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sezione I civile; sentenza 6 marzo 1999, n. 1943; Pres. Senofonte, Est. Cicala, P.M. Martone (concl....

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sezione I civile; sentenza 6 marzo 1999, n. 1943; Pres. Senofonte, Est. Cicala, P.M. Martone (concl. conf.); Soc. Allevamenti Piave (Avv. Berruti, Tosi) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Laporta). Cassa Comm. trib. reg. Veneto 2 dicembre 1996 e decide nel merito Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 6 (GIUGNO 1999), pp. 1849/1850-1853/1854 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193717 . Accessed: 25/06/2014 02:47 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.115 on Wed, 25 Jun 2014 02:47:28 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 6 marzo 1999, n. 1943; Pres. Senofonte, Est. Cicala, P.M. Martone(concl. conf.); Soc. Allevamenti Piave (Avv. Berruti, Tosi) c. Min. finanze (Avv. dello StatoLaporta). Cassa Comm. trib. reg. Veneto 2 dicembre 1996 e decide nel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 6 (GIUGNO 1999), pp. 1849/1850-1853/1854Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193717 .

Accessed: 25/06/2014 02:47

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dalla corte di Brescia, non preclude di cogliere nella disciplina dell'adozione la conferma della presenza nell'ordinamento di

un canone d'irreversibilità degli effetti degli atti determinativi

dello status della persona rispetto allo stesso soggetto che li ab

bia compiuti (con volontà non affetta da vizi).

Infine, va considerato che buona fede, correttezza e lealtà

nei rapporti giuridici rispondono a doveri generali, non circo

scritti agli atti o contratti per i quali sono richiamate da specifi che disposizioni di legge; questi doveri, nella particolare mate

ria dei rapporti di famiglia, assumono il significato della solida

rietà e del reciproco affidamento.

L'ammissione del disconoscimento della paternità, rispetto al

frutto dell'inseminazione artificiale etcrologa voluta da entram

bi i coniugi, entrerebbe in evidente conflitto con quei doveri, e comunque porterebbe a ravvisare nell'art. 235 c.c. una platea le deroga, perché, come si è rilevato, determinerebbe l'esperibi lità della relativa azione indipendentemente dalla ragione del

ripensamento, e quindi anche per motivi pretestuosi e non de

gni di tutela.

Conclusivamente, si deve affermare che il marito, dopo aver

validamente concordato o comunque manifestato il proprio pre ventivo consenso alla fecondazione assistita della moglie con

seme di donatore ignoto, non ha azione per il disconoscimento

della paternità del bambino concepito e partorito in esito a tale

inseminazione.

Il principio impone, con l'accoglimento dei ricorsi nella tesi

con essi sviluppata in via principale, e con l'assorbimento delle

deduzioni subordinate attinenti alla protezione economica del

minore (ove disconoscibile come figlio), l'annullamento della

pronuncia impugnata, ed anche una conforme statuizione nel

merito, ai sensi dell'art. 384, 1° comma (nuovo testo), c.p.c., non occorrendo indagini su fatti ulteriori rispetto a quelli accer

tati nelle precorse fasi processuali.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 6 marzo

1999, n. 1943; Pres. Senofonte, Est. Cicala, P.M. Matto

ne (conci, conf.); Soc. Allevamenti Piave (Aw. Berruti, Tosi) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Laporta). Cassa Comm.

trib. reg. Veneto 2 dicembre 1996 e decide nel merito.

Valore aggiunto (imposta sul) — Agricoltura — Regime specia le — Detrazione — Disciplina (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, art.

19, 34).

Anteriormente alle modifiche di cui all'art. 14 l. 537/93, ad

una società agricola ammessa al regime speciale di cui all'art.

34 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 competeva la detrazione for

fetario ivi prevista anche nel caso di cessione di animali (nella

specie, bovini) acquistati senza il pagamento dell'imposta sul

valore aggiunto (nella specie, mediante conferimento in socie

tà di compendio aziendale). (1)

(1-2) Comm. trib. reg. Veneto 2 dicembre 1996, cassata da Cass.

