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Sezione I civile; sentenza 3 novembre 1960, n. 2967; Pres. Fragali P., Est. Arras, P. M. Colonnese...

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Sezione I civile; sentenza 3 novembre 1960, n. 2967; Pres. Fragali P., Est. Arras, P. M. Colonnese (concl. conf.); Redaelli (Avv. Corsale) c. Finanze (Avv. dello Stato Salerni) Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 11 (1960), pp. 1897/1898-1905/1906 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151088 . Accessed: 28/06/2014 08:22 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.194.167 on Sat, 28 Jun 2014 08:22:19 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 3 novembre 1960, n. 2967; Pres. Fragali P., Est. Arras, P. M.Colonnese (concl. conf.); Redaelli (Avv. Corsale) c. Finanze (Avv. dello Stato Salerni)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 11 (1960), pp. 1897/1898-1905/1906Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151088 .

Accessed: 28/06/2014 08:22

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1897 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1898

il quale soltanto, ai sensi dell'art. 38 decreto pres. 5 aprile 1950 n. 221, avrebbe potuto autorizzare l'Ordine dei medici

all'esercizio della potestà disciplinare. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

I

Sezione I civile ; sentenza 3 novembre 1960, n. 2967 ; Pres.

Fragali P., Est. Akras, P. M. Colonnese (conci,

conf.) ; Eedaelli (Avv. Corsale) c. Finanze (Avv. dello

Stato Salerni).

(Conferma App. Milano 6 febbraio 1959)

Guerra (provvedimenti per la) ■— Legge 23 dicembre

1948 n. 1451, art. 1 — Ambito di applicazione (L. 23 dicembre 1948 n. 1451, termine per l'avocazione

dei profitti eccezionali di contingenza, art. 1 ; d. 1. 28

aprile 1947 n. 330, avocazione profitti eccezionali di

speculazione, art. 1). Guerra (provvedimenti per la)

— l'roiitti di contin

genza — Riscossione —- Sequestro ■— Ammis

sibilità — Limiti (E. d. 3 giugno 1943 n. 598, istitu

zione imposta straordinaria sui profitti di guerra, art. 19).

Il 2° comma dell'art. 1 legge 23 dicembre 1948 n. 1451 non

configura una nuova categoria di profitti di contingenza diversa da quelle contemplate dal decreto legisl. 28 aprile 1941r n. 330, ma è applicabile a profitti già indicati in

quest'ultima legge e che traggano origine da attività ed

operazioni implicanti comunque violazione di legge e di

regolamenti. (1) Il sequestro fiscale contemplato nell'art. 19 del t. u. 3 giugno

1943 n. 598 è applicabile anche alla procedura di accerta

tamelo e riscossione dei profitti di contingenza. (2) Sussiste il pencolo che giustifica la richiesta di sequestro in

sede d'accertamento e riscossione di profitti di contingenza,

quando si tratti di accertamento di rilevante entità. (3)

II

Sezioni unite civili ; sentenza 4 luglio 1960, n. 1754 ; Pres.

Cataldi P., Est. Pece, P. M. Criscuoli (conci, conf.) ; Venturi (Avv. Cavallo, Andrioli) c. Finanze (Avv. dello Stato Foligno).

(Cassa App. Bologna 4 aprile 1958)

Fascismo (sanzioni contro il) — l'roiitti di regime •—- Avocazione — Sequestro — Responsabilità j

aggravata —■ Aceertamento in separato giudizio — Ammissibilità — Limiti — Fattispecie (Cod. civ., art. 2043 ; cod. proc. civ., art. 96 ; d. 1. 1. 27 luglio 1944 n. 159, sanzioni contro il fascismo, art. 26; d. 1. 1.

26 marzo 1946 n. 134, avocazione profitti regime, art. 1).

Può chiedersi in autonomo giudizio la condanna della pub blica Amministrazione al risarcimento dei danni a titolo

di responsabilità processuale aggravata per aver fatto

eseguire sequestro conservativo a garanzia dell'avocazione

di profitti di regime riconosciuti insussistenti dal giudice amministrativo. (4)

Ottenuto sequestro conservativo a garanzia dell'avocazione di

profitti di regime, il giudice ordinario può conoscere

della pretesa responsabilità per danni della pubblica

Amministrazione, per il periodo antecedente alla pro

li) La sentenza confermata, App. Milano 6 febbraio 1959,

leggesi in Foro it., 1959, I, 1375, con nota di Morbillo, Osser vazioni in tema di profitti di contingenza.

nunzio, definitiva di insussistenza dei 'profitti avocabili, solo se si deduca un'attività arbitraria della pubblica Amministrazione, mentre per il periodo successivo deve

indagare dell'esistenza d'una eolpa nel mantenimento del

sequestro. (5)

I

La Corte, ecc. — I due ricorsi, proposti contro la stessa

sentenza, devono essere riuniti in un unico processo, sotto

il numero di ruolo più antico.

Seguendo il normale ordine logico deve precedere l'esame

del ricorso dell'Amministrazione delle finanze dello Stato,

perchè propone questioni pregiudiziali rispetto a quelle del

ricorso del Redaelli.

L'Amministrazione delle finanze denuncia, infatti, la

violazione e la falsa applicazione del 2° comma dell'art. 1

legge 23 dicembre 1948 n. 1451 in relazione ai comma 1° e

3° dello stesso articolo ed all'art. 3 della stessa legge, nonché

agli art. 1 e 3 decreto legisl. 28 aprile 1947 n. 330 ed al

l'art. 9 legge 18 giugno 1936 n. 1231 ed all'art. 360, nn. 3

e 5, cod. proc. civ. e sostiene che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito, il 2° comma dell'art. 1

legge 23 dicembre 1948 n. 1451 configura una nuova ca

tegorìa di profitti di contingenza, diversa da quella con

templata dal decreto 28 aprile 1947 n. 330, riconducibile

sotto il riflesso eziologico all'illecito ed alle violazioni delle

leggi e dei regolamenti. Il motivo non è fondato. Il problema esegetico, dallo

stesso riproposto, ha ricevuto nella sentenza impugnata la sua giusta soluzione.

