sezione I civile; sentenza 7 giugno 1985, n. 3400; Pres. Scanzano, Est. Caturani, P. M. Amirante(concl. conf.); Comunità dei cistercensi riformati delle Tre Fontane (Avv. Gallo) c. Comune diRoma (Avv. Zampini). Conferma App. Roma 16 novembre 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 10 (OTTOBRE 1985), pp. 2609/2610-2613/2614Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178207 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
una formula efficace, alfe quale il tribunialle intende conformare il
proprio giudizio: la risoluzione unilaterale del rapporto deve
essere consentita soltanto per cause precise e determinate, e
all'eventuale annullamento dell'avvenuto licenziamento deve se
guire la completa .reintegrazione nella posizione giuridica preesi stente fatta illegittimamente cessare.
Come la stessa Corte costituzionale ha insistentemente sottoli
neato, non compete alla Corte costituzionale bensì' ai giudici ordinari l'applicazione di tali principi, e verificare « più spe cificamente se sia da stimare » vera « la reintegrazione nel posto di lavoro ove si neghi la esecutorietà forzata della sentenza, che
tale integrazione ordini » (Corte cost. 18 giugno 1979, n. 42, cit.,). Investito cosi autorevolmente della pienezza di tale delicata
verifica, il tribunale non può sottacere il contrasto che emerge tra
il principio affermato dalla Corte di cassazione, nella sentenza 12
aprile 1976 n. 1268 (id., 1976, I, 915), cioè il concetto dli stabilità « per la generalità dei casi coincide oggi con l'ambito di operati vità della 1. 20 maggio 1970 n. 300, dati gli effetti attribuiti
dall'art. 18 all'ordine di riassunzione, ben più incisivi di quelli
prevòsti dall'art. 8 1. 15 luglio 1966 n. 604» e l'altro principio di
diritto enunciato dalla medesima Corte suprema nelle sentenze 15
aprite 1976, n. 1355 (id., 1976, I, 1136) e 20 gennaio 1978, n. 262,
(id., 1978, I, 1486), cioè che « l'ordine che, ai isensi dell'art. 18
dello statuto, il giudice dà al datore di reintegrare nel posto il
lavoratore illegittimamente licenziato, non è suscettibile d'i esecu
zione forzata ».
Ma questo non è il solo problema; anche la verifica dell'analo
gia che deve esistere tra la predeterminazione delle cause di
cessazione del rapporto di pubblico impiego e la predetermina zione delle ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro subordi
nato privato offre serie difficoltà.
Tale problema era stato già espressamente esaminato (in un
giudizio in cui si discuteva la sussistenza della stabilità del
rapporto di lavoro ai fini dell'esenzione dai contributi obbligatori
per la disoccupazione involontaria, ai sensi dell'art. 40 r.d.l. 4
ottobre 1935 n. 1827) dalla Corte di cassazione nella sentenza 22
gennaio 1968 n. 152 (id., 1968, I, 351) nella cui ampia motivazio
ne si chiariva che può ritenersi sussistente un regime di stabilità
quando per i lavoratori vi sia la « garanzia di non essere costretti
a lasciare il posto, se non quando ricorra una giusta causa a
norma dell'art. 2119 c.c. oppure vi siano altri determinati giu stificati motivi, non soltanto genericamente indicati (come si
verifica per la disposizione dell'art. 3 1. n. 604 del 1966) ma
tassativamente stabiliti a priori con criteri restrittivi e con la
eventuale previsione anche di un particolare trattamento indenni
tario quando si tratti d'i motivi esclusivamente collegati con
esigenze obiettive dell'impresa ».
Per motivi collegati ad esigenze obiettive dell'impresa, la Corte
suprema aveva esplicitamente enunciato che si dovessero intende
re soltanto gli eventi « d'indole esclusivamente oggettiva e del
tutto indipendenti dalla volontà e dal comportamento dell'esattore
nella sua attività di gestione » (trattavasi di dipendenti di un'e
sattoria).
