sezione I civile; sentenza 3 dicembre 2002, n. 17110; Pres. De Musis, Est. Marziale, P.M.Raimondi (concl. conf.); Lepie (Avv. Guglielmetti, Brandstatter, Ardizzone) c. Kussler e altra(Avv. Picone, Gebhara). Conferma App. Milano 20 luglio 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 9 (SETTEMBRE 2003), pp. 2437/2438-2443/2444Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198441 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Per ovviare, dunque, al conflitto di giudicati in esame resta
applicabile esclusivamente il sistema preventivo, di cui si è
detto, costituito dalla sospensione del giudizio civile nelle ipote si previste di pregiudizialità di quello penale ovvero dalla ne
cessaria vincolatività del giudicato penale ai fini della decisione
del giudizio civile in corso quando ne ricorrano i presupposti
previsti dalla legge. Nel caso di specie, a seguito del giudizio di revocazione ex
art. 102 1. fall., il credito dello Sbirziola è stato escluso dal pas sivo del fallimento della società irregolare Francisci Amerigo e
Mirabella Agatino con sentenza passata in giudicato. Del tutto
correttamente quindi il giudice delegato al fallimento in que stione ha accolto, dopo la chiusura del medesimo, l'istanza del
fallito Mirabella di restituzione della somma relativa al credito
vantato dallo Sbirziola, accantonata in attesa dell'esito del giu dizio sull'ammissione dello stesso al passivo, stante la vincola
tività del giudicato formatosi su tale punto. Altrettanto corret
tamente il Tribunale di Siracusa ha rigettato il reclamo dello
Sbirziola avverso il predetto provvedimento. In virtù di quanto in precedenza detto, infatti, i giudicati pe
nali che il ricorrente assume essere intervenuti in ordine ai reati
contestati al Mirabella ed allo stesso Sbirziola non possono
esplicare alcun effetto nel giudizio civile in esame ove il giudice è vincolato esclusivamente all'applicazione del giudicato civile
formatosi in ordine alla non ammissione del credito dello
Sbirziola al passivo del fallimento. Tale giudicato costituisce in
fatti il presupposto in base al quale va disposta la restituzione al
Mirabella della somma accantonata dal momento che lo
Sbirziola in virtù del giudicato in questione non è stato ammes
so al passivo del fallimento e non è quindi creditore di quest'ul timo.
La domanda dello Sbirziola di dichiarare l'inefficacia del
giudicato civile a seguito ed in conseguenza del giudicato pe
nale, finalizzata ad ottenere in suo favore la restituzione della
somma accantonata, confligge con il giudicato civile ormai for
matosi che è immodificabile e che — in virtù di quanto in pre cedenza detto — non è suscettibile di dichiarazione di ineffica
cia a seguito dell'intervenire di una sentenza penale irrevocabile
che si assume avere incidenza sul predetto giudicato civile.
A tale proposito va osservato che in sede di esecuzione del
giudicato, o comunque di applicazione dello stesso in altro giu dizio, al giudice è attribuito esclusivamente il potere d'inter
pretare il giudicato stesso che non solo non può essere modifi
cato — come già detto — ma che non è neppure suscettibile di
essere sottoposto ad azione d'accertamento. Questa corte ha già infatti affermato che una siffatta azione (ed a maggior ragione
quella tendente ad ottenere una modifica del giudicato) si por rebbe in insanabile contraddizione con la stessa ragion d'essere
del giudicato che costituisce un punto di partenza imprescindi bile, che non può essere rimesso in discussione come tale, ma
solo interpretato in quanto si tratti di darvi esecuzione, o di trar
ne comunque effetti giuridici nel processo stesso in cui si è for
mato ovvero in altro processo. Inoltre, poiché alla base dell'a
zione di mero accertamento va ravvisato uno stato d'incertezza
circa l'esistenza del diritto fatto valere in giudizio, un'azione
siffatta non è ipotizzabile ogni qualvolta il diritto risulta cristal
lizzato nella «certezza» del giudicato di cui si verrebbe inam
missibilmente a chiedere al giudice di stabilire il senso ed il si
gnificato emettendo una pronuncia giurisdizionale, a sua volta
suscettibile di passare in giudicato, venendosi ad instaurare una
sequenza inammissibilmente indefinita di accertamenti (Cass.
