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sezione I civile; sentenza 7 ottobre 2000, n. 13357; Pres. Carnevale, Est. Macioce, P.M. Pivetti...

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sezione I civile; sentenza 7 ottobre 2000, n. 13357; Pres. Carnevale, Est. Macioce, P.M. Pivetti (concl. parz. diff.); Ceccano (Avv. Fassari) c. Montini. Cassa App. Roma 10 aprile 2000 e decide nel merito Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 12 (DICEMBRE 2000), pp. 3455/3456-3457/3458 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194671 . Accessed: 25/06/2014 01:11 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.177 on Wed, 25 Jun 2014 01:11:06 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 7 ottobre 2000, n. 13357; Pres. Carnevale, Est. Macioce, P.M. Pivetti(concl. parz. diff.); Ceccano (Avv. Fassari) c. Montini. Cassa App. Roma 10 aprile 2000 e decidenel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 12 (DICEMBRE 2000), pp. 3455/3456-3457/3458Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194671 .

Accessed: 25/06/2014 01:11

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3455 PARTE PRIMA 3456

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 7 ottobre

2000, n. 13357; Pres. Carnevale, Est. Macioce, P.M. Pi

vetti (conci, parz. diff.); Ceccano (Avv. Fassari) c. Monti

ni. Cassa App. Roma 10 aprile 2000 e decide nel merito.

Elezioni — Cause di ineleggibilità — Decadenza dell'eletto —

Azione popolare — Termine per la proposizione — Esclusio ne (D.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, t.u. delle leggi per la com

posizione e la elezione degli organi delle amministrazioni co

munali, art. 9 bis, 82). Misure di prevenzione — Ineleggibilità — Condanna in sede

di patteggiamento — Equiparazione alla condanna ordinaria — Limiti (Cod. proc. pen., art. 444; i. 19 marzo 1990 n.

55, nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di

pericolosità sociale, art. 15; 1. 13 dicembre 1999 n. 475, mo

difiche all'art. 15 1. 19 marzo 1990 n. 55, e successive modifi

cazioni, art. 1).

L'azione popolare diretta, ex art. 9 bis d.p.r. 570/60, alla di

chiarazione di ineleggibilità e di decadenza dell'eletto, collo

candosi su un piano di autonomia rispetto all'impugnazione della delibera consiliare di convalida dell'elezione, non è sog

getta al termine per la sua proposizione previsto dall'art. 82

d.p.r. 570/60. (1) L'equiparazione, ai fini della ineleggibilità per i reati di cui al

l'art. 15 l. 55/90, della condanna emessa in sede di patteggia mento alla condanna ordinaria ha effetto soltanto per le pro nunzie successive all'entrata in vigore della l. 475/99. (2)

Svolgimento del processo. — Con delibera n. 1 in data 8 gen naio 1999 il consiglio comunale di Sezze (Latina) convalidava

l'elezione a consigliere di Rinaldo Ceccano nei cui confronti

l'esposto presentato da un elettore affermava sarebbe sussistita

la condizione di ineleggibilità di cui all'art. 15, n. 1, lett. c), 1. 15 marzo 1990 n. 55. Il Ceccano era stato infatti condannato — con pronunzia adottata ai sensi dell'art. 444 c.p.p. — per il reato previsto e punito dagli art. 110-81, cpv., c.p. e 90 d.p.r. 570/60 (per avere, nella qualità di vicesindaco, attestato falsa

mente firme di elettori — in parte apocrife — nelle liste di can

didati per le elezioni regionali e provinciali del 23 aprile 1995). Con ricorso 15 novembre 1999 Montini Patrizia, elettore del

comune di Priverno, adiva il Tribunale di Latina ai sensi del l'art. 9 bis, 3° comma, d.p.r. 570/60 chiedendo dichiararsi l'i

neleggibilità del Ceccano e pronunziarsi la sua decadenza dalla

carica; costituitosi il convenuto, che eccepiva la tardività dell'a

zione ai sensi dell'art. 82 d.p.r. 570/60, essendo stata la delibe

ra del consiglio comunale pubblicata sull'albo sino al 6 feb

braio 1999, il tribunale adito con sentenza 25 gennaio 2000 ac

coglieva il ricorso dichiarando il Ceccano ineleggibile e

pronunziandone la decadenza. Affermavano, infatti, i primi giu dici che: non era ipotizzabile alcuna preclusione all'esame della