Secondo quella sentenza, « i giustificati motivi obiettivi » sono
dunque nella 1. n. 604 del 1966 solo « genericamente indicati »
senza quella tassatività e indipendenza del comportamento im
prenditoriale del datore di lavoro che rende davvero avvicinabile
il rapporto di lavoro privato al rapporto d'impiego pubblico, nel
quale infatti i casi di dispensa dal servizio (art. 129 e 130 t.u.
per gli impiegati dello Stato) sono indicati tassativamente, e non
contengono alcuna flessibilità paragonabile alle indeterminate
« ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del la
voro e al regolare funzionamento di essa » di cui all'art. 3 1. n.
604 del 1966, la quale circoscrive tuttora il recesso leoito.
Anche sotto questo profilo, le affermazioni contenute nella
sentenza 12 aprite 1976, n. 1268 della stessa Corte di cassazione
contrastano con quanto affermato in altre sentenze della stessa
corte regolatrice, e non possono essere applicate in modo letterale
ed acritico.
In realtà, nel caso di specie te condizioni cui la Corte
costituzionale ha subordinato la decorrenza della prescrizione
quinquennale nel corso del rapporto non possono dirsi sussistenti,
poiché per i dipendenti dell'E.n.el. non è possibile la piena
reintegrazione dei lavoratori illegittimamente licenziati (eventual
mente anche a seguito di esecuzione coattiva) nella posizione
giuridica preesistente, e poiché il rapporto di lavoro può essere
unilateralmente risolto dal datore di lavoro in base a « giustificati motivi obiettivi » solo « genericamente indicati », che né la legge
né la contrattazione collettiva hanno ulteriormente precisato.
La rigorosa verifica che la Corte costituzionale ha demandato
al giudice ordinario ha pertanto — nella specie — esito negativo, il che comporta il decorso della prescrizione quinquennale solo a
partire dalla cessazione del rapporto, e la reiezione della eccezio ne formulata dalla società appellante. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 7 giugno 1985, n. 3400; Pres. Scanzano, Est. Caturani, P. M. Amirante
(conci, conf.); Comunità dei cistercensi riformati delle Tre
Fontane (Avv. Gallo) c. Comune di Roma (Aw. Zampini).
Conferma App. Roma 16 novembre 1981.
Tributi locali — Imposta sulle aree fabbricabili — Avviso di rettifica — Nullità per difetto di motivazione — Successiva
sanatoria — Condizioni (L. 5 marzo 1963 n. 246, istituzione di
un'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili, art. 18)
In materia di imposta sulle aree fabbricabili, la nullità dell'avviso di rettifica per difetto di motivazione risulta sanata ove il contribuente abbia avuto modo di contrastare la legittimità della pretesa tributaria e di far valere le proprie ragioni nel
corso della causa di merito. (1)
(1) La decisione segue l'orientamento consolidato della corte di letittimità circa l'irrilevanza (rectius, l'esclusione — come vedremo tra un momento) — delle nullità per difetto od insufficienza di motivazio ne dell'avviso di accertamento, nel campo dell'imposta sulle aree fabbricabili, quante volte il contribuente sia messo in grado di contestare le richieste dell'amministrazione finanziaria « consultando gli atti presso l'ufficio impositore » (Cass. 6 gennaio 1981, n. 57, Foro it., Rep. 1981, voce Tributi locali, n. 370) o « attingendo, in sede contenziosa, gli elementi posti a base dell'accertamento » (Cass. 22 febbraio 1979, n. 1132, id., Rep. 1979, voce cit., n. 293), grazie ai poteri di indagine e di raccolta delle prove conferiti alle commissioni tributarie (Cass. 26 marzo 1977, n. 1193, id., Rep. 1977, voce cit., n. 270; v., anche, Trib. Venezia 28 gennaio 1977, id., Rep. 1978, voce cit., n. 235 e G.P.A. Genova 5 ottobre 1976, id., Rep. 1977, voce cit., n. 273); sicché si può ritenere che la figura della nullità in senso proprio ricorra solo in quelle ipotesi in cui, « per le lacune contenute nell'accertamento, il comune si sia posto in una posizione di superiori tà nei confronti del contribuente in tal modo da rendergli impossibile contrastare validamente la pretesa tributaria » (cosi Cass. 2 agosto 1977, n. 3423, ibid., n. 267; nello stesso senso v. Cass. 7 luglio 1977, n. 3020, ibid., n. 268; 25 ottobre 1976, n. 3848, ibid., n. 269; 25 ottobre 1976, nn. 3849-3851, id., Rep. 1976, voce cit., nn. 226-228; 18 aprile 1978, n. 1837, id., Rep. 1978, voce cit., n. 236). Analogo convincimento è espresso dalla giurisprudenza della Commissione tribu taria centrale: cfr. dee. 16 novembre 1983, n. 3663, id., Rep. 1984, voce cit., n. 429; 25 marzo 1982, n. 2968, id., Rep. 1983, voce cit., n. 547; 11 dicembre 1980, n. 13346, id., Rep. 1981, voce cit., n. 377; 11 ottobre 1979, n. 10790, ibid., n. 373; 15 marzo 1979, n. 3992, id., Rep. 1979, voce cit., n. 294).
