sezione I civile; sentenza 6 novembre 2006, n. 23668; Pres. Luccioli, Est. San Giorgio, P.M. Golia(concl. conf.); S. (Avv. Sguanci) c. N. Conferma App. Napoli, decr. 6 maggio 2003Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 12 (DICEMBRE 2006), pp. 3331/3332-3333/3334Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201784 .
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PARTE PRIMA
sta per il reato contestato o ritenuto in sentenza e, dall'altro, alla
concreta dinamica del processo e alle diverse fasi in cui esso si
articola. Unitamente al principio di adeguatezza, il criterio di
proporzionalità tra la gravità della pena prevista per il reato e la
durata della custodia lungo l'intiero corso del procedimento
ispira l'esigenza di assicurare un ragionevole limite di durata
della custodia cautelare in relazione alla sua durata complessiva e alle singole fasi del processo.
Processo e fatto di reato sono infatti termini inscindibili del
binomio al quale va sempre parametrata la disciplina della cu
stodia cautelare e ad entrambi deve sempre essere ancorata la
problematica dei termini entro i quali la durata delle misure li
mitative della libertà personale può dirsi proporzionata e, quin di, ragionevole: tra l'altro, in conformità ai valori espressi dal
l'art. 5, par. 3, della convenzione europea dei diritti dell'uomo,
secondo l'interpretazione datane dalla corte di Strasburgo. Nel
sistema attuale, la durata ragionevole è, appunto, assicurata an
che dai termini massimi di fase, in quanto proporzionati all'ef
fettiva evoluzione della situazione processuale dell'imputato.
Infine, proporzionalità e ragionevolezza stanno alla base del
principio secondo cui, in ossequio al favor libertatis che ispira l'art. 13 Cost., deve comunque essere scelta la soluzione che
comporta il minor sacrificio della libertà personale. La tutela della libertà personale che si realizza attraverso i li
miti massimi di custodia voluti dall'art. 13, 5° comma. Cost, è
quindi un valore unitario e indivisibile, che non può subire de
roghe o eccezioni riferite a particolari e contingenti vicende
processuali, ovvero desunte da una ricostruzione dell'attuale si
stema processuale che non consenta di tenere conto, ai fini della
garanzia del termine massimo finale di fase, dei periodi di cu
stodia cautelare «comunque» sofferti nel corso del procedi mento.
8. - Sulla base di tali principi, ai quali questa corte si è co
stantemente richiamata per interpretare la disciplina censurata in
modo conforme a Costituzione, e preso atto che si è formato un
diritto vivente incompatibile con l'interpretazione sinora soste
nuta, la corte stessa non può che dichiarare l'illegittimità costi
tuzionale dell'art. 303, 2° comma, c.p.p. per contrasto con gli art. 3 e 13 Cost.
La disciplina impugnata è infatti lesiva di tali parametri co
stituzionali nella parte in cui non consente che i periodi di cu
stodia cautelare derivanti da errores in indicando o in proce dendo che hanno comportato la regressione del procedimento, sofferti in momenti processuali diversi dalla fase o dal grado in
cui il procedimento è regredito, siano computati ai fini dei ter
mini massimi di fase determinati dall'art. 304, 6° comma, c.p.p. Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di
chiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 303, 2° comma,
c.p.p., nella parte in cui non consente di computare ai fini dei
termini massimi di fase determinati dall'art. 304, 6° comma,
stesso codice, i periodi di custodia cautelare sofferti in fasi o in
gradi diversi dalla fase o dal grado in cui il procedimento è re
gredito.
Il Foro Italiano — 2006.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 6 no
vembre 2006, n. 23668; Pres. Luccioli, Est. San Giorgio.
P.M. Golia (conci, conf.); S. (Avv. Sguanci) c. N. Conferma
App. Napoli, decr. 6 maggio 2003.
CORTE DI CASSAZIONE;
Separazione di coniugi —
Assegno di mantenimento — Or
dine di pagamento diretto — Presupposti (Cod. civ., art.
156).