È esatto che il 1° comma dell'art. 1 legge 23 dicembre

1948 n. 1451 si riferisce ai profitti eccezionali di contin

genza contemplati dal decreto legisl. 28 aprile 1947 n. 330,

perchè è con esplicito riferimento ai medesimi che è stata

fissata la data (31 dicembre 1948) oltre la quale non avrebbe

dovuto essere applicata l'imposta straordinaria, ma è del

pari esatto che agli stessi profitti eccezionali di contingenza fa riferimento il 2° comma dello stesso articolo, allorché

stabilisce che « nei casi in cui i profitti eccezionali di con

tingenza traggano origine da attività ed operazioni implicanti violazioni di legge e regolamenti, essi. . . sono soggetti ad

avocazione anche se conseguiti dopo il 31 dicembre 1948 ».

Il contrario assunto dell'Amministrazione delle finanze

è resistito anzitutto dalla lettera della legge. La Corte di

merito ne ha dato ampia e chiara dimostrazione, quando ha posto in evidenza che, ove i profitti considerati dal 2°

comma fossero stati diversi da quelli contemplati dal de

creto legisl. 28 aprile 1947 n. 330, altra sarebbe stata la

loro denominazione, non potendosi consentire, senza ac

cusare il legislatore di grave improprietà nel linguaggio, che il medesimo avesse usato la stessa formula per indicare

una nuova categoria di profitti caratterizzata unicamente

dalla sua provenienza illecita, indipendentemente dalle

(2-5) In senso conforme alla quarta massima, la sentenza resa in primo grado nella controversia ora decisa dalla Cassa

zione, Trib. Bologna 29 agosto 1956, Foro it., 1956, I, 1744, con ampia nota di richiami.

L'impossibilità di proporre in giudizio autonomo la domanda di risarcimento danni ex art. 96, 2° comma, è affermata da Trib. Roma 31 marzo 1958, id., 1958, I, 885, con ampia nota

di richiami.

App. Milano 26 giugno 1957 (id., Rep. 1957, voce Guerra, n. 45) ha ritenuto che il decreto di sequestro per profitti di con

tingenza concesso dal presidente del tribunale è per natura irrevocabile e produce, quanto alla indisponibilità dei beni,

gli stessi effetti della sentenza di convalida, pur non acqui stando efficacia di giudicato.

Per riferimenti, sulla quinta massima, v. Cass. 16 luglio 1957, n. 2901, id., 1958, I, 1850.

Sulla natura del sequestro disposto a garanzia dell'avoca

zione profitti regime, Cass. 5 maggio 1951, n. 1061, id., 1951,

I, 1035, con nota di Berliri, Natura ed impugnabilità dei prov vedimenti del presidente del tribunale emessi in materia di sequestro di beni soggetti all'avocazione di profitti di regime.

La sentenza n. 1754 in epigrafe è illustrata da V. D'Orsi, in Mon. trib., 1960, 727.

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1899 PARTE PRIMA 1900

I

contingenze della guerra ed eventi con la medesima con

nessi, nelle quali erano stati conseguiti, e quando lia inoltre

rilevato che l'uso dell'avverbio « anche » nel 2° comma e

dell'espressione « del pari » nel 3° comma dello stesso ar

ticolo non era compatibile con la figurazione di una nuova

ipotesi di profitto avocabile, diversa da quelle contemplate nel citato decreto n. 330 del 1947.

Ma ancora più gravi sono le ragioni di ordine storico e

sistematico che si oppongono all'accoglimento dell'assunto

dell'Amministrazione.

Con decreto legisl. luog. 10 agosto 1944 n. 199 furono

assoggettate all'imposta sui profitti di guerra « le attività

di scambio e d'intermediazione svolte in deroga alle dispo zioni concernenti il conferimento obbligatorio od il blocco

delle merci oppure la limitazione dei prezzi ». Ragioni di

ordine fiscale ed esigenze di ordine morale e sociale in

dussero poi il legislatore a disporre, col r. decreto 27 maggio 1946 n. 436, art. 18, l'avocazione totale a favore dello

Stato delle ricchezze accumulate da limitate categorie di

persone, che avevano approfittato dei bisogni e delle pri vazioni dei più.

Successivamente però la materia venne col decreto

legisl. 28 aprile 1947 n. 330 rielaborata e riordinata secondo

nuovi criteri. Sostituita la denominazione « profitti di specu lazione » della precedente legge con quella di « profitti eccezionali di contingenza », l'avocazione venne estesa, oltre ai profitti che traevano origine d'attività illecite, svolte in deroga alle disposizioni concernenti il conferi

mento obbligatorio, il blocco delle merci e delle derrate e

la limitazione dei prezzi previsti dalle leggi precedenti, anche ai profitti eccezionali che derivavano dalla rivalu

tazione delle merci per effetto della cessazione delle limi

tazioni e della disciplina dei prezzi, rispetto ai quali ogni carattere d'illecito era escluso, ed ancora ai profitti ecce

zionali che prendevano origine da ogni attività diretta a

trarre particolare vantaggio dai bisogni e dalle privazioni determinate dalla guerra e dagli eventi con la medesima

connessi od erano il frutto di un improvvisato affarismo

sorto in relazione agli eventi stessi, in cui l'attività, se pure moralmente riprovevole, non sempre si presentava giuri ridicamente illecita.