Questa interpretazione appare in contrasto con quanto espresso dalla stessa corte di legittimità in relazione all'impossibilità di ammettere una sanatoria nelle ipotesi di nullità per difetto di motivazione dell'avviso di accertamento mediante l'opposizione del contribuente nel corso del procedimento di merito (in quanto « tale nullità incide sulla formazione del rapporto giuridico d'imposta»: cfr., per un recentissi mo esempio, Cass. 11 luglio 1985, n. 4129, in questo fascicolo, I, 2582, con nota di richiami sul punto); ma ad un'attenta lettura della motivazione della decisione riportata si coglie il senso dell'affermazione contenuta nella massima, in quanto la nullità, più che sanata — come aveva ritenuto il giudice d'appello —, doveva ritenersi esclusa dal momento che l'avviso di rettifica, pur non contenendo i motivi che avevano determinato l'incremento di valore, riportava l'indicazione dei valori iniziali e finali dell'area, dell'incremento imponibile, dell'imposta e dell'eventuale soprattassa (ossia gli elementi necessari e sufficienti per ritenere congruamente motivato l'avviso: anche su questo punto la giurisprudenza è ormai pacifica: cfr. Comm. trib. centrale 6 marzo 1984, nn. 2228 e 2217, id., Rep. 1984, voce cit., nn. 424, 425; 14 novembre 1983, n. 3625, ibid., n. 428; 29 giugno 1983, id., Rep. 1983, voce cit., n. 543; 4 ottobre 1982, n. 6393, ibid., n. 544; 7 giugno 1982, n. 4906, ibid., n. 545; 22 febbraio 1980, n. 10890, id., Rep. 1981, voce cit., n. 371; 22 novembre 1979, n. 12332, ibid., n. 372; 21 febbraio 1979, n. 2912, id., Rep. 1979, voce cit., n. 295; 21 dicembre 1976, n. 15542, id., Rep. 1977, voce cit., n. 272; ma, in ogni caso, non è sufficiente confermare semplicemente il valore determinato dalla commissione comunale tribu ti locali, ove si accerti la minore consistenza dell'area rispetto a quella considerata dalla commissione: Comm. trib. centrale 29 settembre 1980, n. 9120, id., Rep. 1981, voce cit., n. 379; né si può ritenere congruamente motivato l'accertamento che indichi solo l'imposta: Comm. trib. centrale 14 gennaio 1975, n. 342, id., Rep. 1975, voce cit., n. 245; resta, comunque, il dubbio circa il definitivo '
superamento '
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2611 PARTE PRIMA 2612
Svolgimento del processo. — Il 1° luglio 1969 il comune di
Roma notificò alla Comunità dei cistercensi riformati (trappisti) delle Tre Fontane avviso di accertamento ai fini dell'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili in relazione alla
vendita di un terreno effettuata dalla comunità.
