sezione I civile; sentenza 30 gennaio 1998, n. 974; Pres. Grossi, Est. Grieco, P.M. Bonajuto(concl. conf.); Perazzolo e altri (Avv. Liuzzi, Gelmi, Leandro) c. Comune di Verona; Comune diVerona (Avv. Miraglia) c. Perazzolo; Azienda gen. servizi municipalizzati di Verona c. Perazzolo.Cassa App. Venezia 28 settembre 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 5 (MAGGIO 1998), pp. 1497/1498-1499/1500Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194449 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 30 gen naio 1998, n. 974; Pres. Grossi, Est. Grieco, P.M. Bonaju
to (conci, conf.); Perazzolo e altri (Aw. Liuzzi, Gelmi, Lean
dro) c. Comune di Verona; Comune di Verona (Aw. Mira
glia) c. Perazzolo; Azienda gen. servizi municipalizzati di Verona c. Perazzolo. Cassa App. Venezia 28 settembre 1995.
Competenza civile — Giudice incompetente per materia — Rias
sunzione entro il termine stabilito — Prosecuzione del rap
porto processuale (Cod. proc. civ., art. 50).
La riassunzione del giudizio, effettuata entro il termine stabilito
avanti il giudice dichiarato competente, comporta la prosecu zione del rapporto processuale pendente anche in ipotesi di
originaria incompetenza per materia. (1)
(1) Nella fattispecie il Tribunale di Verona, adito in primo grado, aveva dichiarato la propria incompetenza a decidere sulla domanda pre sentata dagli affittuari coltivatori diretti del fondo espropriato, mirante ad ottenere, ex art. 17 1. n. 865 del 1971, la condanna degli enti epro prianti al pagamento a favore degli attori di una indennità uguale o correlata a quella spettante alla proprietaria. Riassunta la causa avanti la Corte d'appello di Venezia, gli attori vedevano respingersi le proprie domande e presentavano quindi ricorso alla Suprema corte per chiedere la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Venezia. Nel corso del giudizio gli enti eproprianti eccepivano, fra l'altro, l'inammissibilità della riassunzione di un processo iniziato avanti un giudice incompeten te per materia ma la corte ha ritenuto infondato l'assunto poiché si è verificata la translatio iudicii.
Il giudizio ha ad oggetto non l'opposizione alla stima peritale (di competenza funzionale della corte d'appello ex art. 19 1. cit.) bensì,
appunto, la condanna al pagamento di una somma di denaro la cui
competenza, nel caso di specie, rimane radicata in via anomala in capo alla corte d'appello poiché sulla questione, come afferma la Suprema corte, «in difetto di istanza di parte o di richiesta di ufficio di regola mento di competenza, si è formato il giudicato». La Cassazione affer ma: a) che la riassunzione del giudizio avanti il giudice dichiarato com
petente comporta la translatio iudicii; b) che nella fattispecie in esame non può applicarsi il termine per la proposizione della domanda, decor rente dalla pubblicazione nel foglio annunci legali della stima poiché, essendosi verificata la cessione convenzionale dei beni, la determinazio ne peritale non ha avuto luogo.
In senso conforme, senza peraltro pronunciarsi circa il tipo di incom
petenza della precedente fase di giudizio, cfr. Cass. 22 settembre 1983, n. 5628, Foro it., Rep. 1983, voce Competenza civile, nn. 247, 257; 25 ottobre 1994, n. 8752, id., Rep. 1994, voce Procedimento civile, n. 130, secondo cui per stabilire se si verifichi la prosecuzione del pro cesso, occorre unicamente verificare l'idoneità dell'atto riassuntivo.
Cass. 27 settembre 1995, n. 10237, id., Rep. 1995, voce Espropriazio ne per p.i., n. 171, ha affermato che ai fini della decorrenza del giudi zio, vale anche la proposizione del giudizio davanti a giudice dichiara tosi poi incompetente poiché l'incompetenza non preclude la prosecu zione del giudizio stesso.
