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sezione I civile; sentenza 5 dicembre 1996, n. 10849; Pres. Rocchi, Est. Verucci, P.M. Carnevali...

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sezione I civile; sentenza 5 dicembre 1996, n. 10849; Pres. Rocchi, Est. Verucci, P.M. Carnevali (concl. conf.); Cornacchia ed altri (Avv. Giacobbe) c. Soc. Centro studi Manieri (Avv. Pezzano) e altro. Cassa App. Roma 25 maggio 1993 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 11 (NOVEMBRE 1997), pp. 3337/3338-3343/3344 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191509 . Accessed: 28/06/2014 08:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.156 on Sat, 28 Jun 2014 08:14:21 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 5 dicembre 1996, n. 10849; Pres. Rocchi, Est. Verucci, P.M. Carnevali(concl. conf.); Cornacchia ed altri (Avv. Giacobbe) c. Soc. Centro studi Manieri (Avv. Pezzano) ealtro. Cassa App. Roma 25 maggio 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 11 (NOVEMBRE 1997), pp. 3337/3338-3343/3344Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191509 .

Accessed: 28/06/2014 08:14

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 5 dicem

bre 1996, n. 10849; Pres. Rocchi, Est. Verucci, P.M. Car

nevali (conci, conf.); Cornacchia ed altri (Avv. Giacobbe) c. Soc. Centro studi Manieri (Avv. Pezzano) e altro. Cassa

App. Roma 25 maggio 1993.

Filiazione — Mantenimento — Adempimento — Convivente

«more uxorio» — Contributo dell'altro genitore — Atto di

spositivo simulato — Dichiarazione di simulazione — Am

missibilità (Cod. civ., art. 1415, 2031). Successione ereditaria — Disposizione simulata — Impugnazio

ne del legittimario — Prova della simulazione con ogni mez

zo — Ammissibilità — Condizioni (Cod. civ., art. 555, 1417).

Con riguardo a pregressa e conclusa convivenza more uxorio, il genitore adempiente all'obbligo di mantenimento dei figli ha diritto di agire per il rimborso di quanto da lui già erogato a titolo di contributo dovuto dall'altro genitore e, in qualità di terzo, è legittimato afar dichiarare la simulazione assoluta

di un contratto di cessione di beni, concluso dal proprio part ner al fine di distrarre i beni stessi dalla funzione di parteci

pazione al mantenimento dei figli. (1) Il legittimario è ammesso a provare con ogni mezzo, in quanto

terzo, la simulazione del negozio dispositivo posto in essere

dal de cuius solo quando contestualmente all'azione di di

chiarazione della simulazione proponga domanda di riduzio

ne per la reintegrazione della quota ereditaria. (2)

Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 31 gen naio 1984, Lucia Cornacchia ed i figli Anna, Pierluigi e Rober

to Manieri convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Ro

ma, la s.r.l. Centro studi Antonio Manieri, Iole Persia ed i figli di questa Antonella, Silvia ed Anton Giulio Manieri. Premesso

che Anna, Pierluigi e Roberto erano figli naturali e che Anto

nella, Silvia ed Anton Giulio erano figli legittimi del medesimo, in quanto nati dal matrimonio con la Persia, gli attori espone vano che, con atto notaio Colapietro del 29 settembre 1959,

Luigino Manieri aveva costituito la s.p.a. Centro studi Antonio

Manieri, avente ad oggetto la gestione di tre istituti scolastici

e con capitale ripartito tra lo stesso Manieri, la moglie ed il

fratello di costei. Con successivo atto notaio Colapietro del 3

novembre 1959, il Manieri aveva ceduto alla società, non anco

ra iscritta nel registro delle imprese, la proprietà e la gestione del complesso scolastico per il prezzo di lire 900.000, che il Ma

nieri dichiarava essere stato già versato, ma contrariamente alla

realtà, atteso che nel bilancio al 30 settembre 1960 era stato

(1) Il Supremo collegio è giunto all'affermazione di cui alla massima facendo coerente applicazione del consolidato principio giurisprudenziale in materia di mantenimento, alla stregua del quale il genitore che abbia

integralmente adempiuto l'obbligo di mantenimento dei figli, anche per la quota facente carico all'altro genitore, è legittimato ad agire iure

proprio per il rimborso di detta quota (cfr. Cass. 23 marzo 1995, n.

3402, Foro it., Rep. 1995, voce Matrimonio, n. 145; 28 giugno 1994, n. 6215, id., 1994, I, 3029; 12 marzo 1992, n. 3019, id., 1993, I, 1635, con nota di E. Quadri; Trib. Catania, ord. 14 dicembre 1992, ibid., 1636). In questa direzione si è affermato, che nel comportamento del

genitore adempiente deve ravvisarsi un caso di gestione di affari, pro duttiva a carico dell'altro genitore degli effetti di cui all'art. 2031 c.c.

(cfr. Cass. 16 marzo 1990, n. 2199, id., Rep. 1990, voce cit., n. 154; 11 luglio 1990, n. 7211, ibid., n. 155; 21 giugno 1984, n. 3660, id., Rep. 1984, voce cit., n. 125).

