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sezione I civile; sentenza 30 luglio 1984, n. 4541; Pres. Santosuosso, Est. Di Salvo, P. M. Benanti...

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sezione I civile; sentenza 30 luglio 1984, n. 4541; Pres. Santosuosso, Est. Di Salvo, P. M. Benanti (concl. parz. diff.); Cicolani e Lotti (Avv. Manfredonia) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Angelini Rota). Cassa Comm. trib. centrale 20 ottobre 1980, n. 3011 Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 6 (GIUGNO 1985), pp. 1773/1774-1779/1780 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23178548 . Accessed: 28/06/2014 16:00 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.103 on Sat, 28 Jun 2014 16:00:08 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 30 luglio 1984, n. 4541; Pres. Santosuosso, Est. Di Salvo, P. M. Benanti(concl. parz. diff.); Cicolani e Lotti (Avv. Manfredonia) c. Min. finanze (Avv. dello StatoAngelini Rota). Cassa Comm. trib. centrale 20 ottobre 1980, n. 3011Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 6 (GIUGNO 1985), pp. 1773/1774-1779/1780Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178548 .

Accessed: 28/06/2014 16:00

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

potendosi negare che i « servizi » e le « gestioni speciali non

aventi una diretta relazione con la funzione creditizia » altro non

sono che le « distinte attività di carattere autonomo » di cui alla

generale norma del codice civile.

La decisione del tribunale è, comunque, conforme a diritto, anche se carente e parzialmente erronea nella motivazione.

Nessun ostacolo deriva all'appldcabilità del contratto collettivo

dei dipendenti da aziende esercenti circoli e società sportive dalla

mancata iscrizione delle parti alle rispettive organizzazioni sinda

cali stipulanti quel contratto, essendo stato accertato dalla senten

za impugnata che le disposizioni del contratto collettivo stesso

furono esplicitamente recepite nei contratti individuali di lavoro.

Ne deriva che il ricorso va, limitatamente al Padello e al Meo,

rigettato. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 22 no

vembre 1984, n. 6014; Pres. Sandulli, Est. Pannella, P.

M. Dettori (conci, conf.); Esattoria delle imposte dirette di

Trieste (Avv. Fabrio, Cuccagna) c. Pahor. Cassa Pret. Roma

5 dicembre 1981.

Riscossione delle imposte — Esecuzione esattoriale — Uso della

lingua slovena — Nullità — Rilevabilità ad istanza di parte (Cod. proc. civ., art. 157; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602,

disposizioni sulla riscossione delle imposte sui redditi, art. 45,

53; 1. 14 marzo 1977 n. 73, ratifica ed esecuzione del trattato

tra la repubblica italiana e la repubblica socialista federativa di

Jugoslavia, con allegati, nonché dell'accordo tra le stesse parti, con allegati, dell'atto finale e dello scambio di note, firmati ad

Osimo, il 10 novembre 1975, art. 1, 2; trattato: art. 8).

Nell'esecuzione coattiva esattoriale nei confronti di appartenente al gruppo etnico jugoslavo, la nullità derivante dal mancato uso

della lingua slovena non è rilevabile d'ufficio dal pretore, ma,

quando il vizio concerne il pignoramento presso terzi, può essere fatto valere soltanto ad istanza di parte. (1)

Motivi della decisione. — Fra le varie questioni sollevate dalla

ricorrente con i tre motivi di ricorso, quella di cui al terzo

motivo presenta carattere preliminare ed assorbente, in quanto diretta a negare la potestas decidendi del pretore su un problema di ordine giuridico non rilevabile di ufficio.

Sostiene l'esattoria che, anche ammessa l'esistenza di una

irregolarità formale delle cartelle esattoriali e dell'avviso di mora

(corrispondenti al titolo esecutivo ed al precetto), la relativa nullità non poteva essere rilevata di ufficio dal giudice; e che,

(1) La decisione cassata Pret. Roma 5 dicembre 1981 è riprodotta in Foro it., 1982, I, 1814, con note di P. Carrozza, Il prudente atteggiamento della corte in tema di « garanzie linguistiche » nel processo e le sue conseguenze sulla condizione giuridica della mino ranza slovena, e di G. Tiberini, La protezione della minoranza slovena a Trieste. Nei confronti dello stesso cittadino appartenente alla minoranza slovena, in relazione ad un procedimento penale intentato contro di lui, è stata pronunciata decisione di infondatezza sulla

questione sollevata riguardo all'art. 137 c.p.p. nella parte in cui prevede l'uso obbligatorio della lingua italiana, ma nel contempo la corte ha riconosciuto la non applicabilità della sanzione prevista dal l'art. 137, 3° comma, citato, in quanto si tratta di ipotesi di «minoranza riconosciuta» (Corte cost. 11 febbraio 1982, n. 28, ibid., annotata anche da G.V. Marchianò, in Giur. it., 1982, I, 1, 1387; S.

Bartole, E. Palici Di Suni, in Giur. costit., 1982, I, 249, 808; Mor, in Le regioni, 1982, 388). Nell'aggrovigliata vicenda è poi inter venuto Trib. Trieste 3 maggio 1982 (Foro it., 1982, II, 342), che ha confermato l'irrogazione dell'ammenda, di cui all'art. 137, 3° comma, c.p.p., non ritenendosi vincolato dalla decisione costituzionale sulla base di argomentazioni davvero sorprendenti, contestate da A.

