sezione I civile; sentenza 5 gennaio 2000, n. 55; Pres. Sensale, Est. Papa, P.M. Russo (concl.conf.); Banca di Roma (Avv. Formalè, Franchi) c. Fall. soc. Impresa edile Scevaroli (Avv.Zumerle, Di Mattia). Cassa App. Venezia 12 febbraio 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 2 (FEBBRAIO 2000), pp. 421/422-425/426Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195447 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Non sussiste infatti l'eccesso di delega rispetto al disposto dell'art. 4, 4° comma, 1. n. 421 del 1992, che ha autorizzato
il governo ad emanare norme per la revisione ed armonizzazio
ne in materia di tasse di occupazioni di spazi e aree pubbliche dei comuni e delle province attenendosi ai seguenti criteri: 1) le variazioni in aumento per le occupazioni permanenti non po tranno superare il cinquanta per cento delle misure massime
vigenti; 2) per le occupazioni di spazi sottostanti e soprastanti il suolo, con linee elettriche, cavi, condutture e simili potranno essere introdotte forme di determinazione forfetaria della tassa, tenendo conto di parametri significativi. Poiché nella specie si
versa in questa seconda ipotesi ne deriva che non ha pregio
l'argomento secondo cui l'applicazione dell'importo minimo a
ciascuna occupazione, può comportare (ma non necessariamen
te comporta) il superamento del limite massimo di aumento pre visto dalla legge delega, perché tale limite riguarda le occupa zioni permanenti diverse da quelle di cui si tratta. Peraltro, non
avendo la controricorrente dimostrato se e in quale ipotesi l'ac
coglimento dell'interpretazione sostenuta comporterebbe il su
peramento del limite del cinquanta per cento fissato nella legge
delega, non può neppure dirsi che nella specie la questione di
costituzionalità sia rilevante.
Il ricorso incidentale condizionale non può quindi essere
accolto.
4. - In conclusione, in accoglimento del primo motivo del
ricorso principale, la sentenza impugnata deve essere cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidendo
nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., deve rigettarsi la do
manda di Telecom Italia.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 5 gennaio
2000, n. 55; Pres. Sensale, Est. Papa, P.M. Russo (conci,
conf.); Banca di Roma (Aw. Formalè, Franchi) c. Fall. soc.
Impresa edile Scevaroli (Avv. Zumerle, Di Mattia). Cassa
App. Venezia 12 febbraio 1997.
Fallimento — Insinuazione tardiva — Decreto di ammissione
non conforme alla richiesta — Impugnazione — Appello
(Cost., art. Ili; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del
fallimento, art. 101).
Il decreto con il quale il giudice delegato, nel procedimento di
insinuazione tardiva, disponga l'ammissione al passivo di un
credito in modo non conforme alla richiesta, avendo natura
sostanziale di sentenza ma non potendo essere considerato ab
norme e come tale ricorribile per cassazione ex art. Ill Cost., va impugnato con l'appello. (1)
(1) Sulle colonne di questa Rivista sono state più volte ospitate le
pronunce che nel corso degli ultimi anni hanno segnato l'incerto cam mino della Cassazione in merito ai rimedi proponibili avverso i decreti con i quali i giudici delegati decidono domande tardive di ammissione al passivo al di fuori dei limiti di cui all'art. 101 1. fall. La decisione
in rassegna scandisce il ventaglio delle soluzioni possibili (o che almeno
sono state ritenute tali) e confuta tutte le opzioni diverse da quella,
preferita, del rimedio dell'appello con la sola esclusione della scelta del
la querela nullitatis, profilo non preso in esame per i limiti del giudizio di legittimità nel quale si discuteva dell'ammissibilità dell'appello.
La sentenza si allinea a Cass. 18 giugno 1997, n. 5459, Foro it.,
1997, I, 2874, cui si rinvia per i richiami di dottrina e giurisprudenza, cui adde, nel senso dell'inammissibilità del ricorso per cassazione, Cass.
30 maggio 1997, n. 4866, id., Rep. 1997, voce Fallimento, n. 637; 4
giugno 1997, n. 4980, ibid., n. 635. Si discosta invece dal filone favore
vole al ricorso per cassazione, segnato da Cass. 23 dicembre 1997, n.
