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Sezione I civile; sentenza 7 agosto 1959, n. 2489; Pres. Torrente P., Est. Giannattasio, P. M....

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Sezione I civile; sentenza 7 agosto 1959, n. 2489; Pres. Torrente P., Est. Giannattasio, P. M. Tavolaro (concl. conf.); Soc. Imbottigliamento bevande (Avv. Silingardi, De Longhi) c. Pierallini e Manicardi (Avv. Storoni, Roncaglia, Gaudenzi) Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 5 (1960), pp. 805/806-809/810 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23174920 . Accessed: 28/06/2014 18:32 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.103 on Sat, 28 Jun 2014 18:32:19 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 7 agosto 1959, n. 2489; Pres. Torrente P., Est. Giannattasio, P. M.Tavolaro (concl. conf.); Soc. Imbottigliamento bevande (Avv. Silingardi, De Longhi) c. Pierallinie Manicardi (Avv. Storoni, Roncaglia, Gaudenzi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 5 (1960), pp. 805/806-809/810Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174920 .

Accessed: 28/06/2014 18:32

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805 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 806

Basta solo per poco soffermarsi sul disposto del 3° comma dell'art. 2393 cod. civ., che fa esplicito riferimento ad amministratori contro cui è proposta (ossia deliberata) l'azione sociale di responsabilità, per convincersi che tale

limitata previsione implica ovviamente che il relativo

giudizio non debba essere autorizzato dall'assemblea ne

cessariamente contro tutti, ma lo possa essere invece con

tro taluno o taluni soltanto degli amministratori medesimi, in quanto ritenuti i principali se non unici colpevoli del

danno arrecato all'ente. La quale possibilità di scelta rimane

poi confermata anche per altro verso. Perchè se non si

dubita che gli amministratori sono ex lege solidalmente

responsabili verso la società dell'inadempimento dei doveri

che fanno capo all'ufficio, consegue evidentemente che

debba affermarsi, alla stessa guisa di quanto avviene ogni

qualvolta trattasi di responsabilità solidale, il buon diritto

del creditore, ossia della società, di potere ottenere indiffe

rentemente da ciascuno dei condebitori, e per l'intero, il

debito risarcitorio.

Posto, pertanto, il principio, esattamente richiamato

dai Giudici di merito, che l'assemblea di una società per

azioni, nel suo insindacabile apprezzamento, può scegliere, tra gli amministratori, quali responsabili solidali, colui o

coloro contro i quali ritiene più conveniente esercitare

l'azione sociale di responsabilità, vengono a cadere tutti gli altri argomenti addotti dal Romana a sostegno delle pro

poste censure, di cui innanzi si è fatto cenno. In effetti, che solo la società sia legittimata a provocare l'accertamento

di una responsabilità, ex art. 2393, degli amministratori

verso la società stessa, è principio non discutibile, in quanto è ben noto che tale responsabilità sussiste unicamente nei

confronti dell'ente, e soltanto da questo può essere fatta

valere a mezzo dei suoi organi. Accertato quindi dalla Corte di merito che l'assemblea

della Soc. Nitens aveva, con la deliberazione adottata,

nelle forme di legge, autorizzato l'azione di responsabilità contro esso Romana, a ragione detta Corte ha sottolineato

che con tale delibera veniva implicitamente disattesa la

richiesta del Romana fatta in seno all'assemblea per la

estensione dell'azione di responsabilità agli altri ammini

stratori.

Nè poi è argomento consistente quello secondo cui, una

volta promosso il giudizio dalla società contro taluno o

taluni soltanto degli amministratori incolpati, a costoro

verrebbe preclusa l'azione di regresso, non essendo ad essi

consentito di promuovere l'accertamento della responsa bilità degli altri amministratori. Si trascura qui di consi

derare che l'azione di regresso è azione individuale (e non

sociale), per cui nell'ambito dei rapporti interni tra essi

condebitori deve essere consentito l'accertamento del grado di responsabilità di ciascuno (arg. art. 2055), e quindi è

da ritenere che l'amministratore condannato, il quale ab

bia pagato il debito, ha sicuramente il diritto di rivalersi

nei confronti degli altri secondo i comuni principi che. rego

lano il regresso nella responsabilità solidale.

