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Sezione I civile; sentenza 30 maggio 1984, n. 3295; Pres. Virgilio, Est. Lipari, P. M. Minetti(concl. conf.); Min. industria, commercio e artigianato (Avv. dello Stato Tallarida) c. Naldi.Cassa Pret. Napoli 29 luglio 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1984), pp. 1819/1820-1821/1822Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177202 .
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1819 PARTE PRIMA 1820
principio che la malattia insorta durante il godimento delle ferie
ne sospende il decorso.
4) Del pari, nella disciplina del pubblico impiego, le ricordate
disposizioni dei d.p.r. n. 501/79 e n. 810/80 connettono efficacia
sospensiva delle ferie al caso di insorgenza di « gravi malattie » o
a seguito di « ricoveri ospedalieri ».
In questa disciplina, sono dunque presi in considerazione
eventi ohe sono di accentuata rilevanza o, anche, di agevole controllo. Ma ciò nulla toglie alla evidente disparità di disciplina che le rispettive norme riservano, rispettivamente, al rapporto di
lavoro pubblico e a quello privato per una identica situazione,
perché nulla vieta che, in sede di verifica della legittimità costituzionale dell'art. 2109 c.c., si riscontri il vizio denunziato
solo entro determinati limiti ed ipotesi. Tale disparità non sem
bra, inoltre rispondere a criteri di ragionevolezza in relazione alla
diversa .natura dei rapporti, se lo scopo della disciplina (di quello
pubblico) risponda ad una esigenza che è comune ad entrambi,
ed ha connotati di rilevanza costituzionale.
Questi argomenti, inducono quindi a ritenere non manifesta
mente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
2109 c.c., in relazione all'art. 3 Cost.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 30 mag
gio 1984, n. 3295; Pres. Virgilio, Est. Lipari, P. M. Minetti
(conci, conf.); Min. industria, commercio e artigianato (Avv.
dello Stato Tallarida) c. Naldi. Cassa Pret. Napoli 29 luglio
1981.
Commercio (disciplina del) — Esercizio del commercio — Mera
iscrizione nel registro degli esercenti — Insufficienza — Auto
rizzazione amministrativa — Necessità (L. 11 giugno 1971 n.
426, disciplina del commercio, art. 1, 24).
Il possesso dell'autorizzazione amministrativa prevista dall'art. 24
l. 426/71 è requisito indispensabile per poter esercitare il
commercio al minuto, non essendo sufficiente la mera iscrizione
del commerciante nell'apposito registro istituito presso la came
ra di commercio. (1)
Svolgimento del processo. — Il giorno 12 luglio 1977 il
comando dei vigili urbani di Napoli redigeva processo verbale di
contravvenzione nei confronti della s.a.s. IDA (amministrata, da
Antonio Naldi, quale amministratore unico), perché da controlli
effettuati era risultato che la società esercitava il commercio al
minuto di vendita di prodotti coloniali ed alimentari pur essendo
sfornita della prescritta autorizzazione di commercio, prescritta dalla 1. »n. 426/71.
Conseguentemente, in data 12 maggio 1980, l'U.p.i.c^a. di Napoli notificava ordinanza ingiunzione di pagamento della somma di
lire 253.300, a titolo di sanzione amministrativa per la predetta
infrazione, che integrava l'illecito amministrativo di cui agli art.
24 e 39 1. n. 426. Il Naldi, quale amministratore della s.a.s. IDA, proponeva
tempestiva opposizione davanti al Pretore di Napoli, con atto
depositato il 27 maggio 1980 sostenendo di non avere commesso
alcuna violazione di legge perché, anteriormente alla data della
contestazione, aveva provveduto ad iscriversi presso il registro della camera di commercio, relativamente all'esercizio cui il
contestato illecito amministrativo si riferiva.
Il pretore accoglieva l'opposizione, in contumacia della U.p.i.c.a., sulla base di una sola proposizione argomentativa; dovendo
si, cioè, l'opponente ritenere all'epoca della contestazione « in
regola » con le prescritte autorizzazioni, per avere, sin dal 7
gennaio 1976, provveduto ad iscrivere la propria ditta nell'apposi
to registro della camera di commercio.
