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Sezione I civile; sentenza 7 aprile 1982, n. 2142; Pres. Mazzacane, Est. Borruso, P. M. Leo (concl....

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Sezione I civile; sentenza 7 aprile 1982, n. 2142; Pres. Mazzacane, Est. Borruso, P. M. Leo (concl. conf.); Firs italiana di assicurazione (Avv. Russo) c. Cassa centrale di risparmio V. E. (Avv. Maniscalco Basile). Conferma App. Palermo 27 agosto 1979 Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 1 (GENNAIO 1983), pp. 163/164-167/168 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23176843 . Accessed: 25/06/2014 10:25 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.13 on Wed, 25 Jun 2014 10:25:32 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 7 aprile 1982, n. 2142; Pres. Mazzacane, Est. Borruso, P. M. Leo (concl.conf.); Firs italiana di assicurazione (Avv. Russo) c. Cassa centrale di risparmio V. E. (Avv.Maniscalco Basile). Conferma App. Palermo 27 agosto 1979Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 1 (GENNAIO 1983), pp. 163/164-167/168Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176843 .

Accessed: 25/06/2014 10:25

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PARTE PRIMA

In particolare il modulo in bianco di assegno circolare, non

sottoscritto dall'istituto emittente, per le sue particolari carat

teristiche (consistenti nel fatto che esso è formato con carta

speciale sulla quale è riprodotta la stampigliatura con l'indica

zione di tale istituto e con la promessa incondizionata del me

desimo di pagare a vista la somma che sarà precisata) si presta, mediante il successivo riempimento e la falsificazione della fir

ma di emissione, a indurre in errore, ingenerando nei terzi — che ne vengano in possesso — il fondato convincimento che

si tratti di assegno circolare valido. Tale affidamento, che nei

terzi possessori di buona fede può ingenerare il modulo consi

derato, fa si che esso costituisca il mezzo idoneo a produrre un

danno patrimoniale, se viene utilizzato per la consumazione

dei reati di falso e di truffa.

Per quanto riguarda la sussistenza in concreto della respon sabilità extracontrattuale del Banco Lariano rilevasi che la va lutazione della colposità di un determinato comportamento e l'accertamento dell'esistenza o dell'inesistenza del rapporto di causalità fra il comportamento accertato e l'evento si risolvono in altrettanti giudizi di merito, sottratti, purché congruamente motivati, al sindacato di legittimità (cfr. sent. 15 marzo 1980, n. 1748, Foro it., Rep. 1980, voce Responsabilità civile, n. 54).

La corte del merito, con adeguata motivazione, ha accertato che il banco ricorrente non aveva osservato le regole generali della normale diligenza nelle operazioni di distruzione dei mo duli intestati al Credito legnanese e che sussisteva il nesso ezio

logico fra tale comportamento omissivo e il danno risentito dalla

Compagnia genovese olearia. Hanno precisato al riguardo i giu dici di appello che, essendo configurabile in astratto il concorso fra il comportamento doloso del responsabile penale e quello colposo di chi — pur essendo estraneo alla commissione del fatto delittuoso — ha contribuito a causare il danno subito dal

soggetto passivo del reato, non meritava censura la sentenza del tribunale per avere ritenuto la responsabilità del Banco Lariano ex art. 2043 c.c.

Tale responsabilità consisteva nel fatto di non avere curato con la dovuta diligenza che fossero distrutti tutti i moduli degli assegni circolari del Credito legnanese, al fine di evitare che al cuni di essi — fra i quali quello che qui interessa — fossero fal sificati e messi in circolazione. Ricorrevano nella specie tutti gli estremi della indicata responsabilità e precisamente: il fatto il lecito, il danno ingiusto e il nesso di causalità fra l'uno e l'altro. Non era contestabile il comportamento colposo del Banco Lariano

per non avere impedito, con l'uso della necessaria diligenza, che alcuni moduli degli assegni circolari emessi dal Credito legnanese e destinati al macero sfuggissero alla distruzione. Tale scarsa dili

genza risultava chiaramente dalle stesse dichiarazioni rese dall'ap pellante nella prima denunzia al Pretore di Legnano, non appena gli erano pervenuti i primi assegni falsificati. Con questa dichiara zione il banco rendeva noto, in particolare, che i moduli erano stati inviati per la distruzione da Legnano alla cartiera Adda e che un numero imprecisato di essi durante il carico, il viaggio e lo scarico era stato sottratto o era andato smarrito.