In tema di separazione personale dei coniugi, l'ordine ai terzi,
tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al
coniuge obbligato all'erogazione dell'assegno di manteni
mento, ed inadempiente, di versarne una parte direttamente
agli aventi diritto, presuppone l'accertamento, da parte del
giudice, dell'inadempimento, mentre non deve tenersi conto
delle esigenze dell'obbligato medesimo. (1)
Svolgimento del processo. — 1. - Il Tribunale di Torre An
nunziata, in accoglimento del ricorso proposto da M.R.N., di
spose la modifica delle condizioni della separazione consen
suale della stessa dal marito G.S., risalente al mese di ottobre
2001, ordinando al ministero dell'economia e delle finanze,
erogatore dello stipendio percepito da quest'ultimo, di versare
direttamente alla ricorrente l'importo dell'assegno mensile di
euro 568,10, dovutole dal coniuge. 2. - Questi propose reclamo alla Corte d'appello di Napoli,
deducendo, per quanto rileva nella presente sede, di non essersi
reso inadempiente rispetto all'obbligazione avente ad oggetto il
versamento del predetto assegno in favore della moglie, essendo
incorso solo in qualche occasionale ritardo nel pagamento a
mezzo di vaglia postale. 3. - La corte adita, con decreto depositato il 6 maggio 2003,
rilevato che la mancanza di puntualità e regolarità nell'esecu
zione dei pagamenti in questione, emergente dalle ricevute dei
vaglia postali, induceva a condividere i dubbi avanzati dal tri
bunale circa la regolarità dei versamenti futuri, e che ben pote vano i reiterati ritardi o inadempimenti anche parziali essere po sti a base dell'esercizio, ex art. 156, 6° comma, c.c., del potere di ordinare il versamento diretto dell'assegno all'avente diritto
da parte del datore di lavoro del coniuge obbligato, non richie
dendo la predetta norma la gravità dell'inadempimento, confer
mò la decisione del tribunale.
4. - Avverso tale decreto ricorre per cassazione il S.. sulla ba
se di due motivi. L'intimata non si è costituita nel giudizio. Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo di ricorso,
(1) La sentenza in rassegna, che ha avuto riscontro anche nei me
dia, è di rilievo perché attiene ad un istituto proprio della separazione, l'ordine ex art. 156, 6° comma, c.c., di pagamento diretto dell'assegno di mantenimento da parte dei terzi tenuti al versamento di somme al
coniuge obbligato (in genere il datore di lavoro), su cui raramente la Cassazione ha avuto occasione di pronunciarsi.
Cass. 23668/06 sottolinea la funzione dell'istituto, che è volto a tu telare i beneficiari dell'assegno di mantenimento (coniuge, figli) a fronte dell'inadempimento del coniuge obbligato. Pertanto il giudice —
nello statuire sull'adozione della misura — deve valutare esclusiva mente la sussistenza dell'inadempimento, che può essere anche parziale o risolversi in ritardi nel versamento (come nella vicenda decisa dal
provvedimento confermato dalla corte) e non certo le ragioni dell'ob
bligato, quindi dell'inadempimento stesso. La sentenza ribadisce — ma a livello di obiter, richiamando prece
dente giurisprudenza — che l'ordine di pagamento diretto può riguar dare l'intero importo dell'assegno, e non solo una parte, ovviamente nei limiti dell'obbligazione del terzo.
Cfr. Cass. 27 gennaio 2004, n. 1398, Foro it., 2004,1, 2811, secondo cui l'istituto in oggetto non è assoggettato ai limiti previsti dall'art. 8. 6° comma, 1. div., nonché ai limiti di pignorabilità e di sequestrabilità dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni; cfr. anche Cass. 21 di cembre 2004. n. 23713, id., Rep. 2005. voce Separazione di coniugi, n. 151 (per esteso, Famiglia e dir., 2005, 247, con osservazioni di Figo
ne), che ha dichiarato «inammissibile il ricorso straordinario per cassa zione ex art. 111 Cost, avverso il provvedimento della corte d'appello, con cui sia stata dichiarata inapplicabile al coniuge, separato solo di fatto, la previsione dell'art. 156, 6° comma, c.c., circa il pagamento di retto dell'assegno di mantenimento».
Per ulteriori riferimenti giurisprudenziali e dottrinali, anche con rife rimento al diverso regime operante per il divorzio, v. la nota a Cass.
1398/04, cit., cui adde Casaburi, Le misure patrimoniali «provvisorie» nella separazione, net divorzio, e nella crisi «di fatto» della famiglia, in Dir. famiglia, 2003, 1066.