domanda della Montini, essendo ella rimasta estranea alla fase

amministrativa; la sentenza penale adottata ai sensi dell'art. 444

c.p.p. era da equiparare pienamente alla condanna ai fini della condizione di ineleggibilità; il Ceccano era stato irrevocabilmente

condannato per il reato di cui all'art. 90 d.p.r. 570/60 sì da

integrarsi appieno l'ipotesi di cui all'art. 15, n. 1, lett. c), 1.

55/90. La pronunzia era impugnata dal Ceccano e si costituiva

(1-2) I. - La Corte di cassazione conferma il carattere autonomo del l'azione popolare ex art. 9 bis d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570 rispetto ad altri procedimenti volti a promuovere la decadenza dell'eletto.

Per l'applicazione del principio ai rapporti tra l'azione popolare e la fase amministrativa diretta alla rimozione di una causa di incompati bilità, v. Cass. 12 novembre 1999, n. 12529, in questo fascicolo, parte prima, con nota di richiami.

II. - Sull'equiparazione della condanna in sede di patteggiamento alla condanna penale ordinaria, v. Cons. Stato, sez. V, 22 settembre 1999, n. 1144, e 13 settembre 1999, n. 1052, Foro it., 2000, III, 410, con nota di richiami e osservazioni di Passaglia.

La 1. 13 dicembre 1999 n. 475 (Le leggi, 1999, I, 4326) ha recepito l'orientamento giurisprudenziale largamente prevalente nel senso dell'e

quiparazione tra i due tipi di condanna, ma ha dettato al contempo norma transitoria diretta a limitare gli effetti del principio affermato. La decisione in epigrafe ha fatto applicazione di tale ultima disposizio ne, riconoscendo come la condanna in sede di patteggiamento risultasse anteriore all'entrata in vigore della 1. 475/99.

In termini, v. Cass. 7 ottobre 2000, n. 13356, Foro it., Mass.

Il Foro Italiano — 2000.

la appellata Montini contestando le ragioni dell'appello e ri

chiamando le proprie difese rassegnate in primo grado. L'adita corte di Roma, con sentenza 10 aprile 2000, rigettava

l'appello. Affermava in motivazione la corte di merito che: — conformemente all'opinione espressa dai primi giudici, l'a

zione popolare, quale quella proposta dalla Montini, non era

sottoposta ad alcun termine dall'art. 9 bis d.p.r. 570/60 che,

invece, prevedeva un'azione alternativa ed autonoma da quella di impugnazione de! deliberato, stante l'interesse generale a ga

rantire, senza limiti di tempo, l'accertamento e la rimozione

delle condizioni di illegalità; — sussistevano le condizioni ostative alla carica di cui al

l'art. 15, n. 1, lett. e), 1. 55/90, avendo riguardo alla natura

della condanna inflitta il 17 gennaio 1997 dal g.u.p. presso il

Tribunale di Latina, che integrava l'ipotesi posta dalla legge, e considerando che l'ineleggibilità era conseguenza automatica

della pena non bisognevole di autonoma irrogazione; — non rilevava, ad escludere l'applicabilità della disposizio

ne, il fatto che la pena fosse stata adottata su richiesta ai sensi

dell'art. 444 c.p.p., posto che, secondo la chiara norma, come

interpretata dalla Cassazione, il solo fatto obiettivo della emis

sione di condanna irrevocabile integrava la previsione in discorso.

Per la cassazione di tale sentenza il Ceccano ha proposto ri corso notificando l'atto il 28 e 29 aprile 2000 alla Montini ed

al procuratore generale presso la corte di Roma ed in esso arti

colando tre motivi.

Gli intimati non si sono costituiti.

11 ricorrente ha depositato memoria e discusso oralmente la

causa.