Il primo ed il secondo mezzo del ricorso principale devono

essere quindi respinti. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile; sentenza 7 agosto 1959, 11. 2489; Pres.

Torrente P., Est. Giannattasio, P. M. Tavolaho

(conci, conf.) ; Soc. Imbottigliamento bevande (Avv.

Silingardi, De Longhi) c. Pierallini e Manicardi

(Avv. Sxoroni, Roncaglia, Gaudenzi).

(Conferma App. Bologna 16 aprile 1958)

Società — Società a responsabilità limitata — Socio

dissenziente -—Nozione (Cod. civ., art. 2486, 2377).

Società — Società a responsabilità limitata-— Conflitto

d'interessi — « Quorum » costitutivo e « quorum »

deliberativo (Cod. civ., art. 2486, 2373).

Per socio dissenziente deve intendersi quello che non ha concorso

col suo voto alla formazione di volontà dell'assemblea ;

pertanto è tale colui che abbia votato in favore di una

proposta, che erroneamente è dichiarata non approvata. (1) La distinzione tra quorum costitutivo e quorum deliberativo

ex art. 2373 è applicabile anche alle società a responsa bilità limitata, che possono pertanto deliberare anche

senza che si raggiunga il voto favorevole della maggio ranza del capitale sociale. (2)

La Corte, ecc. — Con il primo motivo la Società ricor

rente denuncia violazione e falsa applicazione degli art.

2486 e 2487 cod. civ. e delle norme ivi richiamate, dell'art.

2907 cod. civ. e degli art. 99, 100, 112, 113, 157, 163, 164,

276, 342, 349 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, nn. 3

e 5. Premesso che gli attori avevano chiesto, in via prin

cipale, la dichiarazione di validità della deliberazione assembleare e, conseguentemente, quella di nullità della

deliberazione del consiglio d'amministrazione, e, in subordine, la nullità di entrambe le deliberazioni, si eccepisce : a) che

avendo Pierallini e Manicardi richiesto non l'annullamento

di una deliberazione, ma l'accertamento positivo della

validità dell'approvazione della proposta all'ordine del

giorno dell'assemblea (dichiarazione d'illegittimità della

deliberazione consiliare), essi erano carenti di legittimazione ad impugnare le deliberazioni, non essendo soci dissenzienti;

6) che tra la richiesta principale di accertamento positivo di approvazione della proposta all'ordine del giorno e quella subordinata d'annullamento sia della delibera assembleare

sia di quella consiliare, v'è una manifesta contraddizione ;

c) che in ordine alla domanda subordinata di annullamento

della delibera consiliare gli attuali resistenti erano carenti

di legittimazione attiva e comunque decaduti dall'impugna zione ; d) che la Corte di merito ha confuso attribuendo

tali eccezioni di carenza di legittimazione e di decadenza

alla domanda principale, e non a quella subordinata, per la quale erano state proposte.

Tali censure non sono fondate. La legittimazione alla

azione di annullamento della deliberazione assembleare

(art. 2377 cod. civ.) spetta ai soci assenti o dissenzienti

(1) Sul concetto di socio dissenziente la giurisprudenza è

scarsa ; nello stesso senso della sentenza annotata vedi la sen

tenza confermata App. Bologna 16 aprile 1958, Foro it., Rep.

1958, voce Società, n. 370 ; nel senso che il socio astenuto per conflitto di interessi sia legittimato all'impugnativa ex art. 2377,

v. Trib. Firenze 20 febbraio 1958, ibid., n. 371 ; infine il socio

allontanatosi dall'assemblea prima della sua regolare costitu

zione è stato considerato assente dal Tribunale di Venezia 18

maggio 1959, id., 1959, I, 1784, con nota di richiami. Adde in

dottrina Trimarchi, Titolarità del diritto di impugnare le deli

berazioni assembleari (in Riv. società, 1957, 68), che ritiene il

socio astenuto legittimato ad impugnare le deliberazioni assem

bleari, e Schermi, Esito della votazione e calcolo della maggioranza nelle assemblee delle società per azioni e a responsabilità limitata

(in Giust. civ., 1959, I, 2129) che, commentando la presente sen

tenza, concorda nel risultato, dissentendone però nella motiva

zione.

