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sezione I civile; sentenza 30 luglio 1996, n. 6887; Pres. Grieco, Est. Berruti, P.M. Sepe (concl....

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sezione I civile; sentenza 30 luglio 1996, n. 6887; Pres. Grieco, Est. Berruti, P.M. Sepe (concl. conf.); Soc. Valentino Garavani (Avv. Consolo) c. Soc. Grande distribuzione avanzata e Soc. Isfina; Soc. Grande distribuzione avanzata e Soc. Isfina (Avv. P. Guerra, Parenti) c. Soc. Valentino Garavani. Conferma App. Roma 13 gennaio 1992 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 3 (MARZO 1997), pp. 901/902-905/906 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191864 . Accessed: 25/06/2014 04:44 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.205 on Wed, 25 Jun 2014 04:44:48 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 30 luglio 1996, n. 6887; Pres. Grieco, Est. Berruti, P.M. Sepe (concl.conf.); Soc. Valentino Garavani (Avv. Consolo) c. Soc. Grande distribuzione avanzata e Soc.Isfina; Soc. Grande distribuzione avanzata e Soc. Isfina (Avv. P. Guerra, Parenti) c. Soc.Valentino Garavani. Conferma App. Roma 13 gennaio 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 3 (MARZO 1997), pp. 901/902-905/906Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191864 .

Accessed: 25/06/2014 04:44

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

mento amministrativo di rescissione del contratto poteva prose

guire in pendenza del giudizio civile perché inidoneo ad incidere

su posizioni di diritto soggettivo, e, dall'altro, che l'impresa era decaduta da ogni pretesa per non aver formulato le necessa

rie riserve nel corso di detto procedimento: il giudice avrebbe

dovuto, invece, accertare se il contratto si fosse risolto per col

pa di una delle parti, a nulla rilevando la mancanza di riserve, trattandosi di diritti non soggetti ad esame differito. Inoltre, la corte d'appello ha violato il principio stabilito dall'art. 112

c.p.c., avendo ritenuto compensato il credito dell'impresa, ac

certato in sede di collaudo in lire 18.730.680, con un debito

per danni che l'ente appaltante non aveva dedotto né dimostra

to, senza tener conto anche del fatto che la maggiorazione dei

costi per il nuovo contratto di appalto era addebitabile alla Ca

smez, oppostasi al subappalto. La doglianza è infondata. In via preliminare, va osservato

che, in ordine al rapporto tra il procedimento amministrativo

di rescissione del contratto ed il giudizio civile per la risoluzione

per inadempimento, la corte territoriale ha esattamente ritenuto

che non si possano verificare interferenze, atteso che l'art. 340

1. 2248/1865, all. F, configura una vicenda pubblicistica ed au

toritativa che si inserisce nel rapporto privatistico tra imprendi tore e pubblica amministrazione e che l'atto conclusivo del pro cedimento non è idoneo ad incidere su posizioni soggettive col

legate ad un contratto di natura privatistica. Tale affermazione

è conforme alla giurisprudenza di questa corte (peraltro, richia

mata nella sentenza impugnata), secondo cui l'atto con il quale l'amministrazione committente esercita la facoltà prevista dal

l'art. 340 non ha natura provvedimentale, nel senso che non

incide autoritativamente nella sfera patrimoniale del privato ap

paltatore, perché non può prescindere dalla parità di posizione dei soggetti del rapporto e dalla corrispettività delle prestazioni che ne derivano (in tema di giurisdizione, cfr. sez. un. 6419/86,

id., Rep. 1986, voce cit., n. 227 e 5432/86, id., Rep. 1988, voce cit., n. 259).

La corte territoriale, inoltre, non si è sottratta al compito di verificare, in relazione alla domanda di risoluzione del con

tratto per inadempimento del committente proposta dall'impre

sa, i comportamenti delle parti, correttamente negando — come

si è visto — che si potesse configurare una responsabilità del

l'ente ed affermando quella della stessa impresa. Il giudice di

merito ha anche individuato il danno subito dall'appaltante, con

sistito nell'essere stato successivamente costretto a riappaltare i lavori ad altra impresa a prezzi maggiorati del 596%, e, conse

guentemente, ha negato che alla Ciia potesse essere riconosciuto

il credito di lire 18.730.680 risultante dal collaudo, perché il

danno subito dall'ente era certamente superiore a tale somma.