Motivi delta decisione. — Con il primo motivo del ricorso

il Ceccano censura la sentenza per avere affermato che dalla

(indubbia) autonomia e concorrenzialità dell'azione popolare ri

spetto a quella di impugnazione discendesse anche la conseguenza dell'assenza di un onere di proporre detta azione nel termine

di cui all'art. 82 d.p.r. 570/60 le volte in cui prima del suo

promovimento fosse stata già adottata una delibera di convali

da, vieppiù ove sollecitata dallo stesso soggetto-attore. L'opi nione espressa dalla corte di merito sulla libera ed indetermina

ta promuovibilità dell'azione pur in presenza di pronunziato co

munale avrebbe infatti comportato sia la disapplicazione del

rinvio ai termini di cui all'art. 82 contenuto nello stesso 4° comma dell'art. 9 bis sia lo svuotamento da ogni significato del delibe

rato consiliare, ridotto a mera opinione. Con il secondo mezzo il ricorrente denunzia l'errore commes

so dalla impugnata pronunzia nell'aver ritenuto integrata la pre visione di cui all'art. 15, n. 1, lett. c), con l'adozione di senten

za pronunziata ex art. 444 c.p.p., integrazione disposta con ef ficacia ex nunc dalla sopravvenuta 1. 13 dicembre 1999 n. 475.

Con il terzo motivo, infine, il Ceccano denunzia: a) la viola

zione dell'art. 102 d.p.r. 570/60, per avere la corte di merito

ignorato che in fatto nessuna pena accessoria era stata al Cec

cano applicata, b) la violazione dell'art. 15, n. 1, lett. c), 1.

55/90, per avere i giudici del gravame applicato ad una vicenda di condanna per reato comune (l'art. 90 d.p.r. 570/60) l'ipotesi normativa de qua, formulata con esclusivo riguardo al reato

proprio, quello commesso, cioè, con l'abuso del proprio ufficio

(e ponendo tale ruolo quale elemento del reato o circostanza

aggravante). Ritiene il collegio che il primo motivo del ricorso sia da re

spingere, ove correttamente intesa la natura della «azione popo lare» introdotta dalla 1. 1147/66 quale art. 9 bis d.p.r. 570/60

ed ove da tal natura siano tratte corrette conseguenze in termini

di inesistenza, a carico dell'attore, di oneri e relazioni proprie della distinta e diversa azione impugnatoria. Ed infatti, e come

ripetutamente affermato da questa corte (cfr., ex multis, Cass.

7697/98, Foro it., Rep. 1998, voce Elezioni, n. 125; 4597/97,

id., Rep. 1997, voce cit., n. 182; 3193/97, ibid., n. 50; 7886/94,

id., Rep. 1994, voce cit., n. 231), l'azione in discorso — propo nibile da qualunque interessato ed «in prima istanza» — si col loca in termini di alternatività rispetto a quella di impugnazione del deliberato consiliare, parimenti avente ad oggetto la pro nunzia di decadenza del consigliere, non solo — e non tanto — perché può essere proposta in assenza del deliberato (e quin di in un'ottica anticipatoria e di elisione delle colpose o malizio

se diluizioni dei tempi di decisione) bensì, e specificamente, per ché essa è data per il perseguimento di una finalità alla quale

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

è affatto estranea alcuna relazione impugnatoria nei riguardi della decisione stessa. Si è infatti ritenuto di riconoscere l'azio

