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sezione I civile; sentenza 4 luglio 1986, n. 4391; Pres. Cusani, Est. R. Sgroi, P. M. Benanti...

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sezione I civile; sentenza 4 luglio 1986, n. 4391; Pres. Cusani, Est. R. Sgroi, P. M. Benanti (concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Baccari) c. Soc. Amoco (Avv. Guidi). Conferma App. Torino 20 aprile 1982 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 11 (NOVEMBRE 1987), pp. 3111/3112-3113/3114 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179131 . Accessed: 28/06/2014 11:10 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.11 on Sat, 28 Jun 2014 11:10:31 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 4 luglio 1986, n. 4391; Pres. Cusani, Est. R. Sgroi, P. M. Benanti(concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Baccari) c. Soc. Amoco (Avv. Guidi). ConfermaApp. Torino 20 aprile 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 11 (NOVEMBRE 1987), pp. 3111/3112-3113/3114Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179131 .

Accessed: 28/06/2014 11:10

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3111 PARTE PRIMA 3112

Trattasi, in verità, di un rapporto considerato dall'ordinamen

to giuridico come esistente e produttivo di effetti giuridici soltan

to nella sua inscindibile interezza formale e sostanziale, sicché,

allorquando entra in discussione la validità ed efficacia di esso

rapporto, è inconcepibile che la decisione possa essere limitata

alle parti soggette alla giurisdizione italiana, senza contempora neamente ritenerla estesa alle parti che non vi sono soggette, la

cui presenza è necessaria nel processo come condizione posta dal

l'ordinamento giuridico per conseguire il risultato dell'azione.

L'esigenza, cosi, della unitarietà della decisione sulla base di

interessi che trovano tutela nell'ordinamento interno, non può essere affermata e realizzata se non nell'ambito della giurisdizio ne italiana, affermandola, e non già negandola, anche nei con

fronti della convenuta straniera, in quanto l'estensione della

giurisdizione nel caso ora indicato non contraddice, per le consi

derazioni innanzi svolte, al principio generale dell'art. 4, n. 3, c.p.c.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 4 luglio

1986, n. 4391; Pres. Cusani, Est. R. Sgroi, P. M. Benanti

(conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Baccari) c. Soc.

Amoco (Avv. Guidi). Conferma App. Torino 20 aprile 1982.

Idrocarburi — Imposta di fabbricazione — Perdita di prodotti

petroliferi per rottura di oleodotto — Calo di trasporto — Ap

plicabilità — Limiti (R.d. 13 febbraio 1896 n. 65, regolamento

per l'esecuzione del t.u. delle leggi doganali, art. 99; 1. 25 set

tembre 1940 n. 1424, legge doganale, art. 4; 1. 31 dicembre

1962 n. 1852, modificazioni al regime dei prodotti petroliferi, art. 8, 9, 10).

Posto che, per il caso di mancato arrivo a destinazione di prodot ti petroliferi immessi in oleodotto, la partita deve considerarsi

non giunta a destino per effetto di calo naturale ex art. 10

l. 1852/62, il contribuente ha diritto all'abbuono sull'imposta nella misura determinata dalla legge, qualora l'amministrazio ne finanziaria assuma che la riduzione dei quantitativi del pro dotto sia stata originata da altre cause (nella specie, per rottura

dell'oleodotto e conseguente dispersione del prodotto), incom

be sull'ufficio finanziario l'onere della prova del fatto diverso

sia in ordine alle cause della dispersione, sia in ordine ai quan titativi andati in concreto dispersi. (1)

Motivi della decisione. — Con l'unico, complesso motivo, l'am

ministrazione deduce la violazione ed erronea applicazione degli art. 2697 c.c., 2727-2729, 2909 c.c., 116 c.p.c., 324, 394 c.p.c., 4 1. 25 settembre 1940 n. 1424 ed 8-10 1. 31 dicembre 1962 n.