5339/00, id., 2001,1, 1015). Alla luce di questi principi trova ulteriore conferma la piena
correttezza giuridica della decisione del Tribunale di Siracusa
che ha escluso di poter riesaminare ogni questione relativa alla
sentenza civile passata in giudicato. Infondato si presenta il ricorso incidentale del Mirabella per
quanto concerne la compensazione delle spese di giudizio avanti
il Tribunale di Siracusa. Premesso, infatti, che la compensazio ne per giusti motivi costituisce esercizio di una facoltà ampia mente discrezionale del giudice, che può essere sindacata solo
sotto il profilo di una illogica motivazione (Cass. 3356/99, id., Rep. 1999, voce Spese giudiziali civili, nn. 42, 47), è sufficiente rilevare che il ricorrente incidentale non ha proposto una censu
II Foro Italiano — 2003.
ra avverso la motivazione del provvedimento impugnato ma ha
asserito che il comportamento defatigatorio sotto il profilo pro cessuale del ricorrente avrebbe dovuto comportare la condanna del medesimo al pagamento delle spese processuali. In altri ter
mini il Mirabella ha avanzato una censura che impinge nel me
rito della decisione del Tribunale di Siracusa che, sotto tale pro filo, non è suscettibile di sindacato sotto il profilo di legittimità.
Va altresì rigettata la domanda ex art. 96 c.p.c. avanzata dal
Mirabella nei confronti del ricorrente, limitatamente al presente
grado di giudizio per cassazione (Cass. 2389/99, ibid., n. 28), nulla avendo dedotto e dimostrato in ordine alla responsabilità del ricorrente per lite temeraria né sotto il profilo oggettivo né
sotto quello soggettivo. La condanna per responsabilità proces suale aggravata, per lite temeraria, quale sanzione dell'inosser
vanza del dovere di lealtà e probità cui ciascuna parte è tenuta, non può derivare infatti solo dal fatto della prospettazione di te
si giuridiche riconosciute errate dal giudice, occorrendo che
l'altra parte deduca e dimostri nell'indicato comportamento la
ricorrenza del dolo o della colpa grave, nel senso della consape volezza, o dell'ignoranza, derivante dal mancato uso di un mi
nimo di diligenza, dell'infondatezza delle suddette tesi (Cass.
7101/94, id., Rep. 1994, voce cit., n. 38). In conclusione dunque vanno rigettati entrambi i ricorsi, non
ché la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 3 di cembre 2002, n. 17110; Pres. De Musis, Est. Marziale, P.M.
Raimondi (conci, conf.); Lepie (Avv. Guglielmetti, Brand
statter, Ardizzone) c. Kussler e altra (Avv. Picone, Gebha
ra). Conferma App. Milano 20 luglio 1999.
Società — Società di capitali — Inadempimento contrattuale — Responsabilità degli amministratori verso il terzo con
traente — Configurability» — Condizioni (Cod. civ., art. 1223, 2043, 2395).
L'inadempimento contrattuale della società non implica, di per sé, responsabilità dell'amministratore, ai sensi dell'art. 2395
c.c., nei confronti del terzo contraente; tuttavia è configura bile, secondo i principi della tutela aquiliana del credito, il
concorso tra l'illecito contrattuale della società e quello ex
tracontrattuale dell'amministratore, o di qualsiasi altro sog
getto estraneo al rapporto obbligatorio, il cui comportamento doloso o colposo abbia cagionato o concorso a cagionare
l'inadempimento della società. (1)
(1) I. - La sentenza in rassegna costituisce la prima applicazione (per quanto risulti) del principio della tutela aquiliana del credito all'azione individuale di responsabilità, ex art. 2395 c.c., esperita dal terzo credi tore nei confronti degli amministratori di società di capitali a seguito dell'inadempimento di obbligazione della società. Viene confermata l'affermazione dell'insufficienza dell'inadempimento della società, in sé considerato, perché si configuri la responsabilità degli amministrato
ri nei confronti del terzo creditore, essendo invece necessario un atto doloso o colposo degli amministratori stessi direttamente lesivo del pa trimonio del creditore (v. Cass. 28 febbraio 1998, n. 2251, citata in
motivazione, Foro it., 1998, I, 3246, con nota di richiami, cui adde, Cass. 8 luglio 1991, n. 7534, id., Rep. 1991, voce Società, n. 570, e
Giur. it., 1991, I, 1, 1131; 21 maggio 1991, n. 5723, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 571, e Società, 1991, 1357; 6 gennaio 1982, n. 14, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 204, e Dir. fallim., 1982, II, 680; Fal
limento, 1982, 1418, e Vita not., 1982, 756); tuttavia la stessa afferma
zione è, nella fattispecie, superata sulla base, appunto, dell'accertata di
retta lesione, da parte degli amministratori, del diritto del creditore
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2439 PARTE PRIMA 2440
Svolgimento del processo. — 1. - Con due distinti atti di cita
zione, notificati il 26 e il 28 gennaio 1993, il sig. Gerhard
Kussler e sua moglie, sig. Pavia Melsow, convenivano in giudi zio, innanzi al Tribunale di Varese, la sig. Karin Renate Lepie e
suo marito Frank Heinrich Giinther, esponendo: — che, con atto dell'8 luglio 1988, avevano acquistato dalla
società Lika s.r.l., della quale il Giinter era amministratore unico
e legale rappresentante, una unità abitativa ricompresa in un
complesso immobiliare ancora in corso di costruzione; — che il corrispettivo, convenuto in 180.000 marchi, era
stato integralmente corrisposto mediante versamento di tale
somma, su indicazione della società, su un conto corrente presso la Ubs di Ponte Tresa (Svizzera) intestato alla Lepie;
— che la società venditrice aveva assunto l'obbligo di pro
delia società non già nel suo aspetto «relativo» (la pretesa della presta zione, esercitabile esclusivamente nei confronti della società debitrice), bensì in quello connesso al dovere di chiunque di rispettare l'altrui sfe ra giuridica, che consente di qualificare come «ingiusto», ai sensi del l'art. 2043 c.c., il danno cagionato al creditore dal terzo con il suo
comportamento doloso o colposo che abbia pregiudicato l'adempi mento del debitore.
