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Sezione I civile; sentenza 31 maggio 1969, n. 1954; Pres. Malfitano, Est. Arienzo, P. M. Gentile...

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Sezione I civile; sentenza 31 maggio 1969, n. 1954; Pres. Malfitano, Est. Arienzo, P. M. Gentile (concl. conf.); Consorzio cooperative di produzione e lavoro «Risorgimento »(Avv. Viola, Minervini) c. Iannuccilli (Avv. Cappabianca) Source: Il Foro Italiano, Vol. 92, No. 10 (OTTOBRE 1969), pp. 2533/2534-2535/2536 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23158341 . Accessed: 28/06/2014 15:20 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.155 on Sat, 28 Jun 2014 15:20:32 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Sezione I civile; sentenza 31 maggio 1969, n. 1954; Pres. Malfitano, Est. Arienzo, P. M. Gentile (concl. conf.); Consorzio cooperative di produzione e lavoro « Risorgimento » (Avv.

Sezione I civile; sentenza 31 maggio 1969, n. 1954; Pres. Malfitano, Est. Arienzo, P. M. Gentile(concl. conf.); Consorzio cooperative di produzione e lavoro «Risorgimento »(Avv. Viola,Minervini) c. Iannuccilli (Avv. Cappabianca)Source: Il Foro Italiano, Vol. 92, No. 10 (OTTOBRE 1969), pp. 2533/2534-2535/2536Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23158341 .

Accessed: 28/06/2014 15:20

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2533 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2534

di controllo del collegio trova, per espressa disposizione di

legge, un limite nella irrevocabilità delle ordinanze emesse dall'istruttore al fine di intendere la portata di tale limite, occorre riportarsi al precedente art. 177, il quale, nello stabilire che le ordinanze emesse dall'istruttore sono in genere revoca bili, dichiara poi irrevocabili quelle non soggette per legge ad impugnazione. Orbene, se tra le ordinanze non impugnabili rientrano, per tassativa disposizione di legge (art. 648 cod.

proc. civ.), appunto quelle con le quali l'istruttore ha prov veduto circa la concessione della esecutorietà del decreto

ingiuntivo, deve quindi ritenersi che tali provvedimenti siano sottratti al potere generale di controllo esplicato dal collegio sui provvedimenti dell'istruttore e deve in conseguenza esclu dersi che il collegio possa, sostituendosi all'inerzia dell'istrut

tore, provvedere, come nella specie si è verificato, sulle rela tive istanze dirette ad ottenere la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo in pendenza dell'opposizione. Né è esatto sostenere che la citata disposizione si limiti a dichiarare in suscettibili di impugnazione soltanto le ordinanze di conces sione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo e non anche quelle che abbiano provveduto in senso negativo, per cui in siffate ipotesi resterebbe salvo il potere di controllo del collegio, che potrebbe perciò concedere, in luogo dell'istrut

tore, nel caso di diniego espresso o implicito, il chiesto prov vedimento. Infatti anche la stessa lettera della legge « il

giudice istruttore può concedere, con ordinanza non impugna bile, l'esecuzione provvisoria del decreto », con il riferimento alla possibilità o meno di concessione del provvedimento, ap pare diretta a negare il potere di controllo del collegio, sia in relazione ad una pronunzia di accoglimento che ad una

pronunzia di rigetto. Il che del resto appare conforme ad un

principio generale del nostro ordinamento processuale, in base al quale debbono ritenersi soggetti allo stesso regime d'im

pugnativa, salvo casi eccezionali, tassativamente previsti nella

legge, sia i provvedimenti di carattere positivo che quelli di carattere negativo emessi in relazione a medesima richiesta. Né ha maggiore consistenza l'altra obiezione mossa dal resi

stente, il quale sostiene che il provvedimento sulla concessione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, anche se non rientrante nell'ambito dei poteri del collegio non sarebbe

per ciò solo invalido, non essendone la nullità prevista espres samente dalla legge. Infatti è chiaro, in base ai principi ge nerali, che il difetto di potere di un organo ad emettere un

provvedimento devoluto alla competenza esclusiva di un altro

organo, importa nullità del provvedimento stesso, costituendo il potere e la competenza presupposti di validità generale di tutti gli atti processuali.

Pertanto, in accoglimento di tale motivo, l'impugnata sen tenza va cassata con rinvio. Ne restano in conseguenza as sorbiti gli altri motivi, attinenti a questioni che, nell'ordine

logico, seguono quella sollevata con la censura accolta, poiché investono il primo motivo la sussistenza dei requisiti di me rito per la concessione della provvisoria esecutività del de creto ingiuntivo, il secondo la sussistenza del decreto azio nato con il decreto ingiuntivo e posto a base del precetto, il terzo in fine la denegata sospensione dell'esecuzione. (Omis sis)

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA D) CASSAZIONE

Sezione I civile; sentenza 31 maggio 1969, n. 1954; Pres.