ne in discorso onde attuare il preminente interesse generale a

che, in ogni tempo, chiunque sia in possesso di elementi (anche

sopravvenuti) possa chiedere il controllo delle condizioni di le

gittimità della elezione di un consigliere o del sindaco, senza

che un irragionevole onere impugnatorio possa consentire il con

solidarsi di situazioni di illegalità. Indeterminatezza della sfera

dei legittimati a proporre l'azione di decadenza («chiunque al

tro vi abbia interesse»), inesistenza nell'art. 9 bis, 3° comma,

di alcun riferimento ad una eventuale valenza impugnatoria del

l'azione, attribuzione della stessa azione anche al prefetto (4°

comma), indubitabile ratio pubblicistica della previsione, sono

elementi che fanno intendere l'esatta portata della autonomia

dell'azione popolare dalla delibera adottata dal consiglio comu

nale in materia di eleggibilità: la non correlabilità dell'azione

alla delibera — in termini di finalizzazione della prima alla im

pugnazione della seconda — comporta tanto l'idoneità antici

patoria dell'azione («in prima istanza») rispetto a futuro ed in

certo deliberato quanto, e specularmente, l'inidoneità del deli

berato stesso a fungere da dies a quo per la decorrenza di un

termine di decadenza per l'azione. Sarebbe, infatti, manifesta

mente irragionevole attribuire a qualsiasi interessato — e quindi anche a cittadino non elettore del comune — il diritto di chiede

re la pronunzia di decadenza ben prima di alcuna pronunzia consiliare e poi imporre allo stesso il breve termine di cui al

l'art. 82, 1° comma, le volte in cui sia stata adottata, e pubbli cata su di un albo da quel cittadino neanche conoscibile, una

deliberazione di convalida contro la quale egli non ha alcun

diretto interesse impugnatorio. Né, ancora, a tal ragionevole

interpretazione della norma fa ostacolo, come pretende il ricor

rente, il rinvio letterale posto dal 4° comma dell'art. 9 bis a

«. . . norme di procedura ed i termini stabiliti dall'art. 82»: ed

invero, da un canto il rinvio è formulato generalmente con ri

guardo alle ben distinte species di azioni delineate ai commi

precedenti («Per tali giudizi si osservano le . . .») e quindi an

che in relazione all'ipotesi principale impugnatoria; dall'altro

canto, nell'ambito della previsione richiamata, il 1° comma del

l'art. 82 fissa il termine di trenta giorni con esclusivo, e lettera

le, riguardo all'ipotesi di ricorso per impugnazione della delibe

ra consiliare sulla eleggibilità. Ditalché, e per entrambe le ragio

ni, il rinvio generale ai termini posti dall'art. 82, e partitamente

regolati in otto commi, deve escludere, quando l'azione di de

cadenza sia diretta e non abbia né oggetto né finalità impugna

toria, l'applicazione del termine posto al 1° comma dato che

esso ha esclusivo, quanto letterale, riguardo al promovimento di un ricorso per impugnazione di delibera consiliare. E tale

piena autonomia delle due azioni toglie fondamento alla ulte

riore obiezione della parte ricorrente, quella adducente la totale

svalutazione del deliberato consiliare che conseguirebbe al qui

precisato indirizzo: nessuna «svalutazione» di ruolo è infatti evi

denziabile, per effetto della irrilevanza del deliberato a provo care la decadenza in discorso, là dove al consiglio comunale

non venga contestato in alcun modo il suo potere di decisione

sulle condizioni di eleggibilità di un suo componente, essendo

proposta autonoma azione che si faccia portatrice di un diverso

e più generale interesse.

Fondato è, invece, il secondo motivo del ricorso.

Questa corte, con specifico riguardo alla previsione di ineleg

gibilità posta dall'art. 15, 1° comma, lett. c), 1. 55/90 per chi

abbia riportato sentenza di condanna per le ipotesi delittuose

ivi previste, ebbe modo, anche di recente, e ripetutamente, di

ricordare che non rilevava ad escludere la sussistenza della pre visione il fatto che la condanna fosse stata emessa in sede di

«patteggiamento» ai sensi dell'art. 444 c.p.p., posto che la sen

tenza di applicazione della pena su richiesta delle parti deve

ritenersi del tutto equivalente alla condanna ordinaria — in man

canza di deroga normativa — per tutti quegli effetti extrapenali

che l'ordinamento ricollega alla condanna indipendentemente dai presupposti e dalle modalità procedimentali di sua adozione

(Cass. 2065/99, id., Rep. 1999, voce cit., n. 43; 9068/97, id., Rep. 1997, voce cit., n. 44; 8270/96, id., Rep. 1996, voce cit., n. 283; 3490/96, ibid., voce Misure di prevenzione n. 44; 8489/94,

id., Rep. 1994, voce Elezioni, n. 172). Orbene, l'art, unico 1.