Sulla riassunzione e l'incompetenza per materia, cfr. Cass. 30 maggio 1980, n. 3564, id., Rep. 1980, voce Sfratto, n. 13; 27 novembre 1986, n. 6996, id., Rep. 1986, voce Competenza civile, n. 85, secondo le quali il giudice incompetente per materia (nei casi di specie trattavasi di cause da decidersi con rito locatizio) deve dare le «disposizioni per la transla
tio iudicii». La Suprema corte, con sent. 18 settembre 1992, n. 10692, id., 1994,
I, 875, si è pronunciata su un caso di riassunzione a seguito di sentenza che dichiarava l'incompetenza per materia dichiarando che la nullità della riassunzione fatta con citazione anziché con comparsa non è com minata dalla legge: da ciò si arguisce che la riassunzione è valida se la citazione raggiunge lo scopo di riattivare il processo quiescente.
In dottrina, sul tema in generale, da ultimo, cfr. Riccardi, Un caso di competenza sopravvenuta: effetti della cancellazione della causa dal ruolo e funzione della riassunzione, in Giur. merito, 1995, 937; Mur
ra, Su un caso di competenza sopravvenuta, in Giusi, civ., 1990, I,
1217; G. Canale, La Suprema corte tra questioni di rito e giustizia sostanziale: un caso singolare, in Giur. it., 1993, I, 1, 1681.
Ancora in dottrina, sui principi generali, cfr. Andrioli, Commento
al codice di procedura civile, Napoli, 1954, 175, secondo cui «la citazio
ne avanti il giudice poi riconosciutosi o dichiarato incompetente, vale
a costituire un valido procedimento nel senso che il processo, una volta
dichiarata l'incompetenza, trasmigra avanti il giudice indicato o dichia
rato competente». Carnelutti, Sistema del diritto processuale civile,
Padova, 1936, 71, analizza la c.d. «proposizione riassuntiva» e la di
stingue da quella «introduttiva» dal fatto che con la prima si ricomincia
un giudizio dopo che è stato già una volta cominciato. Quest'ultima
poi deve ulteriormente distinguersi a seconda che il giudice procedente sia o meno arrivato alla sua meta: nel primo caso «la proposizione si riferisce al medesimo procedimento della proposizione introduttiva; nel secondo a un procedimento diverso».
Il Foro Italiano — 1998.
Svolgimento del processo. — Con citazione notificata in data
12-21 marzo 1991 Palazzolo Germano, Palazzolo Domenico e
Palazzolo Sergio convenivano in giudizio, davanti al tribunale, il comune di Verona e l'Azienda generale dei servizi municipa lizzati di Verona, esponendo: che gli attori erano affittuari col
tivatori diretti di un fondo con sovrastanti fabbricati sito in
Verona S. Michele, della superficie di ettari 73.37.58, in virtù
di contratto stipulato il 15 marzo 1986 con la proprietaria Azien
da agricola Cà del Bò s.a.s.; che una parte di tale fondo, per una superficie di ettari 44.26.08, era interessata dalla procedura di espropriazione per la realizzazione di un impianto comunale
di trattazione dei rifiuti solidi urbani; che con decreti del presi dente della provincia di Verona 13 luglio 1990 n. 271 e 3 otto
bre 1990 n. 274 era stata determinata l'indennità di esproprio in lire 2.192.024.000 per i terreni e in lire 1.034.200.000 per i fabbricati; che la società proprietaria aveva acceduto alla ces
sione bonaria dei beni dietro corresponsione dell'indennità co
me sopra determinata maggiorata del cinquanta per cento stipu lando la relativa convenzione col comune di Verona il 12 feb
braio 1991. Pertanto, gli attori nella predetta qualità, affermando
il loro diritto alla corresponsione di una indennità uguale a quella
spettante alla proprietaria, chiedevano condannarsi il comune
a l'azienda convenuti al pagamento della somma di lire
4.500.000.000 o della somma maggiore o minore ritenuta dovu
ta, con rivalutazione ed interessi.
Il comune e l'Azienda generale dei servizi municipalizzati di
Verona eccepivano l'incompetenza del giudice adito e l'intem
pestività della domanda, e comunque l'infondatezza della stessa
nel merito, deducendo l'inesistenza di un contratto di affitto
valido e opponibile all'espropriazione, nonché l'erroneità per eccesso della somma richiesta.
