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Sezione I civile; sentenza 5 marzo 1984, n. 1547; Pres. Brancaccio, Est. Sensale, P. M. Nicita(concl. conf.); Soc. Uomo-TV (Avv. M. Piga, Venturini) c. Fiorenza. Regolamento di competenzaSource: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 5 (MAGGIO 1984), pp. 1277/1278-1279/1280Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175688 .
Accessed: 24/06/2014 23:14
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Secondo un indirizzo seguito di recente da Cass. 29 maggio 1981, n. 3523 (Foro it., Rep. 1981, voce Vendita, n. 21) nella
compravendita con effetti reali il compratore consegue anche il
possesso della cosa venduta, immediatamente e senza necessità di
materiale consegna, sicché l'eventuale protrarsi del potere di fatto
sulla cosa medesima da parte del venditore deve ritenersi, in
difetto di pattuizione contraria, una mera detenzione nomine
alieno.
Secondo un altro indirizzo (Cass. 18 dicembre 1964, n. 2918,
id., 1965, I, 18; 29 gennaio 1970, n. 195, id., Rep. 1970, voce Posses
so, n. 14; 8 settembre 1970, n. 1301, ibid., n. 26 bis) ribadito di
recente con chiarezza d'impostazione da Cass. 18 marzo 1981, n.
1613 {id., Rep. 1982, voce Vendita, n. 39), nel negozio traslativo
della proprietà e di altro diritto reale non è ravvisabile un
costituto possessorio implicito, nel senso che al trasferimento del
diritto segua automaticamente il possesso della cosa, ciò perché il
trasferimento stesso costituisce, ai sensi dell'art. 1476, l'oggetto di
una specifica obbligazione del venditore, per il cui adempimento non sono previste forme tipiche. Pertanto nella ipotesi in cui
l'alienante trattenga la cosa presso di sé, occorre accertare caso
per caso, in base al comportamento delle parti ed alle clausole
contrattuali che non siano di mero stile, se la continuazione, da
parte dell'alienante stesso, dell'esercizio del potere di fatto sulla
cosa sia accompagnata dall'animus rem sibi habendi ovvero
configuri una detenzione nomine alieno.
Questo collegio intende aderire a tale ultimo indirizzo in
quanto conforme alla ratio delle norme in materia.
Va premesso che il codice vigente non contiene alcuna disposi zione espressa in ordine all'acquisto ed alla perdita del possesso
(salvo quella di carattere negativo, contenuta nell'art. 1144, la
quale prevede che gli atti di tolleranza non possono servire di
fondamento all'acquisto del possesso) sicché la relativa disciplina deve ricavarsi dai principi generali emergenti dalle disposizioni di
carattere generale ed in particolare da quello del carattere preva lentemente obiettivo del possesso desumibile (come ritenuto anche
da autorevole dottrina) dalla nozione enunciata dall'art. 1140.
Deve invero ritenersi che con tale nozione (nella quale le
espressioni « potere sulla cosa che si manifesta » e « attività
corrispondente all'esercizio » sono indubbiamente indicatori di
« un modo di essere » e quindi di una caratteristica oggettiva della relazione tra il soggetto e la cosa) il legislatore abbia voluto
porre in rilievo la dissociabilità dei due aspetti del potere sulla
cosa: diritto di esercitare il potere (ius possidendi) inscindibil
mente collegato alla titolarità del diritto e concreto esercizio del
potere (possesso) considerato diritto (ius possessionis) nel momen
to in cui diviene giuridicamente apprezzabile ai fini della tutelabi
lità oppure in concorso con altri requisiti, al fine della realizza
zione di ulteriori effetti giuridici (ad es. acquisto di frutti, diritto
ad indennità, acquisto per usucapione del diritto a cui corri
sponde l'attività esercitata).
In sostanzia la dissociabilità dei due aspetti comporta che ove
essi facciano capo, come accade normalmente, ad unico soggetto
(proprietario-possessore o titolare di altro diritto reale-posses
sore) questi possa chiederne la tutela congiuntamente o se
paratamente (in sede petitoria o possessoria), mentre qualora facciano capo a due distinti soggetti, il possessore leso (quale
titolare dello ius possessionis) può chiederne l'immediata tutela, anche nei confronti del titolare dello ius possidendi, in base al
principio spoliatus ante omnia restituendus codificato nell'art.