In dottrina, v. A. e M. Finocchiaro, Diritto di famiglia, Milano, 1984, I, 568; E. Quadri, La nuova legge sul divorzio, Napoli, 1987, I, 147, ove si sottolinea che «il carattere iure proprio della pretesa del

genitore con cui il figlio continua a vivere si presenta (...) quale logica conseguenza della considerazione unitaria, da parte dell'ordinamento, di tale gruppo e delle sue esigenze».

(2) Il principio si inserisce in una copiosa giurisprudenza; conforme

mente, Cass. 29 ottobre 1994, n. 8942, Foro it., Rep. 1994, voce Suc cessione ereditaria, n. 94; 1° dicembre 1993, n. 11873, ibid., n. 97, e Corriere giur., 1994, 324, con nota di M. Porcari; Trib. Roma 3 ottobre 1992, Foro it., Rep. 1993, voce Simulazione civile, n. 18, e Giur. merito, 1993, 333, con nota di A. Granzotto; Cass. 4 aprile 1992, n. 4140, Foro it., Rep. 1992, voce Successione ereditaria, n. 80; Trib. Napoli 30 aprile 1990, id., Rep. 1991, voce Simulazione civile, n. 27, e Giur. merito, 1991, 503, con nota di L. Razza; Cass. 6 agosto 1990, n. 7909, Foro it., Rep. 1990, voce Successione ereditaria, n. 96; 23

Il Foro Italiano — 1997.

dichiarato che l'attività non aveva ancora inizio. Essendo nel

frattempo deceduto il Manieri, gi attori chiedevano che il tribu nale adito dichiarasse la nullità dell'atto di cessione per simula zione assoluta e che il complesso scolastico era parte dell'attivo

ereditario, nonché condannasse i convenuti al risarcimeno dei danni in favore della Cornacchia per la mancata riscossione delle rendite del complesso scolastico.

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 27 giugno 1990, riget tava la domanda, cui si erano opposti i convenuti.

L'impugnazione proposta dalla Cornacchia e da Anna, Pier

luigi e Roberto Manieri, nella resistenza delle altre parti, veniva

rigettata dalla Corte d'appello di Roma con sentenza del 25

maggio 1993. Osservava la corte, per quanto in questa sede rile

va, che non aveva fondamento la tesi, sostenuta dagli appellati, che i figli naturali non avevano alcun diritto da far valere, es

sendo passata in giudicato la sentenza con la quale le quote loro spettanti erano state commutate in denaro: la commutazio

ne, infatti, ha natura di atto divisionale, facendo cessare la co munione dei beni ereditari, con la conseguenza che, in caso di

mancata inclusione di un bene del del cuius si applica la norma

tiva in tema di divisione e, in particolare, l'art. 762 c.c.

La corte territoriale rilevava, inoltre, che gli appellanti, quali eredi del Manieri, gli erano subentrati nella posizione di parte contrattuale, onde incontravano, ai fini dell'azione di simula

zione assoluta, il limite probatorio di cui all'art. 1417 c.c., an

che in relazione all'applicabilità delle presunzioni: non dispo nendo di prova documentale contraria all'atto scritto, essi pro

spettavano l'illiceità del contratto di cessione, ma trattavasi di

tesi infondata, dal momento che l'operazione non integrava una

frode fiscale o comunque un mezzo per eludere gli obblighi tri

butari, trattandosi soltanto di parziale riduzione della progressi vità dell'imposta, realizzata mediante frazionamento di attività

facenti capo alla stessa persona fisica. La corte, ritenuti assor

biti gli altri motivi di impugnazione, affermava che il rigetto

dell'appello sulla simulazione del contratto comportava anche

quello sulla decisione in ordine alla domanda risarcitoria avan

zata dalla Cornacchia.

Per la cassazione di tale sentenza la Cornacchia, Anna, Ro

berto e Pierluigi Manieri hanno proposto ricorso, affidato a

due motivi. Resistono il Centro studi A. Manieri s.r.l., nonché

Antonella, Silvia e Anton Giulio Manieri e Jole Persia con con

troricorso. Le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo, denunziando

violazione e falsa applicazione degli art. 1344, 1417, 1418, 2721,

2722, 2724, 2725 e 2729 c.c., nonché omessa, insufficiente e

contraddittoria motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), i ricor

renti censurano la sentenza impugnata sotto i vari profili: a)

agosto 1986, n. 5141, id., Rep. 1988, voce Simulazione civile, n. 10, e Riv. giur. sarda, 1988, 49, con nota di Dorè; 11 ottobre 1986, n.

5947, Foro it., 1987, I, 1175, e Giur. it., 1987, I, 1, 1866, con nota di G. Azzariti.

Circa la strumentalità dell'azione di simulazione rispetto all'azione di riduzione, v. App. Milano 19 settembre 1968, Foro pad., 1970, IV, 99, secondo la quale, qualora sia prescritta l'azione di riduzione, è inam missibile l'azione proposta dal legittimario leso per ottenere la dichiara zione della simulazione di un atto di vendita. Tale sentenza è stata fa vorevolmente commentata da A. Stolfi (in Riv. dir. proc., 1969, 146) secondo il quale, relativamente alla liberalità dissimulata dal defunto in negozi traslativi a titolo oneroso, l'azione dichiarativa della simula zione e l'azione di riduzione stanno tra loro in rapporto di mezzo a

fine, e quindi «non si può ricorrere al mezzo se non è possibile raggiun gere il fine».