Così statuendo, il giudice non ha operato, in realtà, una sorta

di compensazione tra crediti e debiti reciproci: l'affermazione

che l'impresa, non avendo formulato riserve in sede di contabi

lità finale dell'appalto, era decaduta da ogni impugnativa e pre

tesa, non è conforme a diritto, secondo il costante indirizzo

di questa corte (sent. 11880/92, id., Rep. 1992, voce cit., n.

698 e, da ultimo, 10949/94, id., Rep. 1994, voce cit., n. 698) e la motivazione sul punto va corretta ai sensi dell'art. 384,

cpv., c.p.c., ma non ha comunque inciso sulla sostanziale esat

tezza della decisione. È evidente, infatti, che il giudice di merito

ha ravvisato nelle richieste e difese dell'ente la proposizione di

un'eccezione di inadempimento: a tale conclusione si perviene

agevolmente, considerando che la corte d'appello ha richiamato

espressamente il disposto dell'art. 20 cap. spec., a mente del

quale, in caso di inadempimento dell'impresa agli obblighi con

trattuali e di rescissione del contratto, la pubblica amministra

zione provvede all'esecuzione dei residui lavori, con «le mag

giori spese a carico dell'impresa, la quale non potrà pretendere alcun compenso né avanzare riserve, anche se l'ammontare del

le opere non eseguite fosse superiore al quinto dell'importo con

trattuale». In altri termini, la corte si è limitata, con piena ade

renza alle prospettazioni difensive dell'ente, ad affermare che

era legittima la pretesa di quest'ultimo di invocare l'eccezione

di inadempimento. Non v'è stata, quindi, violazione del princi

pio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, dovendosi

ribadire, al riguardo, il costante orientamento di questa corte,

secondo cui nell'esercizio del potere di interpretazione e qualifi cazione della domanda, il giudice del merito non è condizionato

Il Foro Italiano — 1997.

dalla formula adottata dalla parte, dovendo tenere conto, piut

tosto, del contenuto sostanziale della pretesa, desumibile dalla

situazione dedotta in causa e dalle eventuali precisazioni formu

late nel corso del giudizio, nonché del provvedimento richiesto

in concreto, senza altro limite che quello di non sostituire d'uf

ficio una diversa azione a quella formalmente proposta. Da ultimo, va rilevato che nessuna censura merita la sentenza

impugnata in ordine all'attribuzione all'impresa della responsa bilità per le conseguenze dannose della sospensione illegittima dei lavori: si è visto, infatti, come non potesse essere addebitata

all'ente, né alla Cassa per il Mezzogiorno, la maggiorazione dei

costi per il nuovo contratto, atteso che il rifiuto al subappalto trovava piena legittimità nel disposto dell'art. 11 cap. spec.

Come precisato in premessa, le sezioni unite di questa corte, con la sentenza n. 11181 del 1995, in accoglimento del ricorso

incidentale proposto dall'Ente sviluppo, hanno dichiarato la giu risdizione del giudice amministrativo in ordine alla domanda

di revisione prezzi e cassato senza rinvio, per questa parte, la

sentenza impugnata: ne deriva l'inammissibilità del quarto mo

tivo del ricorso principale, riguardante le questioni attinenti alla

revizione prezzi. In conclusione, il ricorso principale va rigettato per i primi

tre motivi e dichiarato inammissibile per il quarto.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 30 luglio

1996, n. 6887; Pres. Grieco, Est. Berruti, P.M. Sepe (conci,

conf.); Soc. Valentino Garavani (Aw. Consolo) c. Soc. Gran

de distribuzione avanzata e Soc. Isfina; Soc. Grande distribu

zione avanzata e Soc. Isfina (Avv. P. Guerra, Parenti) c.

Soc. Valentino Garavani. Conferma App. Roma 13 gennaio 1992.