Se si considerava, da una parte, il numero elevato dei moduli

sfuggiti alla distruzione — quale risultava dalle varie denunzie

presentate man mano che venivano scoperti i nuovi assegni falsifi cati e messi in circolazione — e, dall'altra, la circostanza che l'ap pellante si era accorto della loro sparizione soltanto quando gli erano pervenuti gli assegni falsi, appariva maggiormente evidente la scarsa diligenza che il Banco Lariano aveva usato prima nella custodia dei moduli in suo possesso (durante il carico, il viaggio e lo scarico) e poi nel controllo delle operazioni di distruzione de

gli stessi. La custodia e il controllo dovuti, secondo i giudici di

appello, avrebbero richiesto una maggiore solerzia, data la natura

delle cose indicate suscettibili di essere utilizzate per scopi illeciti, come era avvenuto nel caso in esame.

Non si poteva escludere l'ipotesi della infedeltà dei dipendenti del Banco Lariano addetti a compiere le anzidette incombenza, ipotesi dalla quale sarebbe derivata ugualmente la responsabilità dell'appellante ex art. 2049 c.c. Questi, d'altra parte, non aveva fatto alcuna menzione dei risultati delle indagini svolte dal pro prio ispettorato circa la sottrazione o lo smarrimento dei moduli

degli assegni. Rilevava ancora la corte del merito che per quanto riguardava la truffa ai danni della Compagnia genovese olearia non andava trascurata la circostanza che il reato era stato commesso il 17 febbraio 1977, a circa un anno di distanza da quando erano

pervenuti all'appellante i primi falsi assegni circolari di cui alla denunzia presentata al Pretore di Legnano il 17 maggio 1976. Per

tanto era esatto il rilievo del tribunale secondo cui il comporta mento colposo del Banco Lariano si concretava anche nel fatto

di non avere provveduto con idonei mezzi di pubblicità a mettere

sull'avviso i terzi dal ricevere in pagamento assegni circolari emessi

dal Credito legnanese e, quindi, neanche, sotto tale profilo, si

poteva affermare che il banco avesse fatto tutto il possibile per ovviare alle conseguenze negative dell'infortunio che gli era ca

pitato nelle operazioni relative alla distruzione dei moduli. Circa

il nesso di causalità fra il comportamento dell'appellante e il

danno subito dall'appellata la corte del merito condivideva l'av

viso del tribunale, il quale aveva ravvisato tale rapporto eziolo

gico nella funzione strumentale che il modulo dell'assegno cir

colare — che il banco si era lasciato incautamente sottrarre —

aveva avuto nella consumazione del reato ai danni della Compa

gnia genovese olearia. Senza di esso la truffa non avrebbe po

tuto essere attuata e pertanto il modulo acquistava nel processo

produttivo dell'evento dannoso rilevanza causale. Non valeva,

poi, affermare, come faceva l'appellante, che la consegna del

l'assegno non era stato il mezzo per attuare il raggiro ai danni

della Compagnia genovese olearia, ma la conseguenza del raggiro

stesso, in quanto l'assegno era stato dato dopo che il negozio di

vendita della partita di olio era stato concluso.

A confutare siffatto ragionamento bastava osservare che — co

me era del tutto evidente — l'appellata si era determinata a con

segnare la merce allo sconosciuto, che si era presentato a riti

rarla, solo perché era stata offerto l'immediato pagamento me

diante l'assegno in questione. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 7 aprile

1982, n. 2142; Pres. Mazzacane, Est. Borruso, P. M. Leo

(conci, conf.); Firs italiana di assicurazione (Avv. Russo) c.

Cassa centrale di risparmio V. E. (Avv. Maniscalco Basile).

Conferma App. Palermo 27 agosto 1979.