(2) Precedenti specifici sono solo le due sentenze di primo e

secondo grado ; quest'ultima confermata dalla sentenza riportata

App. Bologna 16 aprile 1958, Foro it., Rep. 1958, voce Società, nn. 361, 362 ; quella difforme di primo grado è Trib. Modena 21

maggio 1957, id., Rep. 1957, voce cit., n. 370, pubblicata con

nota critica di Minervini, Questioni in tema di computo della

maggioranza assembleare e di determinazione della remunerazione

degli amministratori « investiti di particolari cariche », in Banca,

borsa, ecc., 1957, II, 302. In dottrina v. altresì Schermi, op. cit., che concorda con la soluzione accolta dalla Cassazione.

In tema di maggioranza richiesta per la deliberazione del

l'azione di responsabilità contro l'amministratore socio, astenuto

quindi per conflitto d'interessi, vedi Cass. 23 gennaio 1957,

n. 201, Foro it., 1957, I, 218, con nota di richiami.

Per riferimenti in tema d'interesse sociale e conflitto d'inte

ressi, vedi Cass. 25 ottobre 1958, n. 3471 e 20 giugno 1958, n. 2148,

id., 1959, I, 1150, con nota di richiami. Adde in dottrina Greco,

Le società nel sistema legislativo italiano, Torino, 1959, pag. 240 e

segg. ; Graziavi, Diritto delle società, Napoli, 1960, pag. 328, che

aderiscono alla dottrina dominante dell'interesse sociale come

interesse comune dei soci.

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PARTE PRIMA

(oltre che agli amministratori ed ai sindaci) intendendosi

per dissenziente il socio che, con il suo voto, non ha concorso

alla formazione della volontà sociale. Di regola socio dissen

ziente è colui che ha espresso voto contrario alla delibera

zione addotta, ma, se, per errore del presidente dell'assem

blea o per un inesatto calcolo delle maggioranze richieste, viene dichiarata approvata una proposta che deve ritenersi

respinta o, invece, viene dichiarata non approvata una

proposta a favore della quale si è pronunciata la maggioranza

legale, il socio, che si dolga dell'erronea proclamazione di risultato e miri a fare accertare che l'esito della votazione

è stato diverso, è da considerarsi dissenziente, agli effetti

dell'impugnazione, ed abilitato ad essa, giacché questa non è

necessariamente subordinata ad una manifestazione di

aperto dissenso, ma semplicemente al presupposto negativo di non avere comunque il socio partecipato, con la propria

volontà, alla formazione della deliberazione nei termini

apparenti o reali, che risultano dalla proclamazione avve

nuta in assemblea e verbalizzata.

Secondariamente, sono perfettamente proponibili, in via

gradatamente subordinata l'una all'altra, diverse istanze, anche se di contenuto inconciliabile, poiché, in tal caso, non viene proposto l'accoglimento simultaneo di due o

più conclusioni incompatibili fra loro, ma la parte chiede

che il giudice adotti la soluzione meno favorevole per essa

parte '(istanza subordinata), solo nel caso in cui ritenga di dovere respingere l'istanza più favorevole avanzata

in via principale. Si ha in tal caso quella varietà di domande

che condiziona, con carattere di inderogabilità, l'ordine

delle questioni ; e, salvo che la parte non abbia proposto alternativamente due capi di domanda, deve il giudice esaminare prima la soluzione più favorevole, e la meno

favorevole soltanto nel caso di reiezione dell'altra.

