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sezione I civile; sentenza 7 giugno 1985, n. 3392; Pres. La Torre, Est. Vercellone, P. M. Dettori...

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sezione I civile; sentenza 7 giugno 1985, n. 3392; Pres. La Torre, Est. Vercellone, P. M. Dettori (concl. conf.); Scotti (Avv. Nappi) c. Coop. portabagagli «La Vigile »(Avv. Fiorentini). Conferma App. Roma 30 luglio 1981 Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 9 (SETTEMBRE 1986), pp. 2273/2274-2275/2276 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23180665 . Accessed: 28/06/2014 18:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.121 on Sat, 28 Jun 2014 18:37:10 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 7 giugno 1985, n. 3392; Pres. La Torre, Est. Vercellone, P. M. Dettori(concl. conf.); Scotti (Avv. Nappi) c. Coop. portabagagli «La Vigile »(Avv. Fiorentini). ConfermaApp. Roma 30 luglio 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 9 (SETTEMBRE 1986), pp. 2273/2274-2275/2276Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180665 .

Accessed: 28/06/2014 18:37

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

sul piano logico — sulla base di questo chiarimento — la totale obliterazione delle unanimi testimonianze sul collegamento, tutte

liquidate con la qualificazione di affermazioni «soggettive». Resta perciò assorbito l'ulteriore argomento addotto dalla corte

del merito per escludere il collegamento, tratto dal comportamen to del Paglicci in seno all'assemblea dei sottoscrittori. Infatti, a

prescindere dalla considerazione che quanto chiarito potrebbe dare ben altro fondamento alle accuse di dolo nei confronti del

Fagioli per il suo comportamento complessivo e in particolare per quello in tale occasione (e anche il significato, che potrebbe essere illuminante, dell'atteggiamento dello stesso davanti al con

siglio di amministrazione — riferito nella sentenza impugnata —

sembra essere del tutto sfuggito a quei giudici) si deve considera re che il comportamento delle parti è solo un criterio sussidiario di interpretazione, e che comunque, se la vera natura del c.d.

preliminare di appalto non è stata colta né dal tribunale né dalla corte di Perugia, è ben comprensibile che non sia stata tenuta

presente in quella occasione dal Paglicci, al quale potrebbe essere stato facilmente fatto credere — come emergerebbe, si assume, dalle prove testimoniali — che la stipula dell'appalto (equivocan dosi appunto sulla essenza del negozio) fosse di competenza del

consiglio di amministrazione e non dell'assemblea dei sottoscritto

ri, e che il consiglio avrebbe certamente concesso la sua approva zione.

Quanto detto finora impone anche una nuova valutazione, ad

opera del giudice di rinvio, pure dell'impugnazione per dolo del

nogozio di sottoscrizione e della domanda di risarcimento dei

danni a carico dei promotori (esclusi il Lungarotti e il Gelsomini, la statuizione negativa a loro riguardo essendo passata in giudica

to). Resta perciò assorbito il terzo motivo, che riprende la tesi,

subordinata, della presupposizione (nel senso che l'appalto fosse

un presupposto della sottoscrizione), nonché il quarto, riguardan

te, appunto, l'impugnazione per dolo, e il quinto, concernente

l'invocata responsabilità dei promotori.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 7 giugno

1985, n. 3392; Pres. La Torre, Est. Vercellone, P. M.

Dettori (conci, conf.); Scotti (Avv. Nappi) c. Coop, portaba

gagli « La Vigile » {Avv. Fiorentini). Conferma App. Roma

30 luglio 1981.

Società — Società cooperativa — Esclusione di socio — Contro

versia — Devoluzione al collegio dei probiviri — Mancata co

stituzione dell'organo — Ricorso al giudice ordinario — Ter

mine (Cod. civ., art. 2527).