1852, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. nonché omessa, insuf ficiente e contraddittoria motivazione circa i punti decisivi della

controversia (art. 360, n. 5, c.p.c.), osservando che la Corte di

cassazione — nella sentenza emessa in questo giudizio — aveva

statuito che non era escluso che entrambe le discipline fiscali cita te dovessero applicarsi al medesimo trasporto, perché la mancan za di prodotto all'arrivo poteva dipendere contemporaneamente da un calo di trasporto e da una perdita per un fatto specifico (come la rottura di un tubo) e che quindi si doveva determinare, in base alle prove e tenendo presente che si trattava di opposizio ne ad ingiunzione fiscale, la distribuzione dei quantitativi man

canti fra le due ipotesi; orbene, era pacifico in causa che non

erano pervenuti a destinazione Kg. 398.476 di olio greggio, quan titativo sul quale era dovuta l'imposta richiesta, pur potendosi

applicare l'abbuono per calo di trasporto, subordinatamente alla

prova da fornirsi dalla società Amoco della misura del calo di

(1) La sentenza ribadisce il principio già enunciato in occasione della prima puntata della stessa vicenda (Cass. 15 febbraio 1980, n. 1310, Foro it., 1980, I, 1682, con nota di richiami), oggi definitivamente risolta dalla corte.

La legittimità del tributo è stata peraltro ribadita in relazione alle ipo tesi di furto di prodotti petroliferi: cfr. Cass. 6 novembre 1986, n. 6484, id., 1987, 1, 844, con nota di richiami.

Sullo stesso tema, v., in dottrina, L. Mazza, Il furto di merce sottopo sta a vincolo doganale, in Riv. polizia, 1985, 403.

Il Foro Italiano — 1987.

trasporto. Ma la corte di rinvio si era limitata ad osservare che — secondo le più recenti pronunce della Suprema corte — la

verifica del presupposto di atto dell'imposta va compiuta dal giu

dice, con onere probatorio a carico dell'amministrazione, senza

considerare che nella specie tale prova era stata già data, mentre

gravavano sull'opponente le prove delle cause modificative ed estin

tive o di inefficacia dei fatti costitutivi della pretesa fiscale.

L'esistenza del calo naturale era una pura e generica afferma

zione della società opponente, la quale non aveva fornito la mini

ma prova in merito, laddove vi era la prova che il calo non era

stato naturale, ma si era avuta un perdita dovuta a causa artifi

ciale (rottura dell'oleodotto). Prescindendo da ciò, secondo l'amministrazione, poiché nella

specie il trasporto con oleodotto aveva dato luogo ad una defi

cienza maggiore dell'1% (Kg. 495.696, non potendosi aggiungere il prodotto giunto a destinazione con le autobotti), nessun calo

poteva computarsi, alla stregua della normativa applicabile, tan

to più che il computo del maggior abbuono del 2% è una facoltà

dell'amministrazione esercitabile quando ricorrono speciali circo

stanze determinative di un effettivo maggior calo, quindi, nella

specie giustamente non esercitata.

Il ricorso è infondato, sebbene alcune delle affermazioni —

in linea di diritto — della sentenza impugnata vadano corrette

ai sensi dell'art. 384 c.p.c., fermo restando l'esatto dispositivo. Nella precedente sentenza n. 1310/80 (Foro it., 1980, I, 1682)

di questa corte non era stato risolto — perchè non formava og

getto dei motivi di ricorso — il problema dell'onere della prova. La sentenza era impugnata, sulla base di tale esatta premessa,

nonché dell'altrettanto esatta premessa che (quando una sentenza

non risolve espressamente un problema giuridico), essa si deve

interpretare alla stregua dell'ordinamento, come vive nell'inter

pretazione giurisprudenziale (cfr. sez. un. 9 maggio 1984, n. 2825,

id., Rep. 1984, voce Giurisdizione civile, n. 75) si era riferita a tale interpretazione, citando Cass. 12 ottobre 1981, n. 5336 (id.,

Rep. 1981, voce Tributi in genere, n. 660) e 6 aprile 1981, n.

1937 (ibid., voce Riscossione delle imposte, n. 115) secondo cui

in materia tributaria l'autorità amministrativa deve accertare il

presupposto impositivo e — posto che oggetto del giudizio deter

minato da tale provvedimento è l'effettiva esistenza del credito

(senza che rilevi la circostanza che l'iniziativa dell'azione sia pre sa dall'obbligato) — la verifica positiva dell'indicato presupposto va compiuta dal giudice con onere probatorio a carico dell'ammi

nistrazione, secondo la regola dell'art. 2697 c.c.