Il riferimento alla diretta incidenza del danno sul patrimonio del so cio o del terzo danneggiato, quale tratto distintivo della responsabilità degli amministratori verso di essi ex art. 2395 c.c., rispetto a quella verso la società ed i terzi creditori disciplinata dagli art. 2392-2394 c.c.
(caratterizzata, invece, dalla diretta incidenza del danno sul patrimonio della società, con riflessi, dunque, solo indiretti sui soci e sui terzi cre
ditori), è assolutamente costante in giurisprudenza: v., in particolare, Cass. 28 marzo 1996, n. 2850, Foro it., 1997,1, 235, con nota di G. La
Rocca, in cui la Suprema corte evidenzia anche come non rilevino, pe raltro, ai fini della distinzione, le circostanze che il danno sia stato arre cato da comportamenti degli amministratori nell'esercizio del loro uffi cio o al di fuori di esso, o che il danno sia o meno ricollegabile a un
inadempimento della società, o, infine, che l'atto lesivo sia stato even tualmente compiuto dagli amministratori nell'interesse della società e a suo vantaggio. Una recente conferma del criterio distintivo dell'inci denza del danno è in Cass. 27 giugno 1998, n. 6364, id., 1999, I, 652, con nota di richiami.
Sull'azione ex art. 2395 c.c., v., in dottrina — oltre alle opere ri chiamate nella nota a Cass. 28 febbraio 1998, n. 2251, cit. — più re
centemente, M. Talani, Brevi note sull'art. 2395 c.c., in Giur. merito, 2001, 805; A.R. Adiutori, Funzione amministrativa e azione indivi duale di responsabilità, Milano, 2000; G. Zamperetti, Danno del cre ditore sociale ed azione individuale di responsabilità: prospettive at tuali e riforme future, in Fallimento, 1999, 254.
La sottolineatura della necessità di «un esame rigoroso del nesso di causalità adeguata tra il danno del creditore ed il comportamento del terzo» in tema di tutela aquiliana del credito è in Cass. 8 gennaio 1999, n. 108, Foro it., Rep. 1999, voce Responsabilità civile, n. 178 (e, per esteso, Corriere giur., 1999, 173, con nota di V. Carbone, Il fatto dan noso del comandante della nave tra inadempimento del contratto e le sione aquiliana, con ampi riferimenti di giurisprudenza e dottrina sul
progressivo affermarsi del riconoscimento, ormai acquisito, della tutela
aquiliana del credito; Danno e resp., 1999, 899, con nota di D. Poletti, Responsabilità extracontrattuale da contratto e inadempimento del
subcontratto)', nonché 23 febbraio 1978, n. 909, Foro it., 1978,1, 1699, con nota di G. Sforza, Vendita a terzo del bene e responsabilità del mandante verso il promesso acquirente dal mandatario, citate dalla sentenza in rassegna.
Per più recenti applicazioni (oltre a Cass. 20 ottobre 1983, n. 6160, id., Rep. 1984, voce cit., n. 134, e 25 giugno 1993, n. 7063, id., Rep. 1993, voce Danni civili, n. 69, citate dalla sentenza in rassegna) del
principio della tutela aquiliana del credito, v. Cass. 4 novembre 2002, n. 15399, id., Mass., 1143, e 27 luglio 1998, n. 7337, id., Rep. 1999, voce Responsabilità civile, n. 244, e Giur. it., 1999, 1601, con nota di D. Mascolo.
