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Sezione I civile; sentenza 30 luglio 1960, n. 2228; Pres. Fragali P., Est. Giannattasio, P. M. Toro...

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Sezione I civile; sentenza 30 luglio 1960, n. 2228; Pres. Fragali P., Est. Giannattasio, P. M. Toro (concl. conf.); The Durst Manufacturing Co. (Avv. Fornario, Calabi, Cabella) c. Banca commerciale italiana (Avv. Brugnatelli, Ichino, Pellizzi, Ungaro) Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 2 (1961), pp. 303/304-311/312 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151915 . Accessed: 25/06/2014 00:36 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.101 on Wed, 25 Jun 2014 00:36:35 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 30 luglio 1960, n. 2228; Pres. Fragali P., Est. Giannattasio, P. M. Toro(concl. conf.); The Durst Manufacturing Co. (Avv. Fornario, Calabi, Cabella) c. Bancacommerciale italiana (Avv. Brugnatelli, Ichino, Pellizzi, Ungaro)Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 2 (1961), pp. 303/304-311/312Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151915 .

Accessed: 25/06/2014 00:36

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303 PARTE PRIMA 304

diniego, perchè il giuramento era stato deferito sopra un

fatto illecito : la violazione da parte del Besson di norme

del codice stradale e di comune prudenza, unica causa del

sinistro, e sotto tale profilo, sul quale non si sofferma il

ricorso, la sentenza si sottrae a critica.

L'art. 1364. 2° comma, cod. civ. 1865 sanciva il divieto

di deferire il giuramento sopra un fatto delittuoso.

La Corte suprema e autorevole dottrina ritennero che « fatto delittuoso » fosse soltanto quello costituente delitto,

penalmente punibile. Il nuovo codice, con l'art. 2739, ha sostituito l'espres

sione « fatto illecito » a quella « fatto delittuoso », e la Rela

zione del Guardasigilli (n. 1122) dà spiegazione della mo

difica, esponendo : « il divieto del codice del 1865 è esteso ai fatti illeciti che non costituiscono reato. Vi sono, invero, fatti illeciti, che, sebbene non cadano sotto le sanzioni

delle leggi penali, si rivelano spesso non meno turpi di taluni fatti delittuosi, indipendentemente dal carattere

delittuoso del fatto, e la delazione del giuramento non può essere ammessa ogni qual volta si verrebbe a porre la parte nell'alternativa di confessare la propria turpitudine o di

giurare il falso ».

Ora, se è vero che, secondo la Relazione, il divieto colpi rebbe, oltre ai fatti delittuosi, nel senso su accennato, non ogni illecito, ma soltanto quello turpe, non sembra

che tale interpretazione, che, in definitiva, circoscrive il

divieto stesso ai fatti contrari al buon costume benché non punibili penalmente, sia accettabile ; infatti, essendo il fatto turpe, cioè laido, ripugnante, compreso nel più ampio concetto di fatto illecito, non può revocarsi in dubbio

che il legislatore avrebbe adoperato un termine meno

generico. Pertanto, alla espressione « fatto illecito », la quale,

indubbiamente, comprendo i delitti e le contravvenzioni, deve attribuirsi il più lato significato che le è proprio, cioè di fatto lesivo d'interessi generali o particolari, riprovato da norme imperative, o contrario all'ordine pubblico e al

buon costume.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

cazione nella scrittura privata, al medesimo scopo, di un canone locativo inferiore al reale ; contra App. Messina 7 ottobre 1958, id., 1959, I, 710, annotata da Aragona, in Giur. sic., 1959, 53) : le quali prospettano tutte casi di violazione o di elusione di norme fiscali ; App. Genova 9 luglio 1946 ed App. Milano 14 febbraio 1947, Foro it., Rep. 1947, voce cit., nn. 14, 15 (fatto inteso a vio lare le norme di calmiere).

A. L.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione iii civile ; sentenza 6 agosto 1960, n. 2328 ; Pres.

Verzì P., Est. La Porta, P. M. Criscuoli (conci,

conf.) ; Sbiroli (Avv. Memeo, Russo Frìttasi) c.

Grassi (Avv. Castellano).

(Conferma App. Bari 12 marzo 195!))

Promesse unilaterali — Promessa «li pagamento —

Inversione dell'oliere della prova (Cod. civ., art. 1988).

La promessa unilaterale impone al promitUnte, convenuto

in giudizio, l'onere di provare che il rapporto fondamen tale non esiste o è venuto meno. (1)

(1) In senso conforme : Oass. 1(3 aprile 1958, n. 1255, Foro

it., Rep. 1958, voce Promesse unilaterali, n. 4 ; 4 giugno 1958, n. 1870, ibid., n. 9 ; 9 aprile 1956, n. 1029, id., Rep. 1956, voce

Obbligazioni e contratti, n. 538 ; 20 marzo 1947, n. 412, id., Rep. 1947, voce cit., n. 104 ; 18 maggio 1945, n. 350, id., Rep. 1943-45, voce Ricognizione di debito, nn. 2, 3.

Sulla esclusione della natura confessoria della promessa di

pagamento, con la conseguenza che è sempre consentito al pro mittente di provare l'inesistenza della causa, v. Cass. 12 mag gio 1960, n. 1121, id., Mass., 253; 28 ottobre 1958, n. 3512,

La Corte, ecc. — (Omissis). Col secondo motivo si de

nuncia altro preteso vizio di insufficiente motivazione sul

punto della promessa di pagamento. Il ricorrente assume clie, ai fini dell'accoglimento della

domanda giudiziale del promissario, la semplice prova del l'avvenuta formulazione della promessa di pagamento non è sufficiente, perchè, altrimenti, si verrebbe a riconoscere al negozio in parola la natura di negozio astratto, mentre, sul piano sostanziale, la promessa è un negozio causale, la cui efficacia, cioè, è subordinata all'esistenza di una valida causa. La sentenza impugnata non avrebbe rilevato che era stato taciuto dal promissario ogni richiamo alla causa della promessa, incorrendo così nel vizio di insuffi

ciente motivazione ed in violazione degli art. 1988 e 1325 cod. civile.