Contro la riassunta sentenza il ministero dell'industria, del
commercio e dell'artigianato ha presentato ricorso per cassazione,
fondato su di un solo mezzo, con il quale sostiene, deducendo la
(1) Non risultano precedenti in termini. Nel senso che l'iscrizione nel registro degli esercenti il commercio è
condizione per il rilascio dell'autorizzazione all'apertura di un nuovo esercizio o all'ampliamento di quello esistente, v. T.A.R. Veneto 9
novembre 1979, n. 521, Foro it., Rep. 1980, voce Commercio (disciplina del), n. 45. Più in generale, Cass. 10 luglio 1978, Bongiovanni, id.,
Rep. 1979, voce cit., n. 24, ha ritenuto detta iscrizione condizione per l'esercizio del commercio sotto qualsiasi forma.
In dottrina, di recente, v. Bonanni, Considerazioni sull'attuale disci
plina del commercio con particolare riferimento all'istituzione del
registro (legge n. 426 del 1971), in Trib. amtn. reg., 1978, II, 233;
Ragonesi, Disciplina dell'attività commerciale, Milano, 1981, 190.
violazione e la falsa applicazione degli art. 1 e 24 1. 11 giugno
1971 n. 426, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., che, per poter
esercitare il commercio al minuto, il requisito della autorizzazione
amministrativa è indispensabile, non essendo sufficiente l'iscrizio
ne presso il registro ditte della camera di commercio.
Il Naldi, nonostante la ritualità della notifica del ricorso, non
ha svolto attività difensiva davanti a questa corte.
Motivi della decisione. — (Omissis). 2. - La sentenza impugna
ta contiene una « pseudo motivazione », poiché trae conseguenza
da una premessa del tutto apoditticamente posta come verità
accertata mentre il nodo problematico da sciogliere consisteva nel
leggere l'art. 1 1. n. 426/71 in correlazione all'art. 24, per
riportare poi entrambe de norme al precetto sanzionatone di cui
al successivo art. 39.
Basta scorrere sommariamente la 1. n. 426/71 per cogliere
nella sua struttura tre momenti, scanditi dalla intitolazione dei
capitoli, il primo dei quali prevede la istituzione del registro degli
esercenti il commercio, mentre il secondo concerne la disciplina « razionalizzata » dell'apparato distributivo (« piani di sviluppo di
adeguamento »), venendo specificamente a riguardare il terzo la
c.d. licenza di commercio, vale a dire l'autorizzazione ammini
strativa. E nel raffronto fra il capo I e il capo Itili emerge, con
chiarezza, l'intento della legge di garantire da un lato la idoneità
personale degli esercenti, e di assicurare dall'altro una disciplina
oggettiva della vendita nei singoli esercizi in riferimento alla
qualificazione merceologica dai prodotti ed alla pianificazione della distribuzione, essendo a tutti nota l'eccessiva proliferazione di piccoli e piccolissimi punti di vendita, che il legislatore del
1971 si proponeva di ridimensionare.
L'esercizio del commercio, ex parte subiecti, richiede, dunque,
l'inserzione nel registro degli esercenti il commercio con amplis
simo ambito di previsioni (che la giurisprudenza nei suoi inter
venti concorre a tenere aperto, cfr. Cass., sez. un., 2957/81, Foro
it., 1981, I, 2194; Cons. Stato, sez. V, n. 880/78, id., 1979, III,
151). Tale iscrizione legittima all'esercizio del tipo di attività per
la quale è stata disposta « salva la osservanza delle altre disposi
zioni di legge » (art. 2, 4° comma) ed in tanto può essere concessa
in quanto si possiedano qualità professionali (art. 5) e requisiti
morali (art. 7). La legittimazione soggettiva è, quindi, requisito necessario, ma
non sufficiente per esercitare il commercio, sia pure con riferi
mento al « tipo » od ai « tipi » di attività iper cui è stata ottenuta
l'iscrizione al R.E.C. Il soggetto idoneo, essendo stati verificati
dall'apposita commissione di cui all'art. 9 della legge i requisiti
professionali e morali, non può, per ciò stesso e per ciò solo,
aprire bottega dove e come voglia, sia pure con riferimento al
tipo di attività cui si riferisce detta iscrizione. In effetti il « tipo »
qui considerato non attiene al prodotto ma al modo di commer
ciarlo, mentre preme alla p,a. poter controllare non solo e non
tanto l'adeguatezza del « nuove » punto di vendita alle esigenze della rete distributiva (si veda in proposito tutto il capo II della
legge), ma più latamente valutare le condizioni specifiche di
esercizio (cfr. art. 25 in relazione all'art. 24 ed all'art. 1 ss.).