La sentenza accenna, in un breve inciso, all'estensione della respon sabilità in questione anche all'amministratore «di fatto» (cenno forse
operato solo per completezza, dato che, a ben guardare, la qualità di amministratore non sembrerebbe indispensabile, nella prospettiva qui delineata dalla Suprema corte, perché sussista l'individuato profilo di
responsabilità aquiliana, che è comune a qualsiasi terzo rispetto al rap porto obbligatorio). Di tale figura la corte mostra di accogliere l'acce zione più lata, comprensiva, cioè, di chi si sia comunque ingerito nel l'amministrazione della società, a prescindere da una precedente inve stitura tacita o implicita, ancorché invalida, da parte dell'ente, come si ricava anche dall'espresso richiamo del precedente che tale allarga mento ha, innovando alla precedente giurisprudenza della stessa corte, configurato (ossia Cass. 6 marzo 1999, n. 1925, Foro it., 2000,1, 2299,
Il Foro Italiano — 2003.
cedere al frazionamento dell'ipoteca iscritta per la somma di
2.100.000.000 di lire in favore dell'Istituto San Paolo di Torino
sull'intero complesso immobiliare a garanzia del mutuo con
tratto per finanziare la sua costruzione e di procedere, quindi, alla cancellazione dell'iscrizione corrispondente alla quota di
mutuo imputabile all'immobile compravenduto; — che tale impegno non era stato però rispettato dalla ven
ditrice, che non aveva neppure provveduto al regolare paga mento delle rate di ammortamento del mutuo ed era stata suc
cessivamente dichiarata fallita; — che l'istituto mutuante aveva azionato la garanzia ipoteca
ria, avviando anche nei loro confronti una procedura esecutiva
per la riscossione delle somme ancora dovute dalla debitrice; — che, pertanto, anche l'immobile da essi acquistato sarebbe
con nota di richiami e osservazioni di M. Silvetti, e Corriere giur., 1999, 1396, con nota di A. Perrone, Un «revirement» della Cassazione sulla responsabilità dell'amministratore di fatto; Resp. civ., 1999,
1319, con nota di P. Balzarini, I nuovi orientamenti della Corte di cas
sazione in tema di responsabilità degli amministratori; Giur. comm., 2000, II, 167, con nota di N. Abriani, Dalle nebbie della finzione al nitore della realtà: una svolta nella giurisprudenza civile in tema di
amministratore di fatto; Giur. it., 2000, 770, con nota di R. Guidotti, Amministratore di fatto e «negotiorum gestio» ', Società, 2001, 808, con nota di L. Salvato, Il «revirement» della Suprema corte in materia di
responsabilità dell'amministratore di fatto', precedente confermato dalla successiva Cass. 14 settembre 1999, n. 9795, Foro it., Rep. 2000, voce Società, n. 717, e Giust. civ., 2000, I, 79, con nota dì A. Scherni, Annotazioni sull'amministrazione di fatto di società per azioni; Giur.
comm., 2000, II, 168, con nota di N. Abriani, cit.; Società, 2001, 807, con nota di L. Salvato, cit.).
II. - Il tema della responsabilità degli amministratori di società di ca
pitali è oggetto della recente riforma del diritto societario, introdotta
(quanto agli aspetti di diritto civile sostanziale) dal d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6, recante «riforma organica della disciplina delle società di
capitali e società cooperative, in attuazione della 1. 3 ottobre 2001 n.
366», il quale ha riscritto il capo V del titolo V del libro V del codice civile ed entrerà in vigore il 1° gennaio 2004.
Gli art. 2392-2395 c.c., che disciplinano la materia quanto alla so cietà per azioni e con riferimento al sistema c.d. «tradizionale» di am ministrazione e controllo (applicabile — ai sensi del nuovo art. 2380 c.c. — in mancanza di opzione dello statuto per uno dei due diversi si
stemi, c.d. «dualistico» e «monistico», introdotti dalla riforma), sono stati ampiamente modificati (è stato anche introdotto un art. 2394 bis); a tale disciplina rinviano, poi, per gli aspetti sostanziali, gli art. 2409 undecies e 2409 noviesdecies con riguardo, rispettivamente, al «consi
glio di gestione» nel sistema «dualistico» (basato, appunto, su detto
consiglio, cui spettano i poteri di gestione, ed un «consiglio di sorve
glianza» con i poteri di vigilanza del collegio sindacale ed alcuni im
portanti poteri dell'assemblea: par. 5 della sezione VI bis del capo V ri scritto dal decreto legislativo) ed al consiglio di amministrazione nel si stema «monistico» (basato su detto consiglio, che esprime dal suo seno un comitato di controllo: par. 6 della predetta sezione).
