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Sezione I civile; sentenza 30 maggio 1962, n. 1324; Pres. Torrente P., Est. Rossano, P. M. Pedace...

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Sezione I civile; sentenza 30 maggio 1962, n. 1324; Pres. Torrente P., Est. Rossano, P. M. Pedace (concl. conf.); Galasso (Avv. Turco) c. Banco di Santo Spirito (Avv. Carboni) Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 9 (1962), pp. 1695/1696-1697/1698 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23150898 . Accessed: 25/06/2014 06:48 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 194.29.185.37 on Wed, 25 Jun 2014 06:48:25 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 30 maggio 1962, n. 1324; Pres. Torrente P., Est. Rossano, P. M. Pedace(concl. conf.); Galasso (Avv. Turco) c. Banco di Santo Spirito (Avv. Carboni)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 9 (1962), pp. 1695/1696-1697/1698Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150898 .

Accessed: 25/06/2014 06:48

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1695 PARTE PRIMA 1696

Anche tale censura b infondata.

II 3° comma dell'art. 2923, nel dispone che l'acqui rente non e tenuto a rispettare la locazione qualora ii

prezzo convenuto sia inferiore di un terzo al giusto prezzo o a quello risultante da preoedenti locazioni, lia rimesso

al giudice I'aceertamento relativo, offrendogli un duplice termine obiettivo di raffronto senza dare all'uno rispetto all'altro una particolare preminenza, come e rilevato dal

l'espressione meramente alternativa adoperata dal legis lator, oltreche dalla stossa ratio legis eli'c, in definitiva,

quella di richiedere che la locazione opponibile al terzo

aggiudicatario non si presenti sospetta (il precedente art. 687 codice del 1865 parlava esplicitamente di frode

presunta) e comunque non eccessivamente dannosa per il

terzo a causa di un notevole squilibrio tra il valore effettivo

del godimento della cosa e il corrispettivo del godimento della cosa e il corrispettivo convenuto con il conduttore.

£ rimesso, pertanto, al prudente arbitrio del giudice il valersi dell'uno o dell'altro termine di riferimento a

seconda delle circostanze e non e, in conseguenza, censu

rabile in sede di legittiinita la scelta cbe il giudice abbia

fatto nel caso concreto, specialmente se, come nella spe cie, ne abbia dato, pur senza averne l'obbligo, giustifi cazione.

E che il principio del «giusto corrispettivo » (secondo i

valori correnti) sia stato quello tenuto presente dal legis latore risulta anche dalla considerazione ch'egli ha posto come termine alternativo parificabile al «giusto prezzo »

il prezzo risultante da «locazioni precedenti » (al plurale), in tal modo dimostrando di aver voluto che il giudice, qualora prescelga quel secondo criterio, non sia vincolato dal prezzo di una determinata locazione precedente, ma

sia libero di tener conto, nel suo prudente apprezzamento, dei diversi prezzi eventualmente pattuiti con precedenti conduttori, al fine di stabilire con la maggiore approssi mazione possibile il prezzo adeguato.

Quanto ora detto assorbe il contenuto della censura in

esame : sembra solo il caso di osservarechel'addurreunin conveniente non e solvere argumentum e che per altro la legge n. 253 del 1950 richiamata dai ricorrenti non sembra pre vedere l'ipotesi dell'espropriazione forzata deU'immobile

locato, come si evince dal rilievo che all'art. 7 (cui, eviden

temente, i ricorrenti intendono riferirsi con l'accenno al termine di tre anni dall'acquisto), la suddetta legge pre vede soltanto «l'acquisto dell'immobile per atto tra vivi»,

espressione che, nella comune interpretazione, e riferibile alle ipotesi di trasferimenti negoziali, e che in tal senso

appare interpretata dalla stessa disposizione di legge attra verso la specificazione contenuta nel suo 2° comma. D'altra

parte, nella specie la questione astratta sollevata dai ricor renti non sorge neppure, poiche, come appresso sara rile vato, la Corte di merito ha ritenuto ch'essi contrassero la locazione in regime di libertä. (Omissis)

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SÜPREMA DI CASSAZIDNE.

Sezione I civile ; sentenza 30 maggio 1962, n. 1324 ; Pres. Toreente P., Est. Kossano, P. M. Pedace (conel. conf.); Galasso (aw. Turco) c. Banco di Santo Spirito (Avv. Carboni).

(Oonforme A pp. Napoli 14 marzo I960)

Titoli <li eredito — Azione di regresso del porlatore di assegno bancario oontro il traente — Ncees sila di presentazione tempestiva all'incasso o di clcvazione di protest» o di contrattazione equiva lenle a riiiuto di pagamento — Insussistenza (R. d. 21 dicembre 1933 n. 1736, sull'assegno bancario, art. 45).