La dottrina è complessivamente orientata nel senso fatto proprio dal la Suprema corte; oltre agli autori citati supra, v. M. T- Latella, In tema di prova della simulazione, in Foro pad., 1992, I, 100; M. Casel

la, Simulazione, voce dell'Enciclopedia del diritto, Milano, 1990, XLII, 593; C. Ramella, Ancora sulla posizione dell'erede legittimario nell'a

zione di simulazione, in Giur. it., 1986, I, 2, 266; L. Ferri, Legittima ri, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1981, 178; G. Az

zariti, Legittimario non erede e azione di riduzione, in Giust. civ., 1991, I, 714, il quale ha più volte affermato che è da considerarsi terzo solo il legittimario che essendo erede abbia accettato l'eredità con bene ficio di inventario ex art. 564 c.c. In tema di azione di riduzione, v.

Porcari, op. cit.; C. Z. Buda, Questioni in tema di azione di riduzio ne, in Giur. merito, 1994, 640; M. G. Uglietti, Reintegrazione della

quota di riserva dei legittimari. Azione di riduzione, in Nuova giur. civ., 1989, I, 755.

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3339 PARTE PRIMA 3340

la corte territoriale non ha tenuto conto, quanto agli effetti ri

guardanti l'ammissibilità della prova per testi e presunzioni, della

posizione diversa della Cornacchia rispetto a quella dei figli, dal momento che, non rivestendo la qualità di erede del Manie

ri, è da considerare terzo rispetto all'atto del quale è stata chie

sta la dichiarazione di simulazione, tanto più che essa aveva

agito anche quale genitore esercente la potestà sui figli minori

ed era, quindi, portatrice di un'autonoma situazione giuridica;

b) Anna, Pierluigi e Roberto, figli naturali riconosciuti da Lui

gino Manieri, hanno agito come eredi legittimari, essendo evi

dente che, ove fosse ritenuta la simulazione dell'atto, ne derive

rebbe la reintegrazione della quota di riserva; c) in quanto tali,

hanno fatto valere un diritto personale ed assunto posizione di terzi: di questa problematica non v'è traccia nella sentenza

impugnata, onde sussiste anche il vizio motivazionale denuncia

to; d) nell'atto di appello erano state indicate talune circostanze

da cui emergeva l'esistenza di un principio di prova scritta, le

gittimante il ricorso alla prova testimoniale anche in relazione

all'art. 2724, n. 1, c.c.: la corte d'appello non si è fatta carico

di ciò, senza alcuna motivazione al riguardo; e) è erronea l'af

fermazione secondo cui il contratto in questione non sarebbe

illecito, giacché il compimento di atti diretti fittiziamente a fra

zionare il patrimonio del contribuente, allo scopo di ridurre l'o

nere fiscale, è fattispecie inquadrabile nell'art. 1344 c.c., oltre

che nell'art. 1418, con riferimento all'art. 52 Cost.; f) è stato

omesso l'esame della problematica, pur ampiamente prospetta

ta, sull'ammissibilità della prova per testi e presunzioni anche

sotto il profilo dell'impossibilità morale e materiale di procu rarsi una prova scritta, ai sensi dell'art. 2724, n. 2, c.c., sebbe

ne la ricorrenza di tale ipotesi sia evidente, posto che i figli naturali del Maniero non erano ancora nati all'epoca della sti

pulazione del contratto che si assume simulato.

La censura è fondata nei limiti di seguito precisati. È circostanza pacifica che la Cornacchia ha proposto doman

da di risarcimento dei danni, asseritamente derivatile dal man

cato percepimento delle rendite del complesso scolastico: non

rivestendo la qualità di erede del Manieri, essa deve considerar

si terzo rispetto all'atto del quale è stata chiesta la dichiarazione

di simulazione e non come parte, onde la prova per testimoni

e quella per presunzioni è per lei ammissibile senza limiti, ai

sensi e per gli effetti di cui all'art. 1417 c.c.

Questa corte, infatti, ha più volte affermato il principio se

condo cui il genitore esercente la potestà sui figli minori è legit timato ad agire iure proprio nei confronti dell'altro genitore

per il rimborso della quota su quest'ultimo gravante per il man

tenimento dei figli, atteso che detto obbligo sorge per effetto

della filiazione e che nel comportamento del genitore adempien te è ravvisabile un caso di gestione di affari, produttiva a carico

dell'altro genitore degli effetti di cui all'art. 2031 c.c. (Cass.

