto inadempimento dipendente dal mancato

pagamento di alcune rate di prezzo, senza che il Borrelli, total

mente vittorioso, potesse dolersene, avendone il tribunale accolto

la domanda di risoluzione (sesto motivo). Le censure proposte con i suddetti motivi sono tutte infondate.

Essendo stata proposta dal Borrelli una domanda di risoluzione

dei contratti di compravendita sia sotto il profilo del mancato

pagamento, da parte dell'acquirente, di cambiali dell'importo di

lire 2.100.000 e di altri titoli scaduti nel corso del giudizio (tutti costituenti rate del prezzo), sia sotto il profilo del consenso pre stato dal compratore alla iscrizione, sui beni acquistati, di gra vose ipoteche a favore di Ciro Fellaco, la corte d'appello ha

ritenuto di non doversi occupare di questo secondo dedotto ina

dempimento anche perché sul punto era mancata qualsiasi sta

tuizione del tribunale; ed ha giudicato non sussistere l'inadempi mento dello Scamarcio per il mancato pagamento delle rate di

prezzo in conseguenza della procura da lui conferita al Borrelli, avente ad oggetto la vendita a terzi degli stessi beni da lui acqui stati dal Borrelli, in modo che questi potesse soddisfarsi sul ri

cavato, aggiungendo che, anzi, inadempiente nella esecuzione

del mandato ricevuto era il Borrelli, cui pertanto era stata vali

damente opposta la exceptio inadimpleti.

Occorre sgombrare subito il campo da due specifiche censure

formulate al riguardo dal ricorrente e relative ai vizi nei quali sarebbe incorsa la corte d'appello nel non fare oggetto di esame

il secondo profilo d'inadempimento e nell'avere ritenuto l'ina

dempimento del Borrelli, quale mandatario, e la valida proposi

zione, da parte del curatore del fallimento dello Scamarcio, del

l'exceptio inadimpleti. Quanto alla prima, basta osservare che, se il Borrelli, vittorioso

in primo grado, non era tenuto ad impugnare la decisione del

tribunale che aveva accolto la domanda sul presupposto del

primo dei denunziati inadempimenti e non aveva statuito sul

secondo, egli, tuttavia, di fronte all'appello proposto dal cura

tore del fallimento aveva l'onere di riproporre, ai sensi dell'art.

346 c. p. c., la questione non esaminata dal primo giudice, che

in tesi avrebbe potuto sorreggere la decisione anche se l'appello della controparte fosse stato accolto. Non avendo fatto ciò e

circoscrivendo, anzi, il dibattito processuale alle questioni esa

minate dal tribunale, ha implicitamente rinunziato a far valere

ulteriormente altri inadempimenti e bene il giudice d'appello ha

sostanzialmente ritenuto preclusa la questione.

Quanto alla seconda censura, essa non appare sostenibile come

denunzia di ultrapetizione, poiché la exceptio inadimpleti era

stata opposta dal curatore del fallimento, il quale non si era

limitato a negare l'inadempimento dello Scamarcio; e, anche se

dovesse ritenersi fondata sotto il profilo sostanziale della man

canza di corrispettività e contemporaneità fra l'obbligazione del

Borrelli, quale mandatario, e quella dello Scamarcio, quale com

pratore, non avrebbe concreto rilievo, poiché è sufficiente a

sorreggere la decisione, con la quale si è negato il diritto del Borrelli alla risoluzione dei contratti di compravendita, la nega zione dell'inadempimento dello Scamarcio.

Sulla esistenza, o meno, di tale inadempimento va, dunque, in centrata l'indagine.

La corte d'appello ha preso in esame la procura notarile con ferita il 2 dicembre 1971, con la quale lo Scamarcio autorizzava il Borrelli, anche nell'interesse di lui, a vendere gli immobili di

sua proprietà, e la coeva scrittura privata, con la quale il Borrelli, con riferimento a quell'atto, dichiarava che la procura gli era

stata conferita a scopo di garanzia di tutte le obbligazioni per effetto delle quali egli si era obbligato direttamente o di regresso nei confronti di terzi per i coniugi Scamarcio e Pepillo, ma che,

qualora costoro non avessero soddisfatto le proprie obbligazioni

per le quali egli risultava impegnato o non avessero soddisfatto le cambiali all'ordine di esso Borrelli o con girata di quest'ultimo, nel mese di gennaio 1972 la procura avrebbe spiegato tutta la sua efficacia ed i prezzi da incassare avrebbero compensato tutte le

ragioni del Borrelli. Ed ha ritenuto che, pure se tale convenzione non poteva qualificarsi novazione in senso tecnico, poiché non

aveva operato una sostanziale modifica dell'oggetto e del titolo della precedente obbligazione assunta dagli acquirenti Scamarcio