La censura non è fondata. A parte il rilievo che la Corte di merito ha, sia pure in via ipotetica (via legittimamente adottata, posto che, come ha rilevato la stessa Corte, il

promittente non aveva dato la prova che la sua promessa fosse priva di un rapporto fondamentale), ritenuto non

potersi escludere che lo Sbiroli si fosse obbligato per aver concorso al determinarsi dell'incidente, affidando al Grassi la guida di una macchina con i freni in non perfetta effi

cienza, va riconosciuto che l'impugnata sentenza ha fatto

corretta applicazione dei principi nel tema della promessa di pagamento.

La promessa di pagamento 11011 importa un'obbliga zione astratta. Essa vincola il promittente come negozio giuridico unilaterale di cui la causa, che lo giustifica, è tenuta processualmente astratta. Ciò importa che il pro mittente può essere convenuto in giudizio in base alla sola

promessa, senza che incomba all'attore di provare anche il

rapporto sottostante causale, e che, invece, spetta al pro mittente, che assume che il rapporto sottostante è venuto

meno o è insussistente, di provare il suo assunto. Per effetto dell'astrazione processuale l'onere della prova

è invertito, cioè posto a carico del promittente. Consegue che, ove il promittente non dia la prova della inesistenza, o del vizio di costituzione del rapporto o della sua estin

zione, il giudice legittimamente tiene ferma la responsa bilità del promittente medesimo sulla base della prova della semplice promessa.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

id., Rep. 1958, voce Promesse unilaterali, nn. 1, 2 ; 9 luglio 1949, n. 1748-, id., Rep. 1949, voce Ricognizione di debito, ri. 2 ; Branca, nel Commentario del cod. civ., a cura di A. Scialoja e Gr. Branca, Bologna-Roma, 1959, sub art. 1988, pag. 364.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezione I civile ; sentenza 30 luglio 1960, n. 2228 ; Pres. Frauali P., Est. Giannattasio, P. M. Toro (conci, conf.) ; The Durst Manufacturing Co. (Avv. Fornario, Calabi, Gabella) c. Banca commerciale italiana (Avv. Brugnatelli, Ichino, Pellizzi, Ungaro).

(Conferma App. Milano 16 settembre 1958)

Cassazione ili materia civile — Mandalo all'avvocalo rilascialo per atto di notaio degli Stati Uniti d'America -— Legalizzazione da parte del Mini stero degli esteri della firma del console — Ne cessità —- Insussistenza (Trattato di amicizia italo

statunitense 2 febbraio 1948, art. 5, n. 4, reso esecutivo in Italia con 1. 18 giugno 1949 n. 385 ; Convenzione italo-francese 12 gennaio 1955 art. 23, resa esecutiva in Italia con 1. 19 febbraio 1957 n. 155).

Malica e contraili bancari — Mandalo per operazioni bancarie —- Sostituzione di altra banca — Respon sabilità — Azione diretta del mandante verso altra banca sostituita (Cod. civ., art. 1856).

Italica e contratti bancari — Apertura di eredito

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305 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 306

documentario — Mandalo senza rappresentanza —

Obblighi del mandante.

lYIandato — Sostliuto — Azione del mandante contro

il sostituto Limiti (Cod. civ., art. 1717).

E ammissibile il ricorso per cassazione sottoscritto dal di

fensore munito di mandato speciale alle liti conferito per atto di un notaio di New York, la cui firma sia stata

legalizzata dal console italiano, ancorché la firma di questo non sia stata, a sua volta, legalizzata dal Ministero degli esteri prima della notifica del ricorso. (1)

Allorché la banca mandatario,, in mancanza di una propria

filiale sulla piazza ove deve eseguirsi V incarico, sosti

tuisca a sé un'altra banca o un suo corrispondente, il

mandante ha azione diretta verso la banca sostituita per la responsabilità inerente all'esecuzione del mandato. (2)

Nella operazione di apertura di credito documentario è ipotiz zabile un mandato senza rappresentanza, in cui la baìica

agisce in nome proprio e per conto del mandante, che è

obbligato a rimborsare alla banca mandatario la valuta

da questa pagata al beneficiario dell'apertura di credito. (3) Il mandante non può agire direttamente contro il sostituto

del mandatario ove questi ne abbia approvata l'opera ; nè

(1) La sentenza che si annota si l'oncia sulla considerazione che il principio secondo il quale è inammissibile il ricorso per cassazione sottoscritto da un avvocato il cui mandato, rilasciato all'estero ed autenticato dalla locale autorità consolare italiana, non sia stato legalizzato dal Ministero degli esteri prima della notifica del ricorso medesimo, non trova applicazione allorché esista una convenzione internazionale, resa esecutiva in Italia, riguardante l'assistenza legale e giudiziaria, che non esige la

legalizzazione prescritta dall'art. 57 legge consolare 15 agosto 1858 n. 2984, e ritenga sufficiente l'autentica eseguita nel terri torio di \ma delle parti contraenti dalle competenti autorità o da un notaio pubblico. Nella specie la convenzione internazio nale richiamata è il Trattato di amicizia italo-statunitense 2 febbraio 1948 (reso esecutivo in Italia con legge 18 giugno 1949 ii. 385), contenente nell'art. 5, n. 4, la clausola della nazione più favorita, resa operante dall'art. 23 dalla Convenzione italo francese 12 gennaio 1955 (esecutiva in Italia in forza della legge 19 febbraio 1957 n. 155), che contempla l'esonero dalla legaliz zazione per gli atti notarili posti in essere nei territori dei due Stati.