Assicurazione (contratto di) — Assicurazione di crediti — Cre

dito già sorto al momento della stipula della polizza — Suc

cessiva insolvenza del debitore — Recesso dell'assicuratore —

Inammissibilità (Cod. civ., art. 1898).

Nel contratto di assicurazione di un credito già sorto al momen

to della stipula della polizza non è consentito all'assicuratore

il recesso per aggravamento del rischio a seguito del peggiora

mento delle condizioni economiche del debitore o del verifi

carsi di un suo stato d'insolvenza dopo la stipula medesima. (1)

(1) Nei termini non constano precedenti. Quanto all'individuazione del rischio specifico coperto dal con

tratto di assicurazione del credito, v. Trib. Palermo 19 gennaio

1968, Foro it., Rep. 1968, voce Assicurazione (contratto), n. 103

(resa tra le stesse parti dell'attuale controversia), e App. Roma 27

giugno 1954, id., Rep. 1954, voce cit., n. 99. In particolare, il col

legio siciliano distingue fra perdita definitiva del patrimonio dell'as sicurato e semplice inadempimento del debitore alla scadenza, con

siderando solo la prima come elemento qualificante il rischio oggetto del contratto di assicurazione del credito; nello stesso senso, in dot

trina, Donati, L'assicurazione del credito, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1955, 48 (nonché Trattato del diritto delle assicurazioni private, Milano, 1956, 283); Fragali, Assicurazione del credito, voce del

l'Enciclopedia del diritto, 1958, III, 528; Capotosti, Assicurazione del

credito e «factoring», in Assicurazioni, 1972, 511; Castellano, Vendita a rate, assicurazione del credito e vincolo dell'indennità a

favore del terzo, in Arch, giur., 1971, 5 (e, pili di recente, Castel lano - Scarlatella, Le assicurazioni private2, in Giur. sist. civ. comm.. fondata da Bigiavi, Torino, 1981, 459).

Sulla distinzione — riconsiderata di fresco, e sia pure per inciso, da Cass. 21 ottobre 1981, n. 5515, Foro it., 1982, I, 1651 — fra

assicurazione del credito (« vera e propria assicurazione, con causa

assicurativa, con finalità di indennizzo, con stipulazione del creditore

che si copre proprio del rischio che gli può venire dal mancato o

ritardato adempimento ») e c. d. assicurazione fideiussoria o cauzio

nale (in cui lo stipulante è il debitore il quale « assicura » un fatto

proprio, cioè il fatto del suo inadempimento nel pagamento: l'assi

curatore, d'altra parte, paga la cauzione per il solo fatto dell'adem

pimento mancato) v. Tamburrino, Appunti sulla natura e sulla di

sciplina della c. d. assicurazione fideiussoria, in Assicurazioni, 1970,

I, 523; Donati, Trattato, cit., III, 294, nonché Natura giuridica delle c. d. polizze fideiussorie in Banca, borsa, ecc., 1975, 75; Font Galan, Natura e disciplina giuridica delle polizze fideiussorie rilasciate dalle compagnie di assicurazione, in Assicurazioni, 1976, I, 216. La giu risprudenza, pur riconoscendo le analogie col rapporto assicurativo, inclina a ricondurre l'assicurazione fideiussoria entro lo schema della fideiussione: cfr. Cass. 24 novembre 1979, n. 6152, Foro it., Rep. 1979, voce Fideiussione, n. 4; 14 marzo 1978, n. 1292, ibid., voce Assicurazione (contratto), n. 90; 7 giugno 1974, n. 1709, id.. 1974, I, 2003 (ma, v. Cass. 26 maggio 1981, n. 3457, id., Rep. 1981, voce Fideiussione, n. 8, richiamata in motivazione come conforme all'orientamento prevalente, ed invece propensa a configurare l'assi curazione fideiussoria alla stregua di un contratto atipico). Meno re

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Il 12 febbraio 1963 la Cassa cen

trale di risparmio V.E. per le province siciliane con sede in Pa

lermo stipulava una polizza di assicurazione con la compagnia assicuratrice Firs italiana, con sede in Roma, a copertura del

rischio per l'eventuale mancata restituzione di un capitale dato

in mutuo con garanzia ipotecaria dalla cassa a tale Giuseppe Monti.