Con sentenza 2 luglio 1992, n. 844 il Tribunale di Verona
dichiarava la propria incompetenza, assegnando alle parti ter
mine di tre mesi per la riassunzione del giudizio davanti alla
Corte di appello di Venezia e compensando le spese tra le parti. Alla riassunzione provvedevano Perazzolo Germano, Dome
nico e Sergio con atto notificato il 29 ottobre 1992, chiedendo
la condanna delle parti convenute al pagamento della somma
di lire 3.000.000.000 o di quella maggiore o minore ritenuta
giusta, oltre accessori.
Il comune e l'azienda eccepivano: l'inammissibilità della rias
sunzione di un giudizio iniziato davanti a un giudice incompe tente per materia; la nullità dell'atto di riassunzione sia per es
sere stata effettuata la notificazione di esso presso il precedente domiciliatario dei convenuti anziché agli stessi, sia per carenza
delle «caratteristiche proprie degli atti introduttivi del giudizio avanti alla corte di appello a mente dell'art. 19 1. n. 865 del
1971»; l'inammissibilità della domanda in quanto tardiva in re lazione alla data di pubblicazione nel Fai. Gli enti convenuti contestavano inoltre la fondatezza della domanda, nel merito, sotto diversi profili.
La corte di appello con sentenza non definitiva 21 dicembre
1993/18 marzo 1994, n. 278 ha respinto le eccezioni preliminari di nullità e di decadenza, disponendo per il prosieguo del giudi zio. Quindi, con sentenza definitiva 4 luglio/28 settembre 1995, n. 1047, ha respinto le domande degli attori ponendo a loro
carico le spese processuali. Per la cassazione di tale ultima sentenza ricorrono in via prin
cipale, congiuntamente, Perazzolo Germano, Perazzolo Dome
nico e Perazzolo Sergio, deducendo due motivi sotto i rispettivi titoli di «travisamento ed erronea interpretazione delle eccezioni
avverse, violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, mancato esame e contraddittorietà» e di «travisamento, erro
neità, erronea-insufficiente interpretazione delle prove e risul
tanze degli atti». Il comune di Verona e l'Azienda generale dei servizi municipalizzati di Verona resistono con distinti, ma coin cidenti nel contenuto, controricorsi, proponendo ricorsi inciden tali per la cassazione della sentenza non definitiva, dando atto
di aver formulato rituale riserva di gravame. Motivi della decisione. — Il ricorso principale proposto da
Perazzolo Germano, Perazzolo Domenico e Perazzolo Sergio, e i ricorsi incidentali proposti dal comune di Verona e dall'A zienda generale dei servizi municipalizzati di Verona vengono
preliminarmente riuniti per essere contestualmente trattati e decisi.
1. - Riveste prioritaria rilevanza la censura che il comune e
l'azienda nei rispettivi ricorsi incidentali muovono, in termini del tutto coincidenti, alla sentenza non definitiva della corte
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1499 PARTE PRIMA 1500
di appello 21 dicembre 1993/18 marzo 1994, n. 278. Le suddet
te parti contestano che il procedimento, instaurato dagli attori
davanti al Tribunale di Verona erroneamente ritenuto compe tente in via ordinaria, potesse essere riassunto davanti dalla corte
di appello investita della speciale competenza in unico grado di merito prevista dall'art. 19 1. 22 ottobre 1971 n. 865; e so
stengono conseguentemente che, non verificandosi, in tal caso, l'effetto della translatio iudicii, la domanda formulata con l'at
to introduttivo del nuovo giudizio sarebbe inammissibile perché tardiva in relazione al termine di decadenza a cui la legge su
bordina l'opposizione alla stima dell'indennità di espropriazio ne, facendo presente che comunque tale termine non risultereb
be rispettato nemmeno dall'originaria citazione introduttiva del
giudizio davanti al tribunale. 2. - L'assunto delle parti ricorrenti in via incidentale si palesa
sotto ogni profilo infondato. Osservasi, anzitutto, che il dispo sto dell'art. 50 c.p.c. — secondo cui se la riassunzione della
causa davanti al giudice dichiarato competente avviene nel ter