Concorrenza (disciplina della) — Concorrenza sleale — Vendita

per corrispondenza — Principi di correttezza professionale

(Cod. civ., art. 2598).

Non commette atto di concorrenza sleale chi, avendo legittima mente acquistato sul mercato beni contraddistinti da un mar

chio, li rivenda mediante catalogo postale (nella specie, il ti

tolare di un marchio celebre, assistito da una rete di vendita

selettiva, lamentava la rivendita per corrispondenza di pro dotti di abbigliamento marchiati, appartenenti a vecchie col

lezioni, a prezzi inferiori di quelli praticati nel mercato dei

modelli correnti). (1)

(1) La vicenda, in sintesi: una «grande firma» della moda richiede un provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., lamentando l'offerta

in un catalogo di vendita per corrispondenza, di capi di abbigliamento contraddistinti col marchio «Valentino». Accertato che i prodotti erano

stati legittimamente acquistati presso società licenziatarie della ricorren

te, il pretore esclude la responsabilità della società distributrice per le

sione del diritto esclusivo della ricorrente sul marchio utilizzato; e non

ritiene integrata neppure un'ipotesi di concorrenza sleale per contrarietà

ai principi di correttezza professionale. Conclude, tuttavia, per l'illicei

tà della condotta per lesione del diritto di «reputazione economica», con conseguente danno ai sensi dell'art. 2043 c.c. (v. Pret. Roma 7

aprile 1987, Foro it., 1987, 1, 2878, con nota di richiami, e osservazioni

di G. Olivieri, nonché Resp. civ., 1988, 114, con nota di P. Balzarini, Diritto di reputazione economica dell'imprenditore e sua tutela, e Dir.

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PARTE PRIMA

Svolgimento del processo. — La s.p.a. Valentino Garavani

conveniva davanti al Tribunale di Roma la Postai Market, divi

sione della s.p.a. Isfina, la s.p.a. italiana Manifatture, e la s.p.a.

Compagnia internazionale abbigliamento, chiedendo che fosse

confermato il provvedimento ex 700 c.p.c. emesso dal Pretore

di Roma in data 4 aprile 1978. Chiedeva anche che fosse conse

guentemente condannata la Postai Market al risarcimento dei

danni ad essa arrecati mediante la messa in commercio a mezzo

del suo catalogo di vendita per corrispondenza primavera-estate

1978, prodotti recanti il marchio Valentino. Assumeva che tale

forma di commercializzazione era tale da ledere il suo prestigio e la sua immagine nel mercato.

Si costituivano la s.p.a. italiana Manifatture e la Comp. ita

liana Abbigliamento e chiedevano di essere estromesse dal giu dizio. La prima spiegava anche domanda riconvenzionale di ri

sarcimento dei danni nei confronti della Postai Market. Si co

stituiva quest'ultima e resisteva, proponendo anch'essa

riconvenzionale verso la attrice s.p.a. Valentino, chiedendo di

essere risarcita dei danni subiti in conseguenza del provvedi mento pretorile e della sua tendenziosa pubblicizzazione sulla

stampa. In corso di causa si costituiva la controricorso Grande

distribuzione avanzata, cessionaria del ramo di azienda Postai

Market, e faceva proprie le domande e le altre posizioni proces suali di quest'ultima.

Il tribunale riteneva fondata la domanda della s.p.a. Valenti

no Garavani, e respingeva le domande della Postai Market e

della italiana Manifatture verso quest'ultima, con sentenza non

definitiva. Rimetteva quindi la causa in istruttoria per la quan tificazione dei danni da risarcire alla s.p.a. Valentino Garavani.