L'8 luglio del 1964 il Monti falliva e la cassa ne dava nell'esta te dello stesso anno comunicazione all'assicuratrice, precisando di aver proposto istanza di insinuazione al passivo, e successiva

mente, il 31 ottobre 1967, informava la Firs che era stata dispo sta la vendita all'asta dei beni del fallito.

La Firs, che — a quanto deduce la cassa — aveva già incassato il premio dell'assicurazione per lire 10.000.000, in data 30 no vembre 1967 comunicava alla cassa di voler recedere dal con tratto ai sensi dell'art. 1898 c.c. per aggravamento del rischio consistente nella situazione creatasi e nella conseguente previsio ne di un difficile recupero, da parte del creditore, del capitale mutuatogli.

La Firs aggiungeva che, in conseguenza del suo recesso, l'assi curazione doveva ritenersi non più operante sicché l'assicurato non avrebbe potuto più pretendere da essa in alcun caso inden

nizzi di sorta.

La cassa, allora, con atto di citazione notificato il 24 ottobre

1968 conveniva in giudizio la Firs avanti al Tribunale di Paler

mo chiedendone la condanna al risarcimento della perdita su

bita per la mancata restituzione del mutuo concesso al Monti

fino alla concorrenza di lire 150.000.000.

La Firs si costituiva e con la comparsa di risposta del 14 di cembre 1968 chiedeva l'annullamento, ai sensi dell'art. 1892 c.c., del contratto di assicurazione stipulato con la cassa, eccependo che quest'ultima al momento della sua conclusione aveva in mala fede taciuto che il debitore versava in stato di insolvenza.

Il tribunale accoglieva pienamente la domanda attrice. Quan to alla richiesta di annullamento, la respingeva sul rilievo che l'assicuratore era decaduto dal diritto di impugnare il contratto a norma del T comma dell'art. 1892 c.c. per non aver comuni cato all'assicurato tale sua volontà entro tre mesi dal giorno,in cui ne aveva scoperta la reticenza.

La Firs proponeva gravame, ma la corte d'appello lo rigetta va in base alle seguenti considerazioni: A) quanto al diritto di

recedere dal contratto per aggravamento del rischio ai sensi del T comma dell'art. 1898 c.c.: a differenza dai comuni contratti

assicurativi, dove l'assicuratore si obbliga a sostenere un certo

rischio durante un determinato periodo di tempo, nell'assicura

zione di un credito l'assicuratore assume istantaneamente, con la conclusione del contratto, il rischio dell'insolvenza del debi

tore, sicché, quando questa si verifica o minaccia di verificarsi, l'assicuratore non ha alcun diritto di recesso. Né era rilevante

che, nella specie, per intervenute statuizioni in sede fallimentare

fosse stata revocata l'ipoteca che garantiva il mutuo, perché con

il contratto di assicurazione di un credito l'assicuratore assume

proprio il rischio della perdita da parte del creditore di ogni forma di garanzia, compresa quella ipotecaria, e del mancato o

insufficiente realizzo del credito; B) quanto alla domanda di an

nullamento del contratto ex art. 1892 per reticenza dell'assicu

rato con dolo o colpa grave-, la cassa di risparmio con lettera

raccomandata del 31 ottobre 1967 aveva dato notizia alla Firs

del provvedimento del giudice delegato al fallimento del Monti

circa la prossima vendita dei beni acquisiti al fallimento stesso, cioè della circostanza che rendeva fortemente aleatoria la rea

lizzazione del credito. Poiché la Firs aveva manifestato l'inten

zione di impugnare il contratto ai sensi dell'art. 1892 soltanto

nel corso del processo di primo grado e, più precisamente, con

la comparsa di risposta depositata all'udienza di costituzione del

14 dicembre 1968, essa era decaduta dal diritto di impugnare il

contratto, avendo dichiarato tale sua volontà ben oltre il termine

di tre mesi — previsto a tal fine nel 2° comma dell'art. 1892 —

dal giorno della scoperta della reticenza dell'assicurato. Né poteva

ritenersi che la volontà di impugnare il contratto per reticenza

ai sensi dell'art. 1892 fosse stata validamente manifestata dalla

Firs con la lettera inviata alla cassa il 30 novembre 1967. Con

centemente Cass. 17 giugno 1957, n. 2299, id., 1958, 1, 84, definiva la

polizza fideiussoria come un « sottotipo innominato di fideiussione »;

e App. Milano 10 gennaio 1956, id., Rep. 1956, voce cit., n. 2, come

« negozio preparatorio e sottostante al contratto di fideiussione ».

