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Sezione I civile; sentenza 8 febbraio 1961, n. 265; Pres. Lorizio P., Est. Jannuzzi, P. M. Gedda...

Date post: 30-Jan-2017
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Sezione I civile; sentenza 8 febbraio 1961, n. 265; Pres. Lorizio P., Est. Jannuzzi, P. M. Gedda (concl. conf.); Comune di Messina (Avv. Silvestri) c. Soc. I.m.e.s. (Avv. Vitarelli) Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 3 (1962), pp. 565/566-567/568 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23150344 . Accessed: 25/06/2014 04:26 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 194.29.185.251 on Wed, 25 Jun 2014 04:26:31 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 8 febbraio 1961, n. 265; Pres. Lorizio P., Est. Jannuzzi, P. M. Gedda(concl. conf.); Comune di Messina (Avv. Silvestri) c. Soc. I.m.e.s. (Avv. Vitarelli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 3 (1962), pp. 565/566-567/568Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150344 .

Accessed: 25/06/2014 04:26

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565 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 566

I Giudici del merito hanno esattamente considerato

che l'assicurazione del Gentili contro gli infortuni sul

lavoro non aveva alcuna incidenza sulla proponibilità dell'azione dallo stesso spiegata contro il Comune, giacché, se l'adempimento da parte della Cooperativa operai Campo Boario di tale obbligo nei confronti del prestatore d'opera esonerava la suddetta, quale datrice di lavoro, da ogni

responsabilità inerente all'avvenuto infortunio, eguale efficacia detta assicurazione non aveva nei confronti del

terzo, Comune di Roma, civilmente obbligato per fatto

illecito al ristoro dei danni in favore dell'infortunato

medesimo.

Fissato questo principio, la Corte ha accertato a carico

del Comune la sussistenza della responsabilità prevista dall'art. 2053 cod. civ., per non avere, quale proprietario

degli impianti del Campo Boario e del cancello abbattu

tosi sul Gentili, convenientemente curato la manutenzione

degli stessi, sì da evitare qualsiasi possibilità di nocumento,

specie per coloro che, a causa delle rispettive specifiche

incombenze, erano costretti a manovrare frequentemente

quel cancello.

Ciò posto, il Giudice ha accertato uno specifico titolo

di responsabilità a carico del Comune in favore del Gentili,

dipendente da fatto illecito, accertamento sul quale si è

formato il giudicato. Ma nemmeno sotto il profilo procedurale la eccezione

del ricorrente regge. È indubbiamente esatto che l'assicuratore, il quale

ha pagato l'indennità, è surrogato, fino alla concorrenza

dell'ammontare di essa, nei diritti dell'assicurato verso

i terzi responsabili, a norma dell'art. 1916 cod. civ., ma

questa Suprema corte, con precedenti sentenze, ha già stabilito il principio che il diritto di surrogazione non

opera automaticamente, ma si avvera solo quando l'assi

curatore dichiara o manifesta la volontà di subentrare

nei diritti dell'assicurato verso il terzo responsabile del

danno, mentre, se l'assicuratore non si vale di questo diritto, il danneggiato potrà agire per il risarcimento del danno, senza che il terzo responsabile possa opporgli l'avvenuta

riscossione dell'indennità assicurativa.

Nella specie, non solo l'Istituto assicuratore non ha

mai palesato la minima intenzione di voler esercitare il

diritto di surrogazione, di cui al citato art. 1916 cod. civ.,

ma addirittura non risulta essere mai stato parte in causa,

per cui la doglianza del Comune di Roma non trova alcun

giuridico fondamento. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SOPRE MA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 8 febbraio 1961, n. 265 ; Pres.

Lorizio P., Est. Jannuzzi, P. M. Gedda (conci, conf.) ;

Comune di Messina (Avv. Silvestri) c. Soc. I.m.e.s.

(aw. vltarelll).

(Conferma App. Messina 11 dicembre 1959)

Comune — Obbligazioni dirette all'alleviamento

della disoccupazione nella circoscrizione comu

nale — Validità — Fattispecie (R. d. 3 marzo 1934

il. 383, t. u. legge com. e prov., art. 92, 312).