Pizzorusso, Postilla in tema di tutela della minoranza slovena, ibid., Ili, 455, che replica altresì' alla richiamata nota di Tiberini. In

adeguamento a Corte cost. 11 febbraio 1982, n. 28, si veda invece Pret. Trieste 20 maggio 1982, id., 1982, II, 455.

Sulla tutela della minoranza slovena cfr. S. Bartole, Uso della

lingua slovena nelle assemblee elettive e riserva dì legge, in Le regioni,

1983, 251 (in nota a T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 23 settembre 1982, n.

197, Foro it., Rep. 1983, voce Regione, n. 340). Circa l'iter dei progetti di legge relativi alla tutela delle minoranze linguistiche, v. Rubrica

parlamentare, voce Regione, n. 2, a cura di R. Moretti, in Foro it.,

1985, V, 108. Sulla protezione del gruppo ladino nella provincia di Bolzano, cfr.

Cons. Stato, sez. IV, 7 giugno 1984, n. 439, ibid., Ili, 16, con nota

di richiami.

Il Foro Italiano — 1985.

non essendo stata proposta opposizione agli atti esecutivi nel

termine processuale previsto a pena di decadenza (art. 617 c.p.c.), sarebbe scattata la regola giuridica dell'ult. comma dell'art. 157

c.p.c.: «rinuncia a far valere la nullità»; mentre si sarebbe

verificata l'ulteriore preclusione derivante dall'applicazione della

disposizione dell'ult. comma dell'art. 156 c.p.c. circa il « raggiun

gimento dello scopo dell'atto », dimostrato dalla « lettera » scritta

dal dott. Samo Pahor al Pretore di Roma.

La censura è condivisibile ma induce a qualche chiarificazione.

Nell'esecuzione coattiva esattoriale la potestà decisionale del

pretore quale giudice dell'esecuzione non è pari a quella a lui

conferita dalla legge processuale civile in presenza di disposizioni

speciali derogative, previste dal d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602

sulla riscossione delle imposte dirette. Cosi', per quanto riguarda

l'opposizione contro gli atti esecutivi dell'esattore il pretore è

privo di giurisdizione, spettando all'intendente di finanza ogni decisione al riguardo in via amministrativa (art. 53).

Da questa premessa discende che — nella fattispecie in esame —

il Pretore di Roma non aveva il potere di decidere sulla esistenza

o meno della « regolarità formale » delle cartelle esattoriali e

dell'avviso di mora, costituenti i titoli esecutivi ed il precetto nella speciale procedura esecutiva, di modo che il potere cogniti vo di lui rimaneva limitato all'esame della nullità e dell'inefficacia

del pignoramento presso terzi, eseguito giusta le disposizioni degli art. 543 ss. c.p.c., in mancanza di disposizioni speciali derogative (art. 45, 3° comma, d.p.r. n. 602/73).

Ebbene per la dichiarazione di nullità dell'atto processuale suddetto non era dato prescindere dall'opposizione di chi allegava

l'irregolarità formale di esso.

Ciò perché, anche a voler ritenere obbligatoria la notifica della traduzione in lingua slovena dell'atto di pignoramento, scritto in

lingua italiana giusta la regola dell'art. 122 c.p.c., tale irregolarità di forma non poteva che esser fatta valere dal dott. Samo Pahor, in mancanza di disposizione legislativa idonea ad attribuire al

giudice il potere di rilevarla di ufficio (art. 157, 1° comma, c.p.c.). Né, d'altronde, è pensabile che, senza un'espressa disposizione

di legge, si debba considerare che il mancato accompagnamento della traduzione in lingua slovena di un atto processuale per i cittadini italiani appartenenti al gruppo etnico jugoslavo, equival ga al mancato uso della lingua italiana nel medesimo atto, allo

scopo di farne discendere un'unica nullità rilevabile di ufficio. Da quanto sopra deriva che l'anomala decisione avente conte

nuto definitivo e decisorio del pretore va cassata, con la conse

guenza che dev'essere ripresa la procedura di pignoramento presso terzi iniziata dall'esattoria di Trieste contro il dott. Pahor.

Ogni altra questione, posta con il primo ed il secondo motivo, resta assorbita. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 30 luglio 1984, n. 4541; Pres. Santosuosso, Est. Di Salvo, P. M. Benanti (conci, parz. diff.); Cicolani e Lotti (Avv. Manfredo

nia) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Angelini Rota). Cassa Comm. trib. centrale 20 ottobre 1980, n. 3011.

Tributi in genere — Avviso di accertamento — Motivazione insufficiente — Illegittimità — Poteri della Commissione tribu taria centrale — Rinvio per il giudizio estimativo (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, disciplina dell'imposta di registro, art. 48, 49; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, revisione della disciplina del

contenzioso tributario, art. 21, 26, 29). Tributi in genere — Contenzioso tributario — Commissione

tributaria centrale — Poteri — Avviso di accertamento —

Difetto di motivazione — Rinvio alla commissione tributaria di II grado (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, art. 29).