1168 c.c., e, relativamente al conflitto con lo spoliatore titolare
dello ius possidendi, nell'art. 705 c.p.c. concernente il divieto di
cumulo tra petitorio e possessorio.
Orbene, proprio la possibilità di separazione dello ius possessio nis dallo ius possidendi (sulla quale, fin dalle origini storiche e, nell'ordinamento vigente, in maniera unitaria ed armonica, è
imperniata la disciplina legislativa del possesso) induce ad esclu
dere — anche in relazione alle norme sul contratto in generale e
sulla vendita — la configurabilità di un costituto possessorio ex
lege nella vendita con effetti reali, nel senso che la formazione
del consenso dei contraenti in ordine al trasferimento della
proprietà determini di per sé (salvo contrarie pattuizioni) il muta
mento in detenzione in nome del compratore del possesso del vendi
tore sulla cosa venduta, rimasta per qualsiasi ragione nella sua
materiale disponibilità.
In realtà il consenso determina, ai sensi dell'art. 1376, conte
stualmente al trasferimento della proprietà quello dello ius possi
dendi, inscindibilmente collegato, come dianzi osservato, alla
titolarità del diritto di proprietà, mentre il trasferimento del
potere di fatto sulla cosa (ius possessionis) si realizza con la
materiale consegna, al compratore, della cosa, oppure, ove questa
rimanga nella materiale disponibilità del venditore, con la dichia
razione (o con un comportamento concludente) del venditore di
detenere la cosa in nome e nell'interesse del compratore, ovvero
mediante conclusione tra le stesse parti di un contratto di tipo
obbligatorio (locazione, deposito, comodato, ecc.) in virtù del
quale la relazione con 'la cosa ha necessariamente natura di
detenzione.
Da ciò consegue che in mancanza di tale fatto o atto (e salva,
beninteso, la facoltà del compratore, quale titolare della proprietà e dello ius possidenti, di conseguire il possesso della cosa
mediante esperimento di azione petitoria) lo ius possessionis conti nua a permanere nella sfera del venditore a tutti gli effetti previsti dalle norme in materia, con conseguente impossibilità per il com
pratore di agire in via possessoria contro il venditore stesso e co
loro ai quali questi abbia trasmesso il possesso o la detenzione del
la cosa.
I principi di diritto sopra enunciati sono stati esattamente
applicati alla fattispecie in esame, nel senso che i giudici d'appel lo si sono ad essi attenuti, sia per quanto riguardava l'identifica zione del thema decidendum, sia per l'impostazione dell'iter
logico seguito. Va premesso infatti che, come più volte accennato, l'odier
na ricorrente, quale attrice in possessorio, aveva dedotto di avere il possesso del terreno vendutogli dal padre Casavecchia Giusep
pe, sia per esserle stato lo stesso automaticamente trasmesso dal
venditore contestualmente alla proprietà del fondo, sia in virtù di
costituto possessorio, attuato mediante comodato del fondo al
venditore.
II terreno, restituitole dal padre il 30 settembre 1978, era stato arbitrariamente occupato dal Lucarelli, che aveva effettuato la
semina.
Il convenuto, odierno -resistente, assunse invece di avere la
detenzione del terreno fin dal 1972, prima quale associato al
possessore Casavecchia nella coltivazione dello stesso e poi come unico coltivatore a seguito di sopravvenuta invalidità del Casa
vecchia; negò che la Casavecchia Lea avesse assunto il possesso e
tanto meno, la detenzione del terreno.
In relazione a tale tesi difensiva la questione di carattere
preliminare ed assorbente era se l'attrice avesse o no il possesso, dovendosi, soltanto nella seconda ipotesi, accertare se il convenu to avesse o non compiuto lo spoglio.