Quanto, poi, alla società a responsabilità limitata, la disciplina della materia non è più affidata, come in precedenza (art. 2487, 2° comma, c.c.), al mero rinvio alle norme dettate per la società per azioni, ma è
specificamente articolata nel nuovo testo dell'art. 2476 c.c. La distinzione tra la responsabilità verso la società ed i creditori so
ciali, da un canto, e verso i singoli soci o terzi, dall'altro, resta comun
que fondata sul criterio dell'incidenza del danno, di cui si è detto, sia
per la s.p.a. che per la s.r.l. Il nuovo art. 2476 c.c., però, non fa men zione della responsabilità degli amministratori di s.r.l. verso i creditori sociali (mentre, invece, prevede quelle verso la società e verso i singoli soci e terzi); il che pone la questione della permanenza di essa con rife rimento a detto tipo di società. L. Panzani, L'azione di responsabilità ed il coinvolgimento del gruppo di imprese dopo la riforma, id., 2002, 1477, risponde affermativamente al quesito facendo leva proprio sul
principio generale della tutela aquiliana del credito. Si segnala, per l'affinità con il tema della responsabilità dell'ammi
nistratore di fatto, l'istituto, introdotto dal 7° comma del nuovo art. 2476 c.c., della responsabilità, in solido con gli amministratori, dei «soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi».
Sulla disciplina della responsabilità degli amministratori a seguito della riforma, v. anche V. Salafia, Amministrazione e controllo delle società di capitali nella recente riforma societaria, ibid., 1465; S. Di
Amato, La responsabilità degli amministratori e le azioni di responsa bilità, relazione all'incontro di studio del Csm sul tema «La riforma del diritto societario», Roma, 27-30 gennaio 2003; F. Galgano, Il nuovo di ritto societario, Padova, 2003, 277 ss. [C. De Chiara]
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
stato oggetto di vendita forzata se non si fosse provveduto al
l'integrale soddisfacimento delle ragioni del creditore proce dente;
— che l'illegittimità del comportamento dell'amministratore
della società e di sua moglie era evidente, essendosi essi appro
priati di somme spettanti alla società; — che, in considerazione di ciò, era stata autorizzata dal pre
sidente di quel tribunale l'esecuzione di due sequestri conserva
tivi su un immobile e su un'imbarcazione della Lepie. Tanto premesso, gli attori chiedevano la convalida dei seque
stri e la condanna dei convenuti, in solido tra loro, al pagamen
to, a titolo di risarcimento danni, della somma che sarebbe ri
sultata dovuta in corso di causa, con interessi e rivalutazione
monetaria.
Il Giinther rimaneva contumace. Si costituiva, invece, la Lepie che si opponeva all'accoglimento delle domande eccependo, in
via preliminare, il difetto di legittimazione attiva degli attori ed assumendo, nel merito, la propria totale estraneità ai rapporti intercorsi tra gli attori.
1.1. - Il tribunale, con sentenza del 20 settembre 1994, ritene
va gli attori pienamente legittimati alla proposizione delle do
mande nonostante l'intervenuto fallimento della società, ponen do in evidenza che la loro pretesa era fondata sull'art. 2395 c.c., e le accoglieva, convalidando i sequestri e condannando i con
venuti al pagamento, a titolo risarcitorio, della somma di
91.607.899 lire, pari all'ammontare della quota (pari ad 1/10 del totale) del residuo debito complessivo imputabile all'unità
immobiliare acquistata dagli attori (il cui versamento, necessa
rio per ottenere la liberazione dell'immobile dal vincolo ipote
cario, risultava da essi essere già stato effettuato mediante il
versamento della somma di 180.000 marchi sul conto della Le
pie), oltre agli interessi nella misura stabilita dal contratto di
mutuo.
2. - La Lepie proponeva appello, censurando la sentenza di
primo grado: —
per non aver addotto alcun elemento atto a dimostrare la
partecipazione alla commissione di un illecito in danno degli
appellati; — che, d'altro canto, la circostanza che il versamento del
corrispettivo della vendita fosse stato effettuato sul suo conto
personale non appariva, di per sé sola, idonea a giustificare la
sua responsabilità nei confronti degli appellati ai sensi dell'art.
