Sezione I civile; sentenza 7 agosto 1962, n. 2442; Pres. Celentano P., Est. Bianchi d'Espinosa, P.M. Pedace (concl. conf.); Soc. navig. Lombarda ligure (Avv. Lefebvre D'Ovidio, Spasiano, Manca,Mordiglia) c. Tione (Avv. Correra, Romano)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 2 (1963), pp. 315/316-319/320Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153089 .
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315 PARTE PRIMA 316
l'appaltatore, diretta come essa e a rimuovere gravi difetti
nella costruzione, ehe possono porre in pericolo la sicurezza
dell'edificio.
II terzo motivo del ricorso, infine, investe in parte un
giudizio di mero fatto della Corte di merito, che, sorretto
da ampia motivazione, si sottrae ad ogni sindacato in sede
di legittimitä. Sulla scorta degli accertamenti eseguiti dal
consulente tecnico di ufficio, infatti, la Corte, dopo aver
preso in esame diffusamente i vari danni lamentati nell'edi
ficio e nei singoli appartamenti, ha ritenuto clie le lesioni
costituivano un yero e proprio pericolo per la stability
dell'edificio, ed integravano peroiõ i «gravi difetti» di cui
all'art. 1669, indicando la causa di essi, o per lo meno la
piu importante delle cause, nella eccessiva esilitä dei pila stri di cemento armato, dovuta ad un evidente errore di
valutazione e di calcolo preventivo nel determinare la
necessaria robustezza dei pilastri medesimi, in esito alle
sollecitazioni alle quali essi dovevano essere sottoposti; nonche nell'impiego in essi di ferro di sezione insufficiente
di fronte alle prescrizioni contenute nell'art. 30 del r. decreto
16 novembre 1939 n. 2229 (norme per l'esecuzione delle
opere in conglomerato c.ementizio semplice o armato).
(Omissis)
Prospetta, invece, una questione di diritto l'altra cen
cura formulata nello stesso terzo motivo del ricorso, rela
tiva all'interpretazione dell'art. 30 r. decreto 16 novem
bre 1939 n. 2229. La Corte di merito, fra l'altro, ritenne che la percentuale di armatura metallica adoperata nei pilastri di cemento fosse inferiore a quella prescritta dall'art. 30
in questione. La norma stessa, dopo avere prescritto che
l'armatura deve essere di sezione non inferiore alio 0,8% di quella del conglomerato', se questa sia minore di 2000
cm2. ; non inferiore al 0,5% della sezione di conglomerato,
quando questo sia maggiore di 8000 cm2, adottando per i
casi intermedi la variazione lineare ; e ciõ per i pilastri di
sezione quadrata o a poligono regolare ; per i pilastri di
forma diversa prescrive che «la norma precedente relativa
alia determinazione della percentuale minima di armatura
metallica deve applicarsi alia sezione quadrata di lato
uguale alia dimensione minima trasversale della sezione ».
Nella specie, essendo il pilastro di forma rettangolare, di
cm. 35 x 50, era applicabile questa ultima disposizione. La quale, secondo la ricorrente, andrebbe interpretata nel
senso che la percentuale di ferro debba essere rapportata alia superficie di un quadrato avente il lato uguale alia
dimensione minore del pilastro : ciofe, nella specie, a un
quadrato di superficie di 1225 cmq. (35 x 35). In tal caso, la sezione regolamentare di ferro sarebbe inferiore a quella adottata dalla Impresa.