13008, id., Rep. 1998, voce cit., n. 653; 25 luglio 1997, n. 6972, ibid., n. 655; 19 novembre 1997, n. 11497, id., 1998, I, 453, alla cui nota
si rinvia, cui adde, in dottrina, Guguelmucci, Lezioni di diritto falli mentare, Torino, 1998, I, 252. Una posizione singolare è sostenuta in
Il Foro Italiano — 2000.
Svolgimento del processo. — 1. - Con ricorso depositato I'll
giugno 1992, la Banca di Roma formulò dichiarazione tardiva
di credito nel fallimento della Impresa edile Scevaroli s.a.s. di
Baraldo Marisa & C. (dichiarato dal Tribunale di Verona il 31
ottobre 1991) per gli importi di lire 64.544.572 in via chirogra faria — quale scoperto di conto corrente — e di lire 106.423.159
con garanzia ipotecaria — giusta mutuo ipotecario per notar
Baroni del 7 novembre 1989, rep. n. 98314 —; con decreto del
25 giugno, il giudice delegato ordinò la comparizione delle parti
per l'udienza del 22 ottobre successivo, e, in tale sede — sul
l'opposizione del curatore limitata al rango ipotecario sollecita
to per la seconda posta —, ammise entrambi gli importi richie
sti, in via chirografaria, dichiarando estinta la procedura. Il provvedimento è stato oggetto di appello da parte della
banca, con le censure di: inesistenza dello stesso per mancanza
della data e/o carenza di forma ed inosservanza dell'art. 101, 3° comma, 1. fall.; assenza di motivazione e comunque erronea
esclusione della causa di prelazione; mancato assolvimento del
l'onere della prova incombente al curatore ex art. 67 1. fall.
La Corte di appello di Venezia, con sentenza del 14 novembre
1996, depositata col n. 241, ha ritenuto — accogliendo la tesi
difensiva della curatela — inammissibile l'impugnazione propo
sta, compensando le spese tra le parti. Ha affermato infatti,
espressamente discostandosi da un orientamento favorevole alla
esperibilità dell'appello — di cui è espressione Cass. 6937/95 (Foro il., Rep. 1996, voce Fallimento, n. 522), pure presa in
considerazione —, che, in presenza di una declaratoria di estin
zione, fosse necessario il ricorso al reclamo al collegio, ai sensi
degli art. 178 e 308 c.p.c., al riguardo richiamandosi al prece dente specifico di Cass. 2536/90 (id., Rep. 1990, voce cit., n. 523).
2. - Per la cassazione della sentenza ricorre la Banca di Ro
ma, con tre mezzi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso, pure illustrato da memoria, la cu
ratela fallimentare.
Motivi della decisione. — 3. - Deduce la ricorrente, col primo
mezzo, «omessa decisione e, comunque, mancanza di motiva
zione su una domanda decisiva della controversia quale la nulli
tà e/o inesistenza del provvedimento impugnato e violazione
e/o erronea applicazione degli art. 132, 133 ss. c.p.c.», lamen
tando la mancata considerazione, ad opera del giudice a quo, della nullità-inesistenza del provvedimento impugnato: esso in
fatti, essendo di carattere decisorio, avrebbe dovuto «sottosta
re» alle disposizioni degli art. 132 e 133 citati, laddove risulta
privo di data e della sottoscrizione di due componenti del colle
gio, e, per giunta, non è stato mai pubblicato nelle forme ri
chieste per la sentenza.
In ordine successivo, propone censura di «mancata e/o insuf
ficiente e/o contraddittoria motivazione su punti decisivi della
controversia e particolarmente sulla natura decisoria e/o di sen
tenza dell'atto impugnato, sia per il merito che per la dichiara
zione di estinzione del procedimento. Erronea applicazione e/o
violazione degli art. 308-178 c.p.c. Violazione e/o erronea ap
plicazione dell'art. 67 1. fall.». Osserva al riguardo come la con
clusione — cui è pervenuto il giudice a quo — circa la necessità
del reclamo avverso la dichiarazione di estinzione, mal si concili
con la premessa, pure contenuta nella decisione impugnata, in
ordine alla natura sostanziale di sentenza del provvedimento re
so in udienza dal giudice delegato; illustra quindi le peculiarità del giudizio di dichiarazione tardiva dei crediti, svolgendo con
siderazioni in ordine ai precedenti pure valutati dalla corte ter
ritoriale, per concludere che il reclamo sarebbe stato inidoneo
a rimuovere la statuizione di merito, contenuta nel provvedi mento appellato e costituente presupposto della stessa declara
toria di estinzione.