Nell'ipotesi di illegittimità dell'avviso di accertamento (nella spe cie, si contestava il mancato ricorso ai criteri stabiliti dalla

legge sull'imposta di registro per la determinazione dell'imponi bile e l'insufficienza della motivazione) correttamente la Com missione tributaria centrale, indicati i criteri da seguire nella

quantificazione della base imponibile, rimette il giudizio alla commissione tributaria di merito per la valutazione estimativa, che va individuata nella commissione di secondo grado. (1)

(1, 3) L'apparente contrasto tra le due affermazioni delle decisioni in epigrafe risulta composto ove si colga la differenza tra le due figure

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1775 PARTE PRIMA 1776

La Commissione tributaria centrale che dichiari l'illegittimità dell'avviso di accertamento per insufficienza di motivazione —

non potendo decidere il merito delle valutazioni estimativa —

deve rinviare la causa alla commissione di secondo grado

(nella specie, la Commissione tributaria centrale aveva rinviato la

causa alla commissione di primo grado, avendo dichiarato la nul

lità dell'avviso di accertamento). (2)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 9 agosto

1983, n. 5325; Pres. Sandulli, Est. Falcone, P. M. Cantagalli

(conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Palatiello) c.

Soc. Re.ca. (Avv. Paoletti, Ferreri). Conferma Comm. trib.

centrale 10 aprile 1980, n. 2824.

Tributi in genere — Avviso di accertamento — Motivazione

stampigliata — Declaratoria di nullità — Poteri della Commis

sione tributaria centrale — Rinvio per il giudizio estimativo —

Esclusione (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, art. 26, 29). Fabbricati (imposta sul reddito dei) — Avviso di accertamento —

Motivazione stampigliata — Nullità — Fattispecie (D.p.r. 29

gennaio 1958 n. 645, t.u. delle leggi sulle imposte dirette, art.

37, 74).

Nell'ipotesi in cui venga accertata l'adozione di parametri di riferi mento per la determinazione del reddito non giustificata con

idonea motivazione (nella specie, la motivazione risultava da

una stampigliatura) correttamente la Commissione tributaria

centrale dichiara la nullità dell'accertamento, restando escluso

il rinvio alle commissioni tributarie di merito per il giudizio di sstimazione. (3)

È nullo l'avviso di accertamento la cui motivazione consista in

una stampigliatura identica per tutti gli anni nei quali si

contesti la misura del reddito dei fabbricati (anche in presenza di modificazioni della consistenza immobiliare) e dalla quale non risultino né i fabbricati in analoghe condizioni, né il

reddito prodotto da quest'ultimi, né il metodo di determinazio

ne del reddito p,er comparazione. (4)

della nullità e dell'illegittimità dell'accertamento che conducono l'una all'esclusione del giudizio di rinvio, l'altra alla prosecuzione del

giudizio per i profili estimativi: con riguardo alla prima ipotesi cfr. Comm. trib. centrale 12 luglio 1983, n. 1957, Foro it., Rep. 1983, voce Tributi in genere, n. 1045; 23 aprile 1980, n. 4828, id., Rep. 1980, voce cit., n. 990; Cass. 10 novembre 1979, n. 5789, id., 1980, I, 1034, con nota di richiami.

(2) Circa l'individuazione della commissione cui rinviare la causa

dopo l'annullamento della decisione da parte della Commissione tribu

taria centrale, Cass. 8 gennaio 1981, n. 139, Foro it., Rep. 1981, voce Tributi in genere, n. 984, ha ritenuto che il rinvio per il giudizio su

questioni estimative debba essere fatto alle commissioni di secondo

grado; conf. Cass. 5 marzo 1979, n. 1363, id., Rep. 1979, voce cit., n. 669.

Sui limiti della competenza funzionale della Commissione tributaria centrale e della corte d'appello sulle questioni di fatto v. sez. un. 31

marzo 1983, ni 2350, id., 1984, I, 1667, con nota di richiami.

In generale v., da ultimo in dottrina, G. Balena, La rimessione

della causa al primo giudice, Napoli, 1984.

(4) Non constano precedenti in termini; v., comunque, Comm.

trib. centrale 23 novembre 1970, n. 10274/15232, Foro it., Rep. 1971, voce Tributi in genere, n. 173, che ritiene inidonei a soddisfare il

requisito della motivazione gli avvisi di accertamento redatti su moduli a stampa (contra, Comm. trib. centrale 7 aprile 1975, n. 4494, id.,

Rep. 1975, voce cit., n. 323); vanno ricordate anche Comm. trib.

centrale 8 gennaio 1981, n. 68, id., Rep. 1981, voce cit., n. 387, a cui

dire « è irrilevante la compilazione a ciclostile dell'avviso di accerta

mento quando siano esposte in modo chiaro ed evidente le ragioni dell'an e del quantum » e Comm. trib. centrale 20 maggio 1983, n.

861, id., Rep. 1983, voce Ricchezza mobile (imposta), n. 197, secondo

cui sono illegittimi gli accertamenti in tema d'imposta di r.m. motivati solo con modelli preconfezionati.