La mancata costituzione del collegio dei probiviri, competente, a

norma dello statuto di cooperativa, a decidere sulla contro

versia insorta fra società e socio in ordine alla esclusione di

quest'ultimo, consente di ricorrere al giudice ordinario nel

termine di trenta giorni dalla sicura conoscenza, da parte

dell'interessato, dell'inesistenza dell'organo (nella specie, il ri

corso è stato respinto perché presentato tardivamente dal so

cio, il quale aveva avuto notizia della inesistenza dell'organo decidente da una lettera del presidente della società). (1)

(1) L'esclusione del socio rientra nel rapporto societario, pertanto, si applica la disciplina di cui all'art. 2527 c.c. e non quella del lavoro

subordinato; da qui la competenza del tribunale piuttosto che del pre tore. Peraltro, il vincolo di subordinazione è astrattamente configurabi le accanto al rapporto di società, nel caso in cui l'attività lavorativa

prestata sia estranea a quella che il socio è obbligato a conferire per la realizzazione del fine sociale: conforme Cass. 18 giugno 1985, n.

3671, Foro it., 1986, I, 1004, con nota di R. Cimino. La giurisprudenza si sofferma sul momento in cui il socio viene a

conoscenza della delibera di esclusione e dal quale decorre il termine

perentorio di trenta giorni per proporre opposizione davanti al giudice ordinario (cfr., in argomento, Cass. 27 novembre 1982, n. 6430, id., Rep. 1984, voce Cooperativa, n. 68; ed anche Trib. Bologna 31 ottobre 1975, id., Rep. 1976, voce cit., n. 21).

'

Per quanto riguarda poi la questione dei rapporti tra autorità giudiziaria e organi sociali e/o associativi in ordine alla cognizione delle controversie tra gli enti e i soci e/o gli associati, (questione) che la riportata sentenza ha risolto nel senso risultante dalla massima, senza tenere alcun conto della giurisprudenza, è il caso di ricordare che questa ha avuto ripetute occasioni di occuparsi dell'argomento, formulando rilievi ed enunciazioni (come quelli di Cass. 7 giugno 1985, n. 3394, id., 1985, I, 1959, con osservazioni di C. M. Barone, di Trib. Spoleto 26

Svolgimento del processo. — Il 18 settembre 1976 il presidente della cooperativa portabagagli « La Vigile » a nome del consiglio di amministrazione, comunicò a Corrado Scotti che era stato

dichiarato decaduto dalla qualità di socio. Il 16 ottobre 1976

Scotti propose impugnativa al collegio dei probiviri previsto dall'art. 23 dello statuto della cooperativa.

Con altra lettera, del 23 gennaio 1977, il presidente gli comuni

cava che l'esclusione era con decorrenza dal 1° gennaio 1977, e

per il motivo previsto dall'art. 7, lett. A, dello statuto. Scotti

presentò, sempre al collegio dei probiviri, reclamo contro tale

seconda decisione; il reclamo fu proposto in data 19 febbraio

1977. Il 21 marzo 1977 il presidente gli comunicava che il

collegio dei probiviri non era mai stato costituito e che dunque il

suo reclamo era irricevibile perché diretto ad un organo ine

sistente.

Lo Scotti citava allora in giudizio la cooperativa dinanzi al

Tribunale di Civitavecchia, con atto notificato I'll maggio 1977, a

norma dell'art. 2527, 3° comma, c.c.

Il tribunale, accogliendo l'eccezione sollevata dalla cooperativa,

respinse la domanda in quanto tardivamente proposta, cioè quan do era trascorso il termine previsto dallo stesso art. 2527 c.c.

La Corte d'appello di Roma con sentenza del 30 luglio 1981

rigettò il gravame proposto da Scotti osservando che la compe tenza arbitrale del collegio dei probiviri ha come presupposto la

costituzione in concreto di tale organo in epoca necessariamente

antecedente all'insorgere della controversia, senza di che diventa

inoperante la stessa clausola compromissoria: con la conseguenza che rivive la competenza del giudice ordinario con le regole che

la disciplinano, ivi compresi i termini previsti per l'esercizio

dell'azione. I giudici di merito sottolinearono che non aveva

rilievo la circostanza che Scotti fosse o non fosse a conoscenza

dell'inesistenza dell'organo in quanto era suo onere accertarsene.

Ma non mancarono di rilevare che comunque era da ritenere che

egli ne fosse stato a conoscenza in quanto aveva svolto mansioni

di rilievo nella società, e che, infine, tale conoscenza aveva

sicuramente avuto almeno dal momento della comunicazione

ufficiale inviatagli dal presidente il 21 marzo 1977, cioè 51 giorni

prima della notificazione della citazione.

Ricorre per cassazione, lo Scotti, deducendo due motivi di

ricorso. La cooperativa resiste con controricorso.