mine fissato nella sentenza del giudice e in mancanza in quello di sei mesi dalla comunicazione della sentenza di regolamento o della sentenza che dichiara l'incompetenza del giudice adito, il processo continua davanti al nuovo giudice — quantunque collocato sistematicamente nell'ambito della disciplina del rego lamento di giurisdizione e di competenza, ha una valenza gene
rale, in virtù della quale è riferibile sia alle sentenze con cui
la Corte di cassazione (in sede di regolamento o di ricorso ordi
nario) sancisce la competenza di un giudice diverso da quello
adito, sia alle sentenze con cui il giudice adito nel merito dichia
ri la propria incompetenza provvedendo — anche senza necessi
tà di istanza di parte in tal senso — ad indicare il giudice rite nuto competente, sia, infine, alle sentenze con cui il giudice di appello, riconosciuta l'incompetnza del giudice adito in pri mo grado, indichi quello che ritiene competente. E la previsione normativa in esame trova applicazione in relazione a tutte le
forme di competenza, nessuna rilevanza potendosi attribuire a
questi effetti alla differenziazione tra la incompetenza per valo
re, per territorio derogabile, per litispendenza, continenza o con
nessione, e la competenza per materia o per territorio inderoga
bile, che l'art. 44 c.p.c. introduce al diverso fine di attribuire, nel primo e non anche nel secondo ordine di ipotesi, efficacia
incontestabile alla dichiarazione di incompetenza e alla correla
tiva indicazione del giudice competente, in presenza di tempesti va riassunzione e in difetto di impugnazione con istanza di re
golamento. La segnalata peculiarità della competenza inderoga bilmente attribuita dalla legge alla corte di appello in materia
di opposizione alla stima dell'indennità di espropriazione non
esclude, quindi, che anche in tal caso si esplichi l'effetto della
translatio iudicii per cui la tempestiva riassunzione dà luogo non già alla costituzione di un nuovo autonomo rapporto pro cessuale bensì al trasferimento e alla prosecuzione del rapporto
precedente. All'atto introduttivo di questo, pertanto, occorre
avere riguardo al fine di verificare l'ammissibilità della doman
da in relazione ai termini di decadenza a cui la legge sottopone la proponibilità della stessa. In concreto, dalla riassunzione del
la causa effettuata davanti alla corte di appello da parte di Pe
razzolo Germano, Domenico e Sergio con comparsa notificata
alle parti convenute il 29 ottobre 1992, discende la conservazio
ne degli effetti dell'iniziale citazione notificata in data 12-21
marzo 1991. Osservasi, poi, che il termine, previsto dall'art.
19 1. 22 ottobre 1971 n. 865, di trenta giorni decorrente dalla
pubblicazione nel foglio degli annunzi legali della relazione di stima dell'indennità definitiva effettuata dalla commissione di cui al precedente art. 16, non può trovare applicazione nella
fattispecie, nella quale tale determinazione non ha avuto luogo, essendo stata perfezionata la cessione convenzionale dei beni.
Resta superato il problema — dibattuto nelle pregresse fasi di
merito, e qui soltanto menzionato nella memoria difensiva dei
Perazzolo — dell'originaria appartenenza della causa alla com
petenza del tribunale quale giudice ordinario di primo grado in funzione di un petitum consistente soltanto nel pagamento dell'indennità spettante agli affittuari nella misura correlata al
l'indennità dovuta al proprietario (prescindendosi da qualsiasi
opposizione o contestazione della determinazione di questa), pre vio accertamento delle condizioni all'uopo previste dalla legge, ovvero alla competenza speciale della corte di appello in unico
grado di merito, per essere in questa assorbite — come sostene
II Foro Italiano — 1998.
vano le amministrazioni convenute — tutte le controversie co
munque collegate ad una procedura ablatoria riconducibile al
modello procedimentale di cui alla 1. 22 ottobre 1971 n. 865:
sulla questione di competenza infatti, in difetto di istanza di parte o di richiesta di ufficio di regolamento di competenza, si è formato il giudicato. (Omissis)
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 29 gen naio 1998, n. 904; Pres. Cantillo, Est. Salmè, P.M. Marto
ne (conci, conf.); Soc. costruzioni meccaniche Gamma (Avv.
Dente) c. Fall. Frisani (Aw. De Giorgio, D'Alessandro). Cassa A pp. Lecce 4 marzo 1995.