Va ricordato che di recente le sezioni riunite della Commissione

tributaria centrale hanno stigmatizzato l'orientamento che non riteneva

necessaria l'indicazione — nell'accertamento di valore — degli elementi

posti a base dell'avviso di rettifica in tema di imposta di registro: v.

dee. 16 giugno 1983, n. 1343 e 26 aprile 1983, n. 503, id., 1983, III, 461 e 304, entrambe con note di richiami (ove si ventila la possibilità che il nuovo orientamento sia rivolto « contro la prassi instaurata dagli uffici del registro che negli avvisi di rettifica adoperano frasi stereoti

pate o moduli a stampa senza alcun riferimento al caso concreto »), nonché Comm. trib. centrale 21 maggio 1983, n. 913, id., Rep. 1983, voce Registro, n. 127; 1° giugno 1983, n. 1173, ibid., n. 128; 2

giugno 1982, nn. 3945 e 2939, ibid., nn. 129, 130; 19 maggio 1982, n.

2619, ibid., n. 131; 26 aprile 1982, nn. 1047, 1045, ibid., nn. 132,

133; 24 marzo 1982, n. 1565, ibid., n. 195; 19 marzo 1982, n. 2017,

Il Foro Italiano — 1985.

I

Motivi della decisione. — 1. - Con il primo mezzo del ricorso

si sostiene, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli art. 48 e 49 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, che la Commissione

tributaria centrale, avendo statuito l'illegittimità dell'accertamento

in contestazione, per inosservanza e violazione delle predette

norme, avrebbe dovuto pronunciare l'annullamento dell'accer

tamento stesso; con il secondo motivo, si censura la stessa

decisione per violazione e falsa applicazione degli art. 1, 10 e 35

d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, in quanto erroneamente essa

avrebbe affermato che le commissioni tributarie sono « organi

speciali di giurisdizione » mentre esse non potrebbero avere tale

natura perché a ciò osterebbe l'art. 102 Cost., che riserva ai

magistrati ordinari l'esercizio delle funzioni giurisdizionali e vieta

l'istituzione di giudici speciali o straordinari; di tali commissioni

andrebbe invece affermata soltanto la natura giurisdizionale e la

loro funzione « indirizzata unicamente alla applicazione della

legge in base all'obiettivo apprezzamento degli elementi di

giudizio (art. 10 d.p.r. 636/72) », quali giudici di cognizione dei

fatti dedotti in causa dalle parti (art. 35 d.p.r. cit.). Da tali

premesse i ricorrenti deducono che alle commissioni tributarie

sarebbe devoluto unicamente il sindacato di legittimità dell'atto

oggetto della controversia, con la conseguenza che, riconosciuta

l'illegittimità dell'atto amministrativo, non potrebbe « non conse

guire la pronuncia d'illegittimità dalla quale discende l'immediata

sanzione dell'annullamento » che, comunque, si dovrebbe ritenere

implicita; le commissioni tributarie non potrebbero, quindi, invo

cando il principio inquisitorio contenuto nell'art. 25 d.p.r. n.

636/72 sostituire il provvedimento impugnato. 1 due motivi del ricorso, poiché sostanzialmente prospettano la

stessa censura muovendo dall'esame della natura giuridica delle

commissioni tributarie e dai loro poteri (il secondo) e prospettan do (sia l'uno che l'altro) l'obbligo delle stesse di pronunciare l'annullamento dell'accertamento ritenuto illegittimo, con esclusio

ne del potere di disporre il rinvio alle commissioni di merito per una nuova valutazione del quantum imponibile, debbono essere

esaminati congiuntamente. Ritiene il collegio che i motivi prospettati non meritino acco

glimento. (Omissis) 3. - Da tali premesse consegue la soluzione dell'altra censura

formulata dai ricorrenti, secondo cui, premesso l'obbligo della

Commissione tributaria centrale di annullare l'accertamento ille

gittimo, dovrebbe escludersi il potere di rinviare il giudizio alle

commissioni di merito per la formulazione del giudizio estimativo. La soluzione della questione prospettata impone l'esame della

natura dei poteri attribuiti ai vari organi della giurisdizione tributaria. Questa giurisdizione ha per oggetto questioni di diritto

subiettivo, anche se si deve valutare l'esercizio da parte dell'am

ministrazione di criteri di discrezionalità, che non può essere

tecnica, perché la legge non lascia margini per l'esercizio della

discrezionalità amministrativa in senso proprio. Gli organi del

contenzioso esercitano, quindi, una giurisdizione di diritto obiet

tivo che, come si è visto, ha per oggetto il completo riesame del

merito amministrativo. Ai fini della decisione che questa Suprema corte deve adottare, non è però necessario seguire i ricorrenti

nella ulteriore qualificazione di questa giurisdizione per stabilire

se essa sia di annullamento ovvero sia una giurisdizione sul

rapporto, cioè sull'esistenza e la misura dell'obbligazione tributa

ria, problema sul quale la dottrina è divisa, ritenendo taluni che

essa debba essere così qualificata (ed in questo senso è la prassi

giurisprudenziale degli organi del contenzioso tributario e, talvol

ta, anche di questa corte che ha adottato, obiter dictu, tale

definizione senza, però, uno specifico approfondimento: Cass. 10

febbraio 1977, n. 605, Foro it., Rep. 1977, voce Tributi in genere,

1032); e sostenendo altri che essa debba essere qualificata come

giurisdizione sul merito dell'atto amministrativo impugnato.

ibid., n. 136; contra Comm. trib. centrale 2 aprile 1982, n. 1723, ibid., n. 134.