Proponevano appello la Isfina s.p.a. e la Grande distribuzio

ne avanzata. Proponeva appello incidentale la s.p.a. Valentino

Garavani. La corte di Roma accoglieva l'impugnazione princi

pale respingendo la domanda della s.p.a. Valentino Garavani

e condannandola a risarcire i danni prodotti a Postai Market

dalla diffusione giornalistica del provvedimento urgente del Pre

tore di Roma. Respingeva l'appello incidentale della s.p.a. Va

lentino Garavani, ed estrometteva dal giudizio la s.p.a. Compa

gnia italiana abbigliamento. La corte di merito, quanto alle questioni ancora rilevanti,

rilevava che le appellanti principali avevano ribadito in sede di

gravame di avere legittimamente acquistato le merci con mar

chio Valentino, poi offerte nel catalogo di vendite per corri

spondenza. La sentenza impugnata quindi precisava, data la ine

sistenza nel nostro ordinamento di una tutela della reputazione economica fuori della normativa che riguarda la concorrenza

sleale, che ai sensi del n. 3 dell'art. 2598 c.c. non poteva nella

specie individuarsi alcun comportamento di Postai Market con

trario alla correttezza professionale, le merci in questione infat

ti, secondo la sentenza impugnata, erano state liberamente ac

quistate in Svizzera nel mercato legittimo, e la vendita mediante

catalogo postale non aveva realizzato alcuna ingerenza, come

informazione e informatica, 1987, 1025, con nota di A. Giuliani, Ven dita per corrispondenza e lesione della reputazione economica del pro duttore).

Successivamente, Trib. Roma 17 febbraio 1990, Foro it., Rep. 1994, voce Concorrenza (disciplina), n. 242, statuisce che integra atto di con correnza sleale ex art. 2598, n. 3, c.c., l'inserimento, in un catalogo di vendita per corrispondenza, di prodotti di un noto stilista, originali, contrassegnati dai relativi marchi, ma appartenenti a passate collezioni, in quanto da un lato lascia intendere ai consumatori che detto stilista venda anche per corrispondenza, e, dall'altro lato, sfrutta senza oneri economici la notorietà del marchio e le iniziative promozionali svolte dal suo titolare.

La qui confermata App. Roma 13 gennaio 1992, ibid., n. 241, affer ma che non rientra nei principi della correttezza professionale avvertire il produttore della destinazione che si intende dare alla merce legittima mente reperita sul libero mercato; non compie, perciò, atto di sleale

concorrenza, l'imprenditore che acquista appunto sul libero mercato

prodotti di abbigliamento recanti un marchio prestigioso e li offra poi in vendita a mezzo di un catalogo di vendite per corrispondenza (cfr., altresì, Cass. 20 luglio 1988, n. 4705, id., Rep. 1989, voce Provvedi menti di urgenza, n. 65, e Arch, civ., 1989, 34, relativamente allo stesso

caso).

Il Foro Italiano — 1997.

sostenuto dalla s.p.a. Valentino, nella organizzazione di impre sa della stessa.

Quindi, quanto alla impugnazione della Grande distribuzione

avanzata, mentre negava che il provvedimento pretorile urgente fosse stato frutto di mala fede dell'istante e che potesse pertan to dare luogo a responsabilità dell'istante, riteneva invece che

le modalità di pubblicazione del provvedimento medesimo fos

sero state tendenziose, e tali quindi da arrecare alla Postai Mar

ket un danno ingiusto. Accoglieva pertanto la domanda di ri

sarcimento dei danni avanzata nei confronti della s.p.a. Valen

tino Garavani a tale titolo.

La s.p.a. Valentino Garavani ricorre in Cassazione con tre

motivi. Resistono, e spiegano ricorso incidentale la Grande di

stribuzione avanzata s.p.a. e la Isfina s.p.a. La s.p.a. Valentino

resiste al ricorso incidentale. Entrambe le parti hanno deposita to memoria.

Motivi della decisione. — 1)1 ricorsi vanno preliminarmente riuniti.

2) Il ricoso della s.p.a. Valentino Garavani è ritualmente fir

mato dal rappresentante legale della società, nell'originale in

atti, e la firma è autenticata dal difensore. Non sussiste pertan to la inammissibilità adombrata nella memoria della resistente

e ricorrente incidentale.