1943/99, è massimata in Foro it., Rep. 1997, voce Valore aggiunto (im

posta), n. 452. Ennesimo contrasto (inconsapevole) della Suprema corte in materia

tributaria, questa volta sull'interpretazione dell'art. 34 d.p.r. 633/72

(anteriormente alle modifiche apportate dal legislatore del 1997) e sul

meccanismo della detrazione forfetaria ivi previsto. Non si rinvengono nella giurisprudenza della Suprema corte prece

denti editi in termini.

Spunti nel senso delle tesi fatte proprie da Cass. 1806/99 si trovano

in Corte cost. 30 luglio 1997, n. 290, id., 1998, I, 358, che, nel respin

gere come inammissibile il dubbio di costituzionalità dell'art. 28, 2°

comma, 1. 23 dicembre 1994 n. 724, nella parte in cui limita l'applica

II Foro Italiano — 1999.

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 4 marzo

1999, n. 1806; Pres. Corda, Est. De Musis, P.M. Apice

(conci, conf.); Soc. Le roncole, Soc. Il giardinetto (Aw. Gal

lo, Rossi) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Laporta). Con

ferma Comm. trib. reg. Piemonte 17 luglio 1997.

Valore aggiunto (imposta sul) — Agricoltura — Regime specia le — Detrazione — Disciplina (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 19, 34).

Anche anteriormente alle modifiche di cui all'art. 14 l. 537/93, ad una società agricola ammessa al regime speciale di cui al

l'art. 34 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 non competeva la de

trazione forfetario ivi prevista nel caso di cessione di animali

(nella specie, bovini) acquistati senza il pagamento dell'impo sta sul valore aggiunto (nella specie, mediante conferimento in società di compendio aziendale). (2)

I

Svolgimento del processo. — In sede di costituzione della so

cietà «Allevamenti Piave s.a.s. di Dal Bello Lionello & C.», avvenuta il 4 luglio 1989, la società «Vedifarm s.a.s. di Perozzo

Antonio & C.» ebbe a conferire la propria azienda, compren dente n. 667 capi bovini per un valore di lire 412.318.000, non

ché vari debiti verso banche ed alti creditori. Sul valore dei con

ferimenti venne assolta l'imposta proporzionale di registro. In data 2 agosto 1995 l'ufficio Iva di Treviso notificava alla

«Allevamenti Piave s.a.s.» due avvisi di rettifica, n. 819011/95

e n. 819012/95, per un maggior debito d'imposta, rispettiva

mente, di lire 39.285.000 relativamente all'anno 1989 e di lire

54.752.000 relativamente all'anno 1990.

Avverso tali avvisi proponeva due distinti ricorsi alla Com

missione tributaria di primo grado di Treviso la «Allevamenti

Piave s.a.s.» chiedendo, in via principale, l'annullamento degli

impugnati avvisi di rettifica per violazione ed erronea applica zione dell'art. 34 d.p.r. 633/72 e, in via subordinata, l'inappli cabilità delle sanzioni ai sensi dell'art. 39 bis d.p.r. 636/72.

Con decisione n. 150 in data 30 marzo 1996, la Commissione

tributaria di Treviso, previa loro riunione, respingeva i ricorsi

ritenendo, in buona sostanza, che essendo stato il conferimento

dei bovini escluso dall'Iva, l'Iva applicata sulla vendita del be

stiame medesimo non poteva essere assoggettata a detrazione

forfetizzata in base all'art. 34 d.p.r. 633/72.

Contro la predetta decisione la soccombente proponeva ap

pello deducendo che il sistema di forfetizzazione contenuto nel

l'art. 34 d.p.r. 633/72 prima delle modifiche introdotte dalla

1. 24 dicembre 1993 n. 537 prescinderebbe da qualsiasi legame con il regime Iva degli acquisti in concreto realizzati dal singolo contribuente e che la detrazione ex art. 34 è unitaria e si riferi

sce alle vendite nel loro complesso di beni comunque ricevuti

(tramite conferimento, acquistati con Iva, ovvero acquistati per mantenere e migliorare i beni ricevuti in conferimento).