II porlatore di assegno bancario pud esercitare Vazione di

regresso oontro il traente anche se Vassegno non'sia stato

presentato tempestivamente aU'incasso o non sia stato

elevato protesto o effettuata constatazione eguivalente a

rifiuto di pagamento. (1)

La Corte, eoc. — (Omissis). Con il secondo motivo il

ricorrente censura la sentenza impugnata perchc ha rite

nuto ohe il portatore dell'assegno cambiario possa eserci

tare 1'azione cambiaria contro il traente, pur non avendo

fatto eonstatare nel termine, con il protesto, il mancato

pagamento. In particolare afferma che l'art. 45, 1° comma,

r. decreto 21 dicembre 1933 n. 1736 stabilisce che 1'azione

di regresso puõ essere esercitata nei confronti dei giranti, del traente e degli altri obbligati, purche il rifiuto di paga mento sia constatato tempestivamente nei modi previsti, di tal che il 2° comma dello stesso articolo, col prevedere che il portatore mantiene i suoi diritti contro il traente

sebbene l'assegno non sia presentato tempestivamente o

non sia fatto il protesto, non puõ essere riferito che a di

ritti diversi dall'azione di regresso. Aggiunge che, se si acco

gliesse l'interpretazione ritenuta dalla sentenza della Corte

di appello, l'art. 45, 2° comma, sarebbe incostituzionale,

perche violerebbe l'art. 40 della legge uniforme cambiaria,

approvata con la Convenzione di Ginevra del 19 marzo

1931 e col r. decreto legge 24 agosto 1933 n. 1079.

Questo Supremo collegio, con le sentenze 23 aprile 1952, n. 1116 (Foro it., 1953, I, 361) e 7 luglio 1949, n. 1727 (id.,

Rep. 1949, voce Assegno, n. 73), chela Corte di appello non

ha mancato di citare nella sentenza impugnata, ha after -

mato, riesaminando la propria precedente giurisprudenza

(sentenza 18 marzo 1941, n. 782, id., 1941, I, 1217), che

1'azione del portatore di assegno bancario, prevista dal 2°

comma dell'art. 45 r. decreto 21 dicembre 1933 n. 1736,

puõ essere esercitata anche se l'assegno non sia stato pre sentato tempestivamente aU'incasso o se non sia stato

elevato protesto o constatazione equivalente a rifiuto di

pagamento. Nõ sussistono ragioni per un mutamento. In

vero il 1° comma dell'art. 45 stabilisce che il «portatore

puõ esercitare il regresso contro i giranti, il traente e gli altri obbligati» e lo subordina, in genere e senza distin

guere quanto a modalitä e all'ordine di esercizio, alia presen tazione per il pagamento nei termini e alia constatazione del

rifiuto di pagamento nei modi e termini indicati, ma il

2° comma aggiunge che il portatore, «sebbene l'assegno bancario non sia stato presentato tempestivamente o non sia

stato fatto il protesto o la constatazione equivalente, man

tiene i suoi diritti contro il traente » ; i successivi articoli del

capo VI disciplinano in concreto il regresso e l'art. 48 sta

bilisce che la clausola « senza protesto », che sia apposta dal

traente, dal girante o dall'avallante, dispensa il portatore

dall'obbligo del protesto e della dichiarazione equivalente

per esercitare il regresso, ma non dispensa dalla presenta zione dell'assegno nei termini prescritti, ne dagli avvisi

« salvo il disposto dell'art. 45, ult. comma » ; prevede inoltre

che, se la clausola e apposta dal traente, essa produce i suoi

effetti di dispensare dal protesto nei confronti di tutti i

firmatari, laddove, se e apposta da un girante o da un aval

lante, produce i suoi effetti soltanto rispetto a lui; l'art. 58 e

l'art. 59 infine disciplinano rispettivamente 1'azione cau

sale e quella di arricchimento.

Dalla combinazione di tali previsioni emerge che la

(1) La Cassazione conferma l'orientamento relativo alia

interpretazione doll'art. 45, 2° comma, del r. decreto 21 dicembre 1933 n. 1736, introdotto con le sentenze (riehiamate nel testo) 23 aprile 1952, n. 1116, Foro it., 1953, I, 361, con nota di richiami, anche dottrinali, e 7 luglio 1949, n. 1727, id., Eep. 1949, voce

Assegno, n. 73, in contrasto con la precedente sentenza 18 marzo

1941, n. 782, id., 1941, I, 1217 (in motivazione). I ,'attua le indirizzo 6 generalmente seguito anche dai giu

dici di merito e dalla dottrina. Cfr., al riguardo, nota a Cass. 23 aprile 1952, n. 1116, sopra richi; mita, cui adde, per la tesi

restrittiva,. Trib. Genova 7 marzo 1947, Riv. trim. dir. e proc. civ., 1949, 736, con nota di Roli, Sulla natura dell'azione contro il traente di chdque ; Trib. Ravenna 18 giugno 1947, Foro it., 1948, I, 253, con nota di Arena, Perdita dell'azione di regresso da assegno bancario per tardwa levata del protesto. Effetti sull'eser cizio dell'azione causale.