In ordine al principio generale summenzionato, cfr. Cass. 9 settembre 1960, n. 2454, Foro it., Mass., 536 ; 31 maggio 1957, n. 1994, id., Rep. 1957, voce Cassazione civ., n. 148 ; 7 aprile 1952, n. 925, id., Rep. 1952, voce cit., n. 171.

Per le deroghe al medesimo principio, vedi Cass. 20 aprile 1942, n. 1074, id., Rep. 1942, voce cit., n. 174 (concernente la Convenzione italo-austriaca) ; 12 febbraio 1940, n. 502, id., Rep. 1940, voce Procedimento civ., n. 133 (Convenzione italo-cecoslo

vacca) ; 26 febbraio 1940, n. 692, ibid., n. 132 (Convenzione italo

jugoslava). (2) Vedi nello stesso senso Cass. 29 maggio 1951, n. 1347,

Foro it., Rep. 1951, voce Banca, nn. 64-66 e in Giur. Cass. civ., 1951, 3°, 707, con nota di Santini, Credito confermato a ca tena e sostituzione del mandatario.

In dottrina vedi pure Minervini, Sostituzione, nell'esecu zione del mandato e submandato, in Banca, borsa, ecc., 1951, I, 381.

In ordine al principio che non sarebbe utile la distin zione tra subcontratto e sostituzione nel contratto perchè in entrambi i casi al primo contraente spetterebbe un'azione contro il terzo e i subcontraenti successivi, vedi Cass. 26 settembre

1955, n. 2634, Foro it., Rep. 1955, voce Mandato, n. 78. Cfr. anche Cass. 9 maggio 1955, n. 1326, id., 1955, I, 1322 ; in dot

trina, Baccigalupi, Appunti per una teoria del subcontratto, in

Riv. dir. comm., 1943, I, 188 segg. Sulla distinzione fra submandato e sostituzione nel mandato,

v. Carresi, Sostituzione e submandato, in Foro it., 1938, I, 1091. Per i rapporti tra sostituzione del mandatario e subman

dato, Trib. Torino 4 febbraio 1953, id., 1953, I, 729.

(3) Cfr. Cass. 4 luglio 1956, n. 2431, Foro it., Rep. 1956, voce Banca, n. 34, e 28 marzo 1956, n. 889, ibid., nn. 38, 39.

In dottrina vedi Micheli, Problemi attuali del credito docu

mentario, in Banca, borsa, ecc., 1958, I, 333 ; F avara, Apertura di credito garantita da merci, o da documenti rappresentativi di

merci, in Banca e cred. agr., 1958-59, 219 ; Folco, Il mandato

formale della banca per il ritiro dei documenti nel credito docu

mentario, in Banca, borsa, ecc., 1956, II, 350.

quando lo stesso mandante abbia approvato l'opera del

mandatario. (4)

La Corte, ecc. — È destituita di fondamento l'eoce zione di inammissibilità del ricorso per essere il difensore, che lo ha sottoscritto, munito di un mandato speciale alle liti conferito per atto di un notaio di New York, la cui firma è stata legalizzata dal console italiano, senza che la firma del console sia stata, a sua volta, legalizzata dal Ministero degli esteri, prima della notifica del ricorso.

Questo Supremo collegio ha bensì, ripetutamente af fermato che la procura speciale per Cassazione, conferita al difensore, deve avere tutti i requisiti formali anterior mente alla notifica del ricorso e che deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione sotto scritto da un avvocato il cui mandato, rilasciato all'estero ed autenticato dalla locale autorità consolare it aliami, sia

stato legalizzato dal Ministero degli esteri dopo la notifica

zione del ricorso stesso (Cass. 31 maggio 1957, n. 1994. Foro it., Rep. 1957, voce Cassazione civ., n. 148 ; 4 dicembre

1952, n. 3119, id., Rep. 1952, voce cit., n. 172 ; 7 aprile 1952, n. 925, ibid., n. 171) ; ma ha anche più volte pre cisato che, laddove esista una convenzione internazionale, resa esecutiva in Italia, riguardante l'assistenza legale e

giudiziaria, che non esiga la legalizzazione diplomatica o

consolare prescritta dall'art. 57 legge 15 agosto 1858 n. 2984.

per gli atti redatti nel territorio di una delle parti contraenti, è sufficiente l'autenticazione ivi eseguita dalle competenti autorità o da un notaio pubblico (Cass. 20 aprile 1942, n. 1074, id., Rep. 1942, voce cit.. n. 174 ; 26 febbraio 1940. n. 692, id., Rep. 1940, voce Procedimento civ., n. 132 ; 7

febbraio 1936, n. 470. id., Rep. 1936, voce cit., nn. 143-145 ; 30 maggio 1938, n. 1848. id., Rep. 1938. voce Cassazione civ., n. 171).