Suffragava ulteriormente il proprio assunto notando che, so

lo con il comma aggiunto all'art. 34 d.p.r. 633/72 dall'art. 14

1. 24 dicembre 1993 n. 537, a partire dal 1° gennaio 1994 la

detrazione non è forfetizzata per la cessione degli animali vivi

della specie bovina il cui acquisto deriva da atto non assogget tato ad Iva o assoggettato ad Iva detraibile nei modi ordinari.

Chiedeva inoltre, in subordine, l'inapplicabilità delle sanzioni

amministrative per obiettiva incertezza della norma (art. 8 d.leg.

546/92). Il giudice di secondo grado dava atto che l'art. 34, 1° com

ma, d.p.r. 633/72 prevede che per le cessioni di prodotti agrico li e ittici compresi nella prima parte dell'allegata tab. A, effet

zione della disposizione antielusiva contenuta nel precedente comma al

le sole operazioni effettuate a decorrere dal periodo d'imposta che ini

zia successivamente al 30 settembre 1994, ha ipotizzato che il meccani

smo di detrazione forfetario previsto dall'art. 34 d.p.r. 633/72 per i

produttori agricoli non operi nel caso di acquisto di beni e di servizi che siano fuori del campo di applicazione dell'Iva.

In senso critico su tale interpretazione, v. M. Annecchino, ibid., cui si rinvia per riferimenti in dottrina ed in giurisprudenza.

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1851 PARTE PRIMA 1852

tuate da produttori agricoli, la detrazione prevista nell'art. 19

è forfetizzata in misura pari all'importo risultante dalla applica

zione, all'ammontare imponibile delle operazioni stesse, delle

percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del ministro delle finanze di concerto con il mini

stro dell'agricoltura e delle foreste e con il ministro della mari

na mercantile e l'imposta si applica con le aliquote corrispon denti alle percentuali stesse.

La commissione regionale riteneva però che tale norma vada

interpretata in relazione all'art. 19 secondo cui «per la determi

nazione dell'imposta dovuta a norma del 1° comma dell'art.

17, o dell'eccedenza di cui al 2° comma dell'art. 30, è ammesso

in detrazione, dall'ammontare dell'imposta relativa alle opera zioni effettuate, quello dell'imposta assolta o dovuta dal contri

buente o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni

e ai servizi importati o acquistati nell'esercizio dell'impresa, ar

te o professione». E quindi nel caso di specie non essendo stata

assolta l'Iva sull'acquisto la detrazione non era consentita.

La società contribuente ricorre per cassazione deducendo tre

motivi; ed ha anche depositato memoria. Resiste l'amministra

zione con controricorso.

Motivi della decisione. — Il collegio ritiene di dover accoglie re il primo motivo di ricorso con cui si lamenta violazione del

l'art. 34 d.p.r. 633/72.

In effetti, tale norma prevede che per le cessioni di prodotti

agricoli e ittici compresi nella prima parte dell'allegata tab. A, effettuate da produttori agricoli, la detrazione prevista nell'art.

19 è forfetizzata in misura pari all'importo risultante dall'appli

cazione, all'ammontare imponibile delle operazioni stesse, delle

percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del ministro delle finanze e l'imposta si applica con

le aliquote corrispondenti alle percentuali stesse. Dunque con

sente ai produttori agricoli una detrazione Iva forfetaria non

collegata — o comunque non necessariamente collegata — ad

un corrispondente esborso di Iva in sede di acquisto dei fattori

produttivi; ciò sembrerebbe in conseguenza del fatto che il pro dotto agricolo è per la gran parte frutto della terra (solo dal

1° gennaio 1998 il sistema è mutato).

Quindi la norma citata costituisce — contrariamente a quan to ritenuto dal giudice di merito — deroga al principio di cui

all'art. 19 d.p.r. 633/72 che invece collega la detrazione d'im

posta a corrispondenti operazioni di acquisto soggette a imposta. Simile struttura del sistema normativo è confermata dall'art.