Sui requisiti necessari per soddisfare l'onere della motivazione degli avvisi di accertamento (id est, indicazione dei fatti su cui si basa l'accertamento in modo da consentire al contribuente di conoscere le

pretese dell'amministrazione nei loro elementi essenziali) v. da ultimo, nella motivazione, Cass. 7 febbraio 1984, n. 932, id., 1984, 1, 1597, con nota di richiami sul punto da integrare con Cass. 4 luglio 1983, n.

4464, id., Rep. 1983, voce Tributi in genere, n. 442; 19 giugno 1981, n. 4013, ibid., n. 444; App. Torino 5 ottobre 1982, ibid., n. 446; Comm. trib. centrale 12 maggio 1983, nn. 722 e 712, ibid., nn. 450, 451; 10 maggio 1982, n. 3966, ibid., n. 454.

Sui criteri di determinazione del reddito imponibile ai fini dell'im

posta sul reddito dei fabbricati v., da ultimo, Cass. 22 marzo 1984, n.

1925, id., 1984, I, 1563, con nota di richiami.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

È sufficiente, infatti, rilevare la diversa sfera di poteri attribuita

rispettivamente alle commissioni di primo e secondo grado, da

una parte, ed alla Commissione tributaria centrale ed alla corte

d'appello, dall'altra; le prime hanno una competenza piena, mentre le seconde hanno una competenza limitata alla violazione di legge ed alle questioni di fatto, escluse quelle relative a

valutazione estimativa ed alla misura delle pene pecuniarie. L'ambito di tale giurisdizione, pertanto — pur essendo più

ampio di quello attribuito a questa Suprema corte, perché invol

ge, oltre la cognizione dei fatti che attengono all'applicazione delle norme di procedura, anche quelle attinenti alla legge so

stanziale ivi compresa l'interpretazione dell'atto giuridico che è il

presupposto dell'imposizione o comunque è ad essa collegato —

esclude in ogni caso la valutazione estimativa, cioè tutte le

questioni concernenti la misurazione della base imponibile; che

deve essere effettuata non soltanto alla stregua delle norme

giuridiche che regolano la materia, ma, altresì, con l'ausilio di

regole di esperienza tratte da altre discipline che sono necessarie

per accertare l'esistenza della base imponibile e per quantificarla. Le commissioni tributarie di primo e secondo grado possono,

quindi, emettere decisioni di accertamento costitutivo, modifican

do nel quantum l'imposizione determinata dagli uffici con l'avviso

di accertamento. In proposito questa Suprema corte ha già avuto

modo di statuire (sent. 22 gennaio 1980, n. 4.93, id., Rep. 1980, voce Tributi locali, n. 88; 3 novembre 1981, n. 5787, id., Rep. 1981, voce cit., n. 366) che alla insufficienza di motivazione dell'atto di

accertamento può validamente sopperirsi attraverso la motivazione

delle pronunce delle commissioni tributarie, precisando che ad

una conclusione rigorosa come la pronuncia della nullità dell'av

viso stesso, che importa la nullità dell'imposizione, si può giunge re solo se per le lacune contenute nell'accertamento il contribuen

te non sia stato posto in grado di proporre le proprie difese in

sede giurisdizionale. La nullità dell'avviso di accertamento deve, pertanto, essere

pronunciata limitatamente ai casi di totale mancanza della moti

vazione ovvero nei casi ad essa equiparabili, quali l'esistenza di

una motivazione soltanto apparente di mero stile, che per la sua

genericità sarebbe applicabile a qualsiasi accertamento, essendo

priva di riferimenti al caso concreto; ipotesi questa che è stata

esclusa nella decisione impugnata.

4. - La Commissione tributaria centrale non può, invece, a

differenza delle commissioni di merito, esercitare tali poteri di

accertamento costitutivo della base imponibile sostituendo la

propria valutazione estimativa a quella contenuta nell'avviso di

accertamento, a causa della già esaminata limitazione di suoi

poteri di cognizione. Pertanto, l'unitarietà e la coerenza del

sistema dell'ordinamento degli organi del contenzioso tributario

esige che, ove l'insufficienza della motivazione dell'avviso di

accertamento venga dichiarata da essa, sia possibile — cosi come

10 è, quando essa venga dichiarata dalle commissioni di merito —

modificare il quantum dell'accertamento evitando il rimedio e

stremo dell'annullamento dell'atto di imposizione e, quindi, la

sottrazione di un cespite, di cui pure si è accertata l'esistenza,

all'imposizione tributaria; conseguenza questa che non sarebbe

compatibile con il principio della capacità contributiva (art. 53

Cost.). Lo strumento giuridico proprio di ogni sistema processuale è in

questo caso quello del rinvio dall'organo di giurisdizione di

legittimità o comunque di giurisdizione limitata, agli organi dotati di giurisdizione piena; principio che può considerarsi, quindi,

generale dell'ordinamento e del quale la disciplina contenuta nelle

singole norme non ne costituisce che una manifestazione nelle

singole fattispecie, senza però esaurirne ogni potenzialità.