Riferendosi a tale ultimo criterio, la Società ricorrente

invoca, a sostegno dell'ammissibilità del ricorso, l'art. 5, n. 4. del Trattato di amicizia italo-statunitense 2 febbraio

1948, reso esecutivo in Italia con legge 18 giugno 1949

n. 385, per il quale : « I cittadini e le persone giuridiche ed

associazioni di ciascuna alta Parte contraente potranno libe

ramente adire l'autorità giudiziaria ordinaria ed i tribunali

ed autorità amministrative entro i territori dell'altra Parte

contraente in tutti i gradi di giurisdizione stabiliti dalla

legge, sia come attori che come convenuti, per la tutela dei

loro diritti; saranno liberi di scegliere avvocati e rappre sentanti per la tutela dei loro diritti, sia come attori che

come convenuti, innanzi tali autorità giudiziarie ordinarie

e tribunali e autorità amministrative ; ed hanno facoltà di

esercitare tutti questi diritti e privilegi in conformità alle

leggi ed ai regolamenti vigenti a condizioni non meno favo

revoli di quelle accordate o che potranno essere accordate in

avvenire ai cittadini ed alle persone giuridiche ed associa

zioni dell'altra alta Parte contraente, e non meno favorevoli

di quelle accordate o che potranno essere accordate in

avvenire ai cittadini ed alle persone giuridiche ed associa

zioni di qualsiasi altro Paese ».

Orbene, poiché le generiche espressioni adoperate nella

Convenzione italo-statunitense, relativamente all'esercizio

dei diritti dinanzi all'autorità giudiziaria, non possono non

essere comprensive anche di tutto quanto ha riferimento

alla forma degli atti, quantunque nel Trattato non sia

contenuta una espressa deroga alla legislazione consolare

che prescrive la legalizzazione, è sufficiente, per effetto

della clausola della Nazione più favorita, ad affermare la

ammissibilità del ricorso, che la legalizzazione diploma tico-consolare non sia richiesta, per il mandato speciale all'avvocato per ricorrere in Cassazione, da una qualsiasi convenzione stipulata dall'Italia e resa esecutiva nella

(4) Vedi nello stesso senso la sentenza confermata : App. Milano 16 settembre 1058, Foro it., Rep. 1950, voce Banca, n. 76.

Per riferimenti, Cass. 16 gennaio 1053, n. 110 (id., Rep. 1053, voce cit., n. 68) nega che il sostituto abbia azione contro il mandante per ottenere quanto gli sia dovuto a titolo di com

penso o di restituzione.

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307 PARTE PRIMA 308

Repubblica. Sono state all'uopo invocate dalla ricorrente, la Convenzione per l'assistenza giudiziaria stipulata fra

l'Italia e l'Austria e resa esecutiva con r. decreto 13 di

cembre 1923 n. 3181 e quella, avente lo stesso oggetto,

stipulata fra l'Italia e la Jugoslavia, resa esecutiva con r.

decreto 13 dicembre 1923 n. 3182, contro le quali, però, si

oppone dalla resistente che l'esecutività nello Stato ita

liano venne disposta con decreto, il che sarebbe incostitu

zionale, perchè il Governo del Re non poteva dare esecu

zione a convenzioni che esigevano variazioni a norme le

gislative interne, neppure allorché vigeva la legge 3 di

cembre 1922 n. 1601, concernente la delegazione per tutto

l'anno 1923'dei pieni poteri al Governo. Senonchè, senza

affrontare il problema dell'incostituzionalità delle norme

di esecuzione di quelle Convenzioni, problema che, trattato

in dottrina, non fu preso in considerazione dalle sentenze

di quésta Corte, che a quelle Convenzioni riconobbero piena efficacia, basta a rendere operante la clausola della Nazione

più favorita, inserita nella Convenzione italo-statunitense

(e lo ha riconosciuto la stessa difesa della resistente nella

discussione orale), l'art. 23 della Convenzione italo-fran

cese 12 gennaio 1955, resa esecutiva con legge 19 febbraio

1957 n. 155, che contempla l'esonero dalla legalizzazione

per gli atti notarili posti in essere nei territori dei due Stati.

(Omissis) Con il secondo motivo del ricorso incidentale, la Banca

commerciale, denunciando la violazione e la falsa appli cazione degli art. 1717 e 1856 cod. civ., in relazione all'art,.

360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., assume che, nella specie, si

versa nell'ipotesi di submandato, nella quale sorgono due

rapporti distinti, uno tra il mandante e il mandatario, l'altro tra il submandante e il submandatario, e non già in

ipotesi di sostituzione nel mandato, onde era impropo nibile l'azione diretta esperita dalla Durst contro la Banca

italiana, la quale aveva avuto rapporto unicamente con le

Banche americane; mentre queste ultime, avendo avuto dalla

Durst il mandato di aprire un credito irrevocabile in favore

della Me-Gen. si erano obbligate verso la stessa Me-Gen

nel quadro di una delegatio promittendi,la Banca commerciale

invece aveva ricevuto l'incarico dalle Banche americane di

avvisare il credito e di pagarlo alla" Me-Gen al momento

opportuno (senza perciò obbligarsi verso quest'ultima) nel

quadro di una semplice delegatio solvendi.

Anche tale motivo non ha fondamento. Osserva la

Cori e che la dottrina invocata dalla ricorrente inciden

tale per sostenere l'improponibilità dell'azione diretta espe rita dalla Durst, è contrastata da altra non meno autore

vole, la quale, sulla base del potere di espansione del di

ritto del primo contraente a tutti i contratti sovrapposti, anche nel caso di subcontratto riconosce al primo contraente

il diritto di rivolgersi direttamente verso i terzi subcon traenti in forza di un principio generale, che trova la sua

base negli art. 1595, 1676, 1717, 1930 e 2177 cod. civ., onde non sarebbe agevole far distinzione tra subcontratto e sostituzioneTnel contratto (Cass. 26 settembre 1955, n.