Questa propose ricorso alla commissione comunale tributi locali, la quale, rigettato (il motivo concernente Ila nullità dell'accertamento
per difetto di motivazione, accolse quello di merito riconoscendo
congruo il valore finale dichiarato dalla contribuente. La giunta provinciale amministrativa, accogliendo il successivo
appello del comune, confermò l'accertamento. Proposto ricorso dalla comunità alla Commissione tributaria centrale, questa lo
accolse, annullando l'accertamento perché carente di motivazione.
Con citazione del 9 giugno 1975, il comune di Roma convenne
quindi la comunità davanti al Tribunale di Roma chiedendo che, in difformità da quanto ritenuto della Commissione centrale delle
imposte, fosse dichiarata legittima la pretesa tributaria di cui all'accertamento in questione.
Nella resistenza della comunità, il tribunale con sentenza del 28
giugno 1977 rigettò la domanda sul presupposto della nullità dell'avviso di accertamento per carenza di motivazione.
Proposto appello dal comune, la Corte d'appello di Roma, con la sentenza in questa sede impugnata, accolse il gravame dichia rando legittimo l'avviso di accertamento e rimettendo le parti dinanzi alla Commissione tributaria centrale per l'esame dei motivi di merito.
Ritenne la corte: a) che dovendo l'accertamento, ai sensi
dell'art. 18 1. 5 marzo 1963 n. 246, essere notificato per estratto al contribuente, elementi necessari di esso sono quelli relativi alla individuazione e qualificazione del rapporto tributario, e cioè natura del rapporto, soggetti attivi e passivi, oggetto specifico, formazione e determinazione della pretesa fiscale; b) che in ogni caso la mancanza e l'insufficienza della motivazione dell'accerta mento notificato divengono irrilevanti quando ad esse si sia
sopperito nel corso del procedimento innanzi alle commissioni
tributarie, dotate di poteri di indagini e di raccolta di prove; c) che nella specie le motivazioni della maggiore imposizione non
potevano non ricavarsi dalle difese dell'ufficio impositore e dalle decisioni degli organi del contenzioso tributario, e che valore decisivo assumeva al riguardo la constatazione del parziale acco
glimento da parte della commissione di prima istanza dei motivi di merito proposti dalla contribuente, il che stava a dimostrare la sua totale consapevolezza degli elementi e dfei criteri motivanti la
maggiore imposizione, che He aveva, appunto, eonsientìiito la concre ta e positiva tutela delle proprie ragioni.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Comunità dei cistercensi riformati (trappisti) delle Tre Fontane sulla base di due motivi illustrati con memoria; resiste con controricorso il comune di Roma.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo, denunziando
violazione o falsa applicazione degli art. 17 e 18 1. 5 marzo 1963 n. 246 (art. 360, n. 3, c.p.c.), la ricorrente sostiene che la corte
d'appello ha confuso tra estratto della deliberazione di accerta mento da notificarsi al contribuente, ai sensi dell'art. 18 della
legge suddetta, nel quale potrebbe anche non essere contenuta la motivazione dell'accertamento, e l'accertamento stesso da adottarsi ai sensi dell'art. 17 cit. mediante deliberazione della giunta municipale, che, come provvedimento amministrativo qualificato, imperativo ed incidente sulla sfera dii libertà dei' singoli, raon può non contenere la motivazione come uno dei suoi elementi essen ziali. D'altro canto la stessa dizione della legge che richiede la notifica dell'estratto ex art. 18 dimostra che si richiede la
completa conoscenza da parte del destinatario di quella parte della delibera di giunta che lo riguarda. E poiché il comune non
del precedente atteggiamento della giurisprudenza che, per la comple tezza della motivazione, richiedeva anche l'indicazione dei criteri estimativi: v. Comm. trib. centrale 13 dicembre 1979, n. 13382, id., Rep. 1981, voce cit., n. 380; nonché, risalendo negli anni, Cass. 29 luglio 1974, n. 2288, id., Rep. 1974, voce cit., n. 196; Comm. trib. centrale 16 aprile 1973, n. 4892, ibid., nn. 197, 198; 22 marzo 1973, n. 3686 e n. 3670, ibid., nn. 199, 200; 20 giugno 1973, n. 7658, ibid., n. 201; 7 febbraio 1974, n. 4892, ibid., n. 203; 9 novembre 1972, n. 10418, id., Rep. 1973, voce cit., n. 268; 29 aprile 1971, nn. 3942 e 3940, id., Rep. 1972, voce cit., nn. 341, 343; 20 gennaio 1970, n.