In terzo luogo, anche se la Corte di merito non avesse tenuto contò che le eccezioni di difetto di legittimazione attiva e di decadenza dall'azione (esempio tipico di con clusioni incompatibili) attenevano alla istanza subordinata invece che a quella principale, dal momento che il Giudice ha accolto la domanda principale senza scendere all'esame di quella gradata, la ricorrente difetta d'interesse a rilevare

pretesi errori giuridici od omissioni di pronuncia che, anche se fossero rispondenti al vero, mai potrebbero condurre alla rescissione della sentenza impugnata.

Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli art. 1394, 2375, 2351, 2366. 2368.

2369, 2373, 2377, 2448, 2472, 2484, 2485, 2486, 2487, 2475 cod. civ., nonché delle norme di legge in questi due ultimi articoli richiamate, in relazione all'art. 360, nn. 3, 5, cod.

proc. civile. Si sostiene che l'art. 2373, ult. comma, cod. civ. non crea, a proposito del conflitto d'interessi tra socio e

società, una discriminazione tra quorum, costitutivo e

quorum deliberativo, che devono invece ritenersi identici :

che, comunque, se la distinzione esiste, essa riguarda la società per azioni, e non quella a responsabilità limitata, nella quale è più accentuato l'elemento personale ; che, se si ammettesse che la società a responsabilità limitata

possa validamente deliberare, con l'astensione dei soci in conflitto d'interesse, potrebbe verificarsi che, per effetto di tale astensione, il residuo capitale venisse a ridursi a meno della metà e si perverrebbe all'estrema conseguenza che l'l% non in conflitto potrebbe assumere, astenuto il 99% in conflitto, qualsiasi deliberazione.

Tale motivo è infondato, perchè la discriminazione tra quorum, costitutivo e quorum deliberativo, che è sta bilita per le assemblee delle società per azioni, si applica anche alla società a responsabilità limitata, che può pertanto validamente deliberare con l'astensione dei soci in conflitto di interessi, anche se, per effetto di detta astensione, il

residuo capitale votante venga a ridursi al di sotto della metà del capitale sociale.

Invero l'art. 2373, 1° comma, cod. civ. dispone che il

diritto di voto non può essere esercitato dal socio della società per azioni nelle deliberazioni in cui egli ha, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società. In caso di inosservanza di tale disposizione la deliberazione è impugnabile a norma dell'art. 2377

cod. civ., qualora possa derivarne danno alla società (art.

2373, cpv.), ma anche questa impugnazione è ammessa

unicamente nel caso che, senza il voto dei soci che avrebbero

dovuto astenersi dalla votazione, non si sarebbe raggiunta la necessaria maggioranza (c. d. prova di resistenza). Non

essendovi in tal modo lina sospensione del diritto di voto, ma unicamente una limitazione di tale diritto, che deve

essere esercitato in modo da non recar danno alla società, le azioni che spettano al socio in conflitto di interessi abili

tano sempre al diritto di voto, per cui, secondo quanto

dispone l'ultimo comma del ricordato art. 2373, devono

essere computate ai fini della regolare costituzione della

assemblea. Si delinea in tal modo quella discriminazione, cui ora si accennava, tra quorum costitutivo e quorum deliberativo, che. dettato per le società per azioni, si applica anche alla società a responsabilità limitata, stante il preciso rinvio contenuto nell'art. 2486, 2° comma, che dichiara

applicabile all'assemblea della società a responsabilità

limitata, fra le altre, le disposizioni dell'art. 2373. Nè può sostenersi che il legislatore, richiamando l'art. 2373, abbia

inteso limitare il rinvio al solo 1° comma, che prescrive l'astensione dei soci in conflitto di interessi, perchè di tale

pretesa limitazione non v'è traccia alcuna nella legge e nei

lavori preparatori e perchè, al contrario, quando si è voluto

circoscrivere l'ambito del richiamo soltanto al alcuni comma

degli articoli dettati per la società per azioni, lo si è detto

espressamente, come nell'art. 2475, ultimo comma, che

richiama soltanto l'ultimo comma dell'art. 2328 ed il 1° e

2° comma dell'art. 2331, nell'art. 2487, cpv., che limita il

richiamo dell'art. 2383 ai comma 1°, 3° e 4° e nell'art.