Tuttavia, la corte di Torino non ha fatto una esatta applicazio ne dei principi enunciati, con riferimento alla specie, perché non

ha tenuto conto che il presupposto dell'obbligazione tributaria

non era (soltanto) la perdita dell'olio greggio a seguito di disper

sione, ma — in primo luogo — il mancato arrivo a destinazione

di tutto l'olio immesso nell'oleodotto nel periodo di tempo consi

derato, in quanto non era affatto controverso che le bollette di cauzione si riferivano a Kg. 46.770.832 e, pertanto, lo scarico

delle bollette, in linea di principio, doveva riguardare quel quan titativo.

Non è quindi il caso di riesaminare, in questa sede, i principi enunciati dalle sentenze citate del 1981, con riguardo ad altre pro nunce che ne hanno limitato la portata, chiarendo che — ferma

restando la posizione di attore del contribuente opponente all'in

giunzione fiscale — in dipendenza della contestazione giudiziale l'amministrazione è soggetta soltanto alla verifica giudiziale degli accertamenti già compiuti in sede amministrativa, sicché — se

detti accertamenti sono manchevoli od insufficienti — la pretesa fiscale deve ritenersi non provata; ed inoltre il contribuente può ovviamente dare la prova dei fatti modificativi od estintivi della

pretesa stessa.

Invero, nel presente caso, di fronte all'accertata (e mai conte

stata) mancanza di un certo quantitativo di olio minerale, su di

esso in linea di principio era dovuta l'imposta, di modo che rica

deva sul privato l'onere di provare i fatti diversi in forza dei

quali essa non era dovuta.

A questo punto, peraltro, giustamente la corte di Torino ha

notato che, in mancanza di altra specifica causale, la partita do veva considerarsi non giunta a destino per effetto di calo naturale

e/o di trasporto, ex art. 10 1. 1852 del 1962. Ed invero — osserva il collegio — al di fuori dei casi in cui, per speciali motivi, gli abbuoni dipendono da un riconoscimento dell'amministrazione

(qui non ricorrrenti, come subito si vedrà) — gli abbuoni nella

misura normale prevista dagli art. 8, 9 e 10 della citata legge

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

del 1962 costituiscono un diritto pieno ed incondizionato del sog

getto passivo, come risulta dal tenore testuale («sulla deficienza

riscontrata... è accordato l'abbuono dell'imposta, a titolo di calo

naturale di giacenza...»; «sulla deficienza rispetto alla bolletta

di cauzione, riscontrata all'arrivo dei prodotti petroliferi gravati da imposta, è accordato l'abbuono dell'imposta, se la deficienza

è contenuta nei limiti appresso indicati ed è escluso il sospetto di illecita sottrazione»).

Si veda, in epoca successiva ai fatti di cui è causa, il d.m.

13 maggio 1971.

L'amministrazione (a parte il caso del «sospetto di illecita sot

trazione, e cioè di una frode fiscale anche meramente indiziaria,

qui non ricorrente) può però dare una prova diversa, contraria

alla dipendenza della deficienza dal calo naturale e tecnico di

trasporto. Mentre quest'ultimo, pur essendo un fatto estintivo dell'obbli

go del pagamento, è presuntivamente determinato a favore del

contribuente, sicché egli può limitarsi ad invocarlo (anche in giu

dizio) senza onere di una particolare prova, che risulta dal mero

calcolo dei quantitativi (nei limiti di legge, tanto è vero che «se

le deficienze superano i cali in misura eccedente il 2 per cento

non si fa luogo ad abbuono d'imposta» che è dovuta su tutta

la quantità mancante, ex art. 9 citato, per una sorta di presunzio ne di frode), l'amministrazione dal canto suo può dare la prova contraria a tale presunzione.

Ecco in qual senso limitato l'onere probatorio della pretesa fi

scale era a carico dell'amministrazione, sotto il profilo della pro va contraria rispetto alla presunzione di «calo naturale e tecnico

a favore del privato, che di per sé costituiva fattispecie estintiva

del debito fiscale provato dalle bollette di cauzione, mai contesta

to per i quantitativi soggetti a controllo dalla finanza.