Motivi della decisione. — Col primo motivo il ricorrente

denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2527, 3° comma, c.c. e dell'art. 23 dello statuto della cooperativa, insufficiente e

contraddittoria motivazione, nonché omessa motivazione su un

punto decisivo della controversia.

La contraddizione secondo il motivo starebbe nel fatto che la

sentenza da un lato ritiene irrilevante la conoscenza in concreto, da parte Scotti, dell'inesistenza dell'organo, d'altro lato afferma

che egli tale inesistenza conosceva, da tale seconda affermazione

deducendone l'intempestività dell'opposizione dinanzi al tribunale.

Illogica poi sarebbe la considerazione della sentenza che pone a carico del socio l'onere di accertare preventivamente se il

collegio arbitrale previsto dallo statuto esista o no: precisando che comunque sarebbe stato per lui impensabile che un tale

organo ancora non fosse stato costituito a venti anni dalla

costituzione della società.

Infine, sempre nel primo motivo, si critica l'affermazione della

sentenza secondo cui la norma statutaria non poteva trovare

applicazione in assenza del collegio arbitrale: ciò perché il

collegio dovrebbe comunque preesistere alla controversia altri

menti venendo a mancare le dovute garanzie di imparzialità dei

componenti dell'organo. Sostiene il ricorrente che, anzi, proprio l'insorgere della controversia avrebbe dovuto indurre la coopera tiva a costituire l'organo.

Col secondo motivo e deducendo le medesime violazioni già indicate nel primo il ricorrente rimprovera la corte d'appello di

non avere considerato la natura complementare della norma

contenuta nell'art. 2527, 3° comma, e dunque la sua inapplicabili tà quando esiste una clausola statutaria che prevede la devolu zione delle controversie tra soci e cooperativa al collegio dei

probiviri. Ambedue i motivi sono infondati, anche se deve essere

parzialmente corretta la motivazione della sentenza impugnata. Pare preliminare, in ordine logico, l'esame del secondo motivo.

aprile 1985, ibid., 3018, con osservazioni di R. iLener, di Gass. 30 marzo

1984, n. 2084, ibid., 2984, con nota di richiami, di Cass. 4 dicembre 1984, n. 6344, ibid., 321, con osservazioni di C. M. Barone e di Cass. 25

maggio 1985, n. 3180, ibid., 1876, con ulteriori indicazioni) dei quali non sarebbe stata inopportuna la considerazione nel caso di specie.

Il Foro Italiano — 1986.

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2275 PARTE PRIMA 2276

È indubbio che la disciplina ex art. 2527, 3° comma, è inapplica bile quando una clausola del contratto sociale prevede non già la

facoltà ma l'obbligo del socio di ricorrere, contro la delibera di

esclusione, al collegio dei probiviri.

Ma il problema che si pone è se questa affermazione vale anche quando, come nel caso di specie, l'organo statutario non è stato mai costituito.

Per risolvere questo problema, per il caso di specie, occorre ricordare due postulati di fatto: a) l'organo non era mai stato

costituito; b) l'organo non venne nemmeno costituito quando Scotti fece ricorso a norma dell'art. 23 dello statuto.

La soluzione accolta dalla sentenza impugnata si fonda sul solo

postulato sub a). Dicono infatti i giudici di merito che, una volta sorta la controversia, non è possibile da parte della società

provvedere allora alla costituzione dell'organo perché verrebbe a mancare la garanzia dell'indipendenza dei probiviri. Costoro, infatti, sarebbero nominati dall'assemblea che potrebbe scegliere persone già favorevoli alla tesi della conferma dell'esclusione del socio.

Ma su questo punto la motivazione non pare corretta. Si deve infatti ricordare che lo statuto prevede che i probiviri debbono

essere nominati dall'assemblea tra persone estranee e che l'esclu sione del socio non è rimessa all'assemblea ma al consiglio di amministrazione.

Da un lato, dunque, l'assemblea appare non coinvolta nella

decisione di un organo diverso, quale appunto il consiglio di amministrazione: d'altro lato, essa assemblea deve nominare pro biviri persone che della società non fanno parte.

Non è quindi vero che in astratto sia impensabile che l'organo dei probiviri possa essere costituito, a seguito della proposizione del ricorso, con le necessarie garanzie di imparzialità.