2495 che limita l'applicazione dell'art. 2441 al 1° comma.

Neppure vale obiettare, in contrario, che, per l'integrale

applicazione dell'art. 2373 alla società a responsabilità

limitata, occorrerebbe considerare come non scritta la regola del 1° comma dell'art. 2486, secondo la quale, salva diversa

disposizione dell'atto costitutivo, l'assemblea ordinaria

delibera col voto favorevole di tanti soci, che rappresentano la maggioranza del capitale sociale, e l'assemblea straor

dinaria delibera col voto favorevole di tanti soci che rap

presentano due terzi del capitale sociale, perchè la pretesa insanabile contraddizione, che darebbe luogo ad un caso di

interpretatio abrogane, in realtà non sussiste. Infatti la

disposizione del 1° comma dell'art. 2486 prevede l'ipotesi normale di mancanza di soci in conflitto d'interesse, e va

coordinata con la norma che quel conflitto contempla, in presenza del quale l'obbligo di astensione dei soci, il

cui interesse è in contrasto con quello sociale, implica necessariamente la determinazione delle maggioranze legali con riferimento al capitale sociale non avente interesse

particolare nella deliberazione. Se davvero sussistesse

incompatibilità tra il 1° comma dell'art. 2486, che esige particolari maggioranze per l'approvazione delle deliberazioni sociali e l'art. 2373, ultimo comma, che, in presenza di soci

interessati, limita, in rapporto al capitale sociale, le maggio ranze, la medesima inconciliabilità ricorrerebbe anche tra l'art. 2373, ultimo comma, e gli art. 2368 e 2369 che regolano il quorum deliberativo nelle società per azioni, quando non esiste conflitto di interessi, e neppure l'esistenza della

assemblea di seconda convocazione (art. 2369), che difetta invece nella società a responsabilità limitata, sarebbe idonea

ad eliminare il contrasto, perchè anche nell'assemblea di seconda convocazione il quorum> deliberativo è rapportato al capitale sociale.

Del resto la discriminazione tra quorum costitutivo e

quorum deliberativo, di cui all'ultimo comma dell'art. 2373, non è senza razionale giustificazione, che vale tanto per le società per azioni, quanto per la società a responsabilità limitata. Già si è accennato che se il socio in conflitto di interessi con la società deve astenersi, per evitare che la deliberazione sia impugnata nei limiti del cpv. dell'art. 2373,

egli non è tuttavia privato del diritto di voto, può aggiungersi che l'ammissione dei soci in conflitto a partecipare alla assemblea è giustificata, sia dalla possibile e normale molte

plicità di oggetti posti all'ordine del giorno, onde il conflitto

può sussistere rispetto a taluno soltanto di tali oggetti, sia dal fatto che, anche in presenza di un unico oggetto

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809 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 810

all'ordine del giorno, il conflitto di interessi, ignorato e

neppur sospettato fino al giorno dell'assemblea, può pale sarsi soltanto nel corso di questa.

Nè infine ha rilievo la circostanza che, a non tener

conto, nel computo della maggioranza richiesta per la

validità della deliberazione, dei voti dei soci che debbono

astenersi, può verificarsi che la deliberazione, ove i soci

in conflitto d'interessi rappresentino una notevole aliquota del capitale sociale, venga adottata con il voto favorevole di soci rappresentanti una minima percentuale del capitale,

perchè la legge si è preoccupata massimamente che la

deliberazione risponda all'interesse sociale, che viene

tutelato dai voti dei soci imparziali, anche se scarsi di

numero e con limitate partecipazioni, e si è preoccupata altresì che le astensioni, giocando come voto negativo, non abbiano a paralizzare la volontà dei votanti. (Omissis)

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione III civile ; sentenza 11 luglio 1959, n. 2244; Pres.