Pepillo, era tuttavia chiaro che trattavasi di un negozio collegato al precedente, del quale modificava i termini e le modalità di

pagamento, con la conseguenza che lo Scamarcio non poteva essere ritenuto inadempiente nel pagamento del prezzo della

compravendita, poiché l'adempimento di tale obbligazione sa

rebbe dovuto avvenire, con le diverse modalità successivamente

convenute, mediante il meccanismo della vendita degli immobili

da parte del Borrelli e del suo diritto a soddisfarsi sul ricavato.

Il ragionamento seguito dalla corte d'appello non merita le

censure formulate dal ricorrente.

Deve, innanzitutto, rilevarsi che non sussiste il denunziato

vizio di contraddittorietà fra l'esclusione della figura della nova

zione e il risultato cui la stessa corte è pervenuta ravvisando un

collegamento negoziale tra i contratti di compravendita e la

successiva convenzione.

Il collegamento negoziale volontario è riconducibile alla mera

volontà delle parti nella sovrana esplicazione dell'autonomia pri vata e va riguardato sotto il profilo del legame causale di più

negozi, volto al conseguimento di un risultato che trascende la

funzione dei singoli negozi. Esso può essere realizzato ed ope

rare, oltre che nel momento genetico delle fattispecie che la

volontà delle parti abbia collegato fra loro, anche soltanto nel

momento funzionale, com'è nel caso concreto.

Sia che il collegamento si realizzi mediante un concorso di

negozi (cioè mediante una relazione di sintesi e contemporaneità ideale tra due o più negozi, che cooperano al medesimo risultato

economico-sociale), sia che i diversi negozi si pongano in rela

zione di continuità e di sequenza (nel senso che essi siano in

ordine di successione temporale l'uno rispetto all'altro, per per venire ad un complesso risultato economico-sociale), è vero che

ciascuno dei negozi concorrenti o in legame di sequenza produce

gli effetti giuridici conformi alla sua destinazione, ma è anche

certo che gli stessi, nella loro sintesi o nella loro sequenza, sono

produttivi di effetti giuridici ulteriori che non coincidono con

quelli dei negozi singolarmente considerati, costituendo ciascuno

uno strumento d'integrazione della funzione economico-sociale che qualifica gli altri negozi.

La destinazione unitaria dei negozi collegati ad un assetto

d'interessi che non si potrebbe ottenere utilizzando l'uno o l'altro

negozio soltanto, in vista del quale il collegamento è voluto in modo vincolante per le parti, fa sì che il rapporto giuridico che ne viene costituito ha nel collegamento dei negozi la sua fonte

genetica, per cui di regola l'uno non è indifferente all'altro, ma

può anche avvenire, secondo il concreto atteggiarsi della volontà

delle parti ed in relazione al tipo di risultato che esse intendono

realizzare, che il collegamento negoziale non implichi un condi

zionamento reciproco e che uno soltanto dei negozi risulti su

bordinato all'altro, ricevendone l'ampliamento o la riduzione del

suo contenuto ovvero la modificazione dei suoi elementi costi

tutivi o delle sue modalità di esecuzione.

Che nel caso i contratti di compravendita non fossero indiffe

renti alla successiva convenzione e che fossero subordinati nei

loro effetti all'esecuzione di detta convenzione, ben s'inquadra nella figura del collegamento negoziale volontario, e l'accerta

mento della sua natura ed entità e delle sue modalità e conse

guenze rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui

apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità se, come

nel caso concreto, è sorretto da motivazione immune da vizi

logici e giuridici. Né in contrario può invocarsi la decisione di

questa corte n. 1270 del 1969 (Foro it., Rep. 1969, voce Obbliga zioni e contratti, n. 87), secondo la quale la sentenza di merito

che afferma il carattere soltanto occasionale del collegamento tra due distinti contratti intercorsi tra le stesse parti e poi di

chiari la risoluzione di uno di essi per violazione di un obbligo nascente dall'altro incorre in un vizio logico di motivazione che

infirma la ragione stessa del decidere. A parte il rilievo che la

sentenza impugnata ha configurato il collegamento come voluto

dalle parti in quanto necessario all'assetto d'interessi che esse

intendevano darsi, la sentenza stessa, nel caso, ha considerato

vigenti entrambi i negozi, sia pure ai fini del risultato che, me

diante il collegamento, le parti si ripromettevano di realizzare.