2395 c.c.; — che altresì sfornita del benché minimo elemento di prova
era la determinazione del danno nella misura indicata nella
sentenza impugnata, oltretutto fondata su elementi forniti dagli attori solo in comparsa conclusionale che avevano comportato modifica delle conclusioni da essi in precedenza rassegnate;
— che, in particolare, gli attori non avevano fornito la dimo
strazione di aver corrisposto la somma di 91.607.899 lire alla
banca procedente. Il Giinther rimaneva contumace anche in questa seconda fase
di giudizio. Si costituivano invece i coniugi Kussler-Melsow, che chiedevano la reiezione del gravame e l'integrale conferma
della sentenza appellata. 2.1. - La corte territoriale respingeva l'appello, sul rilievo: — che la Lepie aveva dato un inequivocabile contributo alla
realizzazione della condotta distrattiva posta in essere dal ma
rito, amministratore unico della società venditrice, mettendo a
sua disposizione il proprio conto corrente per il versamento del
prezzo, e consentendo al medesimo di disporre di tali somme
prezzo pur sapendo che esse erano invece destinate alla società; — che tale comportamento aveva certamente contribuito a
porre la società nella condizione di non poter far fronte al pun tuale pagamento delle singole rate di mutuo, esponendo gli ac
quirenti all'azione esecutiva del creditore ipotecario; — che la mancata prova del pagamento della somma di
91.607.899 lire alla banca era da ritenersi irrilevante, trattan
dosi di somme che avrebbero dovuto essere comunque versate
per ottenere la liberazione dell'immobile dal vincolo ipotecario; — che gli elementi forniti in comparsa conclusionale non
avevano comportato alcuna modifica delle conclusioni in prece denza rassegnate.
Il Foro Italiano — 2003.
3. - La Lepie chiede la cassazione di tale sentenza con tre mo
tivi di ricorso. Gli intimati resistono. Motivi della decisione. — 4. - Con il primo motivo, la ricor
rente — denunziando violazione e falsa applicazione dell'art.
2395 c.c. — censura la sentenza impugnata per aver affermato
la propria responsabilità nei confronti dei sig. Kussler-Melsow, deducendo che gli elementi acquisiti non erano sufficienti a for
nire la prova del suo concorso nella causazione dell'evento dan
noso e che, comunque, il danno lamentato dagli intimati non
rappresentava la conseguenza «diretta e immediata» del com
portamento addebitato ad essa ricorrente all'amministratore, ma
costituiva solo il riflesso di quello (eventualmente) risentito
dalla società.
5. - La censura in tali termini prospettata è, sotto il primo pro filo, palesemente inammissibile, posto che questa corte non ha il
potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale
sottoposta al suo esame, ma solo quello di controllare, sotto il
profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, le argomentazioni svolte dal giudice del merito, al
quale spetta, in via esclusiva, il compito d'individuare le fonti
del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di
controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le
complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggior mente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così, liberamente, prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi
di prova acquisiti (Cass. 24 luglio 2000, n. 9716, Foro it., Rep. 2000, voce Cassazione civile, n. 114; 29 marzo 2001, n. 4667,
id., Rep. 2001, voce cit., n. 129; 22 maggio 2001, n. 6975, ibid., n. 128).
5.1. - Sotto l'altro profilo, la censura è infondata.
E vero, infatti, che l'inadempimento contrattuale della società
non implica, di per sé, responsabilità degli amministratori nei
confronti del contraente (Cass. 28 febbraio 1998, n. 2251, id.,
1998,1, 3246). Tale illecito, pur essendo causativo di un danno
direttamente arrecato al patrimonio di tale soggetto non è riferi
bile agli amministratori, ma alla società e non è quindi idoneo a
giustificare l'applicazione dell'art. 2395 c.c., essendo a tal fine
necessaria l'esistenza di un atto «dolo o colposo» degli ammini
stratori.
Va tuttavia considerato che è ormai acquisito che la «relati
vità» dei diritti di credito, se comporta che il creditore possa
esigere la prestazione solo da uno o più soggetti determinati, non toglie che tali diritti debbano essere rispettati anche da co
loro che sono rimasti estranei al rapporto obbligatorio e non so
no quindi tenuti a collaborare con il creditore per adempierne le
aspettative. Esiste quindi un dovere di rispetto dell'altrui sfera
giuridica che porta a qualificare come «ingiusto», ai sensi del
l'art. 2043 c.c., il danno arrecato al creditore da un terzo che
con il suo comportamento doloso o colposo abbia pregiudicato
l'adempimento del debitore (Cass. 8 gennaio 1999, n. 108, id.,
Rep. 1999, voce Responsabilità civile, n. 178; 25 giugno 1993, n. 7063, id., Rep. 1993, voce Danni civili, n. 69; 20 ottobre
1983, n. 6160, id., Rep. 1984, voce Responsabilità civile, n.