L'autorizzazione amministrativa si presenta, quindi, come pre
supposto concorrente, e parimenti necessario per l'esercizio del
commercio accanto alla iscrizione nel registro del richiedente.
In questa prospettiva la generica riserva di osservanza delle
altre disposizioni di legge si esplica non solo nella perentoria
disposizione dell'art. 24 secondo cui « l'apertura di esercizi al
minuto, il trasferimento in altra zona e l'ampliamento degli
esercizi già esistenti mediante l'acquisizione di nuovi locali di
vendita, sono soggetti ad autorizzazione amministrativa », ma
nella coordinazione espressa che si legge nell'art. 25 (e che
risolve, se pur fosse residuato un qualche possibile dubbio, il
problema della necessaria coesistenza di iscrizione nell'albo ed
autorizzazione all'esercizio del commercio).
Nel disciplinare la procedura finalizzata al conseguimento della
autorizzazione il legislatore, infatti, stabilisce che la domanda di
autorizzazione all'esercizio (nuovo, o da ampliare, o da trasferire)
« deve » essere corredata da tutti i dati relativi alla ubicazione,
alla superficie dei locali di vendita, e ai tipi di attività che
intende svolgere, nonché dalla « prova » che il richiedente risulti
iscritto nel registro di cui al capo 1.
Ancora l'art. 19, correlando le sanzioni alla violazione di
precetti richiamati, indicando il numero degli articoli che li
contengono, contempla separatamente gli art. 1, 2, 3, 4 riguardan ti l'iscrizione e l'art. 25 riguardante l'autorizzazione, cosi manife
stando con chiarezza l'orientamento del legislatore di considerare
come distinte e concorrenti le infrazioni riconducibili alla fatti
specie legale di ciascuno degli articoli considerati. Argomento
questo che isolatamente considerato non potrebbe ritenersi decisi
vo, dato che il procedimento interpretativo potrebbe portare a
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
sovrapporre ed unificare taluna delle ipotesi considerate, ma che
ha ipur sempre un certo peso soprattutto perché ratifica l'enuncia
zione puntuale dell'art. 25 richiamato, che costruisce il procedi mento autorizzatorio come procedimento complesso, una delle cui
componenti è rappresentata, appunto, dalla iscrizione nell'albo
condicio sine qua non perché possa ottenersi, dal soggetto astrat
tamente qualificato, l'ammissione all'esercizio del commercio al
minuto hic et nunc in determinati locali con riguardo a determi
nate categorie merceologiche espresse nella tabulazione applicata al singolo esercizio considerato.
Il ministero ricorrente giustamente censura la sentenza che non
ha visto il problema, muovendo erroneamente dal convincimento
che l'iscrizione esaurisse i presupposti richiesti dalla legge per l'esercizio del commercio al minuto.
Ma, come si è detto, tale convincimento è errato poiché nel
porre l'accento sul provvedimento autorizzatorio, bisogna conside
rarlo come la risultante di un iter procedimentale che muove
dalla iscrizione, come condizione necessaria, ma non sufficiente,
dovendosi di tale iscrizione fornire la prova per corredarne la
domanda diretta ad ottenere l'autorizzazione.