L'apprezzamento di merito contenuto nella sentenza impugnata

regge alle ulteriori critiche mosse dal Borrelli, poiché dallo

stesso contesto dell'atto in data 2 dicembre 1971 e della coeva

scrittura si traggono elementi: per ritenere la duplice funzione

attribuita alla procura, di mera garanzia fino al gennaio 1972 e

di vero e proprio mandato liquidatorio a partire da tale data, ove Io Seamarcio fosse risultato ancora debitore nei confronti del

Borrelli, tra l'altro, per le cambiali emesse a suo ordine o con

sua girata; per ritenere esteso l'ambito della convenzione in modo da comprendere, oltre gli altri crediti del Borrelli, quelli deri vanti dai contratti di compravendita ed aventi ad oggetto il prez zo non ancora pagato (e, quindi, per affermare il collegamento); per individuare lo scopo perseguito dalle parti ed in particolare l'interesse del Borrelli a regolare, con l'unica convenzione, tutti i rapporti pendenti con lo Scamarcio, prima che questi fosse di

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Page 5: Sezione I civile; sentenza 3 aprile 1983, n. 2520; Pres. Santuosuosso, Est. Sensale, P. M. Dettori (concl. conf.); Borrelli (Avv. Serrao, Prisco, Procaccini) c. Avitabile (Avv. Ammendola),

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

chiarato fallito, e ad assicurarsi, attraverso la liquidazione dei

beni del debitore, il soddisfacimento dei suoi crediti.

Dal regolamento dei reciproci interessi voluto dalle parti at

traverso il collegamento negoziale, esattamente la corte d'appello ha fatto discendere la conseguenza che lo Scamarcio non potesse ritenersi inadempiente fino a quando il Borrelli non avesse in

fruttuosamente dato esecuzione al mandato liquidatorio, e che

fosse precluso a quest'ultimo di chiedere la risoluzione dei con

tratti di compravendita, avendo consentito, ferma l'efficacia di tali contratti, di realizzare i suoi crediti con le modalità e i

termini stabiliti nella convenzione del 2 dicembre 1971.

Né la sentenza impugnata può essere censurata nella parte in cui ha disatteso l'assunto del Borrelli di non avere potuto, senza

sua colpa, liquidare i beni dello Scamarcio a causa della difficile situazione patrimoniale in cui questi versava e delle ipoteche che gravavano sui beni. La corte d'appello ha esattamente af

fermato che, vertendosi in materia contrattuale, la colpa del mandatario per la mancata liquidazione dei beni era oggetto di

presunzione che questi avrebbe dovuto vincere, ed ha osservato che il Borrelli non aveva neppure dedotto e chiesto di provare di

essersi adoperato con la diligenza richiesta dalla legge nell'esecu zione del mandato.

Ne consegue che i primi sei motivi del ricorso devono essere

rigettati. (Omissis) In relazione al motivo accolto la sentenza impugnata va cas

sata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 30 marzo

1983, n. 2299; Pres. Mazzacane, Est. Falcone, P. M. Minetti

(conci, conf.); Soc. Esso it. (Avv. Zanchini) c. Min. finanze.

Conferma App. Bari 21 novembre 1979.

lurucaruun — impusia ai iaDoncazione — Lutazione — NUOVO

saggio di interesse — Disciplina intertemporale (Cost., art.

73, 77; 1. 14 agosto 1974 n. 346, conversione in legge, con

modificazioni, del d. I. 6 luglio 1974 n. 251, concernente mo dificazioni al regime fiscale di alcuni prodotti petroliferi e

imposizione di un prelievo tributario una tantum sui veicoli a motore, autoscafi ed aeromobili, art. 3 quater).

