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Sezione I civile; sentenza 7 luglio 1982, n. 4045; Pres. U. Miele, Est. Gualtieri, P. M. Catelani...

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Sezione I civile; sentenza 7 luglio 1982, n. 4045; Pres. U. Miele, Est. Gualtieri, P. M. Catelani (concl. conf.); Soc. immob. Bellisaria Ortica (Avv. Geremia, De Marchi, Grande Stevens) c. Soc. Eurofinanziaria (Avv. Montesano). Conferma App. Torino 7 dicembre 1979 Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 9 (SETTEMBRE 1983), pp. 2243/2244-2245/2246 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177015 . Accessed: 24/06/2014 21:23 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.196 on Tue, 24 Jun 2014 21:23:34 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 7 luglio 1982, n. 4045; Pres. U. Miele, Est. Gualtieri, P. M. Catelani(concl. conf.); Soc. immob. Bellisaria Ortica (Avv. Geremia, De Marchi, Grande Stevens) c. Soc.Eurofinanziaria (Avv. Montesano). Conferma App. Torino 7 dicembre 1979Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 9 (SETTEMBRE 1983), pp. 2243/2244-2245/2246Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177015 .

Accessed: 24/06/2014 21:23

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2243 PARTE PRIMA 2244

vero che l'Anguilano — come ha sempre sostenuto — contravven

ne a tali disposizioni (che comportavano un parziale distacco dalla

figlia per alcuni giorni della settimana) sol perché la figlia stessa si

era tanto affezionata alla madre da rifiutare di distaccarsi da lei. A

fronte di tali omissioni di valutazione, il convincimento espresso dai giudici di merito che la bambina non sia ora legata alla madre

da un sicuro e proficuo sentimento d'affetto sol perché abbia

accolto a braccia aperte l'assistente sociale chiamandola « mam

ma » appare insufficientemente motivato, non fosse altro che per l'assoluta episodicità dell'accaduto; 2) è illogico presumere che i

genitori abdichino alla loro funzione affettiva ed educativa nei

confronti dei figli sol perché per ragioni plausibili (come, ad es.,

per ragioni di lavoro o per altri impegni familiari) li lascino

affidati ad altri, anche se estranei, per alcune ore al giorno,

quando gli affidatari scelti dai genitori siano persone idonee, sotto

tutti i punti di vista, a salvaguardare i bambini e quando i

genitori, al loro ritorno a casa, dedichino ad essi il tempo sufficiente per mantenere con loro un rapporto proficuo. Questo è,

infatti, esattamente quello che avviene di solito in una giovane

famiglia « mononucleare » di oggi, in quanto anche la donna

lavora fuori casa e tale comportamento è pienamente approvato dal costume sociale. Nella sentenza impugnata, invece, si giudica tout court incompatibile un siffatto comportamento con un norma

le sviluppo psicofisico del bambino, senza neppure esaminare se

gli affidatari fossero persone idonee a prendersi cura della bambi

na loro affidata e senza neppure chiedersi se, trattandosi di figlia

unica, la madre non la facesse stare fuori casa per alcune ore al

giorno anche per darle occasione di trovare opportunamente

compagni di giuoco; 3) i giudici del merito sembrano essersi

lasciati troppo influenzare dal fatto che in passato l'Anguilano abbia esercitato la prostituzione. Al riguardo hanno: a) omesso di

considerare che, come questa corte ha già avuto modo di osservare

(cfr. sent. n. 3624 del 1978, Foro it., Rep. 1978, voce Adozione, n.

63), anche una prostituta può essere capace di educare convenien

temente i figli, quando sappia circondare del dovuto riserbo e

distacco la sua attività, si da impedire non soltanto che vengano a

contatto con il torbido ambiente della prostituzione, ma anche che

restino moralmente deformati o dall'assuefazione a considerarla

alla stregua di ogni altra attività lecita o dalla consapevolezza della cruda riprovazione morale che, a causa di essa, ricade sulla

loro madre. Nell'impugnata decisione, in proposito, ci si limita a

rilevare che una volta furono trovati in casa dell'Anguilano alcuni

giovani equivoci e aggressivi, senza però indagare — come invece

si sarebbe dovuto — se ciò abbia costituito o meno un episodio isolato e soprattutto se, a causa di tale presenza, la bambina abbia

assistito a scene di violenza; b) omesso di addurre qualsiasi motivazione circa la non ritenuta credibilità del proposito della