Tale interpretazione, come esattamente ha rilevato la
Corte di merito, non ha fondamento. Essa condurrebbe al
risultato di richiedere, per i pilastri di forma irregolare, una percentuale metallica minore (ed in qualche caso assai
minore) di quella richiesta per i pilastri di forma regolare ; mentre e evidente che il 2° comma dell'art. 30, riferendosi
senza eccezioni alia « norma precedente », ha inteso lasciare
intatto il rapporto, da questa stabilito, fra superficie del
conglomerato e superficie dell'armatura. La norma in
esame, invece, e diretta a stabilire i criteri per adottare
la percentuale di ferro, variabile a seconda della superficie totale al conglomerato (piü forte, per quanto piii piccolo e il pilastro); con una norma di maggior rigore, per la
quale, alio scopo di determinare nella specie la percentuale
minima, nei pilastri di forma irregolare, anziche alia super ficie effettiva del pilastro, occorre far riferimento alia
superficie del quadrato avente lato uguale alia dimen
sione minima trasversale. Cosi, ad esempio, in un rettangolo di cm. 40 X 60, la percentuale di armatura non sara quella
corrispondente ad un pilastro della superficie di cm2. 2400
(e cioe circa dello 0,7%) ; ma quella corrispondente alia
superficie di cm2. 1600 (ottenuta prendendo a base un
quadrato di cm. 40 di lato), cioe quella dello 0,8%. Intesa in questo senso la norma, cosi come deve essere
intesa, esattamente la Corte di merito riscontro, fra gli altri difetti di costruzione, motivo di responsabilita ai
sensi dell'art. 1669 per la Ditta appaltatrice, anchela viola
zione della disposizione regolamentare ora esaminata, per avere usato nella edificazione dei pilastri una armatura di sezione inferiore alia perceixtuale minima prescritta.
La sentenza quindi resiste a tutte le censure del ricorso, ehe deye essere rigettato.
Per questi motivi, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 7 agosto 1962, n. 2442 ; Pres. Celentano P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M. Pe dace (concl. conf.) ; Soc. navig. Lombarda ligure (Aw. Lefebvee D'Ovidio, Sfasiano, Manca, Mordiglia) c. Tione (Aw. Correra, Romano).
(Gonferma App. Napoli 13 aprile 1960)
IVoleggio c trasporto per acqua e per aria — Polizza di carieo — Clausola compromissoria — Speci i'ica approvazione per iscritto— Modalita (Cod. civ., art. 1341 ; cod. nav., art. 463).
Noleggio e trasporto per acqusi e per aria — Polizza di carieo — Girata piena eon eiietti convenzio nalmente limitati — Incidenza sui diritti derivanli dal contratto di trasporto.
Noletjyio e trasporto per acqua e per aria — Avaria —
Ftesponsahilita del vettore — Onere della prova — Fattispecie (Cod. nay., art. 422 ; cod. civ.,
art. 2697).
Perche la clausola compromissoria sia efficace net confronti del caricatore, e necessario die questi Vabbia specifica mente approvata per iscritto sull'originate della polizza di carico ritenuto dal vettore. (1)
II caricatore, che ha girato la polizza al solo scopo di autoriz zare il giratario alio sbarco, per suo conto, del carico, non cessa di essere legittimato a far valere i diritti, derivanti dal contratto di trasporto, nei confronti del vettore. (2)
Escluso in punto di fatto che Vavaria sia stata provoeata al carico da fortuna di mare o da vizio proprio della
merce, non giova al vettore, su cui grava Vonere di provare la mancanza di colpa propria o dei dipendenti, la clausola di polizza, cite autorizza la nave ad eseguire scali inter medin (3)
La Corte, ecc. — Col primo motivo del suo ricorso, la Societa di navigazione Lombarda ligure ripropone in
questa sede l'eccezione di incompetenza del giudice or
(1) Sulle clausole particolarmente onerose nella polizza di carico, v., da ultimo, Cass. 19 giugno 1062, n. 1557, infra, 359, con nota di richiami.
Sulle modalita dell'approvazione specifica delle clausole particolarmente onerose in generale, v. Cass. 20 luglio 1962, n. 1978, infra, 310, con nota di richiami.
(2) Conf. Cass. 28 aprile 1945, n. 206, Foro it., 1944-46, I, 119, con nota di richiami, cui adde, in nota alia stessa sen tenza, Romaneixi, in liiv. dir. navig., 1948, II, 127 ; Trib. Genova 28 ottobre e 11 febbraio 1950, Foro it., Rep. 1950, voce Noleggio, nn. 72, 73 ; Trib. Genova 20 agosto 1950 (ritiene le gittimato anche il giratario formale), Pret. Genova 28 febbraio 1951, Trib. Genova 16 giugno 1951, id., Rep. 1951, voce cit., nn. 52-59 ; Trib. Genova 22 ottobre e 24 luglio 1951, id., Rep. 1952, voce cit., nn. 116, 117; Trib. Genova 15 luglio 1952, Trib. Venezia 12 marzo 1952, id., Rep. 1953, voce cit., nn. 221 223 ; Trib. Genova 9 marzo 1953, Pret. Genova 25 maggio 1953, id., Rep. 1954, voce cit., nn. 183-186.