3) Con il primo motivo di ricorso, la s.p.a. suddetta lamenta

la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2593, n. 3, c.c., nonché la motivazione errata, omessa, insufficiente, su un pun to decisivo della causa. Secondo la ricorrente, la vendita di pro dotti Valentino appartenenti a collezioni vecchie ed a prezzi in

feriori rispetto a quelli praticati nel mercato dei modelli corren

ti ha ingenerato nel pubblico il sospetto di un'avvenuta modifica

della politica commerciale della casa di moda, la quale invece

adopera, per tutelare la sua immagine, un sistema di vendite

selettive dei propri prodotti. Le modalità di vendita adoperate da Postai Market dunque hanno arrecato danno all'immagine

suddetta, in violazione delle regole della correttezza professionale.

3a) Osserva la corte che è frutto di evidente lapsus calami, da parte del ricorrente, la indicazione 2593 c.c. anziché dell'art.

2598 c.c., dal momento che la censura ribadisce la concorrenza

sleale da parte di Postai Market. L'esame della doglianza, così

precisata, richiede qualche osservazione preliminare. La concorrenza sleale in tutte le sue possibili configurazioni

è comunque costituita da attività diretta ad appropriarsi illegit timamente dello spazio di mercato ovvero della clientela del con

corrente. Deve trattarsi di attività che si concretizzi nella confu

sione dei segni dei prodotti, oppure nella diffusione di notizie

di apprezzamenti sui prodotti e sulla attività del concorrente,

ovvero, infine, in atti non conformi alla correttezza professio

nale, diretta a spostare l'interesse del mercato sul prodotto di

chi la pone in essere, a danno conseguentemente, di chi la subi

sce. L'illecito, pertanto, non deriva dal danno commerciale in

sé, ovvero dal fatto che una condotta di mercato individuale

produca diminuzione di affari nel concorrente. 11 gioco della

concorrenza, infatti, legittima per sua natura condotte egoisti che dirette al perseguimento di maggiori affari. Dunque, consi

dera strutturale ed inevitabile che tale obiettivo possa compor tare il danno, nel senso di una diminuzione degli affari, in capo a soggetti di mercato che si rivolgano ad una clientela comune

(Cass. 5716 del 1988, Foro it., 1989, I, 764). L'illiceità, invece, deriva dal fatto che il vantaggio egoistico venga perseguito me

diante la rottura delle regole legali della concorrenza che rende

ingiusto il danno che produce al concorrente.

La corte di merito, pertanto, ha ritenuto che non è un tale

danno in sé (che Valentino può anche avere riportato dal fatto

che Postai Market ha venduto, con le sue proprie modalità com

merciali, i prodotti in questione) che dimostra la sussistenza della

affermata concorrenza sleale, giacché occorre che il danno sia

stato conseguente ad una condotta individuata ai sensi dell'art.

2598 c.c.

Valentino si duole, in sostanza, del fatto che la vendita su

catalogo postale abbia dato luogo ad una illegittima ingerenza nella sua politica commerciale perché, ed in quanto, ha indotto

nel pubblico la convinzione di un mutamento della stessa ovve

ro, sembra di capire, di una popolarizzazione del suo prodotto. Tale risultato, dannoso per la sua immagine, sarebbe frutto di

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

una attività di Postal Market non conforme alla correttezza pro fessionale.

3b) La censura deve essere rigettata. L'organizzazione di Va

lentino non comprende solo, come afferma la ricorrente, una

distribuzione dei suoi prodotti mediante una rete selettiva di

vendita e dunque una gestione della sua clientela di elezione.

Essa, almeno nella vicenda in esame, ha comportato la possibi lità di vendere ad operatori del libero mercato prodotti che,

per una qualunque ragione (nella specie la minore attualità dei

modelli), Valentino non intendeva affidare alla rete predetta. Nella specie, la vendita a tali operatori, a loro volta rivenditori,

risulta dalla sentenza impugnata, ha comportato la scelta di un

canale di mercato diverso ed incompatibile con quello selettivo.

La merce così venduta ha, infatti, proseguito il suo cammino

fino al consumatore finale attraverso un altro normale, possibi le operatore, quale è Postai Market, il quale ha acquistato e,

quindi, ha distribuito secondo le sue ordinarie modalità. Valen

tino, nel vendere come ha venduto, ha determinato la sorte com

merciale del prodotto in questione perché non si è cautelato

rispetto a forme di diffusione specifiche, e ne ha condizionato

oggettivamente la fascia di prezzo finale.