658/11119, id., Rep. 1970, voce cit., n. 441; 10 febbraio 1970, n. 2013, ibid., n. 443; 14 ottobre 1969, n. 8764, ibid., n. 444; 10 giugno 1969, n. 5388, ibid., n. 445; 24 giugno 1969, n. 6212/1536, ibid., n.
446). In dottrina cons. Marongiu, Sull'obbligo di motivazione dell'accer
tamento dell'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili, in Dir. e pratica trib., 1974, II, 295.
ha mai prodotto alcun testo integrativo o correttivo, può d'irsi che
l'atto notificato contiene quella parte di delibera riflettente la
comunità Ohe, essendo priva di motivazione, è afletta da radicale
nullità per difetto di un elemento essenziale.
Con il secondo motivo, denunziando violazione dell'art. 18 1. 5
marzo 1963 in. 246, nonché difetto d'i motivazione (aut. 360, on. 3
e 5, c.p.c.), sii' oenisuira La sentenzia impugnata per averne condiviso
il principio secondo cui in materia di tributi locali la nullità
dell'accertamento per difetto di motivazione può essere sanata
dalle difese svolte in sede di processo tributario, principio influen
zato dalla ritenuta natura amministrativa del relativo proce dimento.
Infine, si afferma che l'integrazione dell'atto di accertamento
deve provenire dallo stesso ufficio impositare e che, in ogni caso, la corte si è limitata soltanto ad enunciare il principio di cui
sopra senza alcuna indagine diretta a stabilire se gli elementi
prodotti in giudizio fossero sufficienti ad integrare le riscontrate
carenze dell'atto impugnato.
Le riassunte censure sono infondate. Come risulta dalla impu
gnata sentenza, la controversia insorta tra le parti in sede d'i
merito tendeva a stabilire se sussistesse o meno la nullità
dell'avviso di rettifica (della dichiarazione del contribuente) no
tificato dal comune ai sensi dell'art. 18 1. n. 246 del 1963,
sull'imposta relativa all'incremento di valore dalle aree fabbri
cabili. Sosteneva la ricorrente che l'avviso fosse rinvalido e quindi
privo di effetti per difetto assoluto di motivazione; si opponeva invece dal comune che esso era del tutto conforme a legge e che
comunque nella specie si era verificata la sanatoria di ogni eventuale nullità, per avere il contribuente valutato compiutamente nel corso del giudizio i termini della contestazione od apprestato le proprie difese sul merito della controversia.
Orbene, diversamente dal tribunale che ritenne la nullità del
l'avviso di rettifica per difetto dii motivazione perché contenente
soltanto le cifre indicanti il valore (iniziale e finale) dell'area
nonché l'incremento di valore e l'imposta pretesa, la corte d'appel lo, su gravame del comune che sostenne invece la legittimità deffll'awiisio di rettìfica, comisidlerò legittima la pretesa tributaria
ponendo in evidenza i requisiti che deve contenere l'avviso ed in
ogni caso riscontrando la sanatoria della nullità.
Impostato in questi termini il tema di indagine proposto ai
giudici in sede di merito (in conformità alla contestazione svoltasi
innanzi alle commissioni tributarie), è agevole il rilievo che, nel
momento stesso in cui la ricorrente in questa sede di legittimità sposta i termini della controversia sostenendo, per la prima volta, che l'avviso di rettifica è nullo non già per un proprio vizio
intrinseco, ma perché esso non riproduce la rettifica contenuta nella delibera della giunta municipale (di cui melila memoria ex
pressis verbis si denuncia l'inesistenza), la medesima introduce
in Cassazione un tema di indagine assoltutemarate muovo, che
implicando accertamenti di puro fatto deve ritenersi inammissibile in questa sede.