V., per qualche riferimento, Cass. 27 ottobre 1961, n. 2438
(id., 1962, I, 1330, con nota di richiami), per la quale il carica tore, che agisce per la consegna del carico, non e tenuto ad os servare il duplice onere dell'offerta e del deposito della polizza di carico, previsto nell'art. 66 della legge cambiaria.
(3) Sulla ripartizione dell'onere della prova dell'avaria, v., da ultimo, Cass. 19 giugno 1962, n. 1557, cit. alia nota (1).
In dottrina, cons. Lefebvre-Pescatore, Manuale dir. navigazione", I960, pag. 329 e segg.
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317 GIURISPRUDENZA C0STITUZ10NALE E CIVILE 318
dinario (eccezione giä respinta dai Giudici di merito), in
relazione alia clausola oompromissoria contenuta nella po lizza di carico.
La Corte di merito rilevõ che nella specie la clausola
noil poteva avere effetto, perche non « specificamente » ap
provata per iscritto, ai sensi dell'art. 1341 cod. civile. Infatti
sulla polizza di carico figura una sola firma del Tione, ap
posta dopo il complesso delle clausole e dopo una finale
dichiarazione (stampata in rosso) con la*' quale si dichiara
di approyare particolarmente un gruppo di clausole, indi
cate coi rispettivi numeri (fra cui il n. 20 riguardante ap
punto la clausola oompromissoria). Vi 6 quindi un'unica
firma dell'obbligato, clie riguarda non solo la dichiarazione
finale, ma l'intero atto, mentre (come del resto lia ritenuto
costantemente questa Corte suprema), perche sia rispettato il dett.ato di cui all'art. 1341 e perche siano raggiunte le
finalitä, che detta norma si propone, occorre che la sotto
scrizione di approvazione delle clausole onerose sia distinta
da quella apposta al contratto nel suo complesso, in quanto solo in tal modo si puõ ritenere per certo che il contraente
abbia fissato la sua attenzione sull'esistenza e sul contenuto
delle clausole suddette. L'esattezza dei principi cosi applicati dalla Corte di
appello non e del resto contestata neanche dalla Societä
ricorrente, la quale perö sostiene che, nella specie, l'origi nale della polizza di carico rilasciato al caricatore (e che
costituisce il titolo rappresentativo della merce), che, ai
sensi dell'art. 463, 3° comma, cod. nav., deve essere sotto
scritto solo dal vettore (o dal raccomandatario, o dal co
mandante), õ stato nella specie, oltre che dal comandante, sottoscritto dal caricatore Tione. A questa firma (inutile
per l'approvazione dell'atto nel suo complesso) dovrebbe
secondo la ricorrente, darsi il significato specifico di appro vazione della dichiarazione riguardante l'accettazione delle
clausole particolarmente onerose.