Ugualmente, però si deve giungere alla conclusione contraria alla tesi dello Scotti, tenendo conto anche del secondo postulato, che cioè in concreto il collegio non venne costituito nemmeno quando la controversia insorse. Nello statuto, infatti, non si prevede che

l'impugnazione di una deliberazione sia mezzo idoneo a promuo vere automaticamente un procedimento di costituzione del colle

gio dei probiviri. Non è previsto dunque, uno strumento, in qualche modo

analogo a quanto disposto dall'art. 810 c.p.c., per pervenire

comunque, mediante l'intervento di organi estranei alla costitu

zione dell'organo decidente: uno strumento, cioè, che consente di

pervenire alla nomina dei probiviri nell'inerzia della società, o

meglio dell'organo deputato a tale nomina, cioè l'assemblea. Nel caso in esame, dunque, il socio non aveva alcuna obiettiva

possibilità di ottenere la decisione da parte dell'organo pure

previsto dallo statuto: l'organo non esisteva e il socio non poteva in alcun modo promuovere la successiva costituzione.

Corollario di tale situazione obiettiva è che il socio era

svincolato dall'obbligo, previsto dallo statuto, che gli impediva di

adire al giudice ordinario. La inesistenza dell'organo aveva infatti

reso del tutto inoperante l'intera clausola statutaria, sicché a

Scotti rimaneva soltanto la via del ricorso al giudice ordinario, a

norma dell'art. 2527, 3° comma.

Su quanto fin qui enunciato, che è sufficiente a rivelare

l'infondatezza del secondo motivo, si innestano le ragioni per

rigettare anche il primo motivo del ricorso.

Anche su questo punto la motivazione deve essere parzialmente

corretta, ma va condivisa l'affermazione decisiva, che cioè l'oppo sizione fu proposta tardivamente al giudice ordinario.

È infatti da ritenere che non possa porsi a carico del socio,

qualunque sia la sua posizione in seno alla società, l'onere di

sapere che non esiste, non è mai esistito, il collegio dei probiviri,

cui pure egli si dovrebbe rivolgere. E, soprattutto, non si può

affermare che lo Scotti avrebbe anche dovuto sapere che il

collegio non sarebbe stato costituito nemmeno a seguito del suo

ricorso, come pure sarebbe stato possibile. Il socio ha solo un onere, anzi un obbligo, ed è quello di

rispettare la clausola statutaria fin quando sia logicamente da

ritenere che essa possa essere operante.

Inesatta è dunque la motivazione della sentenza impugnata sia

quando afferma l'irrilevanza della non conoscenza in concreto sia

quando sostiene che la conoscenza in concreto deve presumersi

per il fatto solo che lo Scotti era da anni socio e nella società

aveva rivestito cariche importanti.

Ma la stessa sentenza ha opportunamente messo in rilievo che

proprio l'amministratore della società, con la lettera del 21 marzo

1977, aveva dato notizia allo Scotti del fatto che il collegio dei

probiviri non era mai stato costituito.

Aveva anzi aggiunto nella lettera che « il ricorso, pertanto, essendo diretto ad un organo inesistente, non può essere esamina

to ».

Dalla ricezione di quella lettera, dunque, il socio era stato

messo a piena conoscenza e del fatto che il collegio dei probiviri non esisteva prima del sorgere della controversia e del fatto che

nemmeno successivamente era stato costituito.

Da quel momento egli sapeva che la norma statutaria era

inoperante, che egli non era più vincolato all'obbligo posto dallo

statuto, che dunque aveva soltanto la possibilità di opporsi dinanzi

al tribunale ex art. 2527, 3° comma, c.c.

Esattamente, pertanto, la sentenza impugnata ha concluso che,

anche per quella sola ragione, la domanda dello Scotti doveva

essere respinta perché tardiva. Infatti, dalla ricezione di quella

lettera, come si è visto, passarono più dei trenta giorni previsti dall'art. 2527 c.c. prima che lo Scotti si rivolgesse al tribunale.

Il ricorso va dunque respinto. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 26

aprile 1985, n. 2722; Pres. Cusani, Est. Micali, P. M. Fabi

{conci, conf.); Mori e altri (Avv. Baratta) c. Diamanti e altri;

Cassa di risparmio di Carrara {Avv. Lavagnini) c. Diamanti e

altri. Regolamento di giurisdizione.