7211/90, Foro it., Rep. 1990, voce Matrimonio, n. 155; 2199/90,

ibid., n. 154; 3660/84, id., Rep. 1984, voce cit., n. 125, ed altre). A ciò si aggiunga che gli interessi su capitali del figlio

minore, come in genere i frutti dei beni del medesimo, spettano al genitore esercente la potestà direttamente, e non già quale

rappresentante del figlio, a norma dell'art. 324 c.c., dovendosi

conseguentemente escludere che, divenuto maggiorenne, il fi

glio medesimo sia legittimato ad agire per il pagamento dei sud

detti interessi relativi al periodo antecedente al raggiungimento della maggiore età (Cass. 5649/84, id., Rep. 1984, voce Potestà

dei genitori, n. 13). Dei suesposti principi il giudice di merito non ha tenuto alcun

conto, essendosi limitato ad affermare in modo apodittico che

dal rigetto dell'appello proposto dai figli naturali riconosciuti

dal Manieri discendeva «naturalmente» anche il rigetto dell'im

pugnazione proposta dalla Cornacchia avverso la pronuncia del

tribunale di rigetto della domanda risarcitoria: affermazione che

postula, all'evidenza, l'individuazione di un collegamento indis

solubile tra la posizione (e le domande) dei figli e quella della

madre, nel senso che il diritto fatto valere dalla seconda è con

dizionato al risarcimento di quello vantato dai primi. Ma, come

si è detto, non è così: quantomeno con la proposizione della

domanda risarcitoria, la Cornacchia ha agito per il riconosci

mento di un diritto proprio e, conseguentemente, non è ipotiz zabile alcun collegamento sostanziale tra le due posizioni, né

alcuna dipendenza sul piano probatorio in ordine alla domanda

di simulazione assoluta del contratto di cessione in data 3 no

li, Foro Italiano — 1997.

vembre 1959, atteso che la medesima Cornacchia non può che

ritenersi terzo agli effetti di cui all'art. 1417 c.c.

La tesi dei resistenti, secondo cui la Cornacchia potrebbe van

tare un proprio diritto solo in quanto fosse previamente accolta

la domanda dei figli di veder ricompresi nell'asse ereditario gli istituti scolastici, non può essere condivisa: per un verso, infat

ti, non tiene conto della circostanza che la Cornacchia ha la

mentato la lesione di un diritto personale ed autonomo e, per altro verso, si risolve in una sostanziale tautologia, finendo per disconoscere proprio la natura autonoma di quel diritto e —

in violazione dei principi sul regime probatorio in tema di simu

lazione — per negare alla radice la possibilità di dimostrare la

simulazione dell'atto, sol perché gli effetti dell'eventuale dichia

razione di essa potrebbero andare (entro limiti che dovrebbero

essere, se del caso, individuati) anche a favore dei figli. In particolare riferimento alla posizione di Anna, Pierluigi

e Roberto Manieri ed agli altri profili della censura, ma con

argomenti riferibili anche alla posizione della Cornacchia, i con

troricorrenti hanno dedotto l'inammissibilità della censura me

desima per mancanza di specificazione nel ricorso della prova

testimoniale, onde consentire la verifica sulla sua effettiva deci

sività: hanno sostenuto, al riguardo, che in entrambi i gradi del giudizio gli odierni ricorrenti non avevano dedotto alcuna

prova testimoniale, né invocato il procedimento presuntivo. L'eccezione è infondata. Per quanto riguarda l'effettiva de

duzione di prova testimoniale e per presunzioni, nella sentenza

impugnata si precisa che sia l'una che l'altra sono state «dedot

te in giudizio in larga misura»: trattasi di affermazione che, attenendo allo svolgimento del giudizio ed all'attività difensiva

delel parti, non è censurabile in sede di legittimità in difetto

di specifica doglianza; essa, quindi, fa venir meno il presuppo sto su cui poggia il rilievo dei resistenti.

Tale rilievo non può essere condiviso neppure sul piano giuri dico. È vero, infatti, che questa corte ha più volte ribadito che, ai fini dell'ammissibilità in sede di legittimità della censura sulla

pronuncia (o mancata pronuncia) del giudice di merito sull'am

missione e/o rilevanza della prova testimoniale richiesta, occor

re — anche in relazione al principio di autosufficienza del ricor

so e senza, quindi, poter sopperire con indagini, integrative —

che siano indicate le circostanze che formavano oggetto della

prova, onde consentire a questa corte il controllo sulla decisivi

tà dei fatti da provare (da ultimo, Cass. 3233/95, id., Rep. 1995, voce Cassazione civile, n. 107): ma ciò vale quando il giudice del merito non abbia fornito alcuna motivazione sulla mancata

ammissione di detto mezzo probatorio, ovvero ne abbia decre

tato l'irrilevanza, non quando — come nel caso di specie —

lo stesso giudice non abbia minimamente posto in discussione

non solo l'esistenza della richiesta istruttoria, ma neppure la

rilevanza del mezzo ai fini della decisione, limitandosi a negar ne l'ammissibilità in ragione di una presunta impossibilità pro cessuale ad avvalersene.

È appena il caso di rilevare, infine, che per la Cornacchia, terzo e non parte rispetto al contratto di cui è stata dedotta

la simulazione, non può operare la limitazione prevista dall'art.