La censura õ perõ infondata. Anche a non voler consi
derare che costituisce un evidente salto logico il dedurre, dall'esistenza di una sottoscrizione superflua secondo la
legge, che tale sottoscrizione riguardi le clausole particolar mente onerose (non essendo stato apposto alla firma qual siasi riferimento ad esse), a dimostrare l'inconsistenza della
singolare tesi e sufficiente osservare che l'originale della
polizza, su cui la firma (superflua) del caricatore e stata ap
posta, õ quello rilasciato alio stesso caricatore, e che perciõ e destinata (oltre che ad essere titolo rappresentativo della
merce) a stabilire le obbligazioni facenti carico al vettore, debitore del trasporto. Le obbligazioni del caricatore, in
vece, risultano evidentemente dall'altro originate (non nego
ziabile) della polizza, che egli e tenuto a sottoscrivere, e
che e ritenuto dal vettore (art. 463, 2° comma, cod. nav.). £ su tale documento, che definisce gli obblighi assunti dal
caricatore, che la clausola oompromissoria avrebbe dovuto
essere specificamente approvata nei modi di cui all'art. 1341
cod. civ., mentre su questo originale della polizza figura una
sola sottoscrizione del caricatore (come voluto dal citato
art. 463), sottoscrizione che, come esattamente ritenuto
dalla Corte di merito, riguarda l'atto nel suo complesso, e
non puõ perciõ valere come « specifica » approvazione delle
clausole particolarmente onerose. II primo motivo del ri
corso va quindi respinto. Del pari infondato fe il secondo motivo, col quale la
Societä, Lombarda ligure ripropone in questa sede l'ecce
zione relativa ad un asserito difetto di legittimazione at
tiva del Tione. Questi, si assume, aveva girato la polizza, la quale era stata presentata al porto di destinazione della
Ditta Sobbi Omar e Shara, che agiva quale spedizioniere (com'e pacifico) della Ditta Albert Hayat, e cioe per conto
della ditta ricevitrice ; mentre l'affermazione della Corte
di merito, che la Ditta Hayat e l'agente esclusivo in Egitto dello stesso Tione (e che perciõ essa aveva ritirato la merce
quale mandatario senza rappresentanza del Tione), non sa
rebbe, secondo la ricorrente, in alcun modo motivata.
La Corte osserva che, in diritto, la soluzione accolta dalla
sentenza impugnata e perfettamente esatta. Come ha ri
petutamente ritenuto piu volte questa Corte supreme in
materia di titoli all'ordine e, in particolare, per quanto ri
guarda la polizza di carico con la sentenza 28 aprile 1945, n. 296 (Foro it., 1944-46, I, 119), se la girata della polizza di carico trasmette ai giratario la disponibilitä dei diritti
che, in relazione al trasporto, competono al creditore del rap
porto, b pur sempre ammissibile la dimostrazione che le
parti (quantunque non abbiano apposto accanto alia girata la formula « per procura », « per incasso » o ariche « per lo
sbarco»), abbiano voluto in realtä conferire al giratario sol
tan to il diritto di agire per conto del girante cioe quale man
datario di quest'ultimo. In tal caso, come e evidente, se
il giratario ha adempiuto l'incarico che gli era stato con
ferito, di procedere alle operazioni di ritiro della merce.
mentre la disponibilitä della stessa restava al girante, e
quest'ultimo legittimato ad agire per far valere contro il
vettore i diritti derivanti dal cöntratto di trasporto. £
ciõ che si e verificato nella specie, in cui la Ditta Hayat
(ricevitrice, come e pacifico. della merce) era, secondo l'ac
certamento incensurabile della Corte dl merito, l'agente esclusivo per l'Egitto del Tione, e quindi agi nel ritirare la
merce, quale mandataria di quest'ultimo. Ne puõ ritenersi
fondata la censura, secondo la quale la Corte di merito ille
gittimamente trasse questa sua convinzione di fatto dagli atti di causa, e cioe, secondo la ricorrente, da una sola let
tera della stessa Ditta Hayat di Port Said, e senza avere
in proposito neanche ammesso la prova testimoniale che
lo stesso Tione aveva richiesto. La censura, come e chiaro,
si risolve infatti nel tentativo di riaprire la discussione sulla
yalutazione delle prove raccolte : il che non e consentito
in sede di legittimitä. (Omissis) II quarto mezzo riguarda il punto in cui la Corte ri
tenne il vettore responsabile per l'avaria, ai sensi dell'art.
422 cod. nav. La Society invocava (ed invoca anche in
questa sede) la clausola della polizza (3a) che faculta la
nave ad approdare a qualsiasi porto per le occorrenze del
viaggio : da ciõ deduce che, non esserdo ad essa imputabile la durata del viaggio, essa sarebbe esente da responsabilitä
per avaria, dovuta Ula massima deperibilita della merce.
D'altra parte, sostiene che la lunghezza del viaggio fu cau
sata da fortuna di mare (esclusa anche essa dalla sentenza
impugnata). Anche queste censure sono infondate. £ da premettere
che ai sensi deH'art. 422 cod. nav. il vettore e responsabile dell'avaria a meno che provi che la causa di essa non sia
stata, nb in tutto ne in parte, determinata da colpa propria o da colpa commerciale dei dipendenti. Soltanto se il danno
e stato prodotto dalle circostanze elencate nel 2° comma
dello stesso art.icolo, sull'avente diritto alia riconsegna grava l'onere di provare che la causa dell'avaria e stata determi
nata da colpa del vettore o dei suoi dipendenti.