Per una diversa impostazione del problema circa la natura giuri dica dell'assicurazione fideiussoria (che assolverebbe ad una funzio

ne propria, incompatibile ad un tempo con la causa assicurativa e

con la causa fideiussoria, cioè ad una « funzione cauzionale ») v.,

da ultimo, Volpe Putzolu, Garanzie fideiussorie e attività assicura

tive, in Assicurazioni, 1981, 493.

tale nota, infatti, la Firs aveva comunicato alla cassa esclusiva

mente di ' voler recedere dal contratto per aggravamento del ri

schio ai sensi dell'art. 1898 c.c. e, dunque, per fatti ben distinti nella loro oggettività e per le loro conseguenze, da quelli posti a fondamento dell'azione di annullamento prevista dall'art. 1892.

Avverso la summenzionata sentenza della Corte d'appello di

Palermo la Firs italiana di assicurazione ricorre per cassazione

in base a tre motivi. Resiste con controricorso la Cassa centrale

di risparmio V.E. per le province siciliane che ha anche presen tato memoria. All'odierna udienza è stato chiesto — e rifiutato —

rinvio della discussione della presente causa per avere il difen

sore della Firs rinunziato al mandato.

Motivi della decisione. — {Omissis). Col secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione nell'impugnata senten za dell'art. 1892 c. c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e

5, c. p. c., in quanto, per affermare la decadenza della com

pagnia assicuratrice dal diritto di impugnare il contratto di

assicurazione, la cassa di risparmio avrebbe dovuto provare — e, invece, non l'aveva fatto — che la Firs già alla data del 31 otto bre 1967 avesse scoperto la reticenza dolosa della cassa al mo mento della stipulazione della polizza, scoperta che invece la Firs aveva fatto solo più tardi, quando era venuta a sapere quan to era accaduto in sede fallimentare dinanzi al Tribunale di

Trapani. L'esame di questo, come del successivo motivo di ricorso, esi

ge una puntualizzazione, sia pur breve, sulla qualificazione giu ridica del contratto in esame. Se esso, infatti, venisse conside rato come assicurazione (o polizza) fideiussoria o cauzionale che dir si voglia, l'applicazione dell'art. 1892 c.c. (come pure del successivo art. 1898 di cui si parlerà in prosieguo e più in gene rale di ogni norma particolare) in materia di contratto di assicu razione dovrebbe essere esclusa in linea di principio, trattandosi sostanzialmente di una fideiussione e, quindi, essendo applicabili al rapporto tra le parti soltanto le norme che disciplinano que st'ultimo tipo di contratto (in tal senso giurisprudenza costante: Cass. 3457/1981, Foro it., Rep. 1981, voce Fideiussione, n. 8;

6152/1979, id., Rep. 1979, voce cit., n. 4; 1292/1978, id., Rep. 1979, voce Assicurazione (contratto), n. 90; 1709/1974, id., 1974,

I, 2003; 221/1963, id., Rep. 1963, voce Fideiussione, n. 27). Nella specie, invece, deve ritenersi che si versi in tema di vero

e proprio contratto di assicurazione del credito, risultando essere stata sempre pacifica in causa la sussistenza, nella polizza stipu lata dalla cassa con la Firs, di tutti i principali caratteri in base

ai quali un contratto deve definirsi di assicurazione di credito

anziché assicurazione fideiussoria e, quindi, la comune volontà

dei contraenti di dar vita al primo e non alla seconda.