Per contro, l'avocazione dei profitti, che prima era

totale, giacche presupponeva una attività illecita del sog

getto, nella nuova sistemazione determinata dal citato

decreto del 1947 contemplante anche ipotesi di attività

lecite, divenne parziale, e perse il suo carattere di sanzione

per assumere quella di prelievo a titolo di tributo di parte dei profitti conseguiti. In sostanza, trasportati dal campo della speculazione a quello della contingenza, i profitti eccezionali non formavano più oggetto di confisca, ma di

vennero materia tassabile in via straordinaria.

Considerata nel quadro di questa normativa è agevole riconoscere la ragione e la finalità della legge 23 dicembre

1948 n. 1451, diretta, secondo quanto risulta dalla Rela zione alla Camera del Ministero proponente, a determi nare la data (31 dicembre 1948) al di là della quale l'avo

cazione, « che rappresenta una forma di eccezionale impo sizione, per sua natura assolutamente transitoria » non trova più applicazione ; ma riesce anche facile intendere

che, per alcune categorie dei detti profitti di contingenza, il legislatore abbia potuto ritenere più opportuno conser vare l'imposizione straordinaria « e fare salvo il diritto della Finanza, di perseguirli con l'avocazione, anche se

prodotti dopo il 31 dicembre 1948 ». Ci si vuole con ciò riferire ai profitti eccezionali di contingenza, contemplati dal 2° comma dell'art. 1 della legge, che si volle mantenere ancora soggetti alla più severa imposizione straordinaria, anziché alla comune imposta di r. m. alla stregua dei red diti derivanti dall'esercizio di normali attività, perchè traevano origine da attività ed operazioni implicanti co

munque violazioni di leggi o di regolamenti, ed ai profitti eccezionali di contingenza contemplati dal 3° comma dello stesso articolo, conseguiti in dipendenza di situazione di

particolare vantaggio determinata dal dislivello tra i prezzi del mercato interno e quelli dei mercati esteri e tra il cambio ufficiale e quello libero, per le operazioni aventi

per oggetto merci provenienti dall'estero, ohe, pur non traendo origine d'attività illecita, si vollero ancora colpiti dall'imposta straordinaria, stante la situazione non an cora stabilizzata del mercato interno.

Anche queste considerazioni valgono quindi a dimo strare la infondatezza dell'assunto dell'Amministrazione delle finanze, per contro confortano l'interpretazione che la Corte di merito ha dato delle norme contenute nell'art. 1

legge 23 dicembre 1948 n. 1451 nel senso che il 2° comma dell'articolo non configura una nuova categoria di profitti, diversa da quelle contemplate dal decreto 28 aprile 1947 n. 330, da avocare in via permanente, ma, al pari del 3°

comma, considera alcune categorie dei profitti eccezionali di contingenza, previsti nel citato decreto legge, rispetto ai quali il legislatore ha creduto opportuno prorogare i termini dell'accertamento, dichiarando i profitti stessi

soggetti all'imposta straordinaria (avocazione nella misura

dell'80%) anche se conseguiti dopo il 31 dicembre 1948. Ora nella specie, poiché costituiva un dato pacifico che

i profitti che l'Amministrazione aveva inteso avocare non rientravano in alcuna delle categorie previste dal decreto 28 aprile 1947 n. 330 non poteva ad essi essere applicata l'imposta straordinaria dei profitti eccezionali di contin

genza, ne risulta quindi giustificata la dichiarazione di

illegittimità dell'accertamento pronunciata dalla Corte. Il ricorso del Redaelli si articola in due motivi, ed è

opportuno siano insieme esaminati.

Si deduce con esso che : a) il coordinamento delle dispo zioni legislative contenute nell'art. 1 decreto legisl. 28

aprile 1947 n. 330 e negli art. 2 e 3 decreto legisl. 2 luglio 1947 n. 683 fa ritenere, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito, che il richiamo generico, in dette

norme, all'art. 19 r. decreto 3 giugno 1943 n. 598 debba intendersi ristretto ai soli primi due comma dell'articolo, che contemplano i privilegi che assistono il credito tribu tario e non si estendono al provvedimento di sequestro previsto nei comma 7° e 8° dello stesso articolo ; b) comunque, a prescindere dalla irritualità e dalla nullità dei i equestri, è mancata la pronuncia sulla richiesta declaratoria di inef ficacia dei sequestri e sulla domanda di revoca dei medesimi,

per inesistenza del credito tributario ; c) è stata esclusa la

responsabilità dell'Amministrazione per i danni causati dai

sequestri, sotto lo specioso motivo che la facoltà dell'in tendente di chiedere il sequestro è discrezionale e non

soggiace ai vincoli ed alle sanzioni della comune legge pro cessuale ; conseguentemente si denuncia la violazione e la falsa applicazione delle norme su citate e degli art. 19 r. decreto 27 maggio 1946 n. 436 ; 14 disp. sulla legge in

gen. ; 112-96 cod. proc. civ. ; 23 e 113 Costituzione in rela zione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civile.

Anche questi motivi sono infondati.

Disponendo che « per l'accertamento e per la riscossione dei profitti di contingenza, si applicano le norme valevoli in materia di imposta straordinaria sui profitti di guerra », l'art. 1, ultimo comma, decreto legisl. 28 aprile 1947 n. 330 richiama le norme contenute nel t. u. approvato col r. decreto 3 giugno 1943 n. 598 e quindi anche le disposizioni dell'art. 19 del detto t. u. che nei comma 7° ed 8° disci

plina il sequestro fiscale.