Formula, con l'ultimo motivo, censure di violazione dell'art.
67 1. fall, e di mancanza assoluta della motivazione, con riguar do alla fonte del credito ipotecario fatto valere ed all'erronea
esclusione della causa di prelazione. 4. - Oppone la controricorrente curatela: a) la inammissibilità
dottrina da Ragusa Maggiore, Quale è il rimedio avverso un provvedi mento abnorme del giudice delegato nel procedimento d'insinuazione tardiva di un credito?, in Dir. fallim., 1998, II, 317, secondo il quale il procedimento da adottare dovrebbe essere quello di correzione del
l'errore materiale di cui all'art. 288 c.p.c.
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PARTE PRIMA
del primo motivo, attraverso cui si prospetta una linea difensi
va nuova, comunque essa pure infondata, giacché «un decreto
ben può (in tesi) avere natura decisoria in quanto idoneo a defi
nire il giudizio, ma per ciò stesso non avere la forma di senten
za»; b) la infondatezza del secondo, poiché il rimedio tipico dettato dagli art. 308 e 178 c.p.c. contro il provvedimento di
estinzione appare «assai più confacente al 'sistema' fallimenta
re», e, d'altronde, l'eventuale abnormità del provvedimento avrebbe potuto esser fatta valere col reclamo ex art. 26 1. fall., se non, addirittura, attraverso Vactio nullitatis, all'uopo espres samente invocando Cass. 10153/96 (id., Rep. 1997, voce cit., n. 608); c) infine, l'infondatezza dell'ultima censura, poiché la
statuizione del giudice delegato avrebbe trovato in realtà fonda
mento nell'accordo fra creditore e curatore e nella non opposi zione dello stesso giudice.
5. - Il ricorso risulta fondato con riguardo al secondo mezzo
d'impugnazione. 5.1. - La materia della dichiarazione tardiva dei crediti è di
sciplinata dall'art. 101 1. fall., con procedimento «tarato» su
quello di ammissione al passivo: l'istanza si propone — fino
a che non siano esaurite tutte le ripartizioni dell'attivo fallimen
tare — direttamente al giudice delegato (art. cit., 1° comma, in riferimento agli art. 16, 92 ss., 95, 1° comma, 1. fall.), e
l'accertamento si conclude con decreto «se all'udienza il curato
re non contesta l'ammissione del nuovo credito e il giudice lo
ritiene fondato» (art. 101 cit., 3° comma, in relazione all'art.
97); diversamente, interviene l'automatica trasformazione in pro cedimento ordinario, dovendo il giudice delegato — divenuto
giudice istruttore — provvedere all'istruzione della causa a nor
ma degli dell'art. 175 ss. c.p.c. (3° comma, ultima parte, del
l'art. 101). Da ciò deriva che, in ipotesi di contestazione o co
munque di non ritenuta fondatezza del credito, l'accertamento
seguirà nelle forme del procedimento ordinario, ovviamente estese
alle impugnazioni: resta al di fuori di un'espressa previsione il caso della pronuncia (a conclusione della fase sommaria) del
decreto, in assenza delle condizioni di legge, in particolare per ché il provvedimento è intervenuto malgrado la contestazione,
anche solo parziale, del curatore, ovvero perché, in presenza di essa — secondo un orientamento affermato: v. infra, 5.2
—, non si è avuta l'adesione del creditore istante.
Al riguardo sono state offerte varie soluzioni, quasi tutte con
siderate nelle contrapposte linee difensive.
a) Certamente da escludere è quella del reclamo al tribunale
fallimentare, ai sensi dell'art. 26 1. fall. (Cass. 5000/79, id.,
Rep. 1979, voce cit., n. 480, ripresa da Cass. 9633/93, id., Rep.