Escluso (esattamente come si è prima osservato) l'acquisto automatico del possesso, i giudici di appello hanno, con apprez zamenti di fatto congruamente e logicamente motivati, ritenuto che la Casavecchia non avesse fornito la prova, di cui le
incombeva l'onere, che il venditore, assumendo la veste di como datario o mantenendo comunque un comportamento incompatibi le col permanere dall'animus sibi habendi, aveva detenuto il
terreno in nome della compratrice. In siffatta argomentazione si appalesa giuridicamente esatto, in
quanto diretto ad escludere qualsiasi efficacia alla offerta prova documentale, il rilievo che la non certezza della data della sentenza contestata dal convenuto quale terzo impediva di stabili re se il comodato ivi documentato fosse stato concluso prima che il Lucarelli avesse iniziato la coltivazione del terreno.
Solo in tale ipotesi infatti la Casavecchia, avendo acquistato il
possesso in forza del costituto possessorio, sarebbe stata legittimata all'esercizio dell'azione possessoria.
Tale rilievo è stato poi rafforzato in fatto dall'ulteriore rilievo che l'esistenza del comodato non era stata dimostrata neppure attraverso la prova testimoniale.
Quanto al rilievo che la vendita era stata fittizia, trattasi di
argomento ridondante e che la ricorrente non ha interesse a
censurare, essendo le altre ragioni indicate e già esaminate da sole sufficienti a sorreggere il convincimento del permanere del
possesso in capo al venditore dopo la conclusione della vendita.
(Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 5 marzo
1984, n. 1547; Pres. Brancaccio, Est. Sensale, P.M. Nicita
(conci, conf.); Soc. Uomo-TV (Avv. M. Piga, Venturini) c.
Fiorenza. Regolamento di competenza.
Provvedimenti d'urgenza — Televisioni private — Disturbi causa
ti da emittente concorrente — Competenza — Luogo di tra
smissione della società convenuta (Cod. proc. civ., art. 701).
La competenza territoriale a conoscere della domanda ex art. 700
c.p.c., promossa da una rete televisiva privata al fine di evitare
i disturbi alle proprie trasmissioni causati da altra emittente,
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1279 PARTE PRIMA 1280
spetta al pretore del luogo ove quest'ultima ha i propri impianti di trasmissione. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso ai sensi dell'art. 700
c.p.c. del 9 marzo 1982, Antonio Fiorenza, titolare della emittente
radiotelivisiva « Enrica TV » si rivolgeva al Pretore di Alatri, chiedendo che fosse inibito alla s.p.a. « Uomo-TV » di Roma di
continuare a compiere atti idonei a danneggiare la ricorrente a
chiedendo quindi che fosse ordinata la immediata interruzione
delle trasmissioni sul canale 21 UHF nelle zone di utenza di
Alatri, Fresinone, Ferentino e Fiuggi. Si costituiva la « Uomo-TV » eccependo preliminarmente la
incompetenza per territorio, ai sensi dell'art. 701 c.p.c., del
Pretore di Alatri, essendo competente il Pretore di Roma; nel
merito deduceva varie eccezioni e concludeva per il rigetto del
ricorso.
L'adito pretore, con provvedimento del 20 gennaio 1983, riget tava l'eccezione di incompetenza per territorio e pronunciava nel merito.
Quanto alla competenza, il pretore, rifacendosi ad alcune deci sioni di giudici di merito, ha ritenuto che per «luogo in cui l'istante teme che stia per verificarsi il fatto dannoso » debba intendersi il luogo in cui stia per verificarsi l'evento, per effetto dell'assimilazione dell'espressione « fatto dannoso » con quella di « fatto illecito », evento che, nel caso concreto, si sarebbe verifica to nel mandamento della Pretura di Alatri, zona di utenza della ricorrente ove si sarebbero verificate le lamentate turbative.
Contro tale decisione la « Uomo-TV » ha proposto istanza di
regolamento di competenza, contro la quale il Fiorenza non ha
depositato difese.