Chiunque, avendo provveduto semplicemente alla iscrizione nel
R.E.C., e risultando perciò .soggettivamente idoneo all'esercizio, fra
l'altro anche, del commercio al minuto se a tale attività si è
riferito nel richiedere tale iscrizione, intraprende la vendita stessa
in locali all'uopo adibiti senza avere previamente ottenuto l'auto
rizzazione ad hoc (nella necessaria corrispondenza fra prodotti
posti in vendita e prodotti inquadrabili nelle tabelle cui l'autoriz
zazione si riferisce), viola il precetto dell'art. 24, e deve sottostare
alla sanzione di cui all'art. 39 senza potere invocare la previa iscrizione nel R.E.C, la quale varrà ad evitare il concorso delle
infrazioni la cui cumulabilità appare riferita normalmente all'ipo tesi di chi, senza essere iscritto al registro e senza essere
autorizzato, eserciti il commercio; mentre è possibile, come nel
caso di specie, che si possieda il requisito subiettivo della
iscrizione e non quello obiettivo della autorizzazione che si
riferisce al rapporto fra qualità del richiedente ed idoneità dei
locali, per la loro ubicazione e per la loro consistenza, destinati
all'esercizio del commercio al minuto per prodotti di un dato tipo
merceologico. Dovrebbe escludersi, invece, in linea di massima, la
situazione opposta a quella di specie il cui il soggetto sia stato
autorizzato, pure non risultando soggettivamente iscritto al regi
stro, e ciò per la necessaria correlazione fra previa iscrizione e
autorizzazione dipendente dal prescritto requisito strumentale, fra
l'altro anche, del presupposto soggettivo rappresentato dalla
suddetta iscrizione R.E.C.
4. - In conclusione, il ricorso deve essere accolto riconoscendo
la esattezza giuridica del principio sostenuto nel ricorso, ohe cioè
ai sensi degli art. 24 e 25 1. n. 426/71, collegati dall'art. 1 della
medesima legge, per poter esercitare il commercio al minuto il
requisito della autorizzazione amministrativa è indispensabile, non
bastando, per l'osservanza della legge, l'iscrizione del commer
ciante nell'apposito registro, istituito presso la camera di commer
cio.
All'accoglimento del ricorso consegue la cassazione dell'im
pugnata sentenza e il rinvio della causa ad altro giudice del
circondario, che si designa nel Pretore di Napoli Barra. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione II civile; sentenza 11 mag
gio 1984, n. 2893; Pres. Moscone, Est. Anglani, P. M. Moroz
zo Della Rocca (conci, conf.); Condominio via Petrarca 93/1,
Napoli (Avv. Procaccini) c. Menichini; Menichini (Avv. Me
nichini) c. Condominio via Petrarca 93/1, Napoli. Conferma
App. Napoli 14 maggio 1980.
Comunione e condominio — Assemblea — Intervento del con
domino su fatti attinenti all'ordine del giorno — Impedimento ad opera degli altri partecipanti — Annullabilità della delibera
(Cod. civ., art. 1137).
È annullabile la delibera di assemblea condominiale quando, nel
corso della discussione, ad un condomino sia stato impedito, con il consenso di tutti gli altri, di pronunciare il proprio intervento su fatti attinenti all'ordine del giorno. (1)
(1) Non constano precedenti editi in termini. A parere della Cassa
zione, il decisum è espressione di un principio generale del nostro ordinamento per cui « la volontà di ciascun partecipante confluente
nell'atto collettivo deve essere liberamente manifestata non solo nel
l'espressione conclusiva (voto di assenso e di dissenso) ma anche nelle
Svolgimento del processo. — Con atto del 7 gennaio 1979
Menichini Emilio, condomino del fabbbricato di via Petrarca 93 di
Napoli, convenne dinanzi al Tribunale di Napoli, il condominio
in persona dell'amministratore Palma Antonia Cristina (indicata
dall'attore come « amministrati ice » apparente) nonché Ribecco
Franco (indicato come « amministratore simultaneamente dimis
sionario ») per sentir dichiarare « la nullità della convocazione
dell'assemblea del 9 dicembre 1976 e della conseguente delibera
adottata ».
Addusse quali motivi dell'asserita nullità (oltre a quelli che, in
questa sede, più non interessano), l'avere il presidente dell'as
semblea impedito ad esso Menichini d'intervenire nella discussio
ne « privandolo della facoltà di parlare e di far verbalizzare le
proprie osservazioni » ed il fatto che l'assemblea fosse stata
convocata dall'amministratore giudiziario Ribecco Franco, « del cui
provvedimento di nomina, invalido ai sensi dell'art. 2382 c.c. per i
gravi precedenti penali del nominato, era in corso il procedimen
to di revoca ».