Anguilano di mutare vita, senza neppure chiedersi se fosse vero —

come pure fu sostenuto — che, giovanissima, era stata indotta alla

prostituzione dall'uomo da cui ebbe la figlia (ben più adulto di

lei) e fosse, quindi, verosimile che — abbandonato quest'uomo nella prospettiva di sposarne finalmente un altro o quanto meno di

unirsi a lui — avesse anche smesso di prostituirsi. Per ovviare ai molteplici errori ed omissioni di motivazione

stigmatizzati nell'impugnata sentenza, essa deve essere cassata e la causa rimessa alla sezione per i minorenni della Corte d'appello di

Bologna perché la riesamini funditus alla luce dei principi e delle

censure qui esposti.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 7 luglio 1982, n. 4045; Pres. U. Miele, Est. Gualtieri, P.M. Cate

lani (conci, conf.); Soc. immob. Bellisaria Ortica (Avv. Ge

remia, De Marchi, Grande Stevens) c. Soc. Eurofinanziaria

(Avv. Montesano). Conferma App. Torino 7 dicembre 1979.

Titoli di credito — Cambiale — Rappresentanza — Amministra

tore di società di capitali — Revoca — Mancata pubblicazione — Inopponibilità al portatore (R. d. 14 dicembre 1933 n. 1669, norme sulla cambiale, art. 11; cod. civ., art. 1396, 1993, 2207,

2385, 2457 ter).

La società di capitali non può opporre, al portatore di vaglia cambiari emessi a suo nome, il difetto di rappresentanza dell'amministratore al momento dell'emissione, se la società ha

omesso di render nota la cessazione del potere di rappresentanza mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione sul bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata. (1)

(1) La sentenza di primo grado — Trib. Torino 11 novembre 1977 — è riassunta in Foro it., Rep. 1978, voce Società, n. 187. La decisione

Svolgimento del processo. — In data 15 ottobre 1973 l'assem

blea ordinaria e straordinaria della s.p.a. immob. Bellisaria Ortica

accettò le dimissioni dell'amministratore unico Davide Stoppino

presso il cui studio professionale aveva sede la società, e nominò

nuovo amministratore unico Pagliano Giovanna in Astarita. In data 20 ottobre 1973 furono depositate presso l'ufficio società

del Tribunale di Torino le comunicazioni delle dimissioni del

precedente amministratore e della dichiarazione di accettazione di

quello attuale.

In data 22 ottobre 1973, Leopoldo Astarita, coniuge (successi vamente separato) della Pagliano, emise 9 vaglia cambiari per

l'importo di lire 5.000.000 ciascuno, con scadenze mensili dal 24

febbraio al 31 ottobre 1974, a favore di Vittorio Fuggeri e girati a

s.p.a. Eurofìnanziaria.

Con atto di precetto notificato il 19 novembre 1974 alla

immobiliare Bellisaria Ortica con sede in Torino, corso Bolzano, n. 4, presso Stoppino, la società Eurofìnanziaria intimò il paga mento di tre vaglia cambiari di lire 5.000.000 ciascuno (nel cui

lato inferiore sinistro della facciata anteriore era apposta la

scrittura « Immobiliare Bellisaria Ortica - c/o - dott. Stoppino -

corso Bolzano, n. 4 - Torino » seguita dalla firma dott. Stoppino) e

procedette a pignoramento immobiliare, con successiva istanza di

vendita, accolta il 3 giugno 1976.

Con ricorso 24 luglio 1976, diretto al giudice dell'esecuzione, la

soc. immob. Bellisaria Ortica, assumendo che la firma per avallo

dello Stoppino non poteva impegnare essa ricorrente in quanto,

quando fu apposta sui titoli, lo Stoppino non era più amministra

tore della società, chiese la sospensione dell'esecuzione.

L'istanza fu accolta il 5 novembre 1976.

La soc. Eurofìnanziaria, costituitasi nel giudizio ex art. 616

c.p.c., eccepì che il difetto di rappresentanza fatto valere dalla

controparte non poteva essere opposto ad essa Eurofìnanziaria in

quanto al momento della sottoscrizione per avallo il mutamento

dell'amministratore non era stato oggetto della pubblicità prescritta dalla legge, particolarmente dopo l'entrata in vigore del d.p.r. 29

dicembre 1969 n. 1127, il quale, nel modificare le norme del codice

civile, aveva istituito il Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata (Busarl), con obbligo di farvi

menzione della nuova nomina avvenuta.