In piena aderenza con tale disposto il decreto legisl. 2

luglio 1947 n. 683, nel prevedere ulteriori garanzie per la riscossione dell'imposta straordinaria sui profitti di guerra e sui profitti di contingenza, all'art. 3 mantiene « ferme le disposizioni (e quindi tutte le disposizioni) contenute nell'art. 19 del t. u. approvato con r. decreto 3 giugno 1943 n. 598 e successive modificazioni ».

Queste essendo le norme, appare evidente che il loro coordinamento non può condurre a ritenere il richiamo del l'art. 19 limitato ai soli primi due comma che dispongono sui privilegi, una volta che il testo delle leggi è esplicito nel l'estenderlo a tutte le norme valevoli per l'accertamento e per la riscossione dell'imposta ed a tutte le disposizioni dell'art. 19, comprese quelle che disciplinano il sequestro. Ed allora si dimostra infondata l'accusa di ermetismo ri volta alla motivazione della sentenza, la quale, di fronte al chiaro testo della legge, non aveva bisogno di ampia

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1901 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1902

i

motivazione per dichiarare inattendibile il contrario assunto

del ricorrente. Il quale assunto (merita che sia rilevato) non trova sostegno nel fatto che, in tema di avocazione dei

profitti di regime, il richiamo delle disposizioni S'1! sequestro fiscale (comma 7° ed 8° dell'art. 19) è stato specifico (art. 35, 3° comma, decreto legisl. luog. 27 luglio 1944 n. 159) perchè la diversità dei criteri che informano l'accertamento e la

riscossione dei profitti di regime rispetto a quelli dei pro fitti di guerra spiega e giustifica la limitazione e quindi la specificazione del richiamo al solo provvedimento cau

telare del sequestro. E nessun appoggio può trarre dal

disposto dell'art. 19 r. decreto 27 maggio 1946 n. 436,

perchè, se la minaccia della sanzione dell'ammenda, com

mutabile in pena restrittiva della libertà personale, rap

presenta un valido monito per il debitore moroso al paga mento dell'imposta sui profitti eccezionali di contingenza, tale minaccia non assorbe e perciò non elimina le altre

garanzie che il legislatore ha apprestato per rendere più

pronta e più sicura la riscossione.

Prive di consistenza sono anche le censure di omessa

pronuncia sulle domande di declaratoria di inefficacia, e di

revoca dei sequestri per inesistenza del credito tributario.

L'inefficacia del sequestro consegue al passaggio in

giudicato della sentenza che dichiara inesistente il diritto, a

cautela del quale il sequestro è stato concesso (art. 683, 3° comma, cod. proc. civ.) ; nella specie quindi i sequestri non potevano essere dichiarati inefficaci con la stessa sen

tenza che negava la esistenza del credito d'imposta, prima che la decisione sul punto fosse passata in autorità di cosa

giudicata. È del pari evidente che, non richiedendo i sequestri de

quibus seguito di convalida (art. 19, 8° comma r. decreto

3 giugno 1943 n. 598), non si poneva per essi il problema della

revoca, che avrebbe presupposto un giudizio di accerta

mento della sussistenza o meno delle condizioni che legit timano il sequestro, per la conseguente sua conferma o

revoca ; giudizio che nella specie era escluso. Onde nella

stessa constatazione che i sequestri non richiedevano seguito di convalida era implicito il rigetto della domanda di revoca.

Restano da considerare le ultime censure, a proposito delle quali giova segnalare, in punto di fatto, che la Corte

di merito ha negato l'obbligo dell'Amministrazione delle

finanze di rispondere dei danni per gli eseguiti sequestri,

respingendo di conseguenza la contraria pretesa che il

E' daelli aveva fondato sul difetto di normale prudenza dell'Amministrazione nell'esecuzione dei sequestri, per due

ordini di ragioni, e cioè perchè : a) « il pericolo è imma

nente allorché, come nella specie, si tratti di accerta

mento di così rilevante entità » ; b) « la facoltà dell'Inten

dente di richiedere la misura cautelare, proprio perchè di

screzionale, non è sottoposta ai vincoli ed alle sanzioni della

comune legge processuale ».

Dei due ordini di ragioni il primo è valido e basta da

solo a sorreggere la decisione.

Se la Corte ha ritenuto nella specie immanente il pe

ricolo, ha riconosciuto che non rientrava nella comune

previsione che il diritto sarebbe stato dichiarato inesistente,

e quindi implicitamente che la Amministrazione, caute

landosi contro il pericolo di perdere le garanzie del credito

mediante i sequestri, aveva agito secondo la normale pru denza.

Con che la fattispecie restava fuori del campo di ap

plicazione del 2° comma dell'art. 96 cod. proc. civ. e quindi la pretesa di risarcimento affacciata dal Redaelli risultava

priva di fondamento.

Dopo di che perdono rilevanza le giuste critiche mosse

al secondo ordine di ragioni in cui è manifesto l'errore della

Corte che ha trasferito nel campo del contenzioso tribu

tario il principio della così detta discrezionalità ammini

strativa, che opera nel campo amministrativo, giacché si

risolve nella potestà della pubblica Amministrazione di

apprezzare l'interesse pubblico al fine di decidere la con

venienza o meno dell'azione amministrativa.