Per quanto riguarda, invece, la doglianza che investe, cosi come in sede di merito, la nullità dell'avviso di rettifica per difetto di motivazione in quanto contiene soltanto le cifre, corrispondenti al valore (iniziale e finale) del bene, all'incremento tassabile, ed alla
imposta pretesa, deve osservarsi che l'interpretazione dell'art. 18 1. n. 246/63, secondo cui gli accertamenti e le rettifiche devono essere notificate per estratto al contribuente entro trenta giorni dalla data della deliberazione di cui all'art. 17, non può prescin dere dal tener presente le stesse modalità e caratteristiche del
procedimento all'uopo previsto dalla legge. Ai sensi dell'art. 6 della 'legge, invero, l'iniziativa della procedu
ra è devoluta allo stesso contribuente, il quale nella sua dichiara zione deve indicare tra l'altro il valore che deve essere preso a base per il calcolo degli incrementi imponibili, i fattori incremen tativi ed ogni altro elemento necessario o utile per il calcolo dell'incremento di valore imponibile.
Nel sistema della legge, la rettifica si porge, quindi, non già come atto isolato che deve racchiudere in sé in maniera assoluta mente completa ed esauriente tutti gli elementi idonei a giustifica re l'imposizione tributaria, come sostenuto dalla ricorrente, ma
quale atto amministrativo necessariamente connesso alla preceden te dichiarazione del contribuente cui si richiama e la cui interpre tazione quindi non può prescindere dal riferimento anche a quegli elementi indicati dallo stesso contribuente che insieme al contenu to della rettifica specificano e puntualizzano in concreto i termini essenziali della controversia.
Ma l'esattezza della tesi sostenuta dalla contribuente circa l'autosufficienza dell'avviso di rettifica per quanto riguarda la motivazione dell'accertamento tributario, a pena di nullità, è
Il Foro Italiano — 1985.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
messa in crisi aitasi dal rilievo che sia nel processo tributario
che nel (successivo) giudizio innanzi all'autorità giudiziaria ordi
naria, la controversia d'imposta non investe direttamente la legit timità del provvedimento amministrativo, e quindi la sua possibile eliminiazfione dall mondo giuridico, come patirebbe pensarsi se ci1 si
trovasse di fronte ad una giurisdizione di annullamento.
In tal caso, per converso, l'oggetto del giudizio si risolve nel
controllo circa la legittimità della pretesa tributaria fatta valere
dall'ente pubblico onde in questa prospettiva l'atto di rettifica si
porge soltanto come un presupposto la cui ricorrenza consente
all'amministrazione di far valere, secondo legge, -nei confronti del
soggetto debitore il suo credito d'imposta. Il giudicato si forma quindi in relazione a tale oggetto del
giudizio sicché, in conformità alla tutela giuridica di un qualsiasi diritto di credito, è possibile che le parti discutano e facciano
valere le contrapposte linee difensive con la più ampia libertà
d'indagine, secondo le regole proprie del procedimento tributario.
Deve pertanto confermarsi in questa sede l'indirizzo ormai
costante di questa corte che in materia si è evoluto nel senso che
deve escludersi la nullità dell'estratto d'ella deliberazione di accer
tamento di rettifica ex art. 18 della legge in esame, nel caso in
cui esso contenga solo la dichiarazione dei valori iniziali e finali
dell'area, dell'incremento imponibile, dell'imposta e dell'eventuale
soprattassa senza far menzione dei motivi dell'accertamento in
quanto la nullità dell'avviso d'i rettifica e quella conseguente
dell'imposizione possono ravvisarsi solo nel caso in cui per effetto
d'elle sostanziali lacune dell'avviso di accertamento la posizione del comune impositore si atteggi secondo un criterio di suprema zia oggettivamente arbitraria cosi' da rendere impossibile, in tutto o in pairte, urna valida e tofonmiaita contestazione dela pretesa tributaria sia con riferimento al titolo sia con riferimento alla sua
entità (sentenze nn. 1132/79, Foro it., Rep. 1979, voce Tributi
locali, n. 293; 1837/78, id., Rep. 1978, voce cit., n. 236). Si è
perciò giustamente precisato in proposito che in tal caso la
incompletezza dell'avviso di accertamento da pairte del comune nei
sensi indicati non comporta la nullità insanabile dell'avviso mede
simo né conseguentemente la decadenza del comune dal potere impositivo perché detta incompletezza non pregiudica la possibilità del contribuente di contrastare la pretesa fiscale e di svolgere le
sue ragioni dinanzi alle commissioni tributarie senza alcun limite
o preclusione di indagine su tutti gli elementi concorrenti alla
determinazione e quantificazione della base imponibile (sent. nn.