14 1. n. 537 del 1993 che ha inserito dopo il primo periodo del 1° comma del citato art. 34 il seguente periodo: «la detra

zione non è forfetizzata per le cessioni degli animali vivi della

specie bovina, compresi gli animali del genere bufalo, e suina

il cui acquisto deriva da atto non assoggettato ad Iva, ovvero da atto assoggettato ad Iva detraibile nei modi ordinari». In

quanto appare evidente che per i prodotti diversi dai bovini e

i suini restava in vigore la detrazione forfetizzata e che per i

bovini e i suini la detrazione era esclusa con norma innovativa, che per espressa disposizione della medesima 1. 537/93 trovava

applicazione solo dal 1° gennaio 1994.

Mentre solo con d.leg. 2 settembre 1997 n. 313 è stabilito, con disposizione applicabile dal 1° gennaio 1998, che la detra zione forfetizzata non compete per le cessioni di prodotti dell'a

gricoltura il cui acquisto derivi da un atto non assoggettato a Iva. Il che costituisce ulteriore conferma che nel regime di cui al testo dell'art. 34 applicabile alla vicenda in esame la detrazio ne forfetizzata era consentita anche nel caso in cui l'atto d'ac

quisto non fosse stato assoggettato ad Iva, ma, come nel caso di specie, ad imposta di registro.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata non spieghi se abbia ritenuto retroattiva la disposizione dell'art. 14 1. n. 537 del 1993.

Il mezzo è assorbito dall'accoglimento del primo motivo; e

comunque non sarebbe stato pertinente perché il giudice di me rito aveva motivato non sulla scorta della 1. 537/93 ma attra verso una sua interpretazione dell'art. 34 d.p.r. 633/72 nel testo anteriore al 1993.

È poi anche ovviamente assorbito il terzo motivo con cui la ricorrente deduce violazione di legge e falsa applicazione del l'art. 8 d.leg. n. 546 del 1992 (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.) lamen tando che la commissione regionale abbia laconicamente affer mato: «non si ravvisano ricorrere gli estremi per la dichiarazio ne di inapplicabilità delle sanzioni ex art. 8 d.leg. 546/92».

È possibile decidere la controversia nel merito.

Il Foro Italiano — 1999.

II

Svolgimento del processo. — La s.r.l. «Le roncole» e la s.r.l.

«Il giardinetto» — imprenditrici agricole — impugnarono gli avvisi di rettifica della dichiarazione per l'anno 1991, con i qua

li, in particolare, era stata rilevata l'indebita detrazione dell'Iva

sulla vendita di bestiame.

Le impugnazioni, riunite ed accolte dalla commissione tribu

taria provinciale, furono invece respinte, con decisione del 17

luglio 1997, dalla commissione tributaria regionale, la quale (in

particolare) affermò l'infondatezza dell'assunto difensivo secondo

il quale le vendite avrebbero dovuto essere assoggettate non al

l'aliquota Iva ordinaria (diciannove per cento) ma a quella di

compensazione (dieci per cento) applicabile ai produttori agri coli in regime speciale in base ai rilievi — che ritenne decisivi

e assorbenti di tutte le questioni prospettate e in particolare di

quella di individuazione della natura (agricola o no) delle azien

de —; che l'art. 19 d.p.r. 633/72 consente la detrazione dell'Iva

in precedenza assolta (direttamente o per rivalsa) dal contri

buente; che il bestiame venduto era stato immesso nelle aziende

mediante «conferimento», il che aveva comportato il pagamen to dell'imposta di registro e non dell'Iva, e pertanto non era

consentito detrarre l'imposta (Iva) che non era stata precedente mente pagata; che la disciplina della detrazione forfetaria previ sta dall'art. 34 del citato decreto (importante che il produttore

agricolo non versi l'Iva) trova conforto nella VI direttiva comu

nitaria (art. 25), la quale prevede che non possano essere otte

nuti, in base ad operazioni di forfetizzazione, rimborsi ecceden

ti gli oneri in precedenza assolti.

Hanno proposto ricorso per cassazione le soccombenti; ha

resistito con controricorso l'amministrazione delle finanze; le

ricorrenti hanno presentato memoria.