Malfitano, Est. Arienzo, P.M. Gentile (conci, conf.); Consorzio cooperative di produzione e lavoro « Risorgi mento » (Avv. Viola, Minervini) c. Iannuccilli (Avv.

Cappabianca).

(Cassa senza rinvio App. Napoli 8 giugno 1967)

Liquidazione coatta amministrativa — Giudizio di condanna contro l'impresa — Improcedibilità — Fattispecie (R. d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 51, 52, 201, 207, 208, 209).

Il decreto, che pone in liquidazione coatta amministrativa una

impresa, intervenuto nelle more del giudizio promosso contro quest'ultima per ottenerne la condanna al paga mento di un debito, determina la improcedibilità di tale

giudizio. (1)

La Corte, ecc. — Il ricorrente, sotto il profilo della viola

zione dell'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. con riferimento

agli art. 201, 1° comma, 51, 52, 207, 208 e 209 legge fall., so

stiene che la liquidazione coatta amministrativa, come il fal

limento, disposta nelle more di un giudizio diretto all'accer

tamento di un debito e alla conseguente pronuncia di con

danna; determina l'improcedibilità del giudizio stesso e l'one

re per il creditore, che intende partecipare al concorso, di sot

toporre il proprio credito alla procedura di verifica del pas sivo.

La doglianza è fondata. La sentenza impugnata ha affer

mato che la procedura concorsuale determina la improcedi bilità delle azioni esecutive (art. 51 e 52 r. decreto n. 267 del

1942) sui beni dell'impresa soggetta a fallimento o a liqui dazione coatta amministrativa, ma non anche delle azioni di

cognizione dirette all'accertamento di crediti e alla relativa

condanna, che possono essere impedite, per ragioni di litispen denza, solo nel caso di contemporanea ammissione al passivo. Tale assunto non ha giuridico fondamento.

Gli art. 51 e 52 legge fall, rispettivamente dispongono

l'improcedibilità delle azioni esecutive individuali sui beni

compresi nel fallimento e il concorso dei creditori sul patri monio del fallito secondo le norme che prevedono, in un

organico sistema concentrato, l'accertamento del passivo. In

relazione a tale disciplina, questa Suprema corte con giurispru denza ormai costante (Cass. 27 luglio 1967, n. 1995, Foro it.,

Rep. 1967, voce Fallimento, n. 279; 27 settembre 1965, n.

(1) Conformi: App. Napoli 22 febbraio 1968, Foro it., Rep. 1968, voce Liquidazione coatta amministrativa, n. 22; App. Napoli 6 ottobre 1967, id., 1968, I, 1072, con nota di richiami; adde, oltre alla nota a quest'ultima sentenza di Di Lauro, in Dir. e giur., 1968, 76, App. Firenze 20 gennaio 1968 e Trib. Roma 1° dicembre

1967, Foro it., Rep. 1968, voce cit., nn. 31, 13, secondo cui è inammissibile la domanda giudiziale avente ad oggetto crediti ma turati antecedentemente al provvedimento che ordina la liquida zione coatta amministrativa, perché il detto provvedimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio dell'impresa ed ogni credito, anche se munito di prelazione, deve essere accertato dal commissario liquidatore, che ha il compito di formare lo stato

passivo; Pret. Roma 5 agosto 1967, ibid., n. 23, per la quale l'apertura del procedimento di liquidazione coatta amministrativa preclude al creditore le azioni individuali per il riconoscimento dei propri crediti; Pret. Bologna 31 maggio 1967, ibid., n. 28, secondo la quale, salvo le eccezioni previste dalla legge, non possono es sere iniziate o proseguite nei confronti di società in stato di liquidazione coatta amministrativa azioni sia di accertamento di crediti che di condanna; Cass. 27 gennaio 1945, n. 61 (id., Rep. 1943-45, voce cit., n. 14; in esteso in Giur. Cass. civ., 1945, XVII, 22, con nota di Andrioli), che ritenne proponibili e procedibili le sole domande di mero accertamento.

Per Cass. 6 marzo 1969, n. 708, retro, 2268, con nota di richiami e osservazioni di P. Martinelli, nella liquidazione coatta amministrativa il creditore, che, vantando più crediti derivanti dallo stesso titolo, ha omesso di comunicarne alcuni al commis sario giudiziale, non è tenuto ad impugnare lo stato passivo in cui era stato ammesso per la somma minore, portata nei libri contabili, ma senza esplicita esclusione dei crediti non comunicati, e può presentare domanda tardiva per la differenza.