1994, voce cit., n. 556), poiché il rimedio endoconcorsuale, pu re in materia di diritti soggettivi, è espressamente escluso da
una «disposizione contraria», prevedendo, l'art. 101 cit., il rife
rito — e non altrimenti superabile — paradigma di trasforma
zione in ordinario giudizio di cognizione.
b) Per la stessa ragione di specificità ed autonomia del pro cedimento di verificazione dei crediti tardivamente dichiarati, non risulta possibile il ricorso allo schema delle opposizioni ex
art. 98 ss. 1. fall, (a suo tempo prospettato da Cass. 2266/78,
id., 1978, I, 2191). c) Un orientamento giurisprudenziale affermato, in conside
razione del carattere decisorio — ma non definitivo, in contra
sto con l'indirizzo seguente — del decreto, sostiene l'appellabi lità del provvedimento (oltre Cass. 6937/95, cit., considerata
dal giudice a quo, Cass. 5459/97, id., 1997, I, 2874), ed è la
tesi in questa sede ancora sostenuta dalla ricorrente.
d) Secondo un ulteriore indirizzo, invece, poiché si versa in
ipotesi di provvedimento abnorme, è ammissibile — in materia
retta dal principio di tassatività, quale è quella delle impugna zioni — il solo ricorso straordinario per cassazione ex art. Ili, 2° comma, Cost. (Cass. 4868/97, ibid., 2461; 11497/97, id., 1998, I, 453; contra, oltre quelle sub c, fra le altre, le più o
meno coeve Cass. 4866/97, id., Rep. 1997, voce cit., n. 637, e 4980/97, ibid., n. 635). E l'alternativa, non espressamente
prospettata, va tuttavia considerata in quanto, di per sé impo sta dalla materia trattata, rappresenta necessaria verifica dell'e
sattezza della tesi precedente.
e) Non sembra rivestire autonomo rilievo — per le ragioni ulteriormente considerate nell'esame del secondo mezzo — la
tesi della reclamabilità al collegio, ai sensi dell'art. 308 in rela
zione all'art. 178 c.p.c., in favore della quale non depone certa
mente Cass. 2536/90, cit., privilegiata dal giudice a quo ma
Il Foro Italiano — 2000.
relativa alla cassazione con rinvio in una ipotesi — significati vamente definita «anomala in senso assoluto per denegata giu risdizione» — in cui il giudice delegato, in presenza di reclamo
in effetti proposto avverso il decreto di ammissione/estinzione,
aveva, monocraticamente, dichiarato il «non luogo a provvede re» su tale impugnazione.
f) La prospettiva della proponibilità della querela nullitatis
(Cass. 10153/96, cit.), esula, infine, dalla presente indagine, in
cui si tratta di valutare l'ammissibilità dell'appello, seguito dal
ricorso per cassazione — rinviandosi comunque ai rilievi che
seguono, più in generale, in ordine al carattere «abnorme» del
provvedimento in questione —.
5.2. - Che il decreto del giudice delegato ex art. 101, 3° com
ma, cit., abbia, nel caso prospettato, natura sostanziale di sen
tenza, è fuor di dubbio, anche alla stregua dell'orientamento
riportato sub d), che precede, il quale, proprio su tale proposi
zione, fonda la ricorribilità in via straordinaria; se ciò risponde al vero, in via di principio, non è dato sostenerne la nullità
inesistenza, per mancanza dei requisiti formali minimi della sen
tenza, mentre l'assoggettabilità all'appello discenderà dalle re
gole generali (art. 323 e 339 c.p.c., in relazione al cit. art. 101,
3° comma, ultimo inciso, 1. fall.). In realtà, l'ordine di considerazioni che induce al rigetto del
primo mezzo di cassazione è lo stesso che vale a conferire fon
datezza al secondo.