57/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 370; 1132/79, cit.; 3423/77, id.,
Rep. 1977, voce cit., n. 267; 3020/77, ibid., n. 268; 3848/76, ibid., n. 269; 3923/75, id., Rep. 1975, voce cit., n. 74).
Alla stregua delle svolte considerazioni ed a conferma del
precedente orientamento di questa corte, deve quindi ritenersi che
le doglianze mosse dalla ricorrente alla impugnata sentenza si
infrangono contro una motivazione, la quale, anche se ha preso le
mosse dalla riconosciuta nullità dell'avviso di rettifica per de
fidienzia di motivazione ha riscontrato in concreto che quella nullità era sitata saniate (proprio iim conisiideraziilanie dell'oggetto dèli
giudizio) in quanto, davanti ai giudici, la contribuente aveva avuto modo di contrastare la legittimità della pretesa tributaria e
di far valere le proprie ragioni sulla base di una linea difensiva che le aveva consentito di ottenere, innanzi alla commissione
comunale dli prima Ssitanaa un accoglilmeinito (stila pure parziale) della propria tesi difensiva attinente al merito della controversia.
Lungi quindi dall'essere caduta in contraddittoria motivazione, la sentenza impugnato, stila baisie di urna coerente applicazione alla
fattispecie dei principi cui questa corte si è costantemente attenuta in materia, è pervenuta ala logica conclusione d'ella legittimità della pretesa tributaria fatta valere dal comune di Roma.
In oandllusfome, «ottaiaendosE l'impugnate 'sentenza alle proposte censure, il ricorso deve essere respinto. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 24 maggio
1985, n. 3151; Pres. Dondona, Est. Arena, P. M. Amirante
(conci, diff.); Telese (Avv. Moraschi) c. 'Cassa nazionale di
previdenza e assistenza per avvocati e procuratori; Cassa
nazionale di previdenza e assistenza per avvocati e procuratori
(Avv. Martuccelli) c. Telese. Cassa Trib. Milano 12 marzo
1983.
Avvocato e procuratore — Previdenza forense — Pensione —
Minima anzianità contributiva — Conseguimento del requisito attraverso il riscatto — Ammissibilità (L. 22 luglio 1975 n. 319,
modifiche alle norme riguardanti la previdenza e l'assistenza
forense, art. 8).
Il requisito della minima anzianità contributiva, richiesto ai fini
pensionistici dal 1° comma dell'art. 8 l. 22 luglio 1975 n. 319 sulla previdenza forense, può essere conseguito anche eserci tando la facoltà, prevista dal 2" comma della stessa norma, di
riscattare il periodo di corso legale di laurea e l'anno di pratica forense. (1)
Motivi della decisione. — Con unico motivo di ricorso si denuncia violazione dell'art. 8 1. 22 luglio 1975 in. 319, in refezione all'art. 360, n. 3, c.p.c., per avere SU' tribunale uliteruuto ammissibile iil riscatto degli anni di laurea solo ai fini del computo degli anni di iscrizione alla cassa e non anche degli anni di libero esercizio
professionale, requisiti entrambi richiesti per conseguimento della
pensione forense.
La doglianza è fondato. Il sistema prevideiniziafe forense, ai pari! diagli altri sistemi previdenziali, assolve a queil dettato oostituziona
fe, di cui ail'art. 38, secondo ili quale i lavoratori (autonomi o dipen denti) hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adegua ti affile loro ©sigenae di' viltà in caso di infortunio, malattìa, invalidità e vecchiaia.