La conclusione cui si è pervenuti è ulteriormente rafforzata

dalla considerazione che l'ordinamento ha attribuito alle commis

sioni tributarie particolari poteri di indagini e di istruzione

probatoria che prescindono dalla iniziativa delle parti (art. 35 e

36 d.p.r. n. 636/72), in quanto il processo è dominato dal

principio inquisitorio.

Esattamente, quindi la Commissione tributaria centrale, avendo

stabilito che l'avviso di accertamento era stato notificato nel

termine di decadenza stabilito dalla legge; che esso non era

perfettamente aderente alle regole giuridiche che regolano il

tributo, ed era quindi illegittimo, ma non nullo, ha stabilito i

criteri che dovevano essere seguiti nell'effettuare la quantificazio ne della base imponibile ed ha rimesso il processo alla commis

sione di merito per la valutazione estimativa.

5. - L'adozione di tale provvedimento di remissione che, come

si è visto, è perfettamente aderente ai principi del sistema

processuale, non trova alcun ostacolo in singole norme che

disciplinano il rito tributario; anzi dall'interpretazione coordinata

11 Foro Italiano — 1985.

degli art. 29 e 26 d.p.r. 636/72, si desume che La Commissione

centrale deve rinviare alla competente commissione di merito

dotata di tutti i poteri di cognizione tutte le volte che in

conseguenza dell'accoglimento del ricorso per violazione di legge o per effetto dell'esame delle questioni di fatto ad essa devolute

si debba provvedere su questioni di valutazione estimativa o di

quantificazione delle pene pecuniarie (Cass. 5 marzo 1979, n.

1636, id., Rep. 1979, voce Tributi in genere, n. 669). Il provvedimento di rinvio non trova, in particolare, alcun

ostacolo nel disposto dell'art. 21 d.p.r. 636/72 (anche nella nuova

formulazione prevista dal d.p.r. 3 novembre 1981 n. 739) in

quanto questo prevede soltanto il divieto di rinnovazione dell'atto

impugnato affetto dal vizio di motivazione ovvero dell'atto no

tificato dopo la scadenza del termine stabilito a pena di decaden

za; ipotesi che non si verificano nel caso in esame perché la

notifica è stata effettuata — come ha accertato la Commissione

tributaria centrale e come si è già rilevato — entro il termine

prescritto e perché non è stata disposta la rinnovazione dell'atto

impugnato, ma soltanto il rinvio del processo alla commissione di

merito (e non all'ufficio) per il compimento della valutazione

estimativa resa necessaria dalla motivazione insufficiente, ma non

nulla, contenuta nell'avviso impugnato.

Elementi significativi per pervenire ad una diversa interpreta zione delle norme non si desumono, peraltro, nemmeno dalla

relazione ministeriale che accompagna il d.p.r. n. 739/81, la quale

spiega che il divieto di rinnovazione dell'atto viziato per difetto

di motivazione è parso necessario per non lasciare spazio ad

accertamenti innovativi e per non vanificare una garanzia fonda

mentale nell'interesse sia del contribuente sia della correttezza dei

rapporti tributari. Invero, il divieto cui essa fa cenno concerne la

rinnovazione dell'atto impugnato ad opera dell'ufficio, eventual

mente per effetto di un provvedimento delle commissioni tributa

rie, ma non riguarda l'accertamento dell'imponibile effettuato

dalle commissioni tributarie a seguito dell'uso dei poteri di

istruzione probatoria ad esse conferiti (art. 35 e 36 d.p.r. 636/72); nel corso di un giudizio avente per oggetto un avviso di accerta

mento non viziato da nullità costituita dalla mancanza assoluta di

motivazione o da una motivazione soltanto apparente, perché non

conforme ai criteri stabiliti dalle singole leggi di imposta, ovvero

perché concretizzantesi in mere affermazioni astratte senza con

creti riferimenti alla base imponibile, e, pertanto, priva di effetti vo contenuto.

Le conclusioni cui questo collegio è pervenuto non contrastano

con la precedente sentenza della Suprema corte 10 novembre

1979, n. 5789, (id., 1980, I, 1034), nella quale l'oggetto della

controversia tributaria non era « una questione di valutazione

estimativa, ma la legittimità dell'iscrizione a ruolo, in relazione alla nullità della notificazione dell'accertamento », né con la sen

tenza 9 agosto 1983, n. 5325 (id., 1985, I, 1775), la quale ha esami

nato una fattispecie in cui la Commissione tributaria centrale aveva

pronunciato la nullità dell'accertamento per la sostanziale mancanza

della motivazione; in tal caso, esistendo un vizio che atteneva alla

formazione del rapporto giuridico d'imposta (motivazione generica a mezzo di stampigliatura), essa non poteva restare sanata per effet

to dell'opposizione del contribuente.

Questa corte deve, infine, esaminare la questione concernente

l'identificazione del giudice di rinvio competente a riesaminare la

controversia di cui trattasi essendo necessario stabilire se esso debba essere individuato nella commissione tributaria di primo

grado o in quella d'i secondo grado. La questione non è stata sollevata in modo esplicito dalle parti,

ma essa può essere rilevata d'ufficio, trattandosi di competenza funzionale inderogabile.