L'istruttoria svolta in appello, infatti, ha condotto il giudice del merito a concludere che è stato Valentino, con una propria scelta di impresa, e dunque con una propria valutazione di con

venienza, a togliere i modelli in questione dalla rete di vendita

più adatta a tutelare le ragioni di immagini e di reputazione commerciale che oggi invoca. Caratterizzando il prodotto come

appartenente ad una fascia di prezzo più accessibile. Non può

dolersi, pertanto, della prevedibile conseguenza della sua scelta,

e non può rimproverare a Postai Market di non essere stata

più pensosa di tale reputazione economica di quanto non sia

stato egli stesso. Il danno che allega, in definitiva, non risale

ad alcuna ingerenza da parte di Postai Market nella sua orga nizzazione produttiva, né ad alcuna rottura delle regole della

correttezza professionale. Tale conclusione è raggiunta dalla corte

di merito in base ad una ricostruzione dei fatti adeguatamente

motivata; e senza alcuna violazione di legge. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 24 aprile

1996, n. 3862; Pres. Di Ciò, Est. Corona, P.M. Delli Pri

scoli (conci, conf.); De Sisto (Avv. Placco) c. Condominio

via Bravetta 664, Roma. Conferma App. Roma 15 maggio 1991.

Comunione e condominio — Condominio negli edifici — As

semblea — Seconda convocazione — Omesso verbale dell'as

semblea in prima convocazione — Irrilevanza (Cod. civ., art.

1136).

Una volta accertata la regolare costituzione dell'assemblea con

dominiale in prima ed in seconda convocazione, la mancata

redazione del verbale attestante l'esperimento a vuoto della

prima convocazione non impedisce, né rende invalida, l'as

semblea indetta in seconda convocazione. (1)

(1) Il principio si fonda sulla considerazione che, ancorché sia indub

bio che l'infruttuoso esperimento della prima convocazione costituisca

condizione di legittimità della riunione dell'assemblea condominiale in

seconda convocazione, la sede propria per compiere tale verifica è ap

punto l'assemblea in seconda convocazione, in occasione della quale

li Foro Italiano — 1997.

Svolgimento del processo. — Con citazione 17 aprile 1987,

Luigi De Sisto convenne, davanti al Tribunale di Roma, il con

dominio dell'edificio in Roma, via Bravetta 664, in persona del

l'amministratore in carica, per conseguire l'annullamento della

delibera presa in seconda convocazione il giorno 7 marzo 1987, limitatamente alla parte in cui decideva di resistere ad una azio

ne giudiziaria da lui promossa contro il condominio.

Espose che l'assemblea indetta, in prima convocazione,

i condomini (assenti o presenti che fossero alla prima riunione) sono

in grado di contestare le informazioni verbali (di per sé sufficienti) date

sul punto dall'amministratore, che ha disposto gli avvisi. In senso conforme, v. Cass. 24 gennaio 1980, n. 590, Foro it., Rep.

1980, voce Comunione e condominio, n. 120. ugualmente conforme

è l'opinione sostanzialmente univoca della giurisprudenza di merito: v.

App. Napoli 17 settembre 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 144, e

Arch, locazioni, 1987, 709, dove si osserva, tra l'altro, che a norma

dell'art. 1136, ultimo comma, c.c., deve redigersi processo verbale «non

della riunione, ma delle deliberazioni» adottate dall'assemblea condo

miniale; App. Genova 5 ottobre 1979 e Trib. Genova 12 maggio 1977, Foro it., Rep. 1980, voce cit., nn. 121, 122 (riportate in Arch, locazio

ni, 1980, 61, con nota di L. Tiscornia); nonché, nella motivazione, Trib. Bologna 8 gennaio 1992, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 226, e Arch, locazioni, 1993, 333, secondo la quale, d'altra parte, deve rite