Con sentenza 11 novembre 1977 il Tribunale di Torino (Foro it.,

Rep. 1978, voce Società, n. 187) respinse l'opposizione sul rilievo che l'avvenuto cambiamento dell'amministratore non era stato

pubblicato nel « Busarl », per cui non era opponibile alla soc.

Eurofìnanziaria, in mancanza della prova della sua conoscenza da

parte di quest'ultima, ai sensi degli art. 2193 e 2457 ter c.c.

qui riportata conferma l'orientamento giurisprudenziale inaugurato da Cass. 2 marzo 1978, n. 1045, id., 1978, I, 1981, con nota di Lovecchio.

In dottrina P. Chiomenti, Principi cambiari o principi « generali »

per regolare l'opponibilità della revoca di procura cambiaria al terzo possessore di un titolo cambiario emesso o girato dal rappresentante revocato?, in Riv. dir. comm., 1979, II, 55, ritiene esatto il decisum, ma non condivide il riferimento all'art. 1396 c.c., in quanto il difetto di rappresentanza in materia cambiaria è un'eccezione assoluta che diventa opponibile quando « l'atto del falsus procurator è dipeso o è stato facilitato da una negligente organizzazione della sfera giuridica del rappresentato » (p. 65), il che si verifica senz'altro se una società commerciale non adempie agli obblighi di pubblicità previsti in caso di revoca degli amministratori. Invece Libertini, La rappresentanza cam biaria, in Pellizzi, I titoli di credito, Milano, 1980, 29 ss. (ed anche in Banca, borsa, ecc., 1978, I, 400 ss.) concorda con la posizione giurisprudenziale circa l'applicabilità dell'art. 1396 c.c. in materia cambiaria, con la conseguente inopponibilità del difetto di rappresen tanza se la revoca non è stata pubblicizzata con mezzi idonei (p. 45 ss.); non condivide però la tesi espressa nella motivazione della sentenza qui riportata sulla responsabilità cambiaria del falso rappresen tante ex art. 11 1. camb., ritenendo che essa sia prevista solo in funzione sostitutiva e con fondamento causale risarcitorio, ed escluden do che la responsabilità dello pseudorappresentante possa cumularsi con quella del rappresentato (p. 60) s.). Per l'applicabilità dell'art. 1396 c.c. alla rappresentanza cambiaria v., anche, Martorano, Lineamenti genera li dei titoli di credito e titoli cambiari, Napoli, 1979, 114 e Pavone La Rosa, La cambiale, Milano, 1982, 174 ss.

Sulle limitazioni del potere di rappresentanza degli amministratori di società di capitali, v. Trib. Roma 24 marzo 1981, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 185 (e in Giust. civ., 1981, I, 3071, con nota contraria di D'Alessandro), che le ha ritenute opponibili se relative agli atti di assunzione di obbligazioni cambiarie, in virtù di quanto disposto dall'art. 12 r.d. 14 dicembre 1933 n. 1669, argomentando da una pretesa specialità del diritto cambiario rispetto alle corrispondenti norme del codice civile. Successivamente peraltro lo stesso Trib. Roma (sent. 20 dicembre 1982, Foro it., 1983, il, 787, con nota di richiami) ha mutato il proprio orientamento aderendo in pieno alla tesi della inopponibilità sostenuta in dottrina oltre che da D'Alessandro, op. cit., da Pavone La Rosa, La cambiale, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1981, 172.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Su gravame della soccombente, la Corte d'appello di Torino con

decisione 7 dicembre 1979 confermò la sentenza di primo grado in

base alle seguenti considerazioni.

Era infondata la doglianza secondo cui, non avendo lo Stoppino indicato nel titolo la qualifica in forza della quale egli sottoscrive

va a nome e per conto della società della quale fino a poco prima era stato amministratore unico, l'avallo non era opponibile alla

stessa. Ed infatti, non v'è alcuna norma di legge la quale richieda,

perché un atto compiuto, anche in materia cambiaria, dal legale

rappresentante di una società a nome di quest'ultima, sia attribui

bile ad essa, l'indicazione, da parte del rappresentante, della sua

specifica qualifica. La corte d'appello, inoltre, richiamando la sentenza 2 marzo

1978, n. 1045 di questa corte (id., 1978, I, 1981), ha ritenuto che, stante la mancata iscrizione della cessazione dell'amministratore

dalla sua carica nel registro delle imprese e la sua mancata

pubblicazione nel « Busarl » a norma degli art. 2385 e 2457 ter

c.c., legittimamente il mutamento di amministratore era inopponi bile alla società creditrice.