Motivi della decisione. — A fondamento della istanza la società ricorrente si è richiamata alle numerose e costanti pronunzie di
questa corte, che, decidendo su analoghi ricorsi, ha ritenuto la
competenza territoriale del pretore del luogo in cui ha sede l'emit tente « disturbatrice », che, nel caso concreto, è incontestatamente Roma. (Omissis)
Secondo la tesi accolta da questa corte, il luogo in cui stia per verificarsi il fatto dannoso, al fine specifico d'individuare il giudice territorialmente competente, è quello dove sia posta in essere l'attività potenzialmente pregiudizievole del diritto alla cui tutela il
provvedimento urgente è destinato. La determinazione del luogo in questione si presenta delicata
quando il danno possa essere causato dalla diffusione di una trasmissione televisiva nell'ambito di un'intera regione o, comun
que, di un territorio di ampiezza indeterminata, poiché in tale
ipotesi, si è detto, la disseminazione territoriale del temuto pregiu dizio rende difficile l'individuazione del luogo dove stia per svolgersi l'attività potenzialmente pregiudizievole.
Per tale considerazione {che non indica soltanto un inconvenien te di fatto, ma dimostra la incongruenza sul piano giuridico della tesi adottata dal pretore rispetto ai fini che l'art. 701 c.p.c. si
prefigge nella individuazione con sufficienti connotati di certezza del giudice competente), è apparso necessario adottare un criterio
oggettivo unico, che consiste nell'evidenziare (per assumerlo come elemento di collegamento) il fatto che si profila come causa unica e originaria del danno, attribuendo ad esso rilevanza preminente rispetto alla localizzazione, eventualmente diffusa, delle varie (ed ulteriori) componenti del danno stesso.
Si è, infatti, osservato che la disposizione dell'art. 701 c.p.c. può essere interpretata o con riferimento al luogo della sola attività dalla quale si teme che possa derivare un pregiudizio grave e
irreparabile ovvero in base all'elemento congiunto e unitario dell'attività e del temuto conseguenziale effetto dannoso, con
assorbimento, in tal caso, della causa nell'effetto, nel senso che la
competenza dovrebbe stabilirsi con riguardo al luogo in cui può verificarsi il danno. Ma, di fronte a questa alternativa, è stato
(1) In senso conforme v. Cass. 4 luglio 1983, n. 4466, Foro it., 1983, I, 2128, con nota di richiami, nonché Cass. 4 maggio 1983, n. 3054, id., Mass., 635; 8 febbraio 1983, n. 1073, ibid., 207; 1° febbraio 1983, n. 860, ibid., 168.
Un'osservazione incidentale. Mentre i giudici italiani continuano a tirare l'elastico in attesa di un risoluto intervento normativo (prean nunciato per le proverbiali calende greche), rimbalza d'oltralpe la notizia di una prima applicazione della loi 82-625 del 29 luglio 1982 (su cui v., in prima approssimazione, D. Truchet, Une loi de la dernière chance? La loi du 29 juillet 1982 sur la communication audiovisuelle, in J.C.P., 1983, Doct. 3120). Dal Flash Dalloz del 1° marzo 1984, apprendiamo che, in caso di «battimenti in frequenza» provocati da incursioni di alcune radio libere nella banda assegnata ad un'emittente dalla Haute autorità, il Juge des référés ordina la remise en état sulla base della constatazione dell'inosservanza intenzionale di una prescrizione obbligatoria (Trib. grande inst. Paris, réf., 30 dicem bre 1983, L'Animographe c. Radio ABC).
accolto il criterio dell'esclusivo riferimento al luogo in cui si teme
che venga svolta l'attività potenzialmente pregiudizievole, essendosi
rilevato che il provvedimento d'urgenza, per sua natura e funzio
ne, ha lo scopo di neutralizzare in via preventiva, mediante
inibizione o idonea disciplina dell'attività potenzialmente pregiudi zievole, gli effetti dannosi temuti, per cui tale attività costituisce, in definitiva, l'oggetto sul quale direttamente è destinato a incidere
il provvedimento d'urgenza. 11 criterio dell'esclusivo riferimento al luogo in cui l'attività sia
per svolgersi, del resto, è apparso come l'unico aderente alla
lettera della norma, la quale espressamente menziona il luogo in
cui stia per essere compiuto il fatto dannoso, ossia l'attività
produttiva di conseguenze dannose, anche se queste ultime possa no verificarsi in un luogo diverso. In tal modo si viene a
determinare un criterio atto a soddisfare, in maniera sicura e
valida, primarie esigenze di certezza nella individuazione del
giudice della tutela innominata e che consente altresì di realizzare
una contiguità, che può definirsi « fisica », tra il giudice e il fatto dannoso che si vuole prevenire o disciplinare.