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo, denunziandosi

violazione degli art. 19 e 34 d.p.r. 633/72 e 25 direttiva Cee

77/388 del 17 maggio 1977, nonché vizio di motivazione, si de

duce — sulla premessa che per gli imprenditori agricoli il regi me speciale e quello normale (per opzione) sono alternativi e

non consentono interferenze tra loro — che l'applicazione del

l'aliquota ordinaria dell'Iva (diciannove per cento) ha importa to — arbitrariamente — che gli imprenditori agricoli siano stati

considerati imprenditori commerciali, con conseguente illegitti mità del pagamento, da parte degli stessi, di un importo (diffe renza tra Iva forfetizzata e Iva normale) che non avevano ri

scosso e che comunque non avrebbero potuto riscuotere in pre cedenza.

Il motivo è infondato.

La questione da risolvere consiste nello stabilire se, nel caso che in azienda (asserita) agricola venga immesso bestiame me diante «conferimento» dello stesso, operazione questa che im

porta il pagamento dell'imposta di registro ed esclude quindi il pagamento di Iva, sia applicabile, per la successiva vendita

del bestiame stesso da parte dell'azienda, la disciplina agevolati va prevista per il regime speciale dall'art. 34 d.p.r. 633/72.

Al quesito va data risposta negativa. L'art. 19 del citato decreto dispone che «per la determinazio

ne dell'imposta dovuta ... è ammesso in detrazione, dall'am montare dell'imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell'imposta assolta o dovuta dal contribuente o a lui addebita ta a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione».

La norma adunque pone il principio che l'esercente un'im

presa (un'arte o una professione) possa detrarre, dall'ammonta re dell'Iva che egli è tenuto a versare per le cessioni di beni o per le prestazioni di servizi, l'ammontare corrispondente alla medesima imposta che egli ha versato per l'acquisizione dei mezzi necessari allo svolgimento dell'impresa (dell'arte o della profes sione): il diritto alla detrazione cioè postula un precedente pa gamento della medesima imposta alla quale il contribuente de v'essere assoggettato.

E la ratio della previsione potrebbe rinvenirsi nel rilievo che istituzionalmente l'Iva si applica «alle cessioni di beni e presta zioni di servizi» (art. 1 citato decreto), e cioè solo al trasferi mento del prodotto, e pertanto non è dovuta, e quindi può es sere detratta, l'Iva versata per l'acquisizione dei mezzi necessari

per poter porre in essere l'operazione assoggettabile — essa so la: istituzionalmente — ad Iva.

Il successivo art. 34 dispone che «per le cessioni di prodotti agricoli . . . effettuate da produttori agricoli, la detrazione pre

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

vista dall'art. 19 è forfetizzata in misura pari all'importo risul

tante dalla applicazione, all'ammontare imponibile delle opera zioni stesse, delle percentuali di compensazione stabilite, per grup

pi di prodotti, con decreto ... e l'imposta si applica con le

aliquote corrispondenti alle percentuali stesse».

La norma non prevede una speciale detrazione, e cioè una

detrazione fondata su principi diversi da quello ordinario fissa

to nell'art. 19, ma si limita a stabilire una specifica quantifica zione della detrazione stessa.

Essa (norma) difatti, rinviando indiscriminatamente alla «de

trazione prevista dall'art. 19», esplicita l'integrale recepimento del diritto alla detrazione quale previsto in quest'ultima norma, e quindi del presupposto dello stesso: recepisce cioè il principio che dall'Iva da versare si possa detrarre «solo» l'Iva in prece denza versata.

Già a questa stregua il ricorso è infondato perché nella specie non era stata in precedenza versata l'Iva e pertanto manca —

perché non realizzato — il presupposto del diritto alla detrazione.

Né potrebbe condividersi l'assunto che questa spetti comun

que mediante l'attuazione del procedimento previsto dall'art. 34.

Tale interpretazione della norma conferirebbe a questa la por tata di attribuzione, a colui il quale abbia scelto il regime spe

ciale, del beneficio di imposta ridotta «in ogni caso»: e cioè

anche in difetto di ricorrenza del presupposto fondamentale del

diritto alla detrazione, consistente nel precedente pagamento di

Iva.