134). 5.2. - Non vi è dubbio che una situazione siffatta possa confi
gurarsi anche rispetto all'inadempimento della società e che,
pertanto, con l'illecito contrattuale della società possa concorre
re quello extracontrattuale dell'amministratore o di altro sog
getto comunque estraneo al rapporto obbligatorio intercorrente
tra la società e il terzo. È peraltro evidente che, perché tale con
corso di responsabilità possa sussistere, è necessario che tra l'i
nadempienza della società e il comportamento di chi abbia eser
citato (anche solo in via di fatto: Cass. 6 marzo 1999, n. 1925,
id., 2000,1, 2299) le funzioni di amministratore di una società e abbia con lui (a qualsiasi titolo) cooperato debba sussistere un
nesso di causalità adeguata (Cass. 23 febbraio 1978, n. 909, id.,
1978,1, 1699; 108/99, cit.). La corte di merito, con apprezzamento di fatto, la cui esattez
za non può essere riconsiderata in questa sede di legittimità, ha
accertato che la distrazione delle somme versate dai resistenti
operata dall'amministratore della società con la collaborazione
della moglie (che aveva acconsentito che tali somme fossero
versate su un proprio conto bancario aperto presso una banca
estera e aveva successivamente permesso al marito di utilizzarle
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2443 PARTE PRIMA 2444
per finalità diverse da quelli alle quali erano destinate) ha avuto
incidenza causale sull'inadempienza della società. E di tale af
fermazione ha dato adeguata motivazione ponendo in evidenza
che le somme pagate dagli acquirenti dovevano essere destinate
«soprattutto al pagamento delle rate di mutuo», onde rendere
possibile il frazionamento del mutuo e dell'ipoteca, che trovava
il suo presupposto proprio nel regolare e tempestivo pagamento delle rate di ammortamento. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 27 novembre 2002, n. 16838; Pres. Baldassarre, Rei. Napole
tano, P.M. Russo (conci, conf.); Comune di Cleto (Avv.
Barba) c. Caruso. Regolamento di giurisdizione.
Acque pubbliche e private — Contratto di utenza — Risar cimento danni — Giurisdizione ordinaria — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 5; d.leg. 31 marzo 1998 n. 80, nuove di
sposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro
nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle con troversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate
in attuazione dell'art. 11, 4° comma, 1. 15 marzo 1997 n. 59; 1. 21 luglio 2000 n. 205, disposizioni in materia di giustizia amministrativa, art. 7).
Con riferimento ad una controversia iniziata in data anteriore
all'entrata in vigore della l. 21 luglio 2000 n. 205 ed avente
ad oggetto la richiesta di risarcimento danni per la non cor
retta esecuzione di un contratto di utenza tra un privato ed
una pubblica amministrazione, deve ritenersi che la caduca
zione dell'art. 33 d.leg. 31 marzo 1998 n. 80 (per effetto della
sentenza della Corte costituzionale 17 luglio 2000 n. 292,
senza che alla sostituzione di esso operata dall 'art. 71. n. 205
del 2000 possa attribuirsi effetto retroattivo) ha fatto rivivere
le norme previgenti al decreto stesso, in virtù delle quali la
competenza giurisdizionale sulla controversia di cui sopra
appartiene al giudice ordinario (nella specie, trattavasi della
pretesa risarcitoria avanzata da un soggetto privato nei con
fronti di un comune per la non corretta esecuzione della pre stazione assunta e consistente nella non potabilità dell'acqua
fornita). (1)
(1) Con riferimento al quadro normativo precedente rispetto alle mo difiche apportate dal d.leg. 80/98, nel senso che spetta alla cognizione del giudice ordinario la controversia fra il comune e l'utente, che atten
ga all 'an ed al quantum del credito per il canone dovuto per l'erogazio ne d'acqua potabile ad uso domestico, senza investire scelte discrezio nali dell'ente territoriale riguardanti l'organizzazione del servizio e la determinazione delle tariffe, v. Cass., sez. un., 9 agosto 2001, n. 10976, Foro it., Rep. 2001, voce Acque pubbliche, n. 55; per l'affermazione secondo cui deve riconoscersi al privato il diritto soggettivo, tutelabile davanti al giudice ordinario, di ottenere la stipulazione del contratto di fornitura secondo condizioni già determinate, v. inoltre Cass., sez. un., 27 luglio 1998, n. 7346, id., Rep. 1998, voce Giurisdizione civile, n. 96
(entrambe le pronunce sono citate in motivazione). Va segnalato che, con la pronuncia in epigrafe, nell'affermare la sus
sistenza della giurisdizione del giudice ordinario con riferimento a controversia, sorta anteriormente all'entrata in vigore della 1. n. 205 del
2000, avente ad oggetto l'esecuzione di un contratto di utenza, la Su
prema corte consolida il proprio orientamento (che risale a Cass., sez. un., 6 aprile 2001, n. 149/SU, id., 2002, I, 501, con nota di richiami di G. Artale e osservazioni di S. Benini) che nega efficacia retroattiva della disciplina in tema di giurisdizione posta dalla 1. 205/00 (riprodut
II Foro Italiano — 2003.