Ma, come e chiaro, anche nelle ipotesi previste dall'art.
422, 2° comma, cod. nav. e il vettore che deve previamente dimostrare che il danno e stato prodotto da una delle cause
ivi elencate.
Ora, nel caso di specie, la «fortuna di mare » non era
(no evidentemente poteva essere) invocata come causa del
l'avaria della merce, ma soltanto come causa di un forzato
prolungamento del viaggio, e cioe alia stregua della prova liberatoria di cui al 1° comma dell'art. 422. La Corte di
merito, perõ, sulla base delle risultanze del giornale nautico
(e ampiamente motivando in proposito), giunse alia con
clusione che le deviazioni dalla rotta diretta non furono
imposte da eventi eccezionali ed imprevisti, ma rientravano
nel programma della nave : conclusione nella quale, d'al
tronde, concorda la Society ricorrente, la quale affeima che
le deviazioni dovevano ritenersi pienamente legittime in
virtü dell'art. 3 della polizza. Esclusa quindi l'asserita
«fortuna di mare » ed escluso che l'avaria fosse stata cau
sata da « vizio proprio della merce » (eon il quale non puõ certo identificarsi la sola natura deperibile della merce
stessa, come vorrebbe la ricorrente) si rientra nelle norma
generale del 1° comma dell'art. 422, secordo cui il vettore
fe comunque responsabile dell'avaria, se non prova la man
canza di colpa propria e dei dipendenti. I
E poiche, nel caso di specie, la prova liberatoria non
era stata fornita, la Societä Lombarda ligure doveva essere,
come fu, ritenuta responsabile, indipendentemente dal
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319 PARTE PRIMA 320
1'operativitä e validitä della clausola contrattuale ehe anto
rizza la nave ad eseguire scali intermedi. Come esattamente
rilevõ la sentenza impugnata quella clausola non puõ pu ramente e semplicemente convertirsi in una ragione di eso
nero di responsabilitä per i danni subiti dal carico, respon sabilitä ebe emerge ogni volta ebe non si forniscono le prove di cui all'art. 422, 1° comma, cod. navigazione.
La decisione si regge perfettamente su taie considera
zione, pienamente esatta. Non banno perciõ valore, ai fini
del dispositivo, le altre considerazioni (ehe devono ritenersi
fatte ad abundantiam dalla Corte di merito) relative al
1'inefficacia della clausola in questione, ed ai suo annulla
mento per esplicita volontä dei contraenti: onde le censure, con le quali si affermano erronee tali considerazioni, non
possono esser prese neanebe in esame, perebe anebe se
fossero fondate non condurrebbero comunque airannulla
mento della decisione.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA Dl CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 7 agosto 1962, n. 2430 ; Pres.
Celentano P., Est. D'Armiento, P. M. Colli (concl.
conf.) ; Bellomo (Ayv. Labriola) c. Monno (Aw.
Nisio).
(öassa App. Bari 25 maggio 1959)
Obblir|azioni c eontratti — Diliida ad adempiere —
Risoluzione del contralto — Presupposti (Cod. civ., art. 1454).
Obblijjazioni e contratti -— Inadcmpimento provocato da errore — Errore colpevole — liliput abilit t\ del
I'inadempimcnto (Cod. civ., art. 1218).