In proposito qui basterà ricordare che le differenze principali tra le due figure di contratto sopra menzionate sono le seguenti due: a) nell'assicurazione del credito il contratto viene concluso

dall'assicuratore con il creditore, cioè proprio con il soggetto che sopporta il rischio del sinistro ravvisabile nel fatto futuro

ed incerto di un terzo (l'inadempimento del debitore), e mira a

coprirne il danno conseguente, cosicché non v'è ragione di non

inquadrarlo — sia pure tenendo conto della particolarità del suo

oggetto — tra i contratti di assicurazione vera e propria previsti

dagli art. 1882 ss. c.c.; b) nell'assicurazione fideiussoria, invece, lo stipulante è il debitore il quale « assicura » un fatto proprio e volontario, cioè il fatto del suo inadempimento, nei confronti

di un terzo beneficiario (il creditore), e l'assicuratore promette non già l'indennizzo di un danno, ma semplicemente di sostituirsi

al debitore nell'adempimento, qualche volta usufruendo del be

neficium excussionis, qualche altra no, e qualche volta anche

indipendentemente dal pagamento del premio. In tal modo si

esce dallo schema tipico dell'assicurazione in quanto finisce col

prevalere la causa propria del contratto di fideiussione.

Quanto sopra premesso è sufficiente per ritenere che nella spe cie si debba applicare la disciplina normativa del contratto di

assicurazione e, in particolare, l'art. 1892 c.c.

Ciononostante, il motivo di ricorso, che sulla pretesa viola

zione di tale norma si fonda, deve considerarsi infondato, in

quanto urta contro accertamento di fatto da parte del giudice di

merito suffragato da motivazione logica e scevra da errori di di

ritto e, quindi, incensurabile in questa sede.

Se, infatti, come sembra chiaro, la reticenza del creditore assi

curato aveva avuto ad oggetto le condizioni di solvibilità del de

bitore e la congruità della copertura ipotecaria anche in ragione del valore dell'immobile ipotecato, non v'è dubbio che bene i

giudici di merito abbiano potuto presumere che, allorquando l'assicuratore seppe del fallimento del debitore e della vendita

dell'immobile ipotecato disposta dal giudice delegato a condi

zioni che avrebbero reso fortemente aleatoria la realizzazione del

credito garantito (e precisamente il 31 ottobre 1967), abbia avuto

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PARTE PRIMA

modo di avere perfetta consapevolezza anche della reticenza del

l'assicurato e del dolo o della colpa grave con cui quest'ultimo

stipulò la polizza. E ciò anche ad ammettere che di reticenza con dolo o colpa

grave possa rendersi responsabile l'assicurato quando egli, come

r^lla specie, per il solo fatto di mostrarsi disposto a pagare un

congruo premio per l'assicurazione di un credito pur garantito da ipoteca, mette con ciò stesso in guardia l'assicuratore sulle

condizioni economiche del debitore e/o sulla congruità della co

pertura ipotecaria, entrambi verosimilmente non rassicuranti.

Col terzo motivo di ricorso la Firs sostiene che, ai sensi del

l'art. 1898 c.c., sarebbe comunque assurdo negare all'assicura

tore del credito il diritto di recedere dal contratto anche quando il rischio si sia cosi' aggravato da esservi addirittura, come nella

specie, la certezza della perdita del credito.

Anche quest'ultimo motivo è infondato. Invero, quando, come ne! caso in esame, si assicura un singolo credito già sorto al mo

mento della stipula della polizza e avente scadenza unica e de

terminata, si pone in essere un contratto istantaneo ad esecu

zione unica, perché non è concepibile distinguere nel rapporto, che in base ad esso si crea, una pluralità di singole prestazioni

reciprocamente dovute per singoli periodi di tempo: e ciò anche

se il pagamento del premio sia stato convenuto in più scadenze

rateali rappresentando una siffatta modalità di pagamento niente

altro che una mera agevolazione dell'adempimento dell'assicura

to, che non modifica, ovviamente, l'inscindibile unicità del si

nallagma. Il rischio, infatti, che il tipo di assicurazione qui considerato

copre, è uno solo e, come tale, non frazionabile nel tempo: l'in

solvenza del debitore al momento (preciso e precognito) della

scadenza del credito assicurato.