nersi lecito l'«invito» (o «preghiera») ai condomini, contenuto nell'av

viso di convocazione, ad intervenire direttamente «all'assemblea in se

conda convocazione, in quanto non comportante la volontà di impedire lo svolgimento dell'assemblea stessa in prima convocazione» (a que st'ultimo proposito, in contrasto con Trib. Bologna, v. peraltro, in dot

trina, R.G. Balzani, Assemblea dei condomini: avviso di convocazione - Prima e seconda convocazione, in Arch, locazioni, 1983, 13, ad avvi

so della quale nel caso considerato l'assemblea indetta in seconda con

vocazione va automaticamente considerata come se fosse in prima con

vocazione, ai fini dei quorum necessari per la validità della costituzione

dell'assemblea stessa e delle deliberazioni adottate). Naturalmente, qualora l'assemblea riunita in prima convocazione, mal

grado la mancanza dei quorum richiesti dall'art. 1136 c.c. per la sua

valida costituzione, abbia provveduto a deliberare (su punti indicati al

l'ordine del giorno), deve ritenersi preclusa la possibilità della riunione

dell'assemblea stessa in seconda convocazione, dovendo, invece, proce dersi alla riconvocazione dell'assemblea con le modalità prescritte dal

l'art. 66 disp. att. c.c., al fine di revocare le delibere invalidamente adottate: v. Cass. 29 marzo 1982, n. 1930, Foro it., Rep. 1983, voce

cit., n. 111.

Dal 3° comma dell'art. 1136 c.c. si ricava che l'assemblea condomi

niale va convocata in seconda convocazione «in un giorno successivo»

(non più di dieci) rispetto a quello fissato per la prima convocazione.

Circa le conseguenze che derivano dalla fissazione in ore diverse dello

stesso giorno tanto della prima quanto della seconda convocazione, v., nel senso della annullabilità della deliberazione adottata in seconda con

vocazione, Cass. 15 febbraio 1979, n. 989, id., 1979, I, 2055 (per la

quale, conseguentemente, tale vizio non può essere fatto più valere dal

condomino che, partecipando all'assemblea, non lo abbia denunciato

ed abbia accettato la discussione sul merito); e, successivamente, Trib.

Napoli 9 novembre 1988, id., Rep. 1989, voce cit., n. 184. Difforme

mente, per la radicale nullità della delibera così assunta, v., invece, Trib. Milano 23 febbraio 1989, ibid., n. 172, e 5 aprile 1990, id., Rep. 1991, voce cit., n. 195.

Ad altro riguardo, nel senso che l'«aggiornamento» ad altra data

dell'assemblea condominiale tenuta in seconda convocazione va consi

derato come nuova convocazione, sicché deve essere comunicato a tutti

i condomini, pena l'invalidità dell'assemblea, v. Cass. 16 luglio 1981, n. 4648,'id., 1981, I, 2707, annotata da G. Milan, in Giust. civ., 1982,

I, 468. Successivamente, peraltro, Cass. 12 febbraio 1988, n. 1516, Fo

ro it., Rep. 1988, voce cit., n. 133, ha ritenuto che l'assemblea operante in seconda convocazione possa legittimamente continuare in altra data

(con l'obbligo, quindi, delle maggioranze richieste in sede di seconda

convocazione), per il prosieguo dell'esame degli argomenti già all'ordi

ne del giorno, ove ciò avvenga con l'accordo dei condomini presenti e avvertendo tempestivamente gli assenti. Cass. 5 agosto 1988, n. 4846,

id., Rep. 1989, voce cit., n. 169, a sua volta, ha ritenuto che, quando sia prevedibile che l'esame degli argomenti (particolarmente impegnati

vi) posti all'ordine del giorno dell'assemblea dei condomini non possa esaurirsi in una sola riunione, l'amministratore, salvo diversa previsio ne del regolamento condominiale, ha facoltà di fissare fin dall'inizio

più riunioni consecutive, in modo da assicurare lo svolgimento dell'as

semblea in termini brevi, senza necessità di ulteriori convocazioni formali.

In dottrina, cfr. anche R. Triola, L'assemblea condominiale: convo

cazione, costituzione, deliberazioni, verbalizzazione (rassegna di giuris

prudenza), in Vita not., 1982, 1037.

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