2634, Foro it., Rep. 1955, voce Mandato, n. 78), perchè in entrambi i casi al primo contraente spetterebbe un'azione contro il terzo (ed i subcontraenti successivi). Nò vale

sostenere che è mandato a favore di terzo e non sostitu zione o submandato l'incarico, come nella specie, confe rito dal mandatario al sostituto con l'espressa stipulazione secondo cui, col mandato, si intende favorire altra persona (il primo mandante), perchè ciò non escluderebbe l'appli cazione del disposto dell'art. 1717 cod. civ., il quale, af

fermando che « il mandante può agire direttamente contro la persona sostituita dal mandatario », stabilisce la legi timatio ad causam del mandante nei confronti del sostituto, non condizionando~"affatto l'esercizio dell'azione diretta all'accordo tra il mandatario e il sostituto a favore del man

dante. Del resto l'art. 1856. capov., cod. civ., invocato dalla

ricorrente, secondo il quale, se l'incarico deve eseguirsi in una piazza dove non esistono filiali della banca, questa può incaricare dell'esecuzione un'altra banca o un suo

corrispondente, costituisce un caso di sostituzione autoriz zata dalla legge, resa necessaria dalla natura dell'incarico, anche senza che sia stata preventivamente consentita dal

mandante (Relazione al codice, n. 744), e dà al mandante

azione diretta per la responsabilità inerente all'esecuzione

del mandato verso la banca sostituita (Cass. 29 maggio 1951, n. 1347, id., Rep. 1951, voce cit., n. 43). Comunque

quindi si consideri il problema, devesi concludere che le

norme sul mandato non sono soltanto applicabili al rap porto principale di cui oggi si discute, ma anclie ai rapporti successivi tra l'ordinante, la banca mandataria e la banca

sostituita.

Passando all'esame del ricorso principale, si osserva che

la Società Durst, denunciando con il primo motivo l'erronea

applicazione degli art. 1711 e 1399 cod. civ., in relazione

all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., assume che :

a) il comportamento delle due Banche americane,

dopo la esecuzione del mandato, non può qualificarsi ra

tifica, a norma degli art. 1711 e 1399 cod. civ., perchè nel

rapporto che si stabilisce tra mandatario sostituente e

sostituto, quando la sostituzione sia stata preventivamente autorizzata dal mandante con la designazione del sostituto, devesi ravvisare una cessione di contratto, in cui il manda

tario è il cedente, il sostituto è il cessionario e il mandante è il contraente ceduto. Anche ammesso che si tratti di

mandato, l'inerzia del mandante non può avere efficacia di ratifica, la quale comunque avrebbe dovuto essere por tata a conoscenza del terzo. Quando poi vi sia stato ina

dempimento del mandatario, per avere questi ecceduto dai

limiti del mandato, occorre indagare, non solo se con l'atto di ratifica il mandante abbia inteso acquisire a sè il con tratto concluso dal mandatario con il terzo, ma anche se il mandante ha inteso assolvere il mandatario dall'inadem

pimento, mediante una rinuncia all'azione di inadempi mento ;

b) comunque non poteva dedursi una manifesta zione non equivoca di rinuncia all'azione contro il man datario per l'inadempimento dell'accredito fatto dalle due Banche americane alla Banca commerciale in conseguenza del pagamento delle lettere di credito effettuato da que st'ultima : il versamento della valuta non ha implicato acquiescenza delle due Banche americane, perchè la valuta non rappresentava il corrispettivo del mandato conferito da dette Banche alla Banca commerciale, ma era l'importo che quest'ultima aveva versato al Diotallevi in esecuzione del mandato, onde la Banca commerciale avrebbe dovuto

provare che l'importo della valuta versata dalle due Banche

comprendeva la commissione ad essa spettante per l'ese cuzione dell'incarico ;

c) la Corte, poi, nel valutare il significato della ri messa della valuta delle Banche americane alla B.C.I., è incorsa nel vizio di omesso esame dei seguenti punti de

cisivi, attinenti al punto che per aversi ratifica è neces saria la piena conoscenza del negozio rappresentativo : 1) non ha preso in esame se la somma conteneva la commis sione della B.C.I. ; 2) non ha valutato il fatto che l'importo della valuta era stato anticipato dalla B.C.I. ; 3) non ha esaminato il fatto che la B.C.I. aveva pagato il Diotallevi

prima di ricevere la falsa procura dello Stock, fatto che era ignorato dalle Banche americane : 4) non ha consi derato che il Diotallevi non aveva approvato le fatture ;

5) non ha esaminato che, anche se tale approvazione v'era

stata, doveva apparire un'assurdità, trattandosi della per sona che le fatture aveva compilate, e riflettersi sulla pro cura facendola apparire falsa.

Il motivo è infondato. La prima censura in esso conte nuta investe la confusione nella quale sarebbe incorsa la Corte di merito tra l'ipotesi di ratifica del rappresentato con effetto verso il terzo contraente (art. 1399 cod, civ.) e quella di approvazione del mandante al mandatario pet tini interni (art. 1712 cod. civ.), ma in realtà si tratta sol tanto di una imprecisione di linguaggio giuridico, perchè la Corto ""di merito, seppure ha parlato impropriamente di «ratifica», ha inteso riferirsi solamente all'art. 1712 non

già all'art. 1399 mai citato, e che sarebbe comunque inap plicabile, perchè nelle operazioni di credito documentario si ha un mandato senza rappresentanza (art. 1705), in cui la banca agisce in nome'proprio e per conto del mandante, il quale ultimo è tenuto a rimborsare alla banca manda

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309 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 310

taria la valuta che la banca ha pagato al beneficiario

dell'apertura di credito.