2725 c.c., richiamata dai resistenti per i figli naturali ricono sciuti: non senza precisare che, comunque, tale limitazione non

potrebbe operare neppure per questi ultimi (ove fossero ritenu

to parte e non terzi: sul punto si tornerà appresso), giacché in tema di prova della simulazione di un negozio soggetto alla

forma scritta ad substantiam — o che, in ogni caso, dev'essere

provato per iscritto, avendo ricevuto tale forma per volontà delle

parti — occorre distinguere tra simulazione assoluta e relativa, con la conseguenza che nel primo caso la prova della simulazio ne soggiace solo alle normali limitazioni legali, fatta eccezione

per le ipotesi previste dall'art. 2724 c.c., in quanto, essendo

oggetto della prova non il negozio formale, ma l'inesistenza dello

stesso, non opera la limitazione dell'art. 2725 c.c., applicabile esclusivamente all'ipotesi di simulazione relativa (ex plurimis, Cass. 954/95, id., Rep. 1995, voce Simulazione civile, n. 4; 6764/90, id., Rep. 1990, voce cit., n. 11; 2998/88, id., Rep. 1988, voce cit., n. 15; 4339/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 8).

Dalle considerazioni che precedono discende che, in ordine alla posizione della Cornacchia ed alla sua possibilità di avva

lersi della prova per testimoni e presunzioni al fine di dimostra re la simulazione assoluta del contratto in questione, la senten

za impugnata non resiste alle critiche mosse dai ricorrenti.

Alla medesima conclusione non può pervenirsi, invece, con

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

riferimento agli altri profili della censura in esame ed alla posi zione di Anna, Pierluigi e Roberto Manieri.

Questi ultimi hanno agito per sentir dichiarare la nullità del

l'atto di cessione per simulazione assoluta e che il complesso scolastico fa parte dell'attivo ereditario: alla stregua del princi

pio ripetutamente affermato da questa corte, ai fini della do

manda diretta all'accertamento della simulazione degli atti com

piuti dal de cuius, il legittimario ha veste di terzo e non è, quin

di, soggetto alle limitazioni probatorie previste dall'art. 1417

c.c., soltanto quando, contestualmente all'azione di dichiara

zione della simulazione proponga, sulla premessa che l'atto si

mulato comporti una diminuzione della sua quota di riserva, una domanda di riduzione e non anche quando siasi limitato

a chiedere l'acquisizione al patrimonio ereditario di beni che

hanno formato oggetto del negozio asseritamente simulato, cui

ha partecipato il de cuius, in quanto l'erede si avvale di un

titolo che lo pone nell'identica posizione giuridica del suo dante

causa, ond'egli non è terzo rispetto all'atto simulato, ma parte a tutti gli effetti (Cass. 7666/95, id., Rep. 1995, voce cit., n.

9; 8942/94, id., Rep. 1994, voce Successione ereditaria, n. 94;

7909/90, id., Rep. 1990, voce cit., n. 96; 853/86, id., Rep. 1986, voce Simulazione civile, n. 21; 4275/84, id., Rep. 1984, voce

Prova testimoniale, n. 8, e molte altre). Contrariamente all'as

sunto dei ricorrenti, quindi, non è sufficiente, al fine di acquisi re la posizione di terzo e non di parte, rivestire la qualità di

legittimario o, in quanto erede, chiedere che il bene oggetto del negozio rientri nell'asse ereditario, ma occorre che sia eser

citata un'azione di riduzione per la reintegrazione della quota: è sin troppo evidente, inoltre, che nessuna rilevanza può avere

il fatto che, comunque, l'azione di riduzione possa essere eser

citata in un secondo momento, atteso che tale domanda conser

va la propria autonomia rispetto a quella volta a far dichiarare

la simulazione e che in ordine a questa seconda va individuato

il regime probatorio applicabile.