Per la infondatezza della questione di costituzionalità, in rife rimento all'art. 24, 1° comma, Costituzione, dell'art. 209 legge fall., v. Corte cost. 17 aprile 1969, n. 87, retro, 1369, con nota di richiami.

Le sentenze della Cassazione 6 luglio 1968, n. 2298, 27 luglio 1967, n. 1995 e 27 settembre 1965, n. 2047, richiamate nella presente, leggonsi rispettivamente in Foro it., 1968, I, 2459, con nota di richiami, nel Rep. 1967, voce Fallimento, n. 279, e nella motivazione in Foro it., 1965, I, 2127.

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2535 PARTE PRIMA 2536

2047, id., 1965, I, 2127) ha affermato il principio che il fal

limento del debitore, dichiarato nelle more del giudizio di

retto all'accertamento di un debito e alla conseguente pronun cia di condanna, determina l'improcedibilità del giudizio stes

so e l'onere per il creditore, che intende partecipare al con

corso, di sottostare alla procedura di verifica del passivo, con

l'eccezione che, trattandosi di improcedibilità relativa alla

massa fallimentare, il creditore può proseguire l'azione in

sede ordinaria nei confronti del fallito al fine di ottenere una

sentenza, che, sebbene inopponibile alla massa dei creditori,

potrà avere efficacia se ed in quanto il fallito tornerà in bonis.

Il principio, di carattere generale, della improcedibilità del

giudizio di accertamento di debito e di condanna nelle forme

ordinarie nel caso di fallimento del debitore, giustificato dalla

incompatibilità con il giudizio concorsuale per la verificazione

dei crediti, articolato in forme spedite e munito di garanzie

giurisdizionali, non può non applicarsi anche alla procedura di liquidazione coatta amministrativa per la quale anche è

previsto, con espressi richiami alla normativa fondamentale, un sistema sostanzialmente corrispondente alla verificazione

ed ammissione dei crediti. Il commissario liquidatore, infatti,

procede di ufficio (art. 207 legge fall.), in base alle scritture

contabili e ai documenti dell'impresa, integrati dalle osser

vazioni o istanze di parte (art. 207, 3° comma), alla forma

zione dello stato passivo e deposita in cancelleria l'elenco

dei crediti ammessi, che, col deposito, diventa esecutivo, dan

done notizia a coloro la cui pretesa non sia stata, in tutto o in

parte, ammessa (art. 209, 1° comma). Dopo questa fase som

maria, a seguito delle opposizioni e delle impugnazioni, ri

spettivamente a norma degli art. 98 e 100, ha inizio un giu dizio di piena cognizione dinanzi al tribunale del luogo dove ha sede l'impresa secondo le forme abbreviate previste per l'accertamento del passivo nella procedura fallimentare per effetto del richiamo degli art. 98 a 103 contenuto nell'art. 209, 3° comma, sostituiti al giudice delegato il giudice istruttore

e al curatore il commissario liquidatore. Consegue che i cre

ditori, la cui pretesa non sia stata, in tutto o in parte, am messa dal commissario liquidatore, debbono far valere nelle forme suddette le loro istanze nell'apposito giudizio cumula tivo (art. 98, 2° comma) disciplinato secondo criteri di econo mia processuale e di concentrazione. L'improcedibilità del

giudizio di accertamento dei crediti si impone nella liqui dazione coatta amministrativa con maggior rigore che nel

fallimento, essendo detta procedura diretta di regola alla sop pressione dell'ente salvo il caso eccezionale del concordato di cui all'art. 214. La liquidazione coatta amministrativa, infatti, a differenza del fallimento che, come mezzo di tutela dei creditori si propone il soddisfacimento dei crediti, ha una fi nalità squisitamente pubblica che consiste nella eliminazione

dell'impresa dal mercato e nel modo come deve svolgersi la

liquidazione. In conclusione, devesi affermare il principio che la soprav

venuta messa in liquidazione coatta amministrativa dell'im

presa debitrice rende improcedibile senza eccezione alcuna, il giudizio di condanna della debitrice medesima proposto da un suo creditore. Infine, con riguardo all'assunto del resi stente che nella fattispecie il processo non era stato interrot to non essendo emerso nei modi previsti dall'art. 300 cod.

proc. civ. l'evento della perdita della capacità di stare in

giudizio degli organi del consorzio, è sufficiente rilevare che, ai fini della conoscenza legale per i creditori e per i terzi del decreto che ordina la liquidazione coatta amministrativa, è

sufficiente la pubblicazione di esso nella Gazzetta ufficiale (Cass. 6 luglio 1968, n. 2298, Foro it., 1968, I, 2459).