La diffida ad adempiere non determina la risoluzione de
iure del contratto per effetto della infruttuosa decorrenza del termine in esso stabilito, se I'inadempimento non e
imputabile alVintimato e se non e di essenziale importanza, avuto riguardo alV interesse del creditore. (1)
L'inadempimento provocato da errore b colpevole quando il debitore non ha usato la diligenza che I'avrebbe preser vato dal cadere in errore. (2)
(1-2) I. — Sulla necessity che l'inadempimento, persistente anche dopo la diffida, sia riconosciuto di essenziale importanza, avuto riguardo all'interesse del creditore, per ohe la diffida ad
adempiere produca la risoluzione de iure del contratto, si rin viene copiosa e concorde giurisprudenza : Cass. 29 luglio 1059, n. 2440, Foro it., Bep. 1959, voce Obbligazioni e contratti, n. 200 ; 13 febbraio 1959, n. 440, ibid., n. 202 ; 29 gennaio 1957, n. 302, id., Rep. 1957, voce cit., n. 293 ; Pret. Roma 25 febbraio 1957, ibid., n. 296 ; Cass. 29 settembre 1955, n. 2677, id., Rep. 1955, voce cit., n. 300 ; 20 febbraio 1954, n. 459, id., Rep. 1954, voce cit., n. 246 ; 13 aprile 1954, n. 1182, ibid., n. 248 ; 12 luglio 1952, n. 2172, id., Rep. 1952, voce cit., n. 276 ; 11 maggio n. 1153, 20 maggio n. 1634, 28 aprile n. 1056 del 1951, id., Rep. 1951, voce cit., nn. 310, 326, 328 ; 13 giugno 1950, n. 1482, id., 1951, I, 835, con osservazioni di G. Cobtesi, In tema di
diffida ad adempiere e di valutazione della gravitä dell'inadem pimento.
Si 6 precisato che, se il giudice puõ escludere la risoluzione del contratto, nell'ipotesi di diffida ad adempiere, quando rico nosca di scarso interesse la prestazione inadempiuta, non puõ in tale indagine dare rilievo alia durata del ritardo prescindendo dalla entita della prestazione mancata (Cass. 22 marzo 1960, n. 584, id., Rep. 1960, voce cit., n. 251), ne puõ concedere un termine giudiziale per Fadempimento (Cass. 29 settembre 1955, n. 2677, id., Rep. 1955, voce cit., n. 300).
In caso di inosservanza del termine contenuto nella diffida ad adempiere, la colpa dell'inadempimento, giuata il principio generale sancito dall'art. 1218 cod. civ., si presume sino a prova contraria da fornirsi dall'inadempiente stesso : Cass. 27 dicembre 1957, n. 4767, id., Rep. 1957, voce cit., n. 283 ; 11 novembre 1953, n. 3524, id., Rep. 1953, voce cit., n. 257.
II. — E infatti ius receptum che l'inadempimento, ai fini della risoluzione del contratto, deve essere valutato non soltanto
La Corte, ecc. — Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione, falsa applicazione ed erronea interpretazione
degli art. 1453 e 1454 cod. civ., nonche l'omessa, insuffi
ciente e contraddittoria motivazione su punto decisivo, sostenendo che erroneamente la sentenza abbia disatteso la ricbiesta di una pronunzia di risoluzione di diritto del
contratto per colpa della Monno, una volta che indubbia
mente tale risoluzione si sarebbe giä verificata, per il solo
fatto cbe il contraente adempiente (Bellomo) aveva inti
inato airinadempiente (Monno) diffida ad adempiere in
neirelemento obiettivo, ma altresi in quelle subiettivo della esistenza di colpa nell'obbligato (Cass. 22 marzo 1958, n. 951, id., Rep. 1958, voce cit., n. 263 ; 29 maggio 1954, n. 1772, id., Rep. 1954, voce cit., n. 272 ; 3 ottobre 1953, n. 3160, id., Rep, 1953, voce cit., n. 279) ; c che a norma dell'art. 1218 il debi tore inadempiente e presunto in colpa se non fornisce la prova dell'esistenza di una causa a lui non imputabile, la quale abbia determinato l'inadempimento o il ritardo : Cass. 26 luglio 1962, n. 21 3, id., Mass., 631 ; 2 dicembre 1960, n. 3774, id., Rep. 1961, voce cit., n. 270 ; 21 febbraio 1958, n. 572, id., Rep. 1958, voce Danni per inadempimento, n. 4 ; 24 ottobre 1957, n. 4105, id., Rep. 1957, voce ult. cit., n. 3 ; 14 luglio 1956, n. 2670, id.,
Rep. 1956, voce Obbligazioni e contratti, n. 330 ; 21 giugno 1952, n. 1834, id., Rep. 1952, voce cit., n. 318 ; 16 luglio 1951, n. 1986, id., Rep. 1951, voce Danni per inadempimento, n. 17 ; 30 luglio 1951, n. 2218, ibid., voce Obbligazioni e contratti, n. 276 ; 6 giugno 1949, n. 1410, id., Rep. 1949, voce cit., n. 277 ; 28 luglio 1949, n. 2025, ibid., n. 456.