È valida la convenzione con la quale il comune si impegna a versare la somma occorrente per l'acquisto di un terreno

a favore di un privato, e questi si impegna, a sua volta,

a costruirvi uno stabilimento industriale, impiegando mano d'opera locale nella proporzione del novanta per

per cento, e di avvalersi della stessa per il successivo

funzionamento dello stabilimento, con la previsione che, in

caso di inadempimento del privato, terreno e stabilimento

passino in proprietà del comune. (1)

(1) V., per riferimenti, Cons. Stato, Sez. IV, 7 giugno 1961,

n. 337 (in questo volume, III, 26), in relazione a fattispecie in

La Corte, ecc. — Con il primo motivo il Comune de

nuncia la sentenza impugnata per contraddittorietà di

motivazione in ordine all'accertamento dell'efficacia vin

colante, per il Comune medesimo, della convenzione con

la I.m.e.s., in relazione all'applicazione degli art. 2034

e 1174 cod. civile.

Deduce che la Corte d'appello avrebbe dovuto ritenere

che, in virtù della predetta convenzione, fosse sorta a

carico del Comune soltanto un'obbligazione naturale, o

che comunque esso avesse compiuto Un atto di liberalità

o una promessa di liberalità, e non assunto una obbligazione

giuridica, per le seguenti ragioni : a) che il Comune non

era tenuto ad assumere l'obbligo di versare alcuna somma

occorrente per l'acquisto di un terreno, sul quale sarebbe

dovuto sorgere uno stabilimento industriale di proprietà

privata, ma l'Amministrazione comunale era stata indotta

a fare l'anzidetta promessa per lo scopo di creare nuove

fonti di lavoro per la cittadinanza ; b) perchè la contro

prestazione promessa dalla I.m.e.s., concretantesi nell'ob

bligo di assumere il novanta per cento della mano-d'opera locale da impiegarsi per la costruzione e per il successivo

funzionamento dello stabilimento, non aveva carattere

patrimoniale, come avrebbe riconosciuto la Corte nel

l'affermare che la prestazione predetta corrispondeva « ad

un interesse, sia pure non patrimoniale, del Comune », donde il denunziato vizio di contraddittorietà della mo

tivazione ; c) infine perchè, esulando dai fini del Comune

quello di provvedere all'alleggerimento della disoccupa zione, la sua ingerenza diretta o indiretta in tale settore

avrebbe potuto concretare soltanto un contributo avente

carattere di liberalità.

Su questo punto ha particolarmente insistito la difesa

del Comune nella discussione orale, per sostenere che, sia

le deliberazioni adottate, sia l'obbligo negoziale, diretti ad

assumere un impegno di spesa per l'attuazione di uno

scopo rientrante nella sfera di attribuzioni di un ente

diverso, cioè dello Stato, dovevano essere considerati

inesistenti per incompetenza assoluta del Comune ad

assumere quell'obbligo ; con la conseguenza che la mani

festazione di volontà, nei confronti del terzo, diretta a

tale fine, non avrebbe potuto avere altro valore che quello di una promessa di liberalità.

È preliminare l'esame del secondo rilievo concernente

il carattere patrimoniale della prestazione cui si obbligò la I.m.e.s., poiché, se ciò si dovesse negare, la prestazione stessa risulterebbe insuscettibile di formare il contenuto

di un rapporto obbligatorio, con la conseguenza che, ve

nendo meno la giuridicità della controprestazione, l'obbligo assuntosi dal Comune risulterebbe senza corrispettivo e

quindi avrebbe natura di un atto di liberalità, che sarebbe

nullo anche per difetto di forma, essendo stata la con

venzione stipulata dal segretario comunale anziché da

un notaio.

Ma non si può seriamente contestare il carattere pa trimoniale di una prestazione di costruire uno stabili

mento industriale e di impiegare un'elevatissima percentuale di mano d'opera locale, specialmente quando sia stata pre

vista, per il caso di inadempimento, la sanzione conven

zionale importante la risoluzione del contratto con l'attri

cui un comune, per facilitare la costruzione di un edificio

postale da parte dello Stato, rispondente ad inderogabili esi

genze della popolazione locale, si era offerto di cedere gratui tamente un'area che all'uopo avrebbe a proprie spese acquistato.

Circa il richiamo che la Cassazione fa ai compiti e agli oneri facoltativi che i comuni possono assumersi anche per servizi non di esclusiva competenza statale, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26 novembre 1960, n. 800 (Foro it.. Rep. 1960, voce

Comune, a. 189) per il quale : « Le deliberazioni di erogazione di spese facoltative, anche quando siano emanate con riguardo ad un espresso stanziamento di bilancio, non sono mai atti di

mera esecuzione, perchè contengono una precisa determinazione

di volontà dell'Amministrazione, che deve valutare se esse con

cernono « servizi ed uffici di utilità generale entro i limiti delle

rispettive circostrizioni amministrative », ai sensi dell'art. 312

t. u. 3 marzo 1934 n. 383 ; tali deliberazioni, pertanto, debbono

essere adottate dal consiglio comunale ».