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1697 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1698

espressione « il portatore mantiene i suoi diritti», concerne

soltanto i diritti derivanti dall'azione di regresso in quanto la correlazione dell'ultimo comma dell'art. 45, ehe la esprime, con il primo rivela il carattere di una deroga alia presenta zione dell'assegno per il pagamento nel termine e all'ac

certamento del rifiuto ; la salvezza contenuta nell'art. 48, il quale concerne proprio l'esercizio del regresso, e gli art.

58 e 59 infine, clie disciplinano in modo autonomo l'azione

causale e quella di arricchimento, escludono che l'espres sione « mantenimento dei diritti» possa comunque riguar dare tali azioni per le quali non occorreva alcuna salvezza.

Ne e esatto che l'art. 45, ult. capov., nel senso ritenuto co

stituisca violazione dell'art. 40 della legge uniforme bancaria.

Tale norma accorda al portatore l'azione di regresso senza

distinguere tra azione contro il traisnte e contro gli altri

firmatari, ma l'art. 20 all. 2 riconosce agli Stati contraenti

la facoltä di non subordinare alia tempestiva presentazione e al protesto l'azione di regresso contro il traente. Con la

norma di cui trattasi 1'Italia si b avvalsa proprio di tale

facoltä. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.

GORTE SÜPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 29 maggio 1962, n. 1290 ; Pres.

Celentano P., Est. Di Majo, P. M. Colli (eoncl.

conf.) ; Ditta Pubbli-Omnia (Aw. D'Amelio) c. Soc.

Omnia pubblicita (Avv. Toffoletti).

(Conferma App. Milano 22 settembre 1959)

Coneorrenza (disciplina della) — Usurpazionc di

dcnominaziwne soeiale usata come mareliio —

Azionc di concorrenza slealc — Intervento del

I*, m. — Necessitä — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 70 ; r. d. 21 giugno 1942 n. 929, sui brevetti per marchi di impresa, art. 59).

Coneorrenza (diseiplina della) -— Confusione fra ditte — Kilta anteriormente rec|istrata — Diveryenza Ira

rejjistrazione e uso di fatto — Tut el a (Cod. civ., art.

2564, 2600).

Nella causa di concorrenza sleale per uso di ditta idonea a

produrre confusione con la denominazione sociale di altra

impresa, da questa usata anche come marchio, non e pre scritto a pena di nullita Vintervento del P. m. (1)

L'uso di ditta idonea a produrre confusione con la denomi

nazione di altra impresa costituisce attivitä di concor

renza sleale, anche se la confondibilitä sussista non nei

confronti della denominazione registrata, ma di quella, in parte differente, usata di fatto, semprechh sia provata la conoscenza da parte del concorrente di tale uso. (2)

(1) Sulla esclusione della necessitä <li intervento. del P. m.

quando la decadenza o la nullita del marchio sia dedotta come

una mera eccezione, anziche in via principale o riconvenzionale, si

consultino negli ultimi anni : Cass. 4 agosto 1961, n. 1900, Foro it.,

Rep. 1961, voce Marchio, n. 110 ; App. Firenze 19 novembre

1960, ibid., n. 112 ; Cass. 28 marzo 1960, n. 653, id., Rep. 1960, voce cit., n. 67 ; Cass. 21 giugno 1958, n. 2194, id., Rep. 1958,

voce cit., n. 80 ; Trib. Vercelli 30 gennaio 1957, id., Rep. 1957,

voce cit., n. 96 ; App. Milano 26 giugno 1956, ibid., n. 97 ; App. Genova 14 maggio 1954, id., Rep. 1954, voce cit., n. 68 ; App. Genova 28 maggio 1954, ibid., n. 69 ; Cass. 27 maggio 1953,

n. 1579, id., Rep. 1953, voce cit., n. 99. Contra, App. Milano

11 dicembre 1953, id., Rep. 1954, voce cit., n. 71.

In dottrina, si veda Montesano, In tema d'intervento ne

cessario del P. m., di eccezione e di cosa giudicata, in Giur. it., 1954,

I, 2, 330, in nota ad App. Milano 11 dicembre 1953, sõpra eitata,

e Carnelutti, Processo per nullita di brevetto e intervento del

Pubblico ministero, in Riv. dir. proc., 1955, II, 288, in nota ad App.

Genova 28 maggio 1954, eitata.

(2) Non constano precedentiin termini.

Di una fattispecie per qualche aspetto simile ha deciso Cass.