Gioconda Caruso, con atto di citazione notificato il 6 marzo
2000, convenne il comune di Cleto innanzi al Giudice di pace di
Amantea, per sentirlo condannare a risarcirle i danni che assu
meva di aver subito a motivo della non potabilità dell'acqua somministratale dal comune in esecuzione del contratto da lei
concluso con lo stesso.
Il convenuto, costituendosi in giudizio, eccepì, preliminar
mente, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, essendo, la controversia, riservata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 33, 1° comma, d.leg. 31 marzo
1998 n. 80 e successive modifiche, in quanto vertente in materia
di pubblico servizio. In riferimento a tale giudizio, non ancora deciso nel merito, il
convenuto ha proposto ricorso per regolamento preventivo di
giurisdizione, chiedendo che sia affermata la competenza giuris dizionale esclusiva del giudice amministrativo.
L'intimata Caruso non ha svolto attività difensiva.
Il p.m., cui gli atti sono stati trasmessi ai sensi dell'art. 375
c.p.c., ha concluso per l'affermazione della giurisdizione del
giudice ordinario. Il ricorrente sostiene che, trattandosi di un pubblico servizio,
la giurisdizione sulla domanda proposta dall'attrice debba esse
re attribuita al giudice amministrativo.
Sottolinea, all'uopo, che la Caruso deriva la propria pretesa risarcitoria dalla non potabilità dell'acqua fornitale dal comune
di Cleto e dalla non corretta esecuzione della prestazione da
parte del comune medesimo. Sarebbe, dunque, incontrovertibile
che la domanda, avente per oggetto l'accertamento di siffatta
mancata potabilità ed il risarcimento dei danni pretesi a tale ti
tolo, attiene al servizio pubblico di erogazione idrica.
Né, ad avviso del ricorrente, a diversa conclusione si potrebbe
pervenire in considerazione della natura privatistica del rapporto
negoziale che sorge da un contratto di utenza fra comune e pri vato per la fornitura dell'acqua od in considerazione della por tata del novellato art. 33, 2° comma, lett. c), d.leg. n. 80 del
1998, che esclude dalle controversie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo i rapporti individuali di utenza con soggetti privati e le controversie risarcitorie che ri
guardano il danno alla persona o a cose.
Il ricorso è infondato, dovendosi affermare la competenza
giurisdizionale del giudice ordinario. Non v'è dubbio che, alla stregua della legislazione vigente
prima dell'entrata in vigore del d.leg. 31 marzo 1998 n. 80 in
tema di riparto della giurisdizione nella materia dei pubblici servizi, la controversia de qua dovesse essere attribuita alla giu risdizione dell'a.g.o., ancorché attinente all'esercizio di un pub blico servizio, essendo incontrovertibile la natura privatistica del rapporto costituitosi per effetto del contratto di sommini
strazione di acqua potabile concluso tra il comune di Cleto e
l'attrice e non potendosi negare natura di diritto soggettivo alla
posizione giuridica di cui l'attrice chiede la tutela, proponendo una domanda volta alla declaratoria dell'inadempimento, da
parte del comune, dell'obbligazione di fornire acqua potabile sorta dal contratto di somministrazione nonché alla condanna
del comune al risarcimento del danno cagionato dal suo ina
dempimento. In tal senso depone la consolidata giurisprudenza di queste
sezioni unite (cfr. sent. 7346/98, Foro it., Rep. 1998, voce Giu
risdizione civile, n. 96; attestano la continuità dell'indirizzo:
sent. 293/SU/99, id., Rep. 1999, voce cit., nn. 112, 187; sent. 300/SU/99, ibid., voce Acque pubbliche, n. 172; sent. 10976/01, id., Rep. 2001, voce cit., n. 55).
Il citato decreto 80/98 innovò, però, in maniera radicale tale
disciplina, avendo devoluto alla giurisdizione esclusiva del giu dice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici
tiva, pur con alcune varianti, del d.leg. 80/98), ribadendo che la 1. n. 205 cit. non avrebbe influenza sui processi iniziati anteriormente alla sua entrata in vigore.
In senso contrario, v. Corte cost., ord. 16 aprile 2002, n. 123, ibid., 1265, con osservazioni critiche di A. Barone, alle quali si rinvia anche
per ulteriori indicazioni giurisprudenziali, cui adde sez. un., ord. 21 ottobre 2002, n. 14870, Urbanistica e appalti, 2003, 182, con nota di R. Conti.
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