13 dicembre 1999 n. 475 — soppravvenuta nel corso di giudi

zio, non applicata dai giudici del gravame (che decisero la con

troversia il 31 marzo 2000, ben dopo la sua entrata in vigore)

Il Foro Italiano — 2000.

ed esattamente invocata dal ricorrente quale elemento di com

posizione del dedotto errore in iudicando — ha bensì recepito il richiamato diritto vivente, inserendo il precetto di equipollen za nel testo della norma generale sulle ineleggibilità, ma ha con

testualmente dettato norma transitoria diretta a limitare gli ef

fetti del precetto alle sole vicende processuali future, e cioè alle

sole pronunzie di condanna «patteggiata» successive all'entrata

in vigore della novella. L'art. 1, 2° comma, della legge, infatti, inserisce dopo il 1° comma dell'art. 15 1. 55/90 (le cui ipotesi di ineleggibilità ridefinisce, alle lett. a-b-c-d-f, abrogando quella sub. e) il comma 1 bis il cui testo recita: «Per tutti gli effetti

disciplinati dal presente articolo, la sentenza prevista dall'art.

444 c.p.p. è equiparata a condanna». Ma lo stesso art. 1, al

3° comma, regola gli effetti temporali del predetto inserimento

affermando che: «La disposizione dal comma 1 bis dall'art. 15

1. 19 marzo 1990 n. 55, introdotto dal 2° comma del presente

articolo, si applica alle sentenze previste dall'art. 444 c.p.p. pro nunciate successivamente alla data di entrata in vigore della pre sente legge». E di fronte alla chiarezza dei dati letterali, univo

camente attestanti la volontà del legislatore di statuire — al con

tempo — la piena equipollenza delle ipotesi astratte e di limitarne

la concreta operatività alle vicende processuali future, non può che escludersi il ricorrere della affermata equipollenza nel caso

della condanna adottata dal g.u.p. presso il Tribunale di Latina

a carico di Ceccano Rinaldo ai sensi dell'art. 444 c.p.p., essa

essendo stata emessa in data 17 gennaio 1997.

Alla luce delle esposte considerazioni deve pertanto accoglier si il secondo mezzo del ricorso e procedersi alla cassazione della

impugnata sentenza: nell'effetto rescindente resta, ovviamente,

assorbita la cognizione del terzo motivo. Esaminando, infine, il merito della domanda di Montini Patrizia alla luce delle testé

formulate affermazioni, e come consentito dagli art. 82 ter d.p.r. 570/60 e 384 c.p.c., devesi rilevare l'inesistenza della prospetta ta ipotesi di ineleggibilità e concludere statuendo l'infondatezza

della domanda stessa.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 5 ottobre

2000, n. 13257; Pres. Trezza, Est. Celentano, P.M. Fraz

zini (conci, conf.); Starnoni (Avv. Manzi, Pitter) c. Cassa

nazionale di previdenza e assistenza per i dottori commercia

listi (Aw. Fossa). Conferma Trib. Pordenone 2 dicembre 1997.

Professioni intellettuali — Dottori commercialisti — Previden

za — Giovani professionisti — Contributi ridotti per i primi

tre anni di iscrizione alla cassa (L. 29 gennaio 1986 n. 21,

riforma della cassa nazionale di previdenza e assistenza a fa

vore dei dottori commercialisti, art. 10).

In base all'art. 10, 4° comma, l. 29 gennaio 1986 n. 21, qualora

il dottore commercialista si iscriva alla cassa di previdenza

dopo l'inizio dell'attività professionale, la riduzione alla metà

del contributo soggettivo, sussistendo il requisito dell'età ana

grafica, è concessa solo per un massimo di tre anni dalla data

di inizio dell'attività professionale. (1)

(1) Non constano precedenti specifici per la previdenza dei dottori

commercialisti. In ordine alle agevolazioni contributive per i giovani professionisti,

occorre evidenziare che le normative delle varie casse categoriali dei

liberi professionisti prevedono deroghe al contributo minimo per i gio vani che si «affacciano» alla professione. Infatti, di norma, il contribu

to soggettivo minimo è ridotto alla metà per i primi tre anni per i pro

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