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G [UR IS PRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
si deduce violazione ed erronea applicazione dell'art. 156, 6°
comma, c.c. La formulazione dell'invocata disposizione codici
stica lascerebbe intendere, secondo il ricorrente, che l'imposi zione dell'ordine di pagamento da parte di terzi dell'importo
dell'assegno di mantenimento debba essere oggetto di prudente
apprezzamento del giudice, il quale non potrebbe prescindere, nella valutazione circa l'opportunità dell'emissione di tale ordi
ne, dalla comparazione tra le ragioni della richiesta da parte del
l'avente diritto e quelle del ritardo nell'adempimento. La corte
di merito non avrebbe affatto compiuto una siffatta valutazione,
limitandosi ad affermare l'irregolarità dell'adempimento e ad
avanzare dubbi sull'esattezza e puntualità dei futuri versamenti
sulla sola base del ritardo nella corresponsione di alcune mensi
lità. 2. - Con il secondo motivo, si lamenta omessa ed insuffi
ciente motivazione circa un punto decisivo della controversia.
La corte territoriale avrebbe omesso ogni considerazione in or
dine agli impegni già assunti dal S. con terzi ed all'elemento
psicologico della condotta dello stesso, limitandosi, al fine di
valutare l'opportunità dell'applicazione della disposizione del
l'art. 156, 6° comma, c.c., alla verifica della puntualità dei pa
gamenti, senza neanche considerare che l'ulteriore costrizione
cui il ricorrente era stato sottoposto finiva per pregiudicare un
rapporto coniugale che non era cessato per effetto della sola se
parazione. 3.-1 motivi, che, in quanto collegati da un'intima connessio
ne logica, vanno esaminati congiuntamente, non sono meritevoli
di accoglimento. 4.1. - L'art. 156, 6° comma, c.c. attribuisce al giudice la pos
sibilità, oltre che di disporre il sequestro di parte dei beni del
coniuge obbligato, di ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere, anche periodicamente, somme di denaro all'obbligato, che una
parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto.
Questa corte ha, al riguardo, rilevato che la richiamata dispo sizione dev'essere interpretata non già nel senso che un tale or
dine debba indefettibilmente avere ad oggetto solo una parte delle somme dovute dal terzo, quale che in concreto ne sia la
misura e quale che, in concreto, sia l'importo dell'assegno di
mantenimento, bensì nel senso (ed in armonia con il più ampio «blocco» normativo costituito, in subiecta materia, dagli art.
148 ss. c.c.. dall'art. 8 1. div., dagli art. 3 e 30 Cost.) che il giu dice possa legittimamente disporre il pagamento diretto dell'in
tera somma dovuta dal terzo, quando questa non ecceda, ma an
zi realizzi pienamente, l'assetto economico determinato in sede
di separazione con la statuizione che, in concreto, ha quantifi cato il diritto del coniuge beneficiario (Cass. n. 12204 del 1998,
Foro it:, Rep. 1999, voce Separazione di coniugi, n. 95). Il quadro esegetico si completa con l'affermazione — riferita
da questa corte all'altra ipotesi prevista dallo stesso art. 156, 6°
comma, c.c., quella del sequestro di beni dell'obbligato, ma ap
plicabile anche a quella che ne occupa, accomunata alla prima nella formulazione della norma e nella finalità, ad entrambe le
ipotesi sottesa, dell'assicurazione dell'adempimento dell'obbli
gazione concernente la corresponsione dell'assegno di mante
nimento in favore del coniuge avente diritto — della subordina
zione della facoltà del giudice di ordinare la misura di cui si
tratta all'inadempimento dell'obbligato, ma non anche alla gra vità dello stesso o all'intento di eludere l'obbligo (Cass. n. 4861
del 1989, id.. Rep. 1989, voce cit., n. 68). 4.2. - La richiamata esegesi del disposto dell'art. 156, 6°
comma, c.c., porta a negare ogni fondamento all'ipotesi erme
neutica avanzata dal ricorrente, secondo il quale l'esercizio del
potere discrezionale del giudice di ordinare a terzi il versamento
diretto all'avente diritto di somme di denaro che costoro siano
tenuti a corrispondere all'obbligato postulerebbe la compara zione tra le ragioni della richiesta in tal senso avanzata dall'a
vente diritto a quelle dell'inadempimento. In realtà, il prudente apprezzamento del giudice va esercitato
con riguardo alla valutazione dell'idoneità dei comportamenti
dell'obbligato a frustrare la finalità dell'assegno di manteni
mento. e non, invece, alla considerazione delle esigenze del
l'obbligato. 4.3. - Nella specie, la corte partenopea ha fornito un'esaustiva
motivazione delle ragioni della ritenuta correttezza dell'uso da
parte del Tribunale di Torre Annunziata del potere attribuito al
giudice dal ricordato art. 156, 6° comma, c.c. Al riguardo, essa
ha analiticamente, e puntigliosamente, ricostruito, attraverso la
Il Foro Italiano — 2006.