Per il resto la critica mossa dalla ricorrente investe

l'accertamento compiuto dalla Corte d'appello, la quale ha ritenuto che le due Banche americane, con il loro com

portamento, abbiano approvato l'opera della Banca com

merciale, riguarda cioè un apprezzamento di fatto, che è

incensurabile in questa sede di legittimità. La Corte di

merito ha ritenuto, infatti, che lo Stock, con dichiarazione

giurata resa il 16 giugno 1952 a pubblico notaio di New

York, aveva negato recisamente di aver sottoscritto il do

cumento 22 inaggio 1952 presentato dalla Me-Gen per ot

tenere il pagamento ; non ostante ciò, dietro insistenza

della Banca commerciale, la quale aveva allegato gli usi

uniformi internazionali circa l'irresponsabilità delle banche

per la falsità occulta dei documenti loro rimessi per la

negoziazione, le due Banche americane avevano rimborsato

a quella italiana l'importo delle lettere di credito. Ha sog

giunto la Corte di merito che le Banche newyorkesi si ar

resero alle argomentazioni della Banca italiana, e, malgrado la riscontrata falsità della lettera 22 maggio 1952. le ef

fettuarono ugualmente il rimborso della somma pagata, cosi « ratificando » (rectius : approvando) il suo operato.

Nè tale valutazione di fatto è affetta da vizi logici o

da errori giuridici. Nei confronti di colui che abbia trattato

come mandatario senza rappresentanza, che abbia agito cioè per conto di un mandante, ma in nome proprio, il

mandatario è contraente diretto rispetto al terzo e rimane

direttamente obbligato verso quest'ultimo come se l'af

fare fosse suo proprio. Non può riversare nella sfera del

mandante l'effetto dell'atto che esorbita dal mandato se il mandante non ratifica (art. 1711 cod. civ.) ; ma è noto

che la ratifica o approvazione può anche essere tacita

(art. 1712, capov.) e consistere nel ritardo del mandante a

contestare l'operato del mandatario per un tempo superiore a quello richiesto dalla natura dell'affare o dagli usi. E

poiché nei crediti documentari, per l'art. 10 degli usi uni

formi internazionali, la banca, la quale riceva i documenti

dalla propria corrispondente estera e non ritenga di po terli accettare, deve avvisare telegraficamente la corri

spondente, restituendole i documenti stessi o comunque mettendosi a sua disposizione, l'affermazione della Corte di

merito, che ha ritenuto costituire approvazione dell'ope rato della Banca commerciale il fatto che le Banche ame

ricane trattennero i documenti inviati loro dalla Banca

italiana, dopo aver saputo che il documento a firma Stock

veniva disconosciuto dall'apparente firmatario, ed anzi

pagarono la Banca commerciale, così come questa richie

deva, è un giudizio di fatto insindacabile in questa sede

(Cass. 28 marzo 1956, n. 889, Foro it., Rep. 1956, voce

Banca, nn. 38, 39 ; 12 marzo 1955, n. 747, ined.). Nè, infine, sempre in ordine al primo motivo, ricorre

il vizio di omesso esame di punti decisivi, perchè non pos sono essere considerati punti decisivi tutte le argomenta zioni giuridiche della parte, la quale, manifestando convin zioni di fatto o proponendo qualificazioni, svolge il proprio

pensiero in ordine alle conseguenze logiche o giuridiche di quei punti. Perchè possa configurarsi il vizio di moti vazione circa i punti decisivi della controversia non è suf

ficiente infatti una manchevole valutazione di singole cir

costanze o di semplici elementi di prova, ma è necessario

che il giudice di merito abbia del tutto trascurato di pren dere in considerazione un fatto costitutivo, modificativo

o estintivo del rapporto controverso che, se esaminato, avrebbe potuto condurre a decisione diversa da quella adottata. Ciò non può dirsi delle circostanze dianzi indicate

con i nn. 1 a 5, perchè sono tutte superate e travolte dalla

motivata affermazione che l'operato della Banca manda

taria fu tacitamente approvato dalla Banca mandante.

Con il secondo motivo la ricorrente principale, denun

ciando la violazione degli art. 1717 e 1411 cod. civ., in re

lazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., assume che l'acquie scenza data dal mandatario sostituente all'operato del so

stituto non è opponibile al mandante e perciò non può

precludere l'azione diretta di quest'ultimo verso il sostituto

ex art. 1717, nell'ipotesi di sostituzione autorizzata con de

signazione del sostituto, all'obbligazione primaria del so stituto si affianca, secondo la ricorrente, la responsabilità del mandatario, che lia la caratteristica di un'obbligazione secondaria, limitata all'esattezza delle istruzioni impartite al sostituto, sicché mandatario-sostituente e sostituto non

rispondono delle stesse obbligazioni, e non possono essere considerati obbligati in solido verso il mandante. L'art.

1717, 2° comma, non pone a carico del mandatario alcun

altro obbligo oltre quello riguardante la osservanza delle

istruzioni impartite al sostituto, e non gli attribuisce alcun

potere di disporre di diritti non suoi : in particolare la

legge non attribuisce al mandatario alcun potere di disporre del diritto del mandante verso il sostituto. L'inopponi bilità al mandante dell'acquiescenza fatta dal mandatario

all'operato del sostituto resta ferma sia che si inquadri la

sostituzione nello schema della cessione del contratto, sia

che la si inquadri nel contratto a favore di terzo.