A) L'ipotesi esaminata non può dirsi caratterizzata da caren
za assoluta di potere del giudice delegato, ma individua soltan
to un provvedimento reso in mancanza delle condizioni di legge — per effetto della, non controversa, contestazione del curato
re, sia pure limitata alla parziale collocazione del credito in via
ipotecaria —. Se infatti il giudice delegato — divenuto ormai
giudice istruttore — abbia emesso il decreto di ammissione sul
l'erroneo presupposto della mancanza di contestazione, il prov vedimento risulterà avere natura sostanziale di sentenza, per so
stituirsi alla statuizione conclusiva riservata all'esito dell'ordi
nario processo di cognizione, ma non per questo sarà sussumibile
nella previsione dell'art. 161, cpv., c.p.c. (insensibilità al pas
saggio in giudicato, per mancata sottoscrizione del presidente e del giudice relatore), perché il decreto — dalla legge rimesso
al giudice monocratico — resta formalmente tale, come peral tro indirettamente emerge dalla stessa scelta processuale della
ricorrente odierna, che lo ha gravato d'appello — e, per conclu
dere sul primo motivo, non può ritenersi, in ordine ad esso, mancante la data, che è quella stessa del verbale d'udienza; così
come non può richiedersene la pubblicazione, prevista per l'atto
del giudice collegiale reso nelle forme della sentenza —.
B) Proprio perché la conclusione della procedura è, in via
alternativa, prevista dalla legge, non pare convincente la defini
zione (da cui muovono Cass. 4868/97 e 11497/97, cit.) del prov vedimento come «abnorme». Difatti, a ben vedere, la mancata
contestazione del curatore (cui, non a caso, nella previsione le
gislativa, si accompagna la valutazione di fondatezza della do
manda) attiene alle condizioni di merito per l'accoglibilità del
l'istanza nella forma del decreto; mentre, in presenza di conte
stazioni purchessia, l'automatica trasformazione del processo in
ordinario farà risultare il decreto indebitamente reso «in luogo» della sentenza, al pari di questa rendendolo assoggettabile ad
appello (arg. art. 101, 3° comma, seconda parte, 1. fall.). Nella
costruzione del provvedimento come abnorme, del resto, Cass.
4868/97, cit., si è richiamata proprio alla fattispecie decisa da
Cass. 2536/90, cit., già definita anomala, nonché a Cass.
10153/96, cit., la quale ha nondimeno per altra via escluso pro
prio la ricorribilità diretta per cassazione; mentre Cass. 11497/97, cit. (ribadita da Cass. 13008/97, id., Rep. 1998, voce cit., n.
653) ha fondato l'abnormità e l'inappellabilità sulla esclusione
dal modello procedimentale di un'ipotesi di ammissione solo
parziale, instaurando così una sottesa equazione fra la prima e la seconda (tutt'altro che sicura, come dimostra proprio la
conclusione contraria di Cass. 10153/96, cit.), senza sottrarsi
al riverbero di una pregiudiziale valutazione dì merito (per ri
sultare possibile il decreto anche in caso di adesione del credito
re istante alla contestazione parziale del curatore, come risulta
dalla citata Cass. 2536/90 e dallo stesso richiamo, certamente
non casuale, della controricorrente curatela ad un'ipotesi siffat
ta); e la conclusione ha ritenuto confermata dalla disparità di
trattamento derivante dalla «elisione ... del doppio grado di
giurisdizione collegiale di merito», finendo per impiegare come
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ragione giustificatrice della scelta operata la stessa descrizione
del fenomeno, che non sembra tuttavia autosufficiente ai fini
della dimostrazione della definitività (nel senso della non impu
gnabilità se non con il ricorso straordinario per cassazione) del
provvedimento. Deve dunque ribadirsi che il decreto reso in sede di dichiara
zione tardiva di credito dal giudice delegato, il quale, in presen za di contestazioni parziali del curatore non accettate dal credi
tore istante, abbia ammesso solo in parte (anche con semplice
riguardo al «rango») il credito azionato, ha natura sostanziale
di sentenza e, essendo intervenuto dopo l'automatica trasfor
mazione del procedimento di verificazione in ordinario proces so di cognizione (art. 101, 3° comma, seconda parte, 1. fall.), è impugnabile con l'appello (art. 101 cit. in relazione agli art.
323 e 339 c.p.c.). L'accoglimento del secondo motivo pertanto si impone, risul
tando erronea la ragione di inammissibilità del gravame, addot
ta dal giudice a quo, che non riposa peraltro sulla definitività
del decreto, sibbene sul rilievo — del tutto accidentale, rispetto alla questione di fondo finora esaminata — per cui, avendo
il giudice delegato dichiarato l'estinzione del giudizio, il provve dimento sarebbe stato reclamabile al collegio ai sensi degli art.