Ma siffatta interpretazione non solo non trova supporto lessi

cale o logico nella norma, ma, concretando deroga al regime fondamentale ordinario della detrazione, avrebbe indubbiamen

te necessitato di specifica esplicitazione. Né potrebbe ritenersi che l'interpretazione (invece) adottata

sarebbe non corretta perché importerebbe l'applicazione del re

gime ordinario in luogo di quello speciale scelto, applicazione

questa che sarebbe preclusa dall'alternatività tra i due regimi. L'alternatività difatti preclude la contemporanea applicazio

ne delle due diverse discipline ma non preclude che «determina

te» operazioni, in quanto non assoggettabili — per loro specifi ca connotazione — alla scelta disciplina speciale, soggiacciano a quella ordinaria.

Il ricorso dev'essere pertanto respinto.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 2 marzo

1999, n. 1726; Pres. Vessia, Est. Milani, P.M. Ceniccola

(conci, diff.); Soc. Presse Ross (Aw. Punzi, Panzarini) c.

Floriani e altri. Regolamento di competenza.

Competenza civile — Società — Amministratori — Azione di

responsabilità — Competenza del tribunale (Cod. civ., art.

2392, 2393; cod. proc. civ., art. 409, 413).

Pur dovendo, in via di principio, ritenersi assoggettabile al rito

del lavoro il rapporto tra società di capitali ed amministrato

re, rientra nella competenza del tribunale l'azione di respon

sabilità promossa contro l'amministratore unico o quello de

legato. (1)

(1) I giudici di legittimità, senza sconfessare l'autorità del precedente costituito da Cass., sez. un., 14 dicembre 1994, n. 10680, Foro it., 1995,

I, 1486, che, sul presupposto dell'attribuita qualifica di parasubordina zione al rapporto intercorrente fra società e amministratori, aveva rite

nuto assegnata alla competenza del pretore quale giudice del lavoro

la controversia tra amministratori e società di capitali per il rimborso

delle spese sostenute, meglio ne precisano la portata affermando che

resta comunque di competenza del tribunale ordinario l'azione di re

sponsabilità promossa dalla società nei confronti degli amministratori.

Per quanto attiene alla conferma dell'indirizzo per il quale il rappor to fra amministratore (purché non sia unico o delegato dal consiglio) e società va considerato di parasubordinazione, la pronuncia si confor

II Foro Italiano — 1999.

Svolgimento del processo. — Con atti di citazione notificati

il 17 maggio 1991 la Presse Ross s.p.a. promuoveva dinanzi

al Tribunale di Milano azione sociale di responsabilità nei con

fronti degli amministratori Paolo Floriani, Virgilio Floriani ed Ettore Meneghetti.

Con sentenza 24 marzo 1994 il Tribunale di Milano condan

nava i convenuti al pagamento, a titolo di risarcimento danni, della somma di lire 667.249.000, oltre accessori.

In secondo grado la Corte d'appello di Milano dichiarava,

con sentenza 8-29 luglio 1997, l'incompetenza del tribunale, per essere competente per materia il pretore in funzione di giudice del lavoro. Osservava la corte territoriale che, in armonia con

quanto stabilito dalle sezioni unite di questa corte con la sent.

10680/94 (Foro it., 1995, I, 1486), il rapporto tra una società

di capitali ed i suoi amministratori, avendo carattere continuati

vo, prevalentemente personale, e coordinato con l'organizzazio ne dell'impresa societaria, era inquadrabile nell'ambito del rap

porto di lavoro parasubordinato, soggetto al rito del lavoro ai

sensi dell'art. 409, n. 3, c.p.c. A tale rito era quindi soggetta l'azione degli amministratori nei confronti della società, per ot

tenere i compensi loro spettanti per l'attività gestionale svolta,

e, conseguentemente, anche l'azione di responsabilità promossa dalla società nei confronti degli amministratori, speculare ri

spetto alla prima. Contro tale sentenza la Presse Ross s.p.a. ha proposto istan

za di regolamento di competenza. Nelle conclusioni scritte 11 maggio 1998 il p.m. ha chiesto

ma anche a Cass. 29 maggio 1998, n. 5352, id., Mass., 601; 29 gennaio 1998, n. 894, ibid., 95; 13 giugno 1996, n. 5418, id., Rep. 1997, voce

Società, n. 665; 27 maggio 1995, n. 5976, id., Rep. 1996, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 74.