documentazione esistente agli atti, le modalità dei pagamenti ef
fettuati dal S. alla N., rilevando che era stato omesso il versa
mento relativo al mese di novembre 2001. peraltro recuperato con doppio versamento nel successivo mese di dicembre, e che
era poi stata versata una somma inferiore a quella dovuta nei
mesi di gennaio e febbraio 2002, con parziale recupero nel suc
cessivo mese di marzo; e, ancora, che era stato versato meno del
dovuto nei mesi di maggio, giugno e luglio, con recupero solo
parziale con un versamento nel mese di agosto, un altro, di im
porto maggiore, nel mese di ottobre, ed un altro modesto versa
mento nel mese di novembre, sicché' complessivamente nei tre
dici mesi dall'ottobre 2002, nel quale era stato eseguito il pri mo, all'ottobre 2003, a fronte di versamenti dovuti per euro
7.385,30, erano stati versati solo euro 6.456,30. La corte ha poi osservato che, successivamente, essendo ma
turata la prima rivalutazione dell'assegno (passato, quindi, ad
euro 582,30), il S. non solo aveva omesso di provvedere al ver
samento delle somme non corrisposte per l'anno precedente, ma
aveva anche cominciato ad eseguire, peraltro con cadenza inco
stante, versamenti di entità variabile (euro 600 nel mese di di
cembre, euro 560 nel mese di gennaio 2003, euro 600 nel suc
cessivo mese di febbraio, euro 560 nel mese di marzo).
Dagli indicati elementi la corte territoriale ha, con apprezza mento insindacabile nella presente sede di legittimità siccome
congruamente e logicamente motivato, tratto il convincimento
della condivisibilità di quei dubbi circa l'esattezza e regolarità del futuro adempimento dell'obbligazione a carico del S., che
avevano indotto il Tribunale di Torre Annunziata ad adottare la
misura contestata.
5. - In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 22
settembre 2006, n. 20526; Pres. Favara, Est. Cicala, P.M.
Gambardella (conci, diff.); Min. economia e finanze e altra
(Avv. dello Stato) c. Soc. F.lli Santonocito e altri. Conferma Comm. trib. reg. Sicilia 20 settembre 2003.
Riscossione delle imposte e delle entrate dello Stato e degli enti pubblici
— Annullamento dell'atto impositivo — Ri
scossione provvisoria — Esclusione (D.leg. 31 dicembre
1992 n. 546, disposizioni sul processo tributario in attuazione
della delega al governo contenuta nell'art. 30 1. 30 dicembre
1991 n. 413, art. 68). Contabilità e bilancio dello Stato — Credito erariale fondato
su atto impositivo annullato — Fermo amministrativo del
credito del contribuente — Illegittimità (R.d. 18 novembre
1923 n. 2440, nuove disposizioni sull'amministrazione del
patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato, art. 69;
d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, art. 68).
L'ufficio finanziario non può procedere alla riscossione del de
bito di imposta qualora l'atto impositivo sia stato annullato
dal giudice tributario, anche se la sentenza non è passata in
giudicato. (1) È illegittimo il fermo amministrativo di un credito d'imposta
(1) Conf. Cass. 2 luglio 2003, n. 10436, Foro it., Rep. 2004, voce Ri
scossione delle imposte, n. 214, e Riv. dir. trib.. 2004, II, 274, con nota
di Randazzo, secondo cui l'amministrazione finanziaria non può notifi
care un'ingiunzione fiscale nei confronti del contribuente, quando il
giudice tributario, davanti al quale sia stato portato l'esame del titolo
sottostante l'ingiunzione, l'abbia posto nel nulla, quand'anche con
sentenza non ancora passata in giudicato. Nella giurisprudenza tributaria, v. Comm. trib. centrale 9 luglio
2002, n. 5752, Foro it.. Rep. 2002, voce cit., n. 161, ad avviso della
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