Lombardo P., Est. La Poeta, P. M. Pisano (conci,

conf.) ; Mastrogiovanni (Avv. Pelagallo, Andrioli) c.

Compagnia tirrena assicurazioni (Avv. Nicolò, Batta

glisti).

(Gassa App. Foma 3 settembre 1958)

Titoli di eredito —- Assegno bancario — Protesto —

Accertamento dei poteri rappresentativi — Irri

levanza (R. d. 21 dicembre 1933 n. 1736, sull'assegno

bancario, art. 62).

In caso di protesto di assegno bancario emesso da rappre

sentante, il notaio che eleva il protesto deve attenersi alle

risultanze formali del titolo e non ha l'obbligo di accertare

la esistenza e validità del rapporto rappresentativo. (1)

La Corte, ecc. — Fatto. — La Soc. per az. Compagnia tirrena di capitalizzazioni e assicurazioni, con atto di cita

zione in data 16 ottobre 1956, convenne il notaio Enrico

Mastrogiovanni dinanzi al Tribunale di Roma, per sentirlo

condannare al risarcimento dei danni da essa istante pa titi in conseguenza della elevazione di protesto per il man

cato pagamento di un assegno bancario di lire 3.200.000,

emesso sulla Banca di credito e risparmio, in data 9 novem

bre 1955 con la seguente sottoscrizione : « Compagnia tir

rena capitalizzazioni e assicurazioni. L'Agente principale Enrico Minarelli ». L'istante precisò che essa, venuta a cono

scenza che la Banca trattaria aveva restituito l'assegno, emesso dal Minarelli, rifiutandone il pagamento, per difetto

(1) Per la individuazione del soggetto passivo del protesto in base alle risultanze formali del titolo, v. Cass. 18 marzo 1954, n. 777, Foro it., Rep. 1954, voce Titoli di credito, n. 156, e sostan

zialmente Cass. 20 maggio 1954, n. 1625, ibid., nn. 118-123, con

riferimento a cambiale firmata da falso rappresentante di società.

Al proposito è stato precisato in dottrina (v. Bonelli, Della cambiale, dell'assegno bancario, Milano, 1930, 475 ; Vivante

Trattato di dir. comm., vol. Ili, Milano, 1924, 379 ; e adesso De

Semo, Diritto cambiario, Milano, 1953, 629) che il notaio è ufficiai"

con funzioni di esecuzione e non con funzioni ricognitive, dovendo

quindi egli, per l'appunto, attenersi alle risultanze formali del

titolo (v. Andrioli, La responsabilità del notaio per i protesti, in Riv. del notariato, 1947, 203, spec. 206 ; Battaglimi, Il pro

testo, Milano, 1960, pag. 35 e segg.). Sulla disciplina della rappresentanza nei titoli di credito, v.

Asquini, Titoli di credito, Padova, 1951, 179 ; De Semo, Diritto

cambiario, cit., 344.

Sugli obblighi del notaio, v. in particolare Gualtieri, I

titoli di credito, Torino, 1953, 243 ; per ipotesi di responsabilità del notaio, v. Cass. 26 gennaio 1952, n. 219, Foro it., Rep. 1952, voce Titoli di credito, n. 169, nonché Cass. 27 luglio 1937, n. 2780,

id., Rep. 1937, voce Effetto cambiario, nn. 170, 171. Sulla que

stione, v. anche Magrone, in nota a Cass. 1 agosto 1959, n. 2444,

retro, 100.

di provvista, e che, appreso che era stato richiesto il notaio

Mastrogiovanni per il protesto, aveva avuto cura di avvertire

detto notaio che l'assegno era stato tratto sul c/c personale del Minarelli e non già sul c/c della Compagnia tirrena ; che il Minarelli aveva arbitrariamente fatto uso della ra

gione sociale della Compagnia, della quale non era più

agente principale, per dimissioni intervenute il giorno

precedente alla emissione dell'assegno ; che il Minarelli

non aveva mai avuto facoltà di emettere assegni di c/c a

nome della Compagnia ; che, ciò nonostante, il detto notaio

aveva elevato il protesto contro essa Compagnia tirrena.