Infine, i giudici di appello ritenevano inammissibili i capitoli di

prova dedotti dalla società appellante al fine di dimostrare anche

la mala fede della soc. Eurofinanziaria, essendo essi generici e, in

parte, estranei alla materia del contendere e, comunque, privi di

rilevanza in quanto contenevano, oltre a fatti, anche apprezzamen ti e giudizi.

Ricorre per cassazione, avverso tale sentenza, la soc. immob.

Bellisaria Ortica, deducendo due mezzi di annullamento, illustrati

con memoria. La soc. Eurofinanziaria resiste con controricorso.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo, denunziando

violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli art. 1396,

1923, 2365 e 2467 ter c.c., nonché dell'art. 11 r.d.l. 14 dicembre

1933 n. 1669, la società ricorrente, sul presupposto di un contrasto

ravvisabile tra le norme di cui agli art. 1396 e 2457 c.c., da un

lato, e quelle in tema di rappresentanza in materia di titoli di

credito, dall'altro, sostiene la prevalenza di queste ultime in virtù

del principio di specialità, nonché per l'impossibilità pratica di

applicare l'art. 1396 c.c. ai vaglia cambiari, non essendo i rapporti, connessi alla loro trasmissione, inquadrabili nello schema del

contratto (ad es., non sarebbe individuabile il momento della

conclusione del contratto, con riferimento al quale andrebbe

accertata la mala fede del giratario). Né, in senso contrario, si

potrebbe sostenere che in tal modo verrebbe ad essere concessa

una tutela più intensa al terzo di buona fede in tema di

obbligazioni in generale rispetto a quella che verrebbe riservata al

debitore cambiario, dal momento che il falsus procurator, in

materia contrattuale, è tenuto unicamente al risarcimento dei

danni, in materia cambiaria, risponde in proprio dell'obbligazione.

La censura è infondata. Una società di capitoli o, comunque, un

imprenditore commerciale il quale, contravvenendo ad un preciso

obbligo di legge, ometta di rendere pubblico l'atto con cui,

rispettivamente revochi i suoi amministratori ovvero limiti o

revochi la procura institoria, deve risentire degli effetti di tale

omissione anche in relazione alle obbligazioni cambiarie assunte a

suo nome da chi non abbia più il potere di rappresentanza e non

può invocare il disposto dell'art. 1993 c.c., secondo cui il difetto di

rappresentanza al momento dell'emissione del titolo di credito è

opponibile al possessore dello stesso.

Conseguentemente, il portatore del titolo può richiedere il

pagamento sia alla società o all'imprenditore, non essendo a lui

opponibile l'atto di revoca degli amministratori o della procura institoria per effetto degli art. 1396, 2207 e 2457 ter c.c., sia

all'amministratore della società o all'institore, una volta conosciuto

il difetto di rappresentanza, per effetto dell'art. 11 1. cambiaria, il

quale sancisce la responsabilità personale di chi si obbliga cambia

riamente quale rappresentante di una persona senza averne i

poteri o eccedendo dai suoi poteri. I suesposti principi, affermati da questa corte con la sent. 2

marzo 1978, n. 1045, in contrasto con il suo precedente orienta

mento costituito dalla decisione 2 febbraio 1955, n. 276 (id., 1956,

I, 1001) (a suo tempo criticata dalla dottrina), meritano conferma.

In particolare, va rilevato che l'applicabilità in materia cambia

ria dell'art. 1396 c.c. (secondo cui la modificazione e la revoca

della procura devono essere portate a conoscenza dei terzi con

mezzi idonei e, in mancanza, esse non sono opponibili ai terzi se

non si prova che questi le conoscevano al momento della

conclusione del contratto) non può negarsi allorché si versi in una

delle ipotesi in cui la legge detta un sistema di pubblicità legale

(imprenditori commerciali, società di capitali). L'ostacolo maggiore da superare per dimostrare la possibilità di

integrazione dell'art. 1993 c.c. (per il quale il debitore cambiario

può opporre al possessore del titolo le eccezioni che dipendono

da difetto di rappresentanza al momento della emissione) è dato

dal fatto che colui che revoca una procura ad emettere o girare

cambiali in considerazione della particolare legge di circolazione dei titoli cambiari, non potrebbe mai disporre di quei mezzi idonei

previsti dall'art. 1396 per far conoscere ai terzi il provvedimento adottato e a renderlo, pertanto, ad essi opponibili.