Notificazione e comunicazione di atti civili — Destinatario per sona giuridica — Notificazione al legale rappresentante — For
me previste per persona di residenza sconosciuta — Nullità
(Cod. proc. civ., art. 138, 139, 140, 141, 145).
È nulla, e non inesistente, la notifica effettuata al legale rappre sentante della persona giuridica con le forme previste per la
persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti, anziché presso la sede con le forme previste in caso di irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia. (1)
(1) Il carattere sintetico della massima non tragga in inganno: le que stioni risolte dalla corte sono molteplici e così riassumibili:
a) ammissibilità della notifica a persona giuridica con il rito degli irreperibili (art. 140 c.p.c.: cfr., conformemente, Cass. 3 dicembre 1993, n. 12004, Foro it., Rep. 1993, voce Notificazione civile, n. 20; 15 mar zo 1989, n. 1296, id., Rep. 1990, voce Tributi in genere, n. 2606, e Giur. imp., 1989, 192; 16 marzo 1989, n. 1311, Foro it., Rep. 1989, voce Notificazione civile, n. 22, e Arch, civ., 1989, 850; 28 febbraio
1987, n. 2152, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 33; 9 dicembre 1985, n. 6218, id., 1986, 1, 1591, con nota di Orsenigo; 14 aprile 1983, n.
2604, id., Rep. 1983, voce cit., n. 35, e Giust. civ., 1983, 1, 1962). Secondo la corte tale rito è esperibile, pur non richiamato espressa
mente dalla legge, ove la notifica presso la sede sia impossibile a cagio ne di condizioni ostative pur transeunti e accidentali (quali la mancanza di addetti o la momentanea chiusura al momento dell'intervento del
notificante) e nell'atto da notificare non sia indicata la persona fisica che rappresenta l'ente, avente indirizzo diverso da quello della sede del l'ente stesso, poiché se vi è tale indicazione l'art. 145, 3° comma, impo ne di tentare previamente la notifica presso costui.
Più problematica è l'ipotesi in cui la notifica con il rito degli irreperi bili sia effettuata presso la sede effettiva e non quella legale. Al riguar do, la giurisprudenza è propensa a considerare l'equiparazione tra le due sedi nei rapporti con i terzi, sancita dall'art. 46, 2° comma, c.c., valida anche agli effetti processuali e, quindi, ai fini della disciplina delle notifiche (giurisprudenza pacifica: si vedano, tra le tante, Cass. 19 aprile 1995, n. 4399, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 32; 3 gennaio 1986, n. 30, id., Rep. 1986, voce cit., n. 33, e Arch, civ., 1986, 275; 17 gennaio 1983, n. 366, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 25; 3 aprile 1980, n. 2166, id., Rep. 1981, voce cit., n. 49, e Giur. it., 1981, I, 1, 1142, con nota di Spiazzi). Ne discende la facoltà per il notificante di avvalersi dell'art. 140 anche dopo l'accesso negativo presso la sede di fatto;
b) ...e inammissibilità dei ricorso alle forme di cui all'art. 143 (resi denza, dimora, domicilio sconosciuti: si veda, conformemente, Cass. 1° marzo 1989, n. 1102, Foro it., 1989, 1, 2533; contra, Cass. 29 marzo
1996, n. 2932, id., Rep. 1996, voce cit., n. 32; nel senso dell'inesistenza della notifica ex art. 143 presso la sede, v. Cass. 11 gennaio 1994, n.
239, id., Rep. 1994, voce cit., n. 36, e Arch, civ., 1994, 402). Ebbene, poiché, allo stato della legislazione, la persona giuridica ha
sempre una sede conosciuta (si vedano, per quelle private, gli art. 16, 2250, 2295, 2300, 2315, 2328, 2436, 2464, 2475 c.c.), la notifica ai sensi dell'art. 140 è in ogni caso possibile (previo, si ribadisce, esperimento del tentativo di notifica al rappresentante, ove indicato) ed è quindi precluso il ricorso alle forme di cui all'art. 143 che presuppongono la non conoscibilità della sede;
c) non obbligatorietà dell'indicazione nell'atto notificando del nomi
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