Il rinvio alle commissioni di merito da parte della Commissio

ne tributaria centrale è previsto dagli art. 24 e 29 d.p.r. 26

ottobre 1972 n. 636.

L'art. 24, cpv., disciplina i casi di rinvio da parte della

commissione di secondo grado alla commissione di primo grado stabilendo che esso deve essere disposto quando sia emerso che

innanzi ad essa il contraddittorio non sia stato costituito regolar mente ovvero quando tale irregolarità concerna la composizione del collegio; trattasi, quindi, di vizi cosi radicali che determinano

l'inesistenza della decisione di primo grado. L'art. 29 dello stesso decreto ooneerne, invece, il rinvio disposto

dalla Commissione centrale in seguito all'accoglimento del ricorso, nelle ipotesi in cui si renda necessario rinnovare il giudizio su

questioni di valutazione estimativa ovvero relative alla misura

delle pene pecuniarie e stabilisce che il rinvio deve essere effettua

to ad altra sezione della commissione di secondo grado che aveva

già pronunciato o, in mancanza, ad altra commissione di secondo

grado.

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Page 5: sezione I civile; sentenza 30 luglio 1984, n. 4541; Pres. Santosuosso, Est. Di Salvo, P. M. Benanti (concl. parz. diff.); Cicolani e Lotti (Avv. Manfredonia) c. Min. finanze (Avv.

1779 PARTE PRIMA 1780

Il 2° comma dello stesso art. 29 dispone, poi, io ordine al

l'ipotesi in cui i vizi previsti dal precedente art. 24 ('irregolare costituzione del contraddittorio; irregolare composizione del

collegio) si siano verificati innanzi alle commissioni di primo

grado ma siano stati rilevati dalla Commissione centrale; stabili

sce che, in tal caso, il rinvio deve essere effettuato innanzi alla

commissione di primo grado, dato che la gravità del vizio

riscontrato ha fatto venir meno l'esistenza stessa del giudizio. Nella fattispecie in esame l'annullamento della decisione della

commissione di secondo grado è stato disposto, come ha rilevato

la stessa decisione impugnata perché la Commissione centrale ha

ritenuto necessario un nuovo accertamento per verificare la fon

datezza della pretesa dell'amministrazione alla luce del principio di legalità sancito dall'art. 23 Cost.

Pertanto, a differenza di quanto ritenuto dalla decisione in

esame, l'art. 24, che concerne il rinvio ad opera della commissio

ne di secondo grado, non è applicabile nella fattispecie; ove fossero stati riscontrati i vizi prima richiamati che determinano

l'inesistenza del provvedimento impugnato, sarebbe applicabile il

2° comma dell'art. 29, ma poiché, invece, il motivo del rinvio rientra nella previsione del 1° comma dell'art. 29 e non è in alcun modo riconducibile alle ipotesi richiamate dal 2° comma,

(mediante l'indicazione dell'art. 24) le quali sono tipiche ed

insuscettibili di estensione ad altre ipotesi diverse da quelle previste dalla norma, il rinvio deve essere disposto innanzi ad altra sezione della commissione di secondo grado.

Il criterio adottato per il rinvio conseguente all'annullamento, da parte della Commissione centrale, delle decisioni delle com

missioni di merito è del tutto analogo a quello previsto per la

giurisdizione civile (art. 383 c.p.c.) e penale (art. 543 c.p.p.) per cui può ritenersi che il rinvio ad un giudice di grado pari a

quello che ha pronunciato la sentenza annullata costituisca un

principio generale dell'ordinamento processuale che non può in

alcun modo ritenersi contrastante con la tutela del contraddittorio e del diritto di difesa, come ha, invece, ritenuto la sentenza

impugnata. Invero, l'art. 24 Cost, non esige che il giudizio di rinvio si

svolga anch'esso in doppio grado; esso, lungi dall'essere un

giudizio autonomo e totalmente avulso dai precedenti gradi di

merito e di legittimità svoltisi in precedenza, è una continuazione

degli stessi per cui l'unico giudizio viene ad articolarsi in un

numero di gradi superiori al consueto; solo per incidens può,

quindi, ricordarsi che la regola del doppio grado della cognizione di merito non ha rilevanza costituzionale e non inerisce per necessaria implicazione alla garanzia della difesa (Corte cost. n.

41/65, id., 1965, I, 1124; 117/73, id., 1973, I, 2682; 22/73, ibid., 1344).