Anche tale motivo è infondato. Già è stato ritenuto che,

nell'apertura di credito documentario, le banche agiscono sempre in nome proprio, quali mandatario senza rappre sentanza, e che l'approvazione data dalle Banche americane,

agenti in nome proprio e senza rappresentanza, era senz'altro valida e tale da inibire al loro mandante di esperire in

epoca successiva un'azione diretta contro il terzo ; tesi

questa che sarebbe da sola sufficiente a sorreggere la de-> cisione. Ma la Corte di merito ha ritenuto non soltanto

che le Banche americane avessero approvato l'operato della

B.C.I., ma che lo stesso operato delle Banche americane

era stato approvato dalla Durst, la quale aveva accettato il successivo addebito fattole dalle due Banche newyorkesi nel giugno 1952, salvo poi a lasciar decorrere quasi tre

anni fra la notizia avuta della modalità di esecuzione del

mandato e l'inizio del presente giudizio. Orbene, se il man

datario sostituente, anziché liberarsi da responsabilità verso il mandante con l'addurre la sostituzione autorizzata o

necessaria (art. 1717, 1° capov., cod. civ.), fa proprio l'ope rato del sostituto, e ciò avviene prima che il mandante

esperisca l'azione diretta contro il sostituto, non sopravvive alcuna responsabilità di quest'ultimo, che possa essere

escussa dal mandante. In tanto il mandante può agire di

rettamente contro colui che il mandatario ha sostituito a

se stesso nell'esecuzione del mandato (art. 1717, ult. comma), in quanto sia possibile contro costui un'azione dello stesso

mandatario, il che sicuramente non ricorre allorché il man

datario abbia già accettato ed approvato l'operato del

sostituto. La facoltà che l'art. 1717, ult. comma, concede

al mandante di agire direttamente contro la persona sosti

tuita dal mandatario non significa affatto che l'azione

diretta sia avulsa completamente dal rapporto intercorso

fra mandatario e sostituto. Anche senza mutuare figure

giuridiche che non si attagliano alla fattispecie, è certo che

con la sostituzione viene posto in essere un rapporto, nel

quale il mandatario sostituente, pur dopo la sostituzione, mantiene poteri e pretese verso il sostituto.

L'azione diretta del mandante verso il sostituto del

mandatario è destinata a porre a disposizione del mandante

queste pretese e questi poteri, per permettegli di realizzare il diritto che ha verso il mandatario : esula il fondamento

di un rapporto diretto fra mandante e sostituto, perchè la

sostituzione non è cessione del contratto, neppure se è

autorizzata, valendo l'autorizzazione soltanto come fatto

impeditivo del sorgere della responsabilità del mandatario

nei casi previsti dalla legge, e perchè l'azione predetta si

fonda su una semplice connessione di fatto tra il mandato e

la sostituzione, entrambi miranti ad un medesimo risultato.

Ne consegue che manca di oggetto l'azione del mandante

verso il sostituto del mandatario ove quest'ultimo abbia

approvato l'opera del sostituto, liberandolo da responsa bilità verso di lui, in modo da imputare a sè solo quell'opera e da considerarla conforme alle istruzioni da luì impartite o al comportamento dovuto. In tal caso il mandatario ha

consumato ogni sua pretesa ed ogni suo potere verso il

sostituto ; nè la pretesa o il potere possono sopravvivere a favore del mandante, dato che il diritto di quest'ultimo verso il sostituto, pur essendo diretto, non è indipendente da quello che verso lo stesso aveva il mandatario.

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311 PARTE PRIMA 312

Con il terzo motivo la ricorrente Durst, denunciando la

falsa applicazione degli art. 1712 e 2946 cod. civ., in rela

zione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., assume che la

Corte di merito, affermando che la Durst avrebbe approvato anche l'operato della Banca commerciale, sarebbe incorsa

in errore, perchè : 1) l'art. 1712 cod. civ., non è applicabile alla specie, perchè riguarda esclusivamente il rapporto contrattuale tra mandante e mandatario e non si estende al sostituto del mandatario ; 2) comunque ha omesso di

prendere in esame il fatto decisivo che la Durst aveva

prontamente risposto alla B.C.I. tramite le Banche ame

ricane ; 3) non poteva dirsi che il silenzio della Durst valeva

come atto di acquiescenza a favore della B.C.I., tanto più che era stata iniziata una procedura nei confronti del fal

limento Me-Gen, ed era seguito pure un processo penale a

carico del Diotallevi.

Anche tali censure non meritano accoglimento. La

Corte di merito ha ritenuto che il comportamento della

Durst Manufacturing non potesse non ricadere nell'ap

plicazione dell'art. 1712, 2° comma, ma, anche se si deve

escludere l'esistenza di un onere del mandante di comunicare

direttamente al sostituto la sua disapprovazione, le con

seguenze non mutano. Effettivamente l'onere, che incombe

al mandante, di rispondere tempestivamente, dopo aver

avuto comunicazione dal mandatario della esecuzione del

mandato, con l'effetto che il ritardo importa approvazione, anche se il mandatario si è discostato dalle istruzioni o ha ecceduto i limiti del mandato, è da porsi in relazione im

mediata con l'altro onere, imposto al mandatario, di in

formare il mandante dell'esecuzione del mandato, ed il

codice non estende un onere del genere al rapporto tra

sostituto e mandante, proprio perchè l'azione diretta, di cui dianzi è stata fatta parola, non implica rapporto diretto. Ciò che ha però rilevanza è che l'approvazione dell'opera del mandatario implica approvazione dell'opera del suo

sostituto, perchè il sostituto è un ausiliario del mandatario, e l'opera del sostituto si considera opera del mandatario. Non esiste, vale a dire, un onere del sostituto di comuni care direttamente al mandante l'esecuzione del mandato, nè, conseguentemente, l'onere di una tempestiva risposta del mandante, ma non esiste neppure la possibilità del man dante di reagire direttamente verso il sostituto del manda

tario, dopo che ha approvato l'operato di quest'ultimo. Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione III civile ; sentenza 20 luglio 1960, n. 2032 ; Pres. Sagna P., Est. S. D'Amico, P. M. Silocchi (conci, conf.) ; Guglielmi (Avv. Vota) c. Guglielmi (Avv. Bor

relli).