Per ciò che riguarda, invece, il profilo della competenza visto dal

l'angolo di visuale dell'azione di responsabilità sociale, la decisione ap pare in linea con Trib. Roma 3 giugno 1996, id., 1996, I, 3205, con osservazioni di Rordorf, secondo la quale le controversie in tema di

responsabilità degli amministratori nei confronti della società di capitali da essi amministrata non sono attratte nella competenza del pretore quale giudice del lavoro, rientrando invece nella competenza del giudice ordinario; Trib. Roma è riprodotta anche in Società, 1996, 1193, con nota di Bona vera, Controversie tra società ed amministratori: a quale giudice la competenza?

In senso opposto, cfr., resa nella vicenda di cui alla sentenza in epi

grafe, App. Milano 29 giugno 1997, Corriere giur., 1998, 175, con nota critica di Consolo, Quale competenza (ordinaria o laburistica) sulle azioni sociali di responsabilità?

L'odierna sentenza giustifica la scelta del tribunale ordinario per l'im

patto dovuto ad alcune espresse disposizioni normative: a) l'art. 88 1.

353/90, laddove modificandosi l'art. 48 ord. giud., si prevede la riserva di collegialità per le azioni di responsabilità da chiunque promosse con tro gli amministratori; b) l'art. 3 1. 95/79, in tema di azione di respon sabilità nell'ambito dell'amministrazione straordinaria; c) l'art. 2 1.

430/86, in tema di azione di responsabilità nell'ambito della liquidazio ne coatta amministrativa delle società fiduciarie.

Va osservato che, quanto alla prima, la previsione normativa non

poteva essere applicata alla fattispecie, visto che la controversia era sta

ta radicata prima dell'entrata in vigore della novella del codice di rito.

Quanto alla seconda e alla terza, il richiamo poteva essere equivoco visto che l'attribuzione della competenza al tribunale era bilanciata dal

la previsione dell'assoggettamento della controversia al rito del lavoro.

I giudici di appello avevano invece osservato come le tre invocate

disposizioni di legge non potevano essere sopravvalutate, in quanto pre

supponevano l'interpretazione giurisprudenziale prevalente dell'epoca, interpretazione sovvertita da Cass. 10680/94, cit.

A parte la perplessità suscitata dalla scelta di reputare una norma

di legge abrogata perché fondata su un orientamento giurisprudenziale poi modificatosi, non v'è dubbio che l'argomento è destinato ad essere

superato dalla tenaglia normativa rappresentata dal nuovo art. 50 bis

c.p.c., introdotto dal d.leg. 19 febbraio 1998 n. 51 (istituzione del giu dice unico), che ha espressamente ribadito che le azioni di responsabili tà spettano alla competenza del tribunale che deve decidere con compo sizione collegiale e dall'art. 144 ter disp. att. c.p.c., che ha espressa mente escluso dalle controversie spettanti al giudice del lavoro quelle inerenti ad azioni di responsabilità contro gli amministratori.

Per il futuro tutto si è chiarito, per il passato, l'opzione preferita da

Cass. 1726/99 dovrebbe essere supportata da qualche ulteriore puntello; in particolare, si dovrebbe segnalare l'importanza di evitare la disarmo

nia fra l'attribuzione dell'azione di responsabilità della società alla com

petenza del giudice del lavoro e l'attribuzione dell'azione di responsabi lità dei creditori sociali alla competenza del tribunale ordinario, specie una volta riconosciuta l'autonomia della seconda; cfr. Cass. 22 ottobre

1998, n. 10488, in questo fascicolo, I, 1967. [M. Fabiani]

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