In ordine a tale prova, il giudice del merito ha dato una valuta

zione di fatto che è incensurabile in questa sede, perché ha esami

nato tutti gli accertamenti compiuti in sede amministrativa ed ha

ritenuto, per la loro imprecisione e contraddizione, che da essi

non potesse risultare il quantitativo disperso e quindi non riferi

bile a calo naturale.

Pertanto, la sentenza impugnata non ha violato i principi espo

sti, ed in particolare quelli derivanti dalla precedente sentenza

di questa corte, che ha sancito il principio che entrambe le disci

pline, calo naturale e dispersione per cause estranee non esone

ranti dall'obbligo del pagamento, potevano applicarsi al medesimo

trasporto.

Infatti, proprio in forza della precedente sentenza n. 1310/80

non poteva darsi alla seconda causa di deficienza di prodotto riscontrata all'arrivo un valore esclusivo ed assorbente del «calo

naturale» (e tecnico), inoltre, poiché in ordine a questo (se man

tenuto nei limiti di legge) il privato aveva assolto il suo onere

probatorio contrario alla pretesa fiscale (già provata dalla bollet

ta di cauzione del tutto incontestata), l'onere della prova del fat

to diverso ricadeva sull'amministrazione, non soltanto in ordine

alla causa pura e semplice della dispersione (come infondatamen

te assume la ricorrente), ma anche in ordine agli effetti di essa,

e cioè ai quantitativi in concreto dispersi. L'errore della ricorrente consiste nel ritenere che, data la prova

(indubbia) della rottura, essa non doveva provare la quantità di

spersa; errore evidente, non appena si consideri che la società

Amoco poteva invocare a suo favore il calo naturale, in ordine

alle quantità mancanti, in tutto il periodo considerato e non solo

nel giorno della rottura.

Invero, non è esatta neppure la tesi secondo cui i cali fossero

eccedenti la misura dell'uno per cento stabilita per legge, dal mo

mento che l'ingiunzione riguardava (Kg. 398.476, e cioè un quan

titativo inferiore all'uno per cento.

Infatti, non poteva considerarsi «non giunto a destinazione»

il quantitativo recuperato (Kg. 97.210) e trasportato con autobot

ti, perché anche esso — come è pacifico — era fuoriuscito dall'o

leodotto.

Val la pena di osservare che il controllo del prodotto all'arrivo,

come risulta dai fatti esposti in sentenza, è avvenuto per un lun

go periodo (dal 6 al 20 ottobre 1964); mentre il fatto della Di

spersione è avvenuto il 12 ottobre 1964; ma la dipendenza della

«misura» dei prodotti non pervenuti a Cremona da tale controllo

non immediato non può porsi a carico del privato, che non aveva

la disponibilità dei controlli che l'amministrazione avrebbe potu

to effettuare più tempestivamente.

Il Foro Italiano — 1987.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 3 luglio

1986, n. 4382; Pres. Jofrida, Est. Rocchi, P. M. Jannelli

(conci, conf.); Soc. Pacchetti (Avv. Berliri, Falsitta) c. Min.

finanze (Avv. dello Stato Salimei). Cassa Comm. trib. centrale

19 giugno 1984, n. 6493.

Tributi in genere — Imposte dirette — Accertamento — Fusione

per incorporazione — Plusvalenze realizzate dalla società in

corporata — Rettifica della dichiarazione della società incorpo rante — Illegittimità (D.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, t.u. delle

leggi sulle imposte dirette, art. 22). Ricchezza mobile (imposta sulla) — Soggetti tassabili in base al

bilancio — Fusione per incorporazione senza cambio di azioni — Beni della incorporata — Bilancio della incorporante — As

sunzione ai medesimi valori — Iscrizione di una plusvalenza — Esclusione (D.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, art. 106).

Ricchezza mobile (imposta sulla) — Soggetti tassabili in base al

bilancio — Fusione per incorporazione senza cambio di azioni — Beni della incorporata — Bilancio della incorporante — Ri

valutazione fino al valore delle azioni annullate — Iscrizione

di una plusvalenza — Esclusione (D.p.r. 29 gennaio 1958 n.

645, art. 106).