Anche il ricorso del Redaelli non merita quindi di essere

accolto.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

Il

La Corte, ecc. —- (Omissis). Con il secondo mezzo la Amministrazione delle finanze insiste nell'eccepire che la azione di danni, di cui è discussione, avrebbe dovuto essere dichiarata non proponibile anche per le seguenti ragioni :

a) l'accertamento della responsabilità aggravata ex 2° com ma dell'art. 96 cod. proc. civ. è devoluta al giudice com

petente a giudicare sulla esistenza o meno del diritto

per cui è stato eseguito il provvedimento cautelare oppure è stata iniziata o compiuta l'esecuzione forzata. E poiché l'accertamento sulla esistenza o meno del diritto all'avo cazione dei profitti di regime nei confronti di un determi nato soggetto si appartiene ad un giudice speciale (sezione

speciale della commissione provinciale tributaria), il quale, d'altra parte, difetta del potere giurisdizionale per cono scere dei danni eventualmente conseguenti alle misure cautelari richieste ed ottenute dall'Amministrazione a ga ranzia dell'interesse dello Stato per la predetta avocazione ; stante ciò, in materia di avocazione di profitti di regime non sarebbe concepibile sotto alcun profilo, secondo l'af fermazione delle Finanze, una responsabilità aggravata dello Stato, ai sensi del 2° comma dell'art. 96 ; b) la proce dura di avocazione dei profitti di regime riveste carattere sostanzialmente tributario, sicché la richiesta delle misure cautelari relative si risolve in una proposta, il cui esercizio, essendo rimesso al criterio discrezionale della pubblica Amministrazione, non è sindacabile dal giudice ordinario.

La censura di cui alla lettera a) non può essere accolta ; al contrario, è fondata, in parte, la censura di cui alla let tera b).

In relazione alla censura di cui alla lettera a) deve essere osservato che il disposto dell'art. 96 cod. proc. civ. non è che la proiezione del principio fondamentale del neminem laedere, di cui all'art. 2043 cod. civ. Ed è proprio partendo da tale fondamento che questa Corte suprema (sent. n. 1512 del 1952, Foro it., Eep. 1952, voce Spese giudi,., n. 93) e la dottrina hanno potuto distinguere la giu stificazione della responsabilità ex art. 96 dalla giusti ficazione sulla quale è fondata la normale condanna alle

spese ex art. 91 stesso codice, ed hanno posto in risalto come mentre la seconda si fonda sul fatto obiettivo della

soccombenza, la prima si richiama ai principi generali in tema di illecito extracontrattuale.

Ciò posto, deve essere rilevato che, indubbiamente, nella ipotesi in cui è possibile il simultaneus processus, il

giudice competente a decidere nel merito (e cioè il giudice competente a decidere sulla sussistenza o meno del diritto

per il quale fu richiesta la misura cautelare ovvero fu at tuato l'atto esecutivo) è l'unico competente a decidere sulla richiesta di danni per responsabilità aggravata. Trat

tasi, in definitiva, di una competenza che trova la sua ra

gion d'essere nella connessione tra il giudizio di merito e

quello sulla responsabilità per danni. Stante ciò, però, la

predetta competenza non può sottrarsi ai normali limiti entro i quali la connessione è istituzionalmente destinata ad operare.

Di tali limiti è riflesso legislativo nel principio generale dell'art. 40 cod. proc. civ., per il quale la connessione pro voca il simultaneus processus, se ed in quanto sia possibile trattare esaurientemente, in unico processo, le cause con nesse ; altro riflesso legislativo è nell'art. 680 cod. proc. civ., per il quale l'abbinamento del giudizio di merito e del giudizio sulla convalida del sequestro trova un limite necessario nell'ipotesi in cui la controversia di merito si

appartenga alla competenza di un giudice speciale. E cioè, nei casi menzionati, il legislatore ha enunciato,

implicitamente ma chiaramente, il principio generale che la

esigenza della tutela giuridica non può essere sacrificata

dalla impossibilità del simultaneus processus. Tale prin

cipio, a maggior ragione, deve essere applicato nel caso in

cui, come nella specie in esame, la protestata responsabi lità per danni ha, come più sopra si è detto, quale suo na

turale fondamento giuridico, il normale presupposto della

responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ. 1 Deve essere, quindi, affermato che ben può sussistere, in

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1903 PARTE PRIMA 1904

ipotesi, una responsabilità aggravata per i danni conse

guenti ad una misura cautelare anche se la predetta misura, in conseguenza di disposizioni speciali, non sia suscettibile

dell'ordinario giudizio di convalida. La censura di cui alla

lett. a) del secondo mezzo del ricorso incidentale è quindi infondata.

Deve essere accolta, invece, per quanto di ragione, la censura di cui alla lett. b) del predetto mezzo.

Giova richiamare, sinteticamente, che fino alla emana

zione decreto legisl. luog. 26 marzo 1946 n. 134, il quale

provvide ad inquadrare la materia della avocazione dei

profitti di regime nell'ordinamento tributario dello Stato, la predetta avocazione mantenne un carattere politico sanzionatorio. Con l'accennato decreto luog. n. 134 del

1946, la avocazione dei profitti di regime acquisì un ca

rattere essenzialmente fiscale e venne ad inquadrarsi nella

cornice della imposizione tributaria straordinaria, al punto che il soggetto passivo dell'avocazione, già qualificato come presunto profittatore, venne invece qualificato, dal

l'indicato decreto legislativo del 1946, come « contribuente ».

Da ciò deriva che anche la richiesta delle misure cau

telari, atte ad assicurare la realizzazione dell'avocazione

dei profitti, restò in un primo tempo qualificata dal ca

rattere politico-sanzionatorio della predetta avocazione

e, in secondo tempo, venne ad inserirsi nel quadro dell'ac

certamento tributario. Nell'uno e nell'altro caso, quella richiesta di misure cautelari si ricollega all'esercizio di un

potere discrezionale della pubblica Amministrazione e, come tale, si sottrae al controllo da parte del giudice or

dinario.