Cosi chiarita la natura particolarissima del contratto in esame, è agevole comprendere che in riferimento ad esso: a) si ha ag

gravamento del rischio — che l'assicurato si deve guardare dal

produrre e che, comunque, egli deve denunciare all'assicuratore

ai sensi e per gli effetti dell'art. 1898 c.c. — quando si modifi

chino in peggio le condizioni del credito già concesso, come nel

caso in cui il creditore assicurato volontariamente conceda pro

roghe al debitore o privi il credito dei titoli esecutivi o delle ga ranzie che lo accompagnano; b) esula, invece, dal concetto di

aggravamento del rischio il peggiorare, dopo la stipula della po lizza, delle condizioni economiche del debitore e, al limite, il so

pravvenire di un suo stato di insolvenza, perché ciò non attiene

alle condizioni alle quali l'assicuratore ha accettato il rischio

dell'inadempimento de) debitore, ma costituisce, puramente e

semplicemente, il verificarsi (o lo stare per verificarsi) del sini

stro stesso assicurato.

L'esattezza di tale conclusione trova definitiva conferma nella

constatazione, ispirata dal più elementare buon senso, che, se

fosse consentito all'assicuratore di recedere dal contratto, pur

dopo aver intascato il premio dell'assicurazione, quando del si

nistro assicurato si comincino a mostrare già evidenti le cause

più prossime, gli si consentirebbe in sostanza di vanificare ad

nutum la propria responsabilità nei confronti dell'assicurato pro

prio quando si verifica l'evento per cui essa è stata pattuita: e

questo si' sarebbe non soltanto un assurdo logico-giuridico (se

proprio di assurdo si vuol parlare come non esita a fare il ricor

rente), ma, prima ancora, una vera e propria iniquità, incompa tibile con l'affidabilità dell'istituto stesso dell'assicurazione.

Diverso è ovviamente il caso in cui oggetto dell'assicurazione, come più comunemente sembra avvenire nella prassi commercia

le, sia una serie di crediti futuri maturabili in successione di tem

po: in tal caso, trattandosi di un contratto ad esecuzione con

tinuata, l'assicuratore — a norma dell'art. 1898 c.c. che rispec chia, peraltro, al riguardo un principio di carattere generale —

potrà sempre recedere dal contratto salvo patto contrario e, be

ninteso, l'intangibilità delle reciproche prestazioni corrisposte in

passato e ormai funzionalmente esauritesi, quando le condi

zioni economiche del debitore si siano deteriorate rispetto a quel le considerate nella polizza d'assicurazione.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; ordinanza 5 aprile 1982, n. 350; Pres. Dondona, Rei. D'Alberto, P. M. Cecere

(conci, conf.); Piscitello (Avv. U. Novelli) c. I.n.p.s. (Avv. Abati, Vario).

Previdenza sociale — Pensione sociale — Trasferimento del tito

lare in paese estero membro della CEE — Revoca del tratta

mento — Legittimità — Questione interpretativa — Rimessione

alla Corte di giustizia CE (Trattato CEE, art. 4, 177; reg. 14

giugno 1971 n. 1408 CEE del Consiglio, relativo all'applica zione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati

e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, art. 10; 1. 30 aprile 1969 n. 153, revisione degli ordinamenti

pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale, art. 26).

A norma dell'art. 177 trattato CEE, deve essere rimessa alla Cor te di giustizia delle Comunità europee la questione interpreta tiva dell'art. 10 regolamento 14 giugno 1971 n. 1408, perché stabilisca se la pensione sociale erogata dall'I.n.p.s. rientra fra le prestazioni assicurative che in base a tale norma comunita ria non possono subire riduzione, modifica, sospensione, sop pressione o confisca per il fatto che il beneficiario risieda nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel quale si trova l'istituzione debitrice (nella specie, la Cassazione era chiamata a giudicare della legittimità della revoca della pen sione sociale al titolare del trattamento trasferitosi in Belgio). (1)