Neppure potrebbe ritenersi che l'esercizio dell'azione di ridu

zione sia implicito nella richiesta che i beni oggetto dell'atto

simulato rientrino nel patrimonio ereditario e che, sul punto,

la corte d'appello si sia in qualche modo pronunciata: per un

verso, infatti, una richiesta può rappresentare soltanto il pre

supposto logico di un'eventuale azione di riduzione, ai fini del

calcolo della quota, ma non costituisce, di per se stessa, eserci

zio di un'azione siffatta; per altro verso, il giudice di merito

si è limitato ad osservare, a fronte di uno specifico rilievo delle

controparti, che i figli naturali riconosciuti conservavano, seb

bene fosse intervenuta una sentenza definitiva sulla commuta

zione delle quote, il diritto ex art. 762 c.c. di ottenere un even

tuale supplemento della divisione; affermazione, questa, astrat

tamente corretta, ma che non pone in discussione (al contrario,

evidenziandola) la differenza tra la domanda di reintegrazione

della legittima e di riduzione con quella di divisione — o di

supplemento di essa — della comunione ereditaria (sulla quale,

cfr. Cass. 4140/92, id., Rep. 1992, voce Successione ereditaria,

n. 80). In ordine alla doglianza relativa all'omessa considerazione,

da parte della corte territoriale, dell'applicabilità dell'art. 2724,

n. 1, c.c., è fondato il rilievo d'inammissibilità dedotto dai resi

stenti, sotto il profilo che nel ricorso non sono stati indicati

i documenti dai quali, in applicazione del principio di prova

scritta, appariva verosimile la simulazione del contratto di ces

sione. Si devono richiamare, al riguardo, le considerazioni svol

te dalla giurisprudenza di questa corte sull'autosufficienza del

ricorso per cassazione e sulla finalità cui tende la specificazione

del mezzo di prova dal quale si lamenta l'esclusione, ovvero

l'omessa valutazione, da parte del giudice di merito, dovendosi

anche precisare che, a differenza di quanto affermato con rife

rimento alla prova per testimoni e presunzioni, nella sentenza

impugnata è contenuta la netta affermazione che gli appellati

(odierni ricorrenti) non disponevano di prova contraria all'atto

scritto: ciò significa che il giudice di merito ha comunque com

piuto una valutazione della documentazione, disattendendone

il valore che gli appellanti intendevano attribuirle. Ne deriva

che, per trovare ingresso in sede di legittimità, la censura avreb

be dovuto contenere la specificazione dei documenti che rappre

senterebbero inizio di prova scritta contraria, con l'indicazione

delle ragioni per le quali da essi emergerebbe come verosimile

la simulazione del contratto di cessione: a tanto i ricorrenti non

hanno provveduto, l'esigenza indicata non potendo ritenersi sod

II Foro Italiano — 1997.

disfatta mediante il richiamo ad atti indicati nella citazione in

troduttiva del giudizio, della cui rilevanza effettiva nulla è dato

conoscere con riferimento alla disposizione prevista dall'art. 2724, n. 1, c.c.

Quanto al profilo di censura riguardante la disapplicazione dell'art. 2724, n. 2, c.c., è sufficiente, per rilevarne l'infonda

tezza, ribadire il principio più volte affermato da questa corte, secondo cui, per la ricorrenza dell'impossibilità morale o mate

rile di procurarsi la prova scritta non basta un generico assun

to, né una situazione astrattamente impeditiva, come quella de

rivante da posizioni di influenza o di autorità della persona dal

la quale lo scritto dovrebbe essere preteso, ovvero da vincoli

di amicizia, di parentela o di affinità nei confronti della parte interessata all'acquisizione della prova, ma occorre il concorso

di speciali e particolari circostanze confluenti e concorrenti a

determinarla (ex plurimis, Cass. 7976/94, id., Rep. 1994, voce

Prova testimoniale, n. 13, e 3750/92, id., Rep. 1992, voce cit., n. 8). I Manieri, invero, si sono limitati ad addurre la circostan

za che, all'epoca della stipulazione del contratto asseritamente

simulato, non erano ancora nati, nonché la loro qualità di figli naturali riconosciuti solo nel testamento, ma da tali elementi, di per se stessi considerati, non può automaticamente derivare

l'invocata impossibilità materiale o morale di procurarsi una

prova scritta: dovendosi anche aggiungere che, in ogni caso, i medesimi sono stati in grado di procurarsi (o, comunque, ve

nirne a conoscenza) la documentazione richiamata agli effetti

dell'art. 2724, n. 1, c.c.

Non possono trovare accoglimento, infine, gli argomenti ad

dotti dai ricorrenti per sostenere l'illiceità del contratto in que stione e la conseguente ammissibilità senza limiti della prova testimoniale anche nel caso in cui la domanda di simulazione

sia proposta dalle parti. In fattispecie del tutto analoga alla presente (ossia, atto di

recesso da una società, nel quale, per ragioni fiscali, era stato

indicato un valore della quota di liquidazione del socio receden

te inferiore a quello realmente convenuto), questa corte ha af

fermato, richiamando testualmente quanto enunciato nel par. 648 della relazione al codice civile, che l'art. 1417 va interpreta to nel senso che la libertà di prova è ammessa solo quando «la convenzione o la clausola occultata abbia un contenuto ille

cito tale da legittimare la parte a farne valere l'invalidità», pre cisando che un effetto del genere si verifica nel solo caso in

cui «la norma violata abbia carattere proibitivo (non, quindi, meramente ordinatorio) e sia posta, inoltu, '"tela di interessi

generali che si collochino al vertice della gei a dei valori

protetti dall'ordinamento giuridico: l'interesse dello a+-> alla

riscossione delle imposte, per il suo carattere settoriale, non rien

tra in tale categoria — come viene precisato nello stesso passo della relazione, sopra richiamato — e deve quindi escludersi

che l'occultamento del prezzo, determinando l'illiceità del con

tratto, integri i presupposti per il superamento delle restrizioni

sulla prova derivanti a carico dei contraenti secondo i principi

generali» (Cass. 11598/95, id., Rep. 1995, voce Società, n. 896).

Se, quindi, per ritenere che, a mente dell'art. 1417 c.c., la

prova per testi sia comunque ammissibile, non costituisce vali

do presupposto l'occultamento del prezzo effettivo e se, più in

generale, l'interesse dello Stato alla riscossione dei tributi non

si colloca al vertice dei valori dell'ordinamento, non si vede

come a tale livello possa essere posto il principio di progressivi

tà indicato dall'art. 53 Cost., il quale stabilisce soltanto un cri

terio informatore del sistema fiscale. Non si tratta, certamente,

di sminuire la portata del principio, ma di non attribuirgli, ai

fini che qui interessano, il rilievo assolutamente proibitivo che

la relazione al codice evidenzia per il superamento dei limiti

probatori.