Nel primo caso, infatti, detta insindacabilità si rial

laccia alla normale insindacabilità degli atti politici della

pubblica Amministrazione ; nel secondo caso essa si rial

laccia, invece, al particolare, che la pubblica Amministra

zione, differenziandosi dal normale creditore che si avvale

dei mezzi ordinari, apprestati dalla legge processuale, per

salvaguardare il proprio diritto, è essa sola idonea a giu dicare sulla esigenza o meno di richiedere al giudice, e

quindi, poi, di mantenere, le misure cautelari previste a

tutela del credito di natura tributaria (sent. n. 2901 del

1957 delle Sezioni unite di questa Corte suprema, Foro it., 1958, I, 1850).

Nell'uno e nell'altro caso, però, il carattere discrezio nale della condotta della pubblica Amministrazione trova il limite necessario nella responsabilità della medesima

pubblica Amministrazione per atti arbitrari, di fronte ai

quali il diritto dei privati, già compresso nella sfera del

l'interesse legittimo, risorge nella interezza del proprio contenuto e nella conseguente esigenza dell'assoggetta mento alla normale tutela da parte del giudice ordinario.

Applicando i concetti fin qui esposti alla fattispecie in esame, se ne ricava che fino alla decisione 12 marzo

1951, diventata definitiva per mancanza di impugnativa e con la quale la Sezione speciale presso la Commissione

provinciale delle imposte di Bologna affermò la carenza

degli estremi oggettivi e soggettivi per un'avocazione di

profitti di regime a carico dei Venturi, il sequestro richie sto e mantenuto dall'Intendente di finanza non potette rivestire carattere arbitrario. Infatti : 1) quella misura cautelare venne richiesta dall'Intendente di finanza di Bo

logna in relazione all'allora vigente art. 26 decreto legisl. luog. 27 luglio 1944 n. 159, il quale, mentre sotto il ri flesso soggettivo riteneva sufficiente l'aver rivestito ca riche pubbliche o l'avere comunque svolto attività poli tica fascista dal punto di vista oggettivo estendeva la

propria efficacia presuntiva a tutti gli incrementi patri moniali che i soggetti summenzionati e i loro familiari avessero conseguito dopo il 28 ottobre 1922, salvo che gli interessati non avessero dimostrato la lecita provenienza dei discussi arricchimenti ; 2) nel momento in cui il

sequestro venne richiesto ed ottenuto, il rapporto del Que store di Bologna in data 25 aprile 1944 accertava che il Venturi Enea aveva ricoperto varie cariche politiche du rante il regime fascista e che il Venturi Brenno era interes

sato, con il fratello Enea, nella consistenza patrimoniale, quale era stata desunta presso l'Ufficio del catasto. I Ven

turi hanno insistito nel dedurre la non rilevanza dell'ac

cennato rapporto, comechè redatto in epoca in cui vigeva, a Bologna, la sovranità di fatto della repubblica di Salò.

In contrario, però, deve osservarsi che il rapporto proma nava, pur sempre, da un organo (questore) restato in carica

per assicurare il normale svolgimento della vita civile, e

che, d'altra parte, quel rapporto rispecchiava semplici dati

di fatto, quali era stato possibile accertare in quel tempo, in base ad indagini di cui veniva dato atto ; anche se, nel

prosieguo degli anni e con l'evolversi, in senso distensivo, della legislazione speciale in materia di avocazione e con

l'approfondimento delle indagini, il contenuto di quel rap

porto più non si dimostrò idoneo a far ritenere avocabili

i denunziati profitti ; 3) anche per quanto attiene al man

tenimento della misura cautelare, fino, come or ora sarà

precisato, alla decisione della Sezioni speciale presso la Com

missione provinciale, che accertò definitivamente la insus

sistenza di profitti avocabili, l'Amministrazione mantenne il proprio operato nei limiti della previsione legislativa.

Infatti, in un primo momento, non si oppose alla istanza

Venturi onde ottenere la sostituzione del sequestro con la

iscrizione di un'ipoteca legale, e quella sostituzione non

potette attuarsi in conseguenza del vincolante parere ne

gativo del Comitato tecnico presso l'Alto commisssariato

per le sanzioni contro il fascismo, la cui attività si inseriva direttamente nel quadro politico-sanzionatorio, che in

allora qualificava l'avocazione dei profitti di regime. In

prosieguo di tempo, l'Amministrazione delle finanze pro mosse essa stessa la progressiva riduzione dell'oggetto del

sequestro. I dati suelencati si ricavano dalla documentazione già

acquisita agli atti e sono quindi direttamente utilizzabili da queste Sezioni unite, comechè relativi al controllo della

competenza o meno del giudice ordinario a conoscere del l'azione di danni proposta dai Venturi. Il complesso di

detti dati porta, poi, ad escludere, come si è detto, nella richiesta e nel mantenimento del sequestro, fino all'epoca più sopra precisata, ogni carattere arbitrario. E ciò è suf ficiente a far ritenere, sempre in relazione ai precisati limiti di tempo, la improponibilità della domanda Venturi innanzi al giudice ordinario, al quale era inibito, trattan

dosi, per le esposte ragioni, d'attività discrezionale, ogni più penetrante indagine ai fini della colpa dedotta dai Venturi medesimi a carico dell'Amministrazione.

Quanto sopra importa, d'altra parte, l'assorbimento in relazione al periodo di tempo su precisato, di quella parte della censura del ricorso principale, con la quale i Venturi hanno denunziato che la Corte di appello non avrebbe motivato a sufficienza la propria pronuncia circa la mancanza di colpa, a carico della Amministrazione, se condo i criteri normali.