(Conferma Trib. Sanremo 16 luglio 1958)

Giuramento — Giuramento decisorio — Revoca «lei l'ordinanza ammissiva — Risposte date dal j|iu rante —- Libera valutazione del «(indice (Cod. proc. civ., art. 116).

Le risposte date dal giurante, una volta revocata l'ordinanza che ammetteva il giuramento decisorio, possono dal giudice essere utilizzate, con libera valutazione, come fonti di convincimento atte a confermare o integrare, alla stregua dell'art. 116, u. p., cod. proc. civ., le risultanze degli altri mezzi istruttori esperiti. (1)

(1) Conforme: Cass. 16 giugno 1959, n. 1850, Foro it., Rep. 1959, voce Previdenza sociale, n. 796.

Per qualche ulteriore riferimento in tema di libera valuta zione delle dichiarazioni del giurante, cfr. Cass. 10 luglio 1952, n. 2114, id., Rep. 1952, voce Giuramento, nn. 54-57 (annotata da Cappelletti, in Riv. dir. proc., 1953, II, 81), che estende la regola dell'art. 2738, 3° comma, cod. civ. al litisconsorzio non

La Corte, ecc. — Con i due mezzi, che possono essere

congiuntamente esaminati, il ricorrente, denunciando la

violazione degli art. 2736 e 2738 cod. civ. ed il difetto di

motivazione, sostiene che il Tribunale, una volta che il

giuramento decisorio era stato prestato (non era stato spie

gato il motivo della sua irritualità, nè era stata revocata

l'ordinanza istruttoria con cui il giuramento era stato

disposto), non poteva compiere altra indagine se non quella relativa all'aw iuratum, sit, mentre aveva valutato le provo testimoniali raccolte ; che, inoltre, una volta affermata l'irritualità del giuramento, dalle dichiarazioni in esso rese

non poteva trarsi alcun elemento di convinzione.

Le censure sono infondate. Non è dubbio che, una volta

prestato il giuramento decisorio, il giudice non può compiere altra indagine se non quella relativa all'aw iuratum sit. Ma ciò presuppone che l'ammissione del giuramento rimanga ferma. Se invece l'ordinanza ammissiva del giuramento venga revocata, esplicitamente o implicitamente, la pre stazione del giuramento diventa priva di efficacia giuridica, e quindi rivive la situazione processuale relativa alla pre cedente istruzione della causa.

Nella specie il giuramento fu revocato, sia puro senza una formale pronuncia, dal Tribunale per un motivo evi dente : esso era stato ammesso dal Giudice istruttore, mentre nei giudizi di appello il giudice istruttore ha sola mente poteri ordinatori e non anche istruttori, e ciò perchè l'ammissione di nuove prove in secondo grado implica una

parziale riforma della sentenza impugnata, ossia un'in

dagine di competenza del collegio. Caduto il giuramento, dovevano essere valutate tali prove testimoniali prece dentemente raccolte. Queste dal Giudice di merito sono state ritenute, insindacabilmente, atte a dimostrare il buon fondamento del diritto fatto valere in giudizio dal l'attuale resistente. Solo ad abundantiam il Tribunale ha affermato che le prove orali trovavano conferma nelle stesse dichiarazioni rese dal giurante nel prestare il giu ramento.

Peraltro non è esatto che di queste non potesse essere tenuto alcun conto : nell'ipotesi di giuramento decisorio, nullamente deferito o nullamente prestato, non è vietato al

giudice di valutare liberamente le risposte date dal giurante quali utili fonti di convincimento, alla stregua di semplici dichiarazioni personalmente rese da una parte in giudizio, nell'ambito dell'art. 116 cod. proc. civ. (Cass. 16 giugno 1959, il. 1850, Foro it.. Rep. 1959, voce Previdenza so

ciale, n. 796). Per questi motivi, rigetta, ecc.

necessario, affermando che però, in tal caso, il giudice può dallo dichiarazioni medesime desumere argomenti di prova a favore, non anche in pregiudizio dei cointeressati ; App. Firenze 9 mag gio 1950, Foro it., Rep. 1950, voce cit., nn. 76, 77, secondo cui deve farsi libero apprezzamento di due giuramenti contrastanti, « vertenti sullo stesso fatto, ma concretati in formule opposte ».

Nel senso che la prestazione del giuramento suppletorio, avvenuta in base a un'ordinanza successivamente revocata, « è assolutamente nulla e priva di qualsiasi efficacia giuridica », Cass. 25 gennaio 1949, n. 100, id., Rep. 1949, voce cit., n. 20 (annotata da Furno, in Giur. it., 1949, I, 1, 601 ; da Allorio, ibid., 610 ; e ancora da Furno, id., 1950, I, 1, 361).

V., da ultimo, Cappelletti, La « miseria)) del giuramento, in Giur. it., 1960, I, 1, 1064.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione III civile ; sentenza 20 luglio 1960, n. 2025 ; Pres. Lombardo P., Est. Dragotto, P. M. Pedace (conci, conf.) ; Man dolosi (Avv. Tani) c. Roma (Avv. Fresa, Di Pisa) e altri.

(Conferma App. Ancona 5 giugno 1958)

(.iiudizio (rapporto) — Scontro automobilistico —

Contravvenzione per omessa segnalazione di cant bio di direzione —- Assoluzione per non aver coni

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