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567 PARTE PRIMA 568

buzione all'altra parte, a titolo di risarcimento dei danni, della proprietà di cose determinate. (Nella specie, a norma

del patto 4 della citata convenzione la risoluzione per inadempimento della I.m.e.s. avrebbe determinato l'attri

buzione, in proprietà del Comune, del terreno per il cui acqui sto veniva erogato il prezzo da parte del Comune stesso, nonché delle accessioni, cioè dello stabilimento industriale

che sarebbe stato costruito). Invero, il carattere patrimoniale della prestazione

si stabilisce in relazione alla possibilità della sua valutazione

in una somma di denaro, in quanto la sua esecuzione ri

chieda l'impiego di beni o di servizi ; e tale era indubbia

mente quella assunta dalla I.m.e.s. di costruire uno sta

bilimento industriale. Peraltro la mancata esecuzione di

tale prestazione o di quella di impiegare la mano d'opera locale nella costruzione e nel funzionamento dello sta

bilimento importava, per patto contrattuale, l'applicazione di una sanzione pure di contenuto patrimoniale, sicché

la responsabilità per l'inadempimento era attuabile ed

anch'essa valutabile in denaro. E se la risoluzione del con

tratto non è incompatibile con la donazione modale (art.

793, ult. comma, cod. civ.), l'ulteriore previsione del ri

sarcimento del danno in un quantum, eccedente il valore

economico dell'onere-modo rivela con certezza il carattere

oneroso del contratto.

Una diversa disciplina ò dettata per l'interesse del

creditore, che, secondo la precisa espressione dell'art. 1174

cod. civ., può anche essere non patrimoniale, ma di carattere

morale, letterario, artistico, culturale, ecc., purché so

cialmente apprezzabile o meritevole di tutela, come si

esprime l'art. 1322, 2° comma, cod. civ. Di ciò non tiene

conto il ricorrente quando denuncia la contraddizione

nella sentenza impugnata per avere essa ammesso che

l'interesse del Comune, di « assicurare alla popolazione una duratura fonte di redditizio lavoro », non aveva carattere

patrimoniale, che si riscontrava, invece, nella prestazione a carico della I.m.e.s. Le due affermazioni possono, invero,

coesistere, poiché il citato articolo prescrive che deve

avere carattere patrimoniale la prestazione diretta a sod

disfare l'interesse del creditore, il quale può avere anche

natura diversa. E poiché nella specie non si contesta, né

si sarebbe potuto contestare, che l'interesse predetto del

Comune fosse meritevole di tutela, anche sotto tale aspetto il rapporto obbligatorio appare legittimamente costituito.

Sulla seconda questione prospettata sub a) e c) osserva

la Suprema corte che, se è vero che l'attuazione dello

scopo suindicato, di assicurare ai cittadini una fonte du

ratura di lavoro redditizio o comunque di alleviare la

disoccupazione, attiene prevalentemente ai compiti dello

Stato e non alle funzioni obbligatorie del comune, ciò

non esclude, tuttavia, che tale scopo possa rientrare fra

i compiti e gli oneri facoltativi che il comune può assumersi

a norma degli art. 92 e 312 t. u. legge com. e prov. e del

corrispondente art. 105, 2° comma, dell'ordinamento

amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana.

L'ampia dizione di questi articoli, secondo cui « le

spese facoltative dei comuni e delle provincie devono

avere per oggetto servizi ed uffici di pubblica utilità entro i

termini della rispettiva circoscrizione amministrativa »

e, rispettivamente, i comuni della Regione « possono assu

mere altre spese per servizi ed uffici di utilità pubblica connessi con l'interesse locale », consente, infatti, di ritenere

che tali enti possono discrezionalmente provvedere alla

soddisfazione di un qualsiasi bisogno diverso da quelli aventi carattere obbligatorio, purché sussistano i predetti

requisiti della pubblica utilità e dell'ambito territoriale

e siano osservati gli ulteriori limiti di spesa previsti negli art. 314 e 335 del citato t. u. (tale limitazione è espressa mente prevista dall'ordinamento dettato per la Regione).

Al di fuori di tali condizioni e limitazioni non sussiste

un'elencazione tassativa e neanche qualificativa dei compiti che il comune può assumersi nella libertà di determinazione ; anzi il comune, per la sua struttura e per le sue origini, è un ente a fini indeterminati (l'art. 4 del citato ordina

mento si limita a disporre che il comune provveda ai servizi

di interesse locale e alla funzione delegante