Impiegato dello Stato e pubblico — Cassa di risparmio —

Concorso — Esclusione — Ricorso — Giurisdizione ordinaria.

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario il ricorso propo sto da un partecipante a pubblico concorso per la copertu ra di posti di impiegato presso una cassa di risparmio, contro

la sua esclusione dal concorso stesso. ( 1)

i('l) La Cassazione conferma la sua giurisprudenza consolidata circa la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario sulle controver sie relative all'assunzione, o mancata assunzione presso enti pubblici economici, casse di risparmio, aziende municipalizzate, e cosi via, al

rispetto dei criteri di selezione predisposti a tal fine, ecc.: Cass. 23

luglio 1981, n. 4736 (concernente il rifiuto di assunzione presso una cassa di risparmio), Foro it., 1982, I, 115, con nota di richiami, che

rinvia alla esauriente nota di richiami a Cass. 5 gennaio 1981, n. 1, id., 1981, I, 15; nonché 8 febbraio 1982, n. 755 (concernente il rifiuto di assunzione presso l'E.n.el.), id., 1983, I, 114.

Successivamente, nello stesso senso, Cass. 27 settembre 1982, n. 4942

(concernente la legittimità dei criteri adottati nel concorso per l'assun

zione presso un'azienda municipalizzata di trasporto), id., Rep. 1982,

voce Impiegato dello Stato, n. 250; ltè gennaio 1983, n. 411 (concer nente l'illegittimità degli atti della procedura concorsuale per l'assun

zione presso un consorzio di sviluppo industriale), id., Rep. 1983, voce

cit., n. 308; 15 gennaio 1983, nn. 322-325 (concernenti la legittimità dell'esclusione del requisito dell'idoneità fisica per l'assunzione pres so un'azienda municipalizzata di trasporto), ibid., nn. 296-299; 16

aprile 1984, in. 2437 (concernente l'azione di accertamento negativo della costituzione del rapporto di impiego con una azienda municipa lizzata di trasporto, con un soggetto assunto in via di urgenza dal

presidente dell'azienda stessa, con atto non ratificato per la sua

illegittimità dai competenti organi di amministrazione), id., Rep. 1984, voce cit., n. 231.

Con questo orientamento giurisprudenziale, converge un altro orien

tamento riguardante i provvedimenti che l'amministrazione adotta nei confronti di singoli rapporti di impiego, nel corso del suo svolgimento, come l'attribuzione di qualifiche, di promozioni, e, in genere, atti che

realizzano una progressione nella carriera, anche sulla base di concorsi o selezioni interne, altro orientamento ugualmente nel senso della

giurisdizione del giudice ordinario: Cass. 22 maggio 1982, n. 3149, 18 novembre 1982, n. 6195 e 25 novembre 1982, n. 6368, id., Rep. 1982, voce cit, nn. 455, 251, 454; 18 gennaio 1983, n. 411, 30 marzo 1983, n. 2312, e 28 ottobre 1983, n. 6371, id., Rep. 1983, voce cit., nn. 309, 446, 424, nonché 23 marzo 1983, nn. 2023-2026, e 2029-2032, ibid., nn.

302-307, 544; 21 febbraio, 11 e 23 maggio 1984, nn. 1235, 2878 e

2881, e 3174-3175, id., Rep. 1984, voce cit., nn. 324, 523, 347, 521, nonché 10 maggio 1984, nn. 2853, 2845, 2848, 2849 e 2852, ibid., nn. 659-663 (v. anche Cass. 11 maggio 1984, n. 2874, id., 1984, I, 1827, con nota di richiami, che ha affrontato il problema della perpetuatio iurisdictionis, in una vicenda concernente un consorzio di bonifica estinto con subentro di un ente pubblico); 4 luglio e 15 ottobre 1985, nn. 4052 e 5031, id., IMass., 750 e 926). Contra: Pret. Roma 6 dicembre 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 525, che ha affermato la

giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia concernente il comportamento della S.i.a.e. nei confronti di una promozione a scelta in soprannumero, perché considerata attinente al potere di

autorganizzazione dell'ente. Da questi orientamenti giurisprudenziali emerge un quadro nel quale

Il Foro Italiano — 1986.

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