Ritenuto in fatto. — Che con sentenza 10 giugno 1978 il Pretore

di Enna rigettava la domanda proposta con ricorso del 2 febbraio

1978, da Paola Piscitello, nei confronti dell'I.n.p.s., diretta ad ot

tenere la condanna dello stesso istituto a corrisponderle la pen sione sociale di cui all'art. 26 1. 30 aprile 1969 n. 153, a decorrere

dal 1° agosto 1975: pensione di cui la predetta ricorrente aveva

fruito, fin dal 1" gennaio 1973, ma che le era stata indi revocata a

seguito e in dipendenza del trasferimento della sua residenza nel

Belgio:

che contro tale decisione la Piscitello proponeva appello insi

stendo nell'invocare, tra l'altro, l'applicazione dell'art. 10 del re

golamento 14 giugno 1971 n. 1408 del Consiglio delle Comunità

europee; che l'I.n.p.s. contrastava l'appello, del quale chiedeva il ri

getto, opponendo quanto aveva già sostenuto nel corso del

procedimento amministrativo, e, in particolare, che la citata nor

ma comunitaria, relativa ai trasferimenti dei cittadini nell'am

bito degli Stati membri della CEE, riguardava le prestazioni assicurative obbligatorie, escluse, quindi, quelle « di natura so

ciale », come la pensione istituita con 1. n. 153 del 1969 e della

quale sono destinatari i cittadini italiani ultrasessantacinquenni, residenti nel territorio nazionale, i quali non siano titolari di

reddito o di rendite superiori ad una data misura; che con sentenza 16 febbraio 1979 il Tribunale di Enna fa

ceva propria la tesi dell'I.n.p.s. e rigettava l'appello; che di questa sentenza di secondo grado la Piscitello ha chie

sto la cassazione, sostenendo l'applicabilità, al caso di specie, della « revoca delle clausole di residenza », disposta dall'art. 10, 1J comma, del citato regolamento comunitario 14 giugno 1971

n. 1408, in quanto, a suo avviso, è erroneo escludere, nella

pensione sociale di cui si tratta, la connotazione di prestazione

obbligatoria, sia pure a carattere non contributivo, mentre deve

ritenersi, di conseguenza, revocato (con la detta norma comuni

taria) o, in subordine, costituzionalmente illegittimo (per viola

zione del precetto di cui all'art. 38, 1° comma, Cost.) l'art. 26

1. n. 153 del 1969, nella parte in cui stabilisce che la correspon sione della pensione sociale è condizionata alla residenza del

cittadino nel territorio dello Stato;

che, all'udienza di discussione, il difensore dell'I.n.p.s. ha con

trastato il gravame, ribadendo la tesi che la pensione sociale non

rientra nel novero delle prestazioni assicurative, contemplate nella detta norma comunitaria, secondo cui « le prestazioni in

denaro per invalidità, vecchiaia o ai superstiti, le rendite per in

fortunio sul lavoro o per malattia professionale e gli assegni in

caso di morte, acquisiti in base alla legislazione di uno o più

(1) Anche se manca una pronuncia specifica sull'art. 10 reg. CEE 1408/1971 del consiglio, la Corte di giustizia s'è già occupata del problema delle prestazióni di vecchiaia di carattere non contributivo affermando che gli art. 2, n. 1, 3, n. 1, e 4, n. 1, lett. c), e n. 2, reg. 1408/1971 vanno interpretati nel senso che l'attribuzione di simili prestazioni alle madri di famiglia non può essere subordi nata né alla cittadinanza della madre beneficiaria, né a quella dei figii, in quanto si tratti della cittadinanza di uno Stato membro, con sentenza 12 luglio 1979, causa 237/78, Foro it., 1980, IV, 34, con nota di richiami.

L'incompatibilità delle clausole di cittadinanza e residenza nelle legislazioni interne coti la normativa comunitaria e specificamente con gli art. 3 e 10 reg. 1408/1971, è stata da ultimo riaffermata da Corte giust. 11 luglio 1980, causa 150/79, id.. 1981, IV, 219, con nota di richiami.

Sull'efficacia delle pronunce pregiudiziali ex art. 177 trattato CEE, da ultimo, cons. Corte giust. 13 maggio 1981. causa 66/80, id.. 1982. IV, 364, con nota di richiami di L. Daniele.

Per riferimenti sulla pensione sociale in Italia, cfr. Corte cost. 15 dicembre 1980, n. 157, id.. 1981, I, 589, con nota di richiami.

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