308 e 178 c.p.c. La conclusione — tratta da Cass. 2536/90,
cit., senza considerare la peculiarità della fattispecie — non può essere in alcun modo condivisa: il procedimento sommario da
vanti al giudice delegato, in caso di emissione del decreto, è
«definito» (arg. art. 91, 1° comma, c.p.c., in relazione al 4°
comma dell'art. 101 1. fall., cit.) e non anche «estinto», onde
quella declaratoria partecipa essa stessa della natura sostanziale
di sentenza, riconosciuta al provvedimento — come espressa mente risulta proprio da Cass. 6937/95, cit., pure considerata
dal giudice a quo —, e non è autonomamente impugnabile. 5.3. - Dall'accoglimento del secondo motivo di ricorso — nel
quale resta assorbito il terzo, relativo alle ragioni di merito del
l'affermata spettanza della collocazione ipotecaria del credito
di lire 106.423.159 — deriva la cassazione della sentenza impu
gnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di
Venezia.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 29 dicem
bre 1999, n. 14673; Pres. Grieco, Est. Fioretti, P.M. Cafie
ro (conci, diff.); Demetz e altri (Avv. Manzi, Gruner) c.
Min. finanze (Avv. dello Stato La Porta). Cassa Comm. trib.
Il grado Bolzano 21 ottobre 1997 e decide nel merito.
Redditi (imposte sui) — Redditi diversi — Plusvalenze — Tas
sazione — Presupposti (L. 30 dicembre 1991 n. 413, disposi zioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, faci
litare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione age volata dei rapporti tributari pendenti; delega al presidente della
repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari;
istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale,
art. 11).
Le plusvalenze di cui all'art. 11,5° comma, l. 30 dicembre 1991
n. 413 percepite dopo il 1° gennaio 1992 sono tassabili sol
tanto se gli atti (decreto di esproprio, cessione volontaria nel
corso del procedimento espropriativo, occupazione acquisiti
va), mediante i quali le stesse sono state realizzate, sono in
tervenuti successivamente al 31 dicembre 1988. (1)
(1) La Suprema corte, nell'affermare che la tassazione prevista dal
l'art. 11, 5° comma, 1. 30 dicembre 1991 n. 413, richiede tanto che
le somme che costituiscono la plusvalenza siano percepite dopo l'entra
ta in vigore della legge {i.e., dal 1° gennaio 1992), quanto che le stesse
Il Foro Italiano — 2000.
Svolgimento del processo. — Con ricorso presentato il 4 lu
glio 1995 Demetz Emilie Margarethe, Walter Alfons, Erberto
Alfonso, Elfride e Gertrud, nella loro qualità di eredi di Emilia
Moroder Demetz impugnarono dinanzi alla Commissione tribu
taria di primo grado di Bolzano il silenzio-rifiuto, formatosi
sulla istanza di rimborso della somma ritenuta a titolo di Irpef sulla indennità di esproprio, loro corrisposta dal comune di Or
tisei, ritenendo l'imposta non dovuta.
La commissione adita respingeva il ricorso.
Avverso detta decisione i contribuenti proponevano appello
siano conseguenza di atti e provvedimenti intervenuti dopo il 31 dicem bre 1988, si pone in consapevole contrasto con Cass. 30 dicembre 1998, n. 12882, Foro it., Rep. 1998, voce Redditi (imposte), n. 796, per la
quale è indifferente, ai fini della imposizione, la data della cessione volontaria o della emissione dei provvedimenti espropriativi o che ac certino la accessione invertita, rilevando soltanto il momento della ri scossione che costituisce il presupposto impositivo.