In materia di accertamento di imposte dirette nell'ipotesi di fu sione per incorporazione l'eventuale realizzo di plusvalenze da

parte della società incorporata deve essere accertato in sede di

rettifica della dichiarazione dei redditi prodotti da quest'ultima

prima ed in occasione della fusione essendo illegittima a tal

fine la rettifica della dichiarazione dei redditi prodotti dalla

società incorporante durante tutto l'esercizio in cui è avvenuta

la fusione. (1) In materia di redditi di ricchezza mobile la fusione per incorpora

zione senza cambio di azioni non costituisce di per sé evento

idoneo a realizzare l'ipotesi di iscrizione in bilancio di plusva lenze inerenti ai beni della società incorporata allorché i detti

beni siano assunti nel bilancio dell'incorporante ai medesimi

valori precedentemente riportati nel bilancio della società in

corporata. (2) In materia di redditi di ricchezza mobile se a seguito di fusione

per incorporazione senza cambio di azioni i beni della società

incorporata vengano rivalutati nel bilancio della incorporante

fino allo stesso valore delle azioni annullate per effetto della

fusione non si realizza l'ipotesi di iscrizione in bilancio di una plusvalenza. (3)

(1-3) Non si rinvengono precedenti per ciò che riguarda la prima massima.

Il principio affermato nella seconda massima riflette, invece, un ora

mai consolidato orientamento della Cassazione in materia di riflessi fisca li delle operazioni di fusione sotto il vigore del vecchio t.u. sulle imposte dirette del 1958 (orientamento culminato con la sentenza delle sezioni unite 25 maggio 1984, n. 3217, cit. in motivazione). In particolare è stata

ribadita la neutralità fiscale della fusione di più società (e quindi la irrile vanza di plusvalenze o minusvalenze patrimoniali emergenti dalla fusione

ai fini delle imposte sui redditi) ogniqualvolta i beni della società incorpo rata od estinta siano assunti nel bilancio della società incorporante agli stessi valori risultanti dall'ultimo bilancio precedente la fusione, ed an corché le dette plusvalenze o minusvalenze risultino dalle situazioni patri moniali prescritte dall'art. 2502 c.c.

Tale principio è stato formalmente recepito dal legislatore della rifor

ma tributaria nella vigente disciplina delle operazioni di fusione di socie

tà, contenuta nell'art. 16 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 598. In senso conforme

alla riportata sentenza, oltre i precedenti citati in motivazione, cfr., da

ultimo, Cass. 20 giugno 1986, n. 4106, Foro it., Rep. 1986, voce Ricchez

za mobile (imposta), n. 31; 17 gennaio 1986, n. 282, ibid., n. 33; 23

gennaio 1985, n. 281, ibid., n. 32; Comm. trib. centrale 5 dicembre 1985, n. 10347, ibid., n. 34; 16 luglio 1985, n. 6715, id., Rep. 1985, voce cit., n. 24; 23 novembre 1984, n. 10175, ibid., n. 23; 7 marzo 1984, n. 2247,

id., Rep. 1984, voce cit., n. 47; 27 giugno 1983, n. 1563, id., Rep. 1983, voce cit., n. 40; 6 maggio 1982, n. 3830, ibid., n. 41; 25 settembre 1981, n. 6944, ibid., n. 42; 10 luglio 1981, n. 7868, id., Rep. 1982, voce cit., n. 40; Cass. 25 novembre 1980, n. 6261, id., Rep. 1981, voce cit., n.

100; 1° settembre 1981, n. 5018, ibid., n. 97; Comm. trib. centrale 19

gennaio 1981, n. 520, ibid., n. 99; 23 marzo 1977, n. 3934, id., Rep.

1977, voce cit., n. 70; Comm. trib. I grado Milano 16 dicembre 1976,

ibid., n. 67; 13 dicembre 1976, ibid., n. 68; 20 ottobre 1975, id., Rep.

1976, voce cit., n. 57.

Contra, oltre alla cassata decisione della Comm. trib. centrale n. 6493/84

(id., Rep. 1984, voce cit., n. 42), cfr. Comm. trib. centrale 11 febbraio

1980, n. 1704, id., Rep. 1980, voce cit., n. 85; 20 ottobre 1977, n. 12740,

id., Rep. 1978, voce cit., n., 115; 1° marzo 1976, n. 3328, id., Rep.

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