Per il periodo invece, successivo alla riconosciuta in sussistenza di prefitti avocabili e fino alla data del sequestro, e cioè per il periodo 12 marzo 1951-26 giugno 1952, si im

poneva il problema di un'autonoma valutazione della con dotta dell'Amministrazione delle finanze, onde accertare se il mantenimento della misura cautelare si presentasse ancora giustificato, nonostante la decisione ormai negativa sulla sussistenza di profitti avocabili. Venuta meno, a

seguito di tale decisione, l'applicabilità della legislazione speciale in materia di avocazione, la valutazione della suc cessiva condotta dell'Amministrazione è soggetta, ai fini del danno, alla competenza del giudice ordinario in base ai normali criteri in materia di azioni per risarcimento avverso essa pubblica Amministrazione.

La sentenza impugnata, però, si è astenuta comple tamente da qualsiasi accenno circa la condotta delle Finanze

dopo la decisione negativa sulla esistenza di profitti avo cabili. A tale omissione dovrà essere riparato dal giudice di

rinvio, nell'esercizio della normale libertà di apprezza mento circa la condotta della pubblica Amministrazione.

Concludendo, deve essere disposta la riunione del ri corso principale dei Venturi e del ricorso incidentale delle Finanze ; deve essere accolto, per quanto di ragione, il secondo mezzo del ricorso incidentale e deve essere di chiarata la improponibilità dell'azione di danni, spiegata

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dai Venturi, in relazione alla richiesta ed al mantenimento,

da parte delle Finanze, del sequestro conservativo fino al

l'accertamento definivo, da parte della competente Com

missione, della insussistenza dei profitti di regime avoca

bili a carico dei Venturi ; deve essere dichiarata assorbita

la censura del ricorso principale Venturi, nella parte rela

tiva alla denunziata insufficienza di motivazione in rela

zione al periodo di tempo succitato. Limitatamente a tale

parziale accoglimento del ricorso incidentale, ed a tale dichia

rato assorbimento del ricorso principale, la sentenza im

pugnata deve essere cassata senza rinvio.

Deve essere accolto, per quanto di ragione, e cioè in

relazione all'ulteriore mantenimento del sequestro per il

periodo 12 marzo 1951-26 giugno 1952, il ricorso principale. Devono essere rigettate le altre censure del ricorso in

cidentale.

La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, limitatamente alla parte accolta del ricorso principale e la,

causa deve essere rinviata, per nuovo esame, in relazione

alla parte accolta del ricorso principale alla corte d'appello, che deciderà anche sulle spese di questo giudizio di cassa

zione.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SOPitEMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite civili ; sentenza 31 ottobre 1960, n. 2962 ;

Pres. Oggioni P. P., Est. Di Majo, P. M. Cigolini

(conci, diff.) ; Ricevitoria prov. imp. dir. Caserta-Ge

stione Banco di Napoli (Avv. Scandale) c. Banca del

Matese, Esattoria imp. dir. Consorzio Piedimonte di

Alile (Avv. Fragola) e Finanze (Avv. dello Stato

Magini).

(Gassa App. Napoli 9 luglio 1958)

Esazione delle imposte e esattore — Riscossione in

base a titolo poi annullato — Domanda di rimborso — Legittimazione passiva del ricevitore —• In

sussistenza (R. d. 17 ottobre 1922 n. 1401, t. u. sulla

riscossione delle imposte dirette, art. 5, 24, 73, 75, 80, 88 ; r. d. 15 settembre 1923 n. 2090, regolamento per la

riscossione delle imposte dirette, art. 89, 98 ; d. m.

18 settembre 1923, capitoli normali per l'esercizio delle

ricevitorie ed esattorie delle imposte dirette art. 17).

La domanda di rimborso delle imposte, che il ricevitore pro vinciale ha riscosso dagli esattori comunali in base al

riassunto dei ruoli consegnatogli dall'intendente di fi nanza, va proposta, a seguito di annullamento da parte del Consiglio di Stato del provvedimento di aggregazione del comune ad un consorzio, nei confronti dell'ente impo store e non del ricevitore. (1)

(1) Mentre Cass. 24 aprile 1958, n. 1355, Foro it., Rep. 1958, voce Esazione, n. 79 (annotata da G. Greco, Richiesta d'intervento in causa dell' Amministrazione finanziaria a istanza dell'esattore, presupposti e limiti, in Esatt. imp., 1959, 72) nega legittimazione autonoma all'esattore e richiede l'intervento in causa dell'Amministrazione quando la contestazione verta sulla

legittimità del debito d'imposta o sulla esistenza giuridica del ti tolo esecutivo ; Cass. 15 novembre 1958, n. 3720, Foro it., Rep. 1958, voce cit., n. 80 (annotata da G. Greco, Azione giudiziaria riguardante domanda di rimborso di imposte dirette e legittima zione passiva, in Riv. dir. fin., 1959, II, 21) afferma che, se il con tribuente chiede in giudizio il rimborso di un'imposta diretta non dovuta, la domanda va proposta nei confronti dell'esattore, ancorché fondata sull'illegittimità dell'accertamento tribu

tario, e l'Amministrazione può solo intervenire in giudizio ove si verifichi una delle ipotesi dell'art. 17 dei capitoli normali. Così anche App. Brescia 16 maggio 1957, Foro it., Rep. 1958, voce cit., nn. 81-83, che aveva in precedenza ritenuto (sent. 4 marzo 1953, id., Rep. 1953, voce cit., n. 54) proponibile nei con fronti dell'Amministrazione l'azione per ripetizione di somma che

La Corte, ecc. — Con l'unico motivo di ricorso il rice

vitore provinciale delle Imposte dirette di Caserta, gestione Banco di Napoli, nel denunciare la violazione degli art.