Allo stesso modo, l'odierna sentenza, nell'escludere che possano ave re rilevanza — al fine di fissare temporalmente la data dell'evento che ha determinato il trasferimento dell'immobile — i provvedimenti ammi nistrativi o giudiziari che liquidano la somma dovuta al contribuente, mostra di ripudiare il diverso avviso espresso da Cass. 18 luglio 1997, n. 6620, id., 1997, I, 3185 (per la quale ai fini della tassazione retroatti
va, ai sensi dell'art. 11, 9° comma, 1. 30 dicembre 1991 n. 413, delle somme percepite a titolo di risarcimento del danno subito a seguito della perdita definitiva di un terreno in conseguenza della costruzione di alloggi economici e popolari senza che fosse tempestivamente inter venuto il provvedimento ablatorio, non rileva il momento in cui si è verificata l'occupazione acquisitiva, dovendosi invece accertare che nel triennio compreso tra il 31 dicembre 1988 e la data di entrata in vigore della stessa legge cadano sia la sentenza che ha liquidato la somma dovuta per il risarcimento del danno, sia la percezione di tale somma) e, più di recente, da Cass. 7 novembre 1998, n. 11229, id., Rep. 1998, voce cit., n. 797 (ad avviso della quale le plusvalenze conseguenti alla
percezione, da parte di soggetti che non esercitano imprese commercia
li, delle somme dovute a titolo di risarcimento del danno da accessione
invertita, liquidate da sentenza del tribunale emessa prima del 31 di cembre 1988, ma confermata da sentenza della corte d'appello emessa
dopo tale data e prima dell'entrata in vigore della 1. 31 dicembre 1991 n. 413 — costituendo quest'ultima sentenza l'unico titolo del risarci
mento, poiché l'effetto sostitutivo della sentenza d'appello rispetto alla sentenza di primo grado si verifica in tutti i casi, anche, quindi, nei casi in cui la sentenza d'appello è confermativa — vanno assoggettate al prelievo fiscale previsto dall'art. 11 citata 1.).
Il principio di cui in massima è condiviso, nella giurisprudenza di
merito, da Comm. trib. prov. Milano 24 febbraio 1999, Finanza loc., 1999, 1311, con nota di M.C. Fregni; Comm. trib. centrale 14 aprile 1998, n. 1970, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 801; Comm. trib. prov. Firenze 16 maggio 1997, ibid., n. 802; Comm. trib. prov. Salerno 10
maggio 1997, ibid., n. 803, e Fisco, 1998, 3197, con nota di Borri; Comm. trib. prov. Viterbo 21 novembre 1996, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 674; Tar Campania, sez. II, 23 marzo 1996, n. 87, Trib. amm. reg., 1996, I, 2041 (m); Comm. trib. I grado Milano 15 dicembre
1995, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 577 (e Riv. dir. fin., 1996, II, 79, con nota di G. Pizzonia, Sulla tassazione delle indennità di
esproprio relative a procedure ablative poste in essere prima del 31 di cembre 1988)-, nonché, in dottrina, da P. Russo, Ancora in tema di tassazione retroattiva delle indennità di esproprio, in Rass. trib., 1998, 225, e da G. Fanzini, L'imposizione di plusvalenze realizzate in seguito ad interventi ablativi per pubblica utilità (art. 11 l. 30 dicembre 1991 n. 413), in Riv. dir. trib., 1992, I, 107.
Contra, Comm. trib. centrale 19 settembre 1998, n. 4449, Foro it.,
Rep. 1998, voce cit., n. 798, per la quale rileva solamente la data di
percezione della plusvalenza; 16 marzo 1998, n. 1407, ibid., n. 800, ad avviso della quale le indennità di espropriazione liquidate successiva mente all'entrata in vigore della I. n. 413 sono assoggettabili a ritenuta
d'acconto, a nulla rilevando il provvedimento che le determina; in dot
trina, C. Ariete, La tassazione delle indennità di esproprio, in Tributi,
1998, 939. Per ulteriori riferimenti, in dottrina e giurisprudenza, cfr. nota a Cass.
6620/97, cit. Il recente orientamento dell'amministrazione finanziaria si rinviene
in min. fin. circ. 24 luglio 1998, n. 194, in Circolari e risoluzioni min.
fin., 1998, 737 (sulla quale, v. S. La Rocca, Regime fiscale delle inden
nità di esproprio: circolare del ministero delle finanze n. 194/E del 24
luglio 1998, in Fisco, 1998, 10376). Con ordinanza 25 settembre 1998, Tributi, 1999, 553, la Commissio
ne provinciale di Foggia — ritenendo che ai sensi dell'art. 11, 5° com
ma, 1. 413/91 le plusvalenze percepite a far tempo dal 1° gennaio 1992
sono assoggettate a tassazione a prescindere dalla data del provvedi mento o dell'atto che ha generato la corresponsione delle somme —
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