Il convenuto, comparso in causa, eccepì la legittimità del

suo operato, rilevando che il protesto va elevato nei con

fronti di chi, in base al titolo, ne risulta l'emittente e che,

comunque, egli in calce al protesto aveva riportato le di

chiarazioni fattegli dal rappresentante della Tirrena.

Il Tribunale adito, con sentenza 10 dicembre 1957,

rigettò la domanda.

Su appello della Compagnia tirrena, la Corte d'appello di Roma, con sentenza 3 settembre 1958, in totale riforma

della decisione impugnata, affermò la responsabilità del

Mastrogiovanni, che condannò al risarcimento dei danni

in favore della Compagnia tirrena, danni liquidati in lire un

milione.

Contro quest'ultima sentenza il notaio Mastrogiovanni ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi di an

nullamento. La Compagnia resiste con controricorso.

Diritto. — Col primo motivo del ricorso si censura l'im

pugnata sentenza per violazione degli art. 76 legge 16 feb

braio 1913 n. 89 ; 14, 15, 45, 62 e 63 r. decreto 21 dicembre

1933 n. 1736 sull'assegno bancario ; 13 r. decreto 16 marzo

1942 n. 267 sul fallimento ; 2043 cod. civ., e per omesso esame

del punto decisivo della controversia. Il ricorrente precisa la

sua censura nel senso che la Corte di merito sia incorsa in

errore nell'individuare il tema della controversia nella riso

luzione della questione di fondo, relativa ai limiti del po tere di rappresentanza dell'agente rispetto alla Compagnia di cui era il procuratore, in quanto avrebbe dovuto, invece, limitarsi ad accertare quali sono i limiti dell'attività certi

ficàtrice del notaio, in sede di elevazione di protesto per il

mancato pagamento di un titolo all'ordine.

La censura è fondata. Il protesto non è altro che la con

statazione e certificazione del rifiuto del pagamento di un

titolo all'ordine, che condiziona l'azione di regresso contro i

giranti, il traente e gli altri obbligati. La natura e lo scopo di tale atto, che, dovendo essere redatto, con le richieste

formalità, da Tin notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò

autorizzato, è indubbiamente un atto pubblico destinato a

far fede dell'inadempimento, rendono chiara la ratio delle

disposizioni similari portate dagli art. 70 della legge cam

biaria 14 dicembre 1933 n. 1669, e 62 della legge sull'asse

gno bancario 21 dicembre 1933 n. 1736, secondo cui il pro testo si deve fare nel luogo di pagamento e contro il tratta

rio o il terzo indicati per il pagamento, cioè rendono chiara

la finalità di assicurare che la risposta avuta alla richiesta

di pagamento provenga da colui che, secondo la forma e

le risultanze del titolo, è indicato per il pagamento, oppure che i motivi pei quali non si ebbe alcuna risposta siano ac

certati nel luogo indicato per il pagamento e nei confronti

della persona a questa chiamata, secondo le risultanze del

titolo. In rispondenza a siffatta finalità, devesi ritenere

che la indicazione sul titolo di un rapporto rappresentativo individua nel rappresentato il soggetto passivo del pro testo e che, ai fini dell'accertamento del mancato paga mento o del rifiuto di pagamento, è irrilevante la inesi

stenza o la invalidità del rapporto rappresentativo, giacche l'ufficiale pubblico, che eleva il protesto, deve attenersi alle

risultanze del titolo ed ogni questione sulla legittimazione del soggetto passivo (persona richiesta del pagamento) va risolta dal giudice, a norma degli art. 64 della legge cam

biaria e 56 della legge sull'assegno. Il detto pubblico uffi

ciale, pertanto, deve limitarsi a rivolgere la richiesta alla

persona indicata e a dare atto fedelmente delle risposte avute o dei motivi per i quali non se ne ebbe alcuna, e non

può esimersi dall'obbligo di ottemperare alla richiesta del

portatore.

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