Il ricorso, pertanto, deve essere accolto e la sentenza im

pugnata cassata senza rinvio trattandosi di processo che, a

seguito del decreto di liquidazione coatta amministrativa del l'ente ricorrente, non poteva essere proseguito. (Omissis)

Per questi motivi, ecc,

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezione II civile; sentenza 30 maggio 1969, n. 1926; Pres.

Gentile P., Est. Corasaniti, P.M. Pandolfelli (conci,

conf.); I.n.a.i.l. (Avv. Flamini, Ungaro) c. S.r.l. Impianti

appalti e costruzioni - I.m.a.c. (Avv. D'Onofrio, Scorza) e altri.

(Cassa App. Genova 14 gennaio 1966)

Infortuni sul lavoro — Azione di regresso dell'I.n.a.i.l. — Ter

mine — Sentenza applicativa dell'amnistia — Irrevocabilità — Presupposto — Fattispecie (Costituzione, art. Ill; cod.

proc. pen., art. 151, 152, 190, 513, 526; r. d. 17 agosto 1935

n. 1765, assicurazione obbligatoria degli infortuni sul la

voro, art. 5, 67; d. pres. 11 luglio 1959 n. 460, concessione

di amnistia e indulto, art. 14).

Ai fini del termine di proponibilità da parte dell'I.n.a.i.l.

dell'azione di regresso, per le prestazioni erogate all'assi

curato, nei confronti delle persone civilmente responsabili

dell'infortunio, la sentenza di non doversi procedere

per amnistia non può considerarsi irrevocabile ove sia

stata omessa la notifica dell'avviso di deposito in cancel

leria all'imputato cui è concesso di ricorrere per cassa

zione avverso la pronuncia, eventualmente deducendo di

non essere stato posto in grado di rinunciare all'applica zione del provvedimento di clemenza. (1)

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Il 28 set

tembre 1955, De Bernardi Alberto, operaio alle dipendenze della soc. impianti, appalti e costruzioni (I.m.a.c.) subiva un

infortunio sul lavoro con conseguente invalidità permanente in misura del 100%.

Per il fatto, dopo un procedimento penale a carico del

capo cantiere dell'impresa, definito con l'assoluzione dell'im

putato, erano sottoposti a procedimento penale e rinviati a

giudizio i capi-squadra Loschi Mario e Migliardi Venzo, i

quali peraltro erano prosciolti dal Tribunale di Genova con

sentenza 23 ottobre 1959, per essere il reato ad essi ascritto

estinto per sopravvenuta amnistia.

Con atto notificato il 12 maggio 1960 il De Bernardi

conveniva allora in giudizio davanti al Tribunale di Genova

tanto la società I.m.a.c. che i predetti Loschi e Migliardi, chiedendo il risarcimento dei danni.

Resistevano i convenuti, deducendo che l'infortunio si era

verificato esclusivamente per fatto dello stesso De Bernardi.

Con comparsa del dicembre 1961 interveniva volontaria

mente nello stesso giudizio l'istituto assicuratore (I.n.a.i.l.)

chiedendo, nei confronti dei convenuti, il rimborso di quanto aveva erogato a favore dell'attore a titolo di prestazioni assicu

rative.

Il tribunale condannava il Loschi e il Migliardi, in solido

con la società I.m.a.c., al risarcimento della metà del danno

sofferto dal De Bernardi, metà che liquidava nella somma

di lire 11.700.000, che dichiarava dovuta, per lire 9.572.524

all'I.n.a.i.l. a titolo di rimborso e per lire 2.127.476 all'infortu

nato.

(1) La questione specifica a quanto consta è nuova.

Sulla proponibilità del ricorso per cassazione da parte dell'im

putato avverso la sentenza applicativa dell'amnistia, v. Cass. 6

febbraio 1968, Sagna, Foro it., Rep. 1968, voce Impugnazioni pen.r nn. 52, 53; 21 dicembre 1964, Tomeo, id., Rep. 1966, voce cit., n. 42; App. Catanzaro 22 novembre 1960, id., Rep. 1961, voce

cit., n. 47; Cass. 10 luglio 1959, Sugamosto, id., Rep. 1960, voce

cit., n. 54. Per la non proponibilità dell'appello, v. App. Messina 8 gen

naio 1960, id., Rep. 1960, voce cit., n. 55, con nota di Gucciardi, Appellabilità di sentenza di applicazione di amnistia rinunciabile, in Riv. pen., 1960, II, 727.

Gli art. 5 e 67 r. decreto n. 1765 del 1935 sono ora sosti tuiti dagli art. 11 e 112 t. u. sull'assicurazione per gli infortuni sul lavoro 30 giugno 1965 n. 1124.

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