L'obiezione fondata sull'assimilazione del concetto di « fatto dannoso » a quello di « fatto illecito », articolato nei tre momenti della condotta, del nesso di causalità e dell'evento, e sulla
necessità di riferire al verificarsi di quest'ultimo elemento la
consumazione dell'illecito non appare decisiva. Infatti, l'art. 701
c.p.c., nell'attribuire la competenza al pretore del luogo in cui « l'istante teme che stia per verificarsi il fatto dannoso », fa
esplicito riferimento ad un fatto non ancora venuto ad esistenza o,
comunque, non ancora concretatosi in tutte le componenti che normalmente concorrono a costituire il fatto illecito, ossia ad un fatto che giustifioa la tutela cautelare per la mera potenzialità dannosa dell'attività nella quale si concreta, sf che, al fine
specifico d'individuare il giudice territorialmente competente in mo do da eliminare per quanto possibile contestazioni sul punto (che contrasterebbero con la rapidità con cui il rimedio deve poter operare), non può ritenersi che l'intento espresso nella norma sia
quello di ancorare un presupposto di necessaria certezza, qual è la
competenza del giudice, ad un evento futuro di incerta localizza
zione, risultando invece più idoneo a tali fini avere riguardo al
luogo in cui il pregiudizio si esprimerà nella sua manifestazione « originaria ».
Sicuramente ininfluenti, poi, sono le considerazioni concernenti la competenza del giudice della causa di merito (determinata, nel caso in esame, dal luogo in cui la denunciata attività concorren ziale produrrebbe il danno costituito dallo screditamento commer ciale dell'istante, cioè dal luogo dove questa ha sede), poiché, come si è bene rilevato ponendosi a confronto la ipotesi dei
sequestri e quella del provvedimento ex art. 700 c.p.c., mentre la istanza di sequestro si propone al pretore o al presidente del tribu nale competente a conoscere del merito (o al giudice, competen te per valore, del luogo in cui il sequestro dev'essere eseguito), nessun collegamento necessario è istituito, in tema di provvedi menti d'urgenza, tra questi e la causa di merito, perché non
sempre il luogo in cui si teme che stia per verificarsi il fatto dannoso è anche quello che determina il momento di collegamento per la causa di merito.
Pertanto, deve concludersi che, qualora il titolare di una emittente televisiva chieda un provvedimento d'urgenza per la eliminazione dei disturbi alle proprie trasmissioni, provenienti da
segnali diffusi da altra emittente i(o dai ripetitori di questa), giudice competente a provvedere sulla istanza proposta ai sensi dell'art. 700 c.p.c. è quello del luogo in cui la emittente « distur bance » ha i propri impianti originari di emissione, ove si realizza l'attività giuridicamente e concretamente idonea a produr re le temute conseguenze dannose, mentre non assumono alcun rilievo il luogo in cui siano installati dei programmi né (tutti) i
possibili luoghi nei quali i programmi stessi possano essere
recepiti. Nel caso in esame, essendo pacifico che la ricorrente ha in
Roma i suoi studi, ove è ubicata la sede amministrativa e dove
vengono deliberati i vari programmi e quindi irradiati nel bacino di utenza, va affermata la competenza del Pretore di Roma.
(Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione III civile; sentenza 27 feb braio 1984, n. 1393; Pres. Bile, Est. Taddeucci, P.M. La Valva
{conci, conf.); Giacconi e Virgili (Avv. Venarucci) c. Ditta Madonna (Avv. G. Guarino) e Ferrovie dello Stato (Avv. dello Stato De Francisco). Cassa App. Ancona 15 novembre 1980.
Responsabilità civile — Attività pericolosa esercitata dalla p.a. —
Responsabilità — Sussistenza — Fattispecie (Cod. civ., art. 2050).
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