Il nuovo e maggiore saggio d'interesse stabilito per il pagamento dilazionato dell'imposta di fabbricazione sui prodotti petroli feri dall'art. 3 quater l. 14 agosto 1974 n. 346 di conversione del d.l. 6 luglio 1974 n. 251, è applicabile ai versamenti effettuati a partire dal giorno della pubblicazione della legge di conver sione. (1)

(1) La corte conferma la propria posizione già espressa con sent. 16 giugno 1980, n. 6448, Foro it., Rep. 1981, voce Idrocarburi, n. 43 (annotata criticamente da Tabet, Sull'entrata in vigore degli emen damenti aggiuntivi al d.l. in conversione, in Dir. e pratica trib., 1981, l'I, 482). la quale interpretava la norma in questione nel senso che il nuovo livello di interesse, da applicare con il sistema della c.d. ca pitalizzazione semplice (cioè con pura proporzionalità dell'interesse, nella misura stabilita, al capitale e alla durata della dilazione), si riferisce a tutti i versamenti effettuati dal giorno della pubblicazione della legge di conversione (a prescindere dal periodo di dilazione cui si riferiscono). Fra i giudici di merito si segnala, in senso contrario all'orientamento della corte di legittimità, App. Torino 25 gennaio 1980, Foro it.. Rep. 1980, voce cit., n. 41 (con nota adesiva di Ma rongiu, In tema di emendamenti innovativi e di pagamenti dilazionati dell'imposta di fabbricazione, in Dir. e pratica trib., 1980, II, 222); tuttavia, le decisioni del Tribunale e della Corte d'appello di Bari, intervenute nel corso del giudizio conclusosi con l'odierna pronuncia, entrambe nello stesso senso di quest'ultima, nonché la decisione della Corte d'appello di Trieste confermata da Cass. 6448/80, cit., lasciano presumere che il panorama giurisprudenziale di merito sia, in materia, tutt'altro che uniforme.

In dottrina sembra prevalere la tesi opposta a quella sostenuta dalla Cassazione: cfr. infatti Marongiu, cit., a cui dire « il riferimen to, nella disposizione in questione, alla data di entrata in vigore della legge di conversione, nel suo complesso è obiettivamente ambiguo e non può essere interpretato come sicura ed unica manifestazione di volontà del legislatore di sottrarre alla normale vacatio l'intera legge di conversione (contenente numerosi e sostanziali emendamenti) e

quindi anche l'emendamento aggiuntivo in esame »; Salvatori, Brevi note in materia di decreti legge, in Banca, borsa, ecc., 1975, 398 ss., spec. 421, il quale, in merito alla disposizione qui considerata, rileva come nonostante un emendamento possa affermare che la norma in esso contenuta opera dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, non esiste un principio generale che attribuisce alle leggi di conversione una vacatio diversa da quella prevista nell'art. 73 Cost.

Svolgimento del processo. — Con d.l. 6 luglio 1974 n. 251 fu

rono disposte, fra l'altro, modificazioni al regime fiscale di al

cuni prodotti petroliferi e, in particolare, a quello dell'imposta di fabbricazione. In sede di conversione di detto decreto, la 1. 4

agosto 1974 n. 346 introduceva l'art. 3 quater, che (sostituendo l'art. 2 1. 28 marzo 1968 n. 393, sostituito dall'art. 5 bis 1. 15

novembre 1973 n. 733) modificava la disciplina del pagamento differito dell'imposta di fabbricazione sui prodotti petroliferi ele

vando il saggio d'interesse dovuto per il periodo di maggiore di

lazione oltre il trentesimo giorno e disponendo che tale saggio d'interessi sarebbe stato stabilito semestralmente con decreto del

ministro delle finanze in misura pari al tasso medio posticipato d'interesse dei buoni ordinari del tesoro con scadenza a tre mesi

per investimenti liberi comunicato dalla Banca d'Italia.

Con atto di citazione notificato in data 4 giugno 1975, la soc.

Esso conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Bari, il mi

nistero delle finanze per sentirlo condannare alla restituzione

delle maggiori somme pretese e riscosse in conseguenza della

applicazione del maggior saggio d'interesse, sostenendo: che

l'amministrazione non aveva tenuto conto che la 1. 14 agosto 1974 n. 346 era entrata in vigore, dopo il termine di vacatio, il

r settembre 1974, e che pertanto gli interessi nella maggiore misura stabilita dalla nuova legge (15,32 rispetto al 7 %) erano