Costituitosi il condominio, che resistette alla domanda, l'adito
tribunale con sentenza del 1° marzo 1978 rigettò la proposta
opposizione. Su appello del Menichini, al quale resistette il condominio, la
Corte d'appello di Napoli con la sentenza del 14 maggio 1980,
ora denunziata, in accoglimento del gravame ed in riforma di
quella impugnata dichiarò la nullità della delibera.
Osservò, per quanto interessa questa sede, che « non preesiste
va la nullità della convocazione e della costituzione dell'assem
blea, dipendente dalla ineleggibilità ex art. 2382 dell'amministra
tore che l'aveva convocata, non essendo la citata norma, riguar
dante gli amministratori delle società, suscettibile d'interpretazione
estensiva e tanto meno analogica ». Erano invece ravvisabili gli
estremi dell'abuso di potere, nell'avere il presidente dell'assem
blea, sia pure con il consenso di questa, tolto la parola al
Menichini, il quale aveva certamente diritto, come condomino,
d'informare l'assemblea di atti o situazioni riflettentesi sulla
buona gestione e sulla efficace rappresentanza della cosa comune,
e che aveva iniziato ad esporre fatti strettamente connessi con la
materia dell'ordine del giorno, recante tra l'altro « dimissioni del
l'amministratore giudiziario e nomina dell'amministratore fiducia
rio ».
Siffatto abuso incidendo sulle decisioni dell'assemblea «aveva
potenzialmente eluso il 5° comma dell'art. 1136 c.c. Se, infatti, un
condomino sia regolarmente invitato all'assemblea e poi arbitra
riamente venga privato della facoltà di parlare, è evidente che si
determina una situazione uguale a quella di un ipotetico mancato
invito del condomino stesso ». Peraltro, « il volontario allontana
mento del Menichini doveva ritenersi pienamente giustificato,
posto che ormai la sua presenza all'assemblea era stata sostan
zialmente resa inutile ».
Avverso questa sentenza il condomino ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi illustrati da memoria. Resiste con
controricorso il Menichini, il quale ha anche proposto ricorso
incidentale condizionato, a cui resiste il condomino con controri
corso.
Motivi della decisione. — Va preliminarmente disposta la
riunione del ricorso principale e di quello incidentale condiziona
to, i quali investono la medesima sentenza.
Con il primo motivo il ricorrente principale denunzia la
violazione e la falsa applicazione degli art. 1136, 1137 c.c., 12
disp. sulla legge in generale; omessa insufficiente e contraddittoria
motivazione in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cjp.c. Deduce
anzitutto l'erroneità dell'applicazione analogica dell'art. 1136 sotto
un duplice profilo: « l'invito al Menichini a non proseguire nella
premesse ». Da un punto di vista pratico, l'interesse del condomino a
partecipare attivamente alla formazione della volontà collettiva è massimo proprio quando, come nel caso dì specie, si voglia tentare, con l'esporre le proprie ragioni, di modificare la volontà della
maggioranza, prima della votazione. I poteri del presidente dell'assem
blea, che sovraintende all'ordinato e proficuo svolgimento della discussio
ne, potranno, perciò, essere usati per sollecitare la conclusione di interventi troppo lunghi o fuor di luogo, mai per impedire ai singoli partecipanti di esprimere, nel corso del dibattito, la loro opinione su
argomenti all'ordine del giorno. La dottrina non sembra aver dedicato una specifica attenzione alla
nostra fattispecie: si rinvia, pertanto, per le problematiche inerenti, in
generale, alla disciplina delle assemblee condominiali, a Branca, Co munione. Condominio negli edifici ®, in Commentario, a cura di
Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1982, 618 ss.; Girino, Il condomi nio negli edifici, in Trattato, diretto da Rescigno, Torino, 1982, 337, 402 ss.; Salis, Il condominio negli edifici3, in Trattato, diretto da
Vassalli, Torino, 1959, 289 ss.
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