Tale ostacolo, peraltro, è nella fattispecie superabile ove si consideri che l'art. 2385, ult. comma, c.c. prevede l'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese e di pubblicazione nel Bollet tino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata della cessazione degli amministratori dall'ufficio per qualsiasi causa; inoltre l'art. 2457 ter, 1° comma, c.c. (introdotto dal d.p.r. 29 dicembre 1969 n. 1127 in ossequio alle direttive della CEE)

dispone che gli atti per i quali è previsto l'obbligo della pubblicità (e quindi anche la delibera di revoca degli amministratori) sono

opponibili ai terzi solo dopo la pubblicazione e, in difetto, soltanto se la società provi che i terzi li conoscevano.

Va, infine, rilevato che secondo l'art. 2384, 2° comma, c.c. (nel suo nuovo testo introdotto dal citato d.p.r. n. 1127 del 1969 in attuazione delle direttive comunitarie) le limitazioni al potere di

rappresentanza risultanti dall'atto costitutivo o dallo statuto, anche se pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che

questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società.

Orbene, dalle norme testé richiamate si evince che il nostro ordinamento giuridico si muove nella direzione di una ulteriore accentuazione della tutela del terzo di buona fede fino al punto di considerare inopponibili ai terzi, nonostante d'avvenuta pubblica zione, le limitazioni del potere di rappresentanza con la sola riserva della exceptio doli.

A conclusione delle suesposte considerazioni, devesi osservare che il principio della responsabilità e dell'affidamento, espresso dalla norma dell'art. 1396 c.c., non viene meno neppure nelle

obbligazioni cambiarie poiché sarebbe strano, come è stato rilevato in dottrina, che il suddetto principio non potesse esplicare la sua efficacia proprio nel campo dei titoli di credito dove — in relazione alla loro legge di circolazione — si rende necessaria una

particolare tutela dell'affidamento dei terzi successivi prenditori. Neppure si ravvisa incompatibilità, come sostiene la ricorrente,

tra la norma dell'art. 1396 c.c. e la disposizione dell'art. 11 1.

cambiaria, secondo cui « chi appone la firma sulla cambiale quale rappresentante di una persona per la quale non ha il potere di

agire, è obbligato cambiariamente come se avesse firmato in

proprio», poiché l'art. 11, prevedendo senza distinzioni l'ipotesi della mancanza del potere di rappresentanza, ha inteso ovviamente

disciplinare anzitutto l'ipotesi di mancanza originaria di tale potere (ipotesi per la quale è pacifico che rimanga obbligato solo lo

pseudo-rappresentante che ha firmato la cambiale), sia perché, nel caso particolare di revoca della procura non portata a conoscenza dei terzi, l'effetto conseguente all'eventuale concorrente responsabi lità cambiaria dello pseudo-rappresentato con lo pseudo-rappresen tante che per lui ha firmato potrebbe agevolmente configurarsi come un rafforzamento del titolo, perfettamente in linea, dal

punto di vista logico-giuridico, con il principio di diritto cambiario secondo cui chiunque (accettante, avallante, traente, girante) ap ponga la sua firma su una cambiale rimane — sia pure a vario titolo (cioè con azione cambiaria diretta o di regresso) cambiaria mente obbligato, senza che con ciò venga meno l'esposizione al

l'obbligo di pagare di tutti gli altri che per legge vi sono tenuti. Poiché la corte torinese ha correttamente applicato i suesposti

principi alla fattispecie in esame, la sentenza impugnata non

merita censura. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 10 giugno 1982, n. 3516; Pres. U. Miele, Est. Scanzano, P.M. Catelani

(conci, conf.); Fall. soc. coop, teatrale Rosina Anselmi (Aw. Geraci) c. Banca nazionale del lavoro (Avv. De Angelis). Cassa App. Catania 25 dicembre 1980.

Fallimento — Revocatoria — Compagnia teatrale — Contributi statali — Cessione alla Banca nazionale del lavoro — Termini

per l'azione (R. d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 67; 1. 30 luglio 1959 n. 623, nuovi incentivi a favore delle medie e piccole industrie e dell'artigianato, art. 20; 1. 14 agosto 1967 n. 800, nuovo ordinamento degli enti lirici e delle attività

musicali, art. 41).

È assoggettabile all'azione revocatoria fallimentare pur dopo il decorso di dieci giorni dalla stipulazione del contratto, la cessione dei contributi ministeriali da parte di una compagnia teatrale a garanzia dell'anticipazione in conto corrente effet tuata dalla sezione autonoma per il credito teatrale della Banca

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