La decisione impugnata deve, quindi, essere cassata limitata

mente a tale aspetto e, poiché non rientra nei poteri di questa corte disporre il rinvio direttamente innanzi alla commissione tributaria di merito, la controversia deve essere rimessa alla

Commissione tributaria centrale che si atterrà al principio di

diritto enunciato da questa Suprema corte. (Omissis)

II

Motivi della decisione. — (Omissis). Con di secondo motivo

l'amministrazione ricorrente censura la decisione impugnata di

nullità dell'accertamento, sostenendo che l'accertamento stesso

era sufficientemente motivato con i riferimenti ai criteri di

valutazione prescritti dalla legge e che nessun rilievo assumeva la

circostanza che la motivazione risultasse stampigliata anziché

manoscritta o dattiloscritta. Anche questo motivo di ricorso non merita accoglimento. La motivazione stampigliata sull'impugnato avviso di accerta

mento, premessa l'inattendibilità dei redditi dichiarati perché

esigui rispetto a quelli correnti, giustifica la rettificazione operata con l'espressione « tenuto conto della natura e della ubicazione

del fabbricato e considerata la consistenza e destinazione delle

singole unità immobiliari censite ».

È agevole rilevare come l'espressione sopra trascritta non

integri quella motivazione analitica che l'art. 37 t.u. 645/58 prescri ve a pena di nullità, in relazione al successivo art. 74, perché il

reddito del fabbricato, in ipotesi di denuncia di un canone di locazione asseritamente inferiore a quelli correnti per i fabbricati in analoghe condizioni, possa essere determinato comparativamen te a questi ultimi.

Il riferimento ai parametri utilizzati risulta infatti assoluta mente generico, dato che esso può essere legittimamente compiu to, assumendo il significato ed il valore preteso dalla norma, soltanto quando dia luogo ad una comparazione specifica e

Il Foro Italiano — 1985.

concreta con il reddito di altri immobili in analoghe condizioni

ed aventi analoghe caratteristiche.

L'adozione di una stampigliatura identica a quella adottata per motivare gli accertamenti per tutti gli anni (otto) per i quali vi

era stata contestazione, anche in presenza di modificazione della

consistenza immobiliare, e per giungere a risultati di reddito

imponibile diverso, se non rileva sul piano del mezzo tecnico con

il quale può essere scritta la motivazione, è indice della genericità della stessa in quanto utilizzabile quale che sia la situazione

concreta.

Il vero è che dall'avviso di accertamento non è dato desumere

quali siano i fabbricati in analoghe condizioni individuati dal

l'amministrazione, quale sia il reddito che essi correttamente

producono e, quindi, come sia stato determinato per comparazio ne con esso quello accertato a carico del contribuente.

E, in queste condizioni, non può non essere rilevato come la

tesi critica dell'amministrazione trascura completamente l'ovvio

rilievo che l'accertamento del tenore di quello di cui trattasi, mancando dell'indicazione di fatti specifici dai quali è desunto

l'imponibile maggiore di quello denunciato, si sottrae ad ogni

possibilità di controllo e non consente al contribuente di tutelare

adeguatamente il suo diritto di fronte alla pretesa fiscale.

Esattamente, pertanto, la decisione impugnata ne ha dichiarato

la nullità.

Il ricorso deve, in conclusione, essere respinto. (Omissis)

I

CORTE D'APPELLO DI ROMA; decreto 29 aprile 1985; Pres.

Pacifico, Est. Nicastro, P. M. Nappi (conci, conf.); Soc.

Molo del Sole.

CORTE D'APPELLO DI ROMA

Società — Società di capitali — Pendenza di ispezione giudiziaria

per denuncia di gravi irregolarità — Sede sociale — Trasferi

mento — Omologabilità (Cod. civ., art. 2409, 2436).

È omologabile la deliberazione con la quale l'assemblea di società

di capitali assoggettata ad ispezione giudiziaria a seguito di

denuncia di gravi irregolarità trasferisce la sede sociale. (1)

II

CORTE D'APPELLO DI TORINO; decreto 14 marzo 1984; Pres. Romagnoli, Est. Mancinelli, P. M. (conci, diff.); Soc. Paramatti industriale.

Società — Società di capitali — Pendenza di ispezione giudiziaria per denuncia di gravi irregolarità e di istanza di fallimento —

Sede sociale — Trasferimento — Omologabilità (Cod. civ., art.

2409, 2411, 2436; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del

fallimento, art. 6).

È omologabile la deliberazione con la quale l'assemblea di società di capitali, assoggettata ad ispezione giudiziaria a seguito di

denuncia di gravi irregolarità e nei confronti della quale pende istanza per la dichiarazione di fallimento, trasfsrise la sede sociale. (2)

III

TRIBUNALE DI RIETI; decreto 18 febbraio 1985; Pres. ed est.

Pernice, P. M. La Sala (conci, conf.); Soc. Molo del Sole.

IV

TRIBUNALE DI TORINO; decreto 11 gennaio 1984; Pres.

Mosetto, Est. Silva, P. M. Rizzo (conci, conf.); Soc. Paramatti industriale.

Società — Società di capitali — Pendenza di ispezione giudiziaria per denuncia di gravi irregolarità — Sede sociale — Trasferi mento — Omologabilità — Esclusione (Cod. civ., art. 2409, 2436).

Non è omologabile la deliberazione con la quale l'assemblea di società di capitali assoggettata ad ispezione giudiziaria a seguito di denuncia di gravi irregolarità trasferisce la sede sociale. (3)

(1-3) Non constano precedenti in termini. Per qualche riferimento si vedano peraltro Trib. Roma 19 febbraio 1976, Foro it., Rep. 1977, voce Società, n. 255 (per il quale l'assemblea di società sottoposta ad

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