21 luglio 1954, n. 2622, Foro it., Rep. 1954, voce Ditta, n. 9,

La Corte, ecc. — Con il primo mezzo la ricorrente, nel

denunciare la violazione dell'art. 59 legge 21 giugno 1942

n. 929, in relazione agli art. 70, nn. 1 e 5, e 360, nn. 1, 3 e

5, cod. proc. civ., assume clie, essendo mancato l'intervento

del P. m., la sentenza impugnata deve essere annullata e

la causa rimessa al primo Giudice.

La censura e infondata. ft agevole rilevare clie l'at

tuale causa non ha ad oggetto una domanda di nullita o

di decadenza di brevetto per marchio d'impresa, sibbene

una domanda di usurpazione e di concorrenza sleale per uso di segno distintivo idoneo a produrre confusione, ed

e ben noto al riguardo il consolidato indirizzo di questa Corte suprema, secondo cui, ai sensi del combinato disposto

degli art. 59 r. decreto 21 giugno 1942 n. 929 e 70 cod.

proc. civ., non e necessario l'intervento in giudizio del P. m.

nelle cause di concorrenza sleale per uso di segni distintivi

idonei a produrre confusione, nemmeno nella ipotesi che

il giudice debba risolvere, incidenter tantum, la questione sulla contraffazione del marchio (sent. 27 maggio 1953, n. 1579, Foro it., Rep. 1953, voce Marchio, n. 99 ; 5 aprile

1956, n. 973, id., Rep. 1956, voce eit., nn. 81, 82 ; 31 luglio 1956, n. 3007, ibid,, nn. 83-86).

Con gli altri tre mezzi del ricorso, che sono stretta

mente connessi e possono quindi essere esaminati congiun

tamente, la ricorrente denuncia la violazione degli art.

2563, 2564, 2569, 2473, 2598 cod. civ., in relazione agli art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. Assume la ricorrente che

la Corte di appello abbia erroneamente applicato alia

ditta i principi stabiliti per la disciplina del marchio. La

ditta deve essere registrata presso il registro delle imprese ; nella specie quindi la Societa resistente ha diritto alia tu

tela limitatamente al nome « Omnia P. », sotto il quale fu iscritta nel registro delle imprese, non essendo valido

il preuso nei confronti di altra ditta registrata, quale la

Pubbli-Omnia. Comunque, nella specie, difettava la prova della conoscenza, da parte della Pubbli-Omnia, deJl'esi

stenza dell'altra Ditta di fatto.

Aggiunge la ricorrente che non poteva tutelarsi la de

nominazione di fatto « Omnia pubblicitä » della quale la

denominazione « Omnia P. » sarebbe stata abbreviazione

e che inoltre la Corte di appello non ha osservato il prin

cipio, secondo il quale chi abbia usato di una denomina

zione di fatto diversa da quella iscritta nel registro delle

imprese non puõ avvalersi della presunzione di conoscenza, da parte dei terzi, dell'uso di quella denominazione.

Anche queste doglianze non colgono nel segno. (Omissis) Nel conflitto fra due imprese che si trovino ad usare

la stessa ditta ovvero ditte che per la loro composizione risultino simili, deve dichiararsi prevalente il diritto di

quella delle due imprese che la ditta abbia usato per prima col conseguente obbligo per l'altra di modificare o inte

grare la propria ditta con indicazioni idonee a differen

ziarla (art. 2564, 1° comma, cod. civile). E se pure nel caso concreto potesse parlarsi, secondo

la tesi della ricorrente, di un uso di fatto per quanto at

affermando che l'uso di fatto di una denominazione uguale o

simile a quella successivamente usata da altri, che la iscriva tut

tavia con priorita, dä diritto all'uso esclusivo della denomina

zione stessa, ove il preutente assolva all'onere della prova della

conoscenza da parte dei terzi dell'uso anteriore.

Per qualche riferimento, puõ consultarsi ancora Cass. 7

febbraio 1962, n. 238, retro, 1328, che ha affermato tutelabile

con l'azione di concorrenza sleale la usurpazione del marchio

da altri anteriormente e pacificamente usato, ancorchõ non

registrato. In ordine alla tutelabilitä della ditta usata di fatto, diver

gente, per l'omissione di alcuni dei componenti, da quella re

gistrata (subordinata alia inesistenza di altre precedenti ditte per le quali possa sorgere il problema della similarity), vedi Cass.

16 aprile 1959, n. 1146, Foro it., Rep. 1959, voce cit., n. 17.

In dottrina, sulla prevalenza della ditta anteriormente usata

su quella successivamente registrata da altri, v. Ascarelli, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali*, pagg. 327, 328 ; e ancora, sulla prevalenza della denominazione sociale usata

anteriormente sulla denominazione da altri in seguito regi

strata, consulta op. ult. cit., pag. 339.

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