Secondo gli art. 1225 e 1226 cod. civ. 1865, l'assenza di
colpa consisteva nella « causa estranea non imputabile al debi tore » e detta causa era identificata col caso fortuito o con la forza maggiore ; ma la nuova formula dell'art. 1218 cod. civ.
vigente consente di ritenere che «la prova della causa non
imputabile non dovra sempre condurre alla diretta e positiva identificazione dell'evento incolpevole che ha prodotto l'impos sibilitä. Poträ, alle volte ricavarsi da elementi presuntivi, tra i
quali notevole rilevanza puõ avere la dimostrazione della con dotta diligente del debitore, dimostrazione che talora potra anche essere di per s& sufficiente » (Relazione al cod. civ., n. 571).
Mentre alcune pronunce, rispecchiando un dibattito dot trinale non ancora esaurito, identificano l'assenza di colpa con il concetto di caso fortuito e di forza maggiore (Cass. 5 luglio 1952, n. 2018, Foro it., Rep. 1952 voce cit., n. 317), di modo
che, sol se sia accertato il caso di forza maggiore, l'inadempiente potrebbe essere ritenuto esente da responsabilitä, (App. Firenze 21 luglio 1950, id., Rep. 1950, voce cit., n. 369) ; altre sentenze fanno consistere la colpa nel difetto di impiego della normale
diligenza (Cass. 22 febbraio 1943, n. 420, id., Rep. 1943-45, voce cit., n. 445 ; App. Milano 25 marzo 1947, id., Rep. 1947, voce cit., n. 321 ; Cass. 17 gennaio 1949, n. 42, id., Rep. 1949, voce cit., n. 205).
Si precisa cosi (Cass. 8 giugno 1961, n. 1310, id., Rep. 1961, voce cit., n. 271) che la causa da cui deriva l'inadempi mento non & imputabile ove il debitore fornisca la dimostrazione di avere fatto quanto doveva per mettersi in condizione di
adempiere ; e tale comportamento positivo deve ispirarsi alia
diligenza del buon padre di famiglia. Di modo che il debitore non puo scusare la propria inadempienza adducendo fatti che la sua diligenza avrebbe potuto impedire e che non gli siano
completamente estranei : Cass. 24 gennaio 1951, "~n. 183, id., Rep. 1951, voce cit., n. 284. Peraltro, anche perche'possa confi
gurarsi il caso fortuito si richiede, oltre all'elemento obiettivo, l'assenza di colpa rispetto al verificarsi dell'evento : Trib. Terni 25 luglio 1949, id., Rep. 1950, voce cit., n. 554.
III. — L'apprezzamento circa la colpa del debitore va fatto tenendo conto soltanto dei motivi giuridici che l'abbiano in dotto a non adempiere, e non gia di ogni altra causa, quale l'impotenza economica (Cass. 22 marzo 1954, n. 806, id., Rep. 1954, voce cit., n. 290) o la cattiva volontä, del debitore stesso
(App. Firenze 19 ottobre 1954, id., Rep. 1955, voce cit., n. 307 ; Cass. 12 luglio 1952, n. 2166, id., Rep. 1952, voce cit., n. 305?; e 22 gennaio 1949, n. 69, id., Rep. 1949,"voce cit., n. 278).
Piu particolarmente, in tema di valutazione dello stato
psicologico del debitore in relazione alla imputabilitä dell'ina
dempimento, & stato deciso : che e valutabile la ignoranza del debitore relativa agli eredi
del creditore (Trib. Firenze 28 giugno 1951, id., Rep. 1951, voce
cit., n. 295) o circa la persona del creditore (App. Roma 13 aprile 1954, id., Rep. 1954, voce cit., n. 268) ;
che non puõ parlarsi di mora incolpevole nel caso in cui il debitore non abbia adempiuto ritenendo, per il comporta
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