Tale diritto viene assicurato attraverso la contribuzione (volon taria ed obbligatoria) al fondo previdenziale ed assistenziale e l'attività professionale funge da elemento qualificante i contri buenti beneficiari delle provvidenze previste.
Essenziale al sistema previdenziale è, pertanto, la contribuzione mentre l'attività professionale individua i beneficiari delle varie
categorie dei lavoratori, si che la iscrizione ai rispettivi albi, ove sono prescritti, costituisce elemento naturale, più che essenziale, al sistema previdenziale, affidata alla valutazione di politica legislati va piuttosto che rinveniente da un principio previdenziale.
Tutto quanto innanzi trova riscontro nella giurisprudenza di
questa corte, anche riguardo al sistema previdenziale forense, secondo la quale: « il principio d'i non valutabilità ai fini
pensionistici dei periodi di esercizio professionale svolti in situa zione di incompatibilità, introdotto per la prima volta dall'art. 2 1. 22 luglio 1975 li. 319, non può considerarsi un principio generale idoneo a paralizzare quello della pienezza degli effetti della iscrizione all'albo professionale fino a quando questa persi sta, pur in presenza di cause ostative; esso è, infatti, contenuto in una legge, che, non solo si definisce modificativa della preesisten te normativa, ma soprattutto, si rivolge letteralmente e logicamen te al futuro, prevedendo che la continuità dell'esercizio professio nale debba essere valutata in base a criteri che, secondo le linee indicate dalla legge stessa, l'organo deliberante delia cassa stessa di previdenza avrebbe determinato entro sei mesi dalla entrata in
vigore della legge. Tale principio può perciò applicarsi solo per l'avvenire e non ai rapporti già compiutamente venuti in essere alla data di entrata in vigore della 1. 1975 m. 319» (Cass. 11 marzo 1980 n. 1636, Foro it., Rep. 1980, voce Avvocato, n. 136; 19 aprile 1980, n. 2576, ibid., n. 142).
La funzione ricognitiva ai fini previdenziali della mera iscrizio ne all'albo professionale — e non anche della effettività dell'eser cizio professionale — è poi ampiamente riconosciuta dalla giu risprudenza di questa stessa corte, secondo la quale: « il diritto di riscattare, nei confronti della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza dei geometri, le annualità di contribuzione necessaria
per la maturazione del diritto alla pensione, è condizionato, a norma dell'art. 36 1. 4 febbraio 1967 n. 37, alla sussistenza del
requisito formale delta iscrizione all'albo professionale dei geo metri e non anche a quello, già prescritto dall'abrogato art. 2 1. 24 ottobre 1955 n. 990, dell'effettivo esercizio dell'attività profes sionale durante il periodo corrispondente alle annualità da riscat tare. Né tale diritto trova ostacolo nella sospensione della iscri zione per morosità del pagamento dei contributi, giacché la
corresponsione di questi comporta la revoca ex tunc della sospen sione ed il conseguente ripristino della interrotta iscrizione (art. 2
(1) Nel senso, ritenuto in motivazione, che la cassa di previdenza può verificare, indipendentemente dai consigli dell'ordine forense, se sussistano preclusioni all'iscrizione derivanti da situazioni di incompa tibilità nell'esercizio della professione, v. Cass. 19 aprile 1980, n. 2576, Foro it., Rep. 1980, voce Avvocato, n. 143.
La 1. 576/80 di riforma della previdenza forense non consente più il riscatto del periodo universitario, mentre ammette l'iscrizione facoltati va dei praticanti procuratori alla cassa <art. 22) e, transitoriamente, l'iscrizione retroattiva o la retrodatazione alla cassa dell'iscrizione fino al momento di iscrizione nel registro dei praticanti.
Per altri riferimenti, v. Corte cost. 13 giugno 1985, n. 180, in questo fascicolo, I, 2512.
Il Foro Italiano — 1985.
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