Quanto all'argomento, contenuto nelle note di udienza depo

sitate dai ricorrenti, secondo cui non si potrebbe in ogni caso

dubitare del carattere illecito dell'operazione quando sia simu

lata, atteso che l'amministrazione fiscale sarebbe legittimata a

far valere la simulazione del negozio posto in essere proprio

allo scopo di violare una norma imperativa, è agevole osservare

che si potrebbe, al più, configurare una elusione fiscale e non

una frode alla legge: diversamente opinando, si finirebbe per

considerare illecita qualsiasi operazione con la quale, anche a

fini di riduzione del carico fiscale, il patrimonio venga ripartito

tra una persona fisica ed una persona giuridica. Trattasi, al con

trario, di strumenti largamente adoperati e, nella maggior parte

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Page 5: sezione I civile; sentenza 5 dicembre 1996, n. 10849; Pres. Rocchi, Est. Verucci, P.M. Carnevali (concl. conf.); Cornacchia ed altri (Avv. Giacobbe) c. Soc. Centro studi Manieri (Avv.

3343 PARTE PRIMA 3344

dei casi, legittimi: le eventuali conseguenze sanzionatone, sul

piano fiscale, non possono farsi derivare da un contratto in

frode alla legge. In conclusione, il primo motivo di ricorso va accolto nei limi

ti precisati e, conseguentemente, cassata la sentenza impugnata con rinvio ad altro giudice, che si designa in diversa sezione

della Corte d'appello di Roma, il quale si atterrà ai principi di diritto enunciati, con riferimento alla posizione di Lucia Cor

nacchia, in tema di ammissibilità della prova per testi e presun

zioni, provvedendo anche sulle spese della presente fase di legit timità. Non può essere accolta, invero, la richiesta, avanzata

in via subordinata dagli odierni resistenti, di definire il giudizio a mente dell'art. 384, 1° comma, c.p.c. (nuovo testo), stante

la necessità di ulteriori accertamenti di fatto.

Resta assorbito il secondo mezzo del ricorso, con il quale si denunzia omessa motivazione sugli altri motivi di appello pro

posti avverso la sentenza di primo grado: la corte territoriale,

infatti, ha espressamente ritenuto assorbiti tali motivi, il cui esame

è, conseguentemente, demandato al giudice di rinvio.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 4 no

vembre 1996, n. 9523; Pres. La Torre, Est. Evangelista, P.M. Amirante (conci, conf.); Statuti ed altri (Avv. D'An

tona, Panici) c. Regione Lazio; Regione Lazio c. Statuti ed

altri. Cassa Trib. Rieti 7 febbraio 1994.

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici in genere (rap

presentanza in giudizio) — Avvocatura dello Stato — Regio ni a statuto ordinario — Patrocinio facoltativo — Specifico mandato — Esclusione (R.d. 30 ottobre 1933 n. 1611, testo

unico delle leggi sulla rappresentanza e difesa in giudizio del

lo Stato e sull'ordinamento dell'avvocatura dello Stato, art.

43, 45, 47; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della dele

ga di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, norme sull'ordina

mento regionale e sull'organizzazione della pubblica ammini

strazione, art. 107; 1. 3 aprile 1979 n. 103, modifiche dell'or

dinamento dell'avvocatura dello Stato, art. 10).

L'avvocatura dello Stato abbisogna di specifico mandato nell'e

sercizio del patrocinio in favore delle regioni a statuto ordi

nario, ancorché agisca nell'ambito del patrocinio «facoltati vo» di cui all'art. 107 d.p.r. 616/77, e non è, di conseguenza, onerata della produzione del provvedimento del competente

organo regionale di autorizzazione del legale rappresentante ad agire o resistere in giudizio. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 3 ot tobre 1996, n. 8648; Pres. La Torre, Est. Evangelista, P.M.

Amirante (conci, conf.); Regione Puglia (Aw. Volpe) c. Mau

lucci (Avv. Cipriani, Pannarale). Dichiara inammissibile ri

corso avvers'o Pret. Bari, ord. 7 aprile 1992.

Impugnazioni civili in genere — Regione — Irregolare costitu

zione in giudizio — Termine breve per impugnare — Decor

renza dalla notificazione fatta personalmente alla parte — Fat

tispecie (Cod. proc. civ., art. 170, 285, 286, 326; r.d. 30 otto

bre 1933 n. 1611, art. 43, 45, 47; d.p.r. 24 luglio 1977 n.

616, art. 107; 1. 3 aprile 1979 n. 103, art. 10).

(1) La sentenza leggesi in Foro it., 1997,1, 114, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1997.

Qualora il giudice abbia dichiarato irregolare la costituzione in

giudizio della regione a statuto ordinario per carenza di ius

postulandi in capo all'avvocatura dello Stato, cui non sia con

ferito mandato in base a specifica delibera, la notifica ai fini dell'impugnazione dev'essere effettuata alla parte personal

mente, con la conseguenza che è inammissibile l'impugnazio ne proposta dopo la scadenza del termine breve decorrente

da tale notifica. (2)

(2) In termini, e con riguardo alla stessa regione Puglia, v. Cass.