5, 24, 75, 80 e 88 t. u. sulla riscossione delle imposte dirette

17 ottobre 1922 n. 1401 ; art. 98 segg. del regolamento ; 17

dei capitoli normali ; 360 cod. proc. civ. deduce sostanzial

mente che ha errato la Corte d'appello nel ritenere che la

domanda di cui è causa (e cioè la domanda di rimborso

per imposte che il ricevitore ha riscosso perchè obbligato in base ad un titolo sulla cui legittimità egli non era tenuto

ad indagare, ma che sia stato invece annullato per illegit timità dal Consiglio di Stato) dovesse essere proposta nei

confronti del ricevitore e non, invece, nei confronti dell'ente

impositore. Sostiene il ricorrente che l'espressione usata dall'art. 75

della legge di riscossione, e cioè che il ricevitore riscuote

si assuma non dovuta e che sia stata pagata ai fini della sospen sione della procedura esecutiva. Cass. 15 maggio 1953, n. 1390

(id., Rep. 1953, voce cit., n. 44) ritiene che in sede di opposi zione all'esecuzione fiscale il contribuente può validamente pro porre contro l'esattore anche le eccezioni attinenti alla sussi stenza della pretesa tributaria, senza che occorra la chiamata in causa dell'ente impositore (nega l'ipotesi del litisconsorzio necessario, propendendo per l'intervento coatto ad istanza di

parte, Cass. 8 luglio 1953, n. 2175, ibid., n. 68) ; Cass. 21 giu gno 1952, n. 1824 (id., Rep. 1952, voce cit., n. 78) nega che l'esat tore convenuto in giudizio per il rimborso d'imposte che si di cono indebitamente percette possa chiamare in garanzia l'Ammi nistrazione finanziaria, sussistendo a suo carico soltanto l'ob

bligo di denunzia della lite ; Cass. 25 febbraio 1950, n. 444 (id., Rep. 1950, voce cit., nn. 95, 96) ritiene che, disposto il rimborso dall'ente impositore, alla esecuzione relativa provvede l'esattore, che, in difetto, può essere condannato ad una multa.

Sempre occupandosi del più volte citato art. 17 dei capitoli normali (che Cass. 14 febbraio 1941, id., Rep. 19j1, voce cit., n. 35, qualifica norme esecutive ed integrative delle disposi zioni della legge e del regolamento, relativi alle ricevito ie ed esattorie: così anche Cass. 5 dicembre 1938, n. 3147, id., i93!>, I, 551), Cass. 23 maggio 1946 (id., Rep. 1946, voce cit., n. 34) afferma che all'obbligo dell'esattore di chiamare in causa l'Ammi nistrazione non corrisponde per quest'ultima l'obbligo di parteci pare al giudizio onde la accoglibilità della domanda di estromis sione dal giudizio ; mentre Cass. 11 marzo 1940 (id., Rep. 1940, voce cit., n. 195) precisa che, se si fa questione o sul titolo esecu tivo o sull'obbligazione tributaria, l'esattore non ha legittima zione passiva autonoma e deve, sotto comminatoria di responsa bilità par danni, richiedere l'intervento in causa dell'Ammini strazione finanziaria. Si veda infine Cass. 22 febbraio 1938, n. 377, id., 1938, I, 1175, con ampia nota di richiami (e il com mento di Cocivera, L'art. 17 dei capitoli normali ed i limiti di responsabilità dell'Amministrazione finanziaria nei confronti del l'esattore, ibid., 1654), che ha detto ammissibile la chiamata in garanzia dell'Amministrazione da parte dell'esattore richiesto dal contribuente di restituzione della multa di mora, pagata ma non dovuta per irregolare notifica del ruolo ; dichiarala in vece inammissibile da Cass. 12 luglio 1937, n. 2448, ibid., 200, pur nel caso in cui l'irregolarità degli atti esecutivi sia riferibile al l'Amministrazione.

In dottrina si consulti Ali.omo, Dir. proc. tributario3, pag. 136 e segg., che, rivedendo l'opinione precedente mente espressa (l'esattore come soggetto, dal lato attivo dell'imposta, della sola lite da inadempimento che si compone nel processo esecutivo), afferma come l'esattore assuma la posizione di soggetto del processo tributario, ma non di soggetto della lite.

Con riferimento al decreto pres. 29 gennaio 1958 n. 645, testo unico delle leggi sulle imposte dirette (Le Leggi, 1958, 1512), applicabile dal 1° gennaio 1960, va riferito che l'art. 198 (ricor dato nella motivazione della sentenza chi si annota) con la rubrica « sgravio dei ruoli » dispone al 1° comma che «quando risulta che sono state iscritte a ruolo somme non dovute l'ufficio ne di

spone lo sgravio, dandone avviso al contribuente » ; mentre l'art. 199, al 1° comma, dispone che « l'elenco di sgravio è conse gnato all'esattore il quale, sulla base di esso, rimborsa al contri buente le somme già riscosse, ovvero le imputa alle rate scaduto e non ancora riscosse'».

Quelle norme sulla riscossione delle imposte dirette, con tenute nel t. u. del 1922 e nel regolamento del 1923, richia mate nel corso della motivazione della sentenza annotata, son rimaste in vigore pur dopo il nuovo t. u. sopra citato, eccezion fatta per l'art. 24 del t. u. 17 ottobre 1922 n. 1401, esplicitamente abrogato dall'art. 288, lettera c, t. u. del 1958.

Il Fono Italiano — Volume LXXXIII — Parte 1-122.

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