stati indebitamente applicati sulle bollette doganali scadenti fra

il 17 agosto (giorno di pubblicazione della 1. 14 agosto 1974 sulla

Gazzetta ufficiale) ed il 1° settembre; che l'amministrazione ave

va preteso il maggior saggio d'interesse sull'intero periodo di di

lazione, sia posteriore che anteriore all'entrata in vigore della

1. del 1974, applicando quindi retroattivamente la legge, mentre

il nuovo saggio non poteva riguardare il periodo di dilazione an

teriore al 1° settembre e, comunque, quello anteriore al 17 ago

sto; che il tasso d'interesse era stato erroneamente determinato

nella misura del 15,32 % annuo, avendo l'amministrazione finan

ziaria ragguagliato a sessanta giorni tale tasso annuo, senza tener

conto che esso era stato calcolato dalla Banca d'Italia mediante

la capitalizzazione composta del rendimento trimestrale di buoni

ordinari del tesoro e che eguale procedimento e non quello at

Ciò significa, secondo l'a., che gli emendamenti innovativi entrano in

vigore quindici giorni dopo la pubblicazione della legge di conversione nella G.U. a meno che per taluni di essi o per tutti la legge stessa non

stabilisca implicitamente o esplicitamente una data di entrata in vi

gore diversa, anteriore o posteriore (p. 424). V. altresì Tabet, cit., 492, che non concorda sull'iter argomentativo seguito da Cass. 6448/80 (e ripreso sostanzialmente dalla sentenza in epigrafe), e sospetta che

la corte « abbia travisato tra formazione della fonte ed efficacia della

norma, risolvendo in termini di vigenza quello che era invece un

problema di applicazione della legge nel tempo ». L'idea, riproposta dal ricorrente nella controversia in esame, viene respinta dalla corte

a causa delie complicazioni contabili e burocratiche cui avrebbe dato

luogo un'interpretazione in base alla quale la disposizione innovativa sarebbe entrata in vigore dopo il normale periodo di vacatio ma

avrebbe avuto efficacia sin dalla data di pubblicazione (e di entrata

in vigore) della legge di conversione.

Sul problema dell'entrata in vigore degli emendamenti innovativi contenuti nelle leggi di conversione, se cioè vada osservato per essi

il termine di vacatio, cfr. in giurisprudenza Cass. 11 maggio 1977, n.

1816, Foro it., Rep. 1977, voce Legge, decreto e regolamento, n. 26; 15 dicembre 1972, n. 3605, id., Rep. 1972, voce cit., n. 22; 8 marzo

1972, n. 669, id., 1972, I, 1574. In dottrina v., in relazione al caso di specie, ma, in senso contrario all'opinione espressa da Cass. 6448/80 e ripresa dall'odierna pronuncia, Tabet, cit., 489, il quale muovendo dall'idea di una duplice natura della legge di conversione, scinde in

momenti diversi l'entrata in vigore dell'atto, formalmente unitario, a seconda dei suoi contenuti normativi. Si potrebbe tuttavia, ancora dimostrare l'intenzione del legislatore di superare, nel caso di specie, la regola del termine di vacatio, facendo coincidere con quello della

pubblicazione il giorno dell'entrata in vigore della disposizione.

Quanto invece all'efficacia temporale degli emendamenti innovativi,

problema affine ma non identico al precedente, la dottrina propende decisamente per l'efficacia ex nunc degli stessi: v. IPaladin, La forma zione delle leggi, in Commentario alla Costituzione, a cura di Branca,

1979, 87, 88, a cui dire « se il legislatore non manifesta con chiarezza, sia pure implicitamente, la volontà di far retroagire le disposizioni mo

dificatrici, si deve presumere che esse non si impongano se non per il futuro »; Crisafulli, Lezioni di diritto costituzionale4, Padova,

1978, II, 1, 83; Mortati, Istituzioni di diritto pubblico', Milano, 1976,

II, 711; Virga, Diritto costituzionaleMilano, 1979, 28; Barile, Isti

tuzioni di diritto pubblico, Padova, 1978, 316; da ultimo, Pizzorusso, Lezioni di diritto costituzionale1, Roma, 1981, 594; per ulteriori e più risalenti riferimenti bibliografici cfr. la nota di richiami a Cass. 5 feb

braio 1979, n. 775, Foro it., 1979, I, 2057.

Sul dibattuto problema dei rapporti fra le due fonti, decreto e legge dì conversione, cfr., di recente, Raveraira, Il problema del sindacato

di costituzionalità sui presupposti della « necessità ed urgenza » dei

decreti-legge, in Ciur. costit., 1982, 1433, spec. 1440 s.

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