23 marzo 1995, n. 3357, Foro it., Rep. 1995, voce Ingiunzione (procedi mento), n. 77, nonché le successive Cass. 17 gennaio 1997, nn. 440,

441, 442, 443, 444, 445 e 446, id., Mass., 44 (non massimate). In senso

analogo, cfr. Cass. 17 febbraio 1993, n. 1964, id., Rep. 1993, voce Procedimento civile, n. 65, e Giur. it., 1993, I, 1, 1900, secondo la

quale, in caso di procura rilasciata irregolarmente, la notifica della sen

tenza eseguita personalmente alla parte è idonea a far decorrere il ter mine breve per impugnare, non potendo detta parte considerarsi costi tuita ed essendo irrilevanti la mancata dichiarazione di contumacia ed

il fatto che la parte sia indicata come costituita nell'intestazione della

sentenza. In senso diverso, v., però Cass. 11 febbraio 1992, n. 1515, Foro it., Rep. 1992, voce Impugnazioni civili, n. 21, per la quale, ai

fini del decorso del termine breve per impugnare la sentenza con la

quale sia stato accertato il difetto di rappresentanza processuale dell'en

te costituito in giudizio, non può tenersi conto della notifica effettuata

personalmente alla parte anziché al procuratore costituito, dal momen to che la disposizione dell'art. 292, ultimo comma, c.p.c. presuppone una situazione pacifica di contumacia o di nullità della costituzione in

giudizio e non è riferibile ai casi in cui la regolarità della costituzione in giudizio sia oggetto di contestazione. In generale, nel senso che, ai fini del decorso del termine breve per impugnare, la sentenza debba

essere notificata personalmente alla parte contumace, cfr. Cass. 4 no vembre 1987, n. 8091, id., Rep. 1987, voce cit., n. 36; 21 ottobre 1987, n. 7787, ibid., voce Contumacia civile, n. 8; 19 giugno 1987, n. 5392, ibid., n. 9; 14 ottobre 1986, n. 6019, id., Rep. 1986, voce cit., n. 7; 15 marzo 1983, n. 1903, id., 1983, I, 3096; 22 aprile 1982, n. 2486,

id., Rep. 1982, voce Impugnazioni civili, n. 53.

* * *

Avvocatura dello Stato e patrocinio delle regioni a statuto ordinario.

1. - Con le odierne, pronunce, le sezioni unite della Corte di cassazio ne affrontano il delicato tema della rappresentanza processuale delle

regioni a statuto ordinario ad opera dell'avvocatura dello Stato. Nel caso deciso dalla prima sentenza, dinanzi alla Suprema corte era

stata eccepita l'inammissibilità del ricorso incidentale per cassazione pro posto dall'avvocatura dello Stato in difesa della regione Lazio senza mandato speciale e senza delibera di autorizzazione ad agire in giudizio. Le sezioni unite hanno rigettato l'eccezione e, ribadendo l'orientamento

prevalente sia in giurisprudenza sia in dottrina (1), hanno affermato che anche in regime di patrocinio facoltativo ex art. 107 d.p.r. 616/77 la rappresentanza processuale delle regioni a statuto ordinario è assunta dall'avvocatura dello Stato «in via organica ed esclusiva», senza che siano necessari il mandato e la delibera di autorizzazione ad agire.

Nel caso deciso dalla seconda sentenza, invece, l'avvocatura dello Stato aveva proposto dinanzi al Pretore di Bari opposizione a decreto ingiun tivo in difesa della regione Puglia, senza essere munita di mandato e

(1) Il principio per il quale mandato e delibera non sono necessari ai fini dell'assunzione da parte dell'avvocatura dello Stato dello ius po stulandi in favore delle regioni a statuto ordinario, ancorché queste non abbiano conferito all'avvocatura il patrocinio sistematico ai sensi del l'art. 10 1. 103/79, è stato affermato da Cons. Stato, sez. V, 2 gennaio 1997, n. 25, Cons. Stato, 1997, I, 44, sez. IV 8 ottobre 1985, n. 414, Foro it., Rep. 1985, voce Regione, n. 103; sez. VI 4 dicembre 1984, n. 685, id., Rep. 1984, voce cit., n. 104; Cass. 15 marzo 1982, n. 1672, id., Rep. 1982, voce Amministrazione dello Stato (rappresentanza), n. 32, e Giust. civ., 1983, I, 582, con nota adesiva di Carbone, Avvocatu ra dello Stato ed articolo 10 l. 3 aprile 1979 n. 103. In dottrina, nello stesso senso, v. Segreto, Il patrocinio delle regioni a statuto ordinario da parte dell'avvocatura dello Stato, in Arch, civ., 1996, 143 e 146 s.

In senso contrario, e precisamente nel senso che, in regime di patroci nio facoltativo ex art. 107 d.p.r. 616/77, l'assunzione da parte dell'av vocatura dello ius postulandi delle regioni a statuto ordinario richieda la delibera di autorizzazione ad agire ed il mandato, v. Cons. Stato, sez. IV, 14 gennaio 1997, n. 1, Cons. Stato, 1997, I, 11; sez. IV 13 maggio 1996, n. 607, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 18, e Foro amm., 1996, 1480; 13 aprile 1994, n. 3465, Foro it., 1996, I, 270, con nota adesiva di Troiano, Avvocatura dello Stato e patrocinio delle regioni a statuto ordinario-, 3 febbraio 1986, n. 652, id., Rep. 1986, voce Re gione, n. 124; Manzari, Avvocatura dello Stato, voce del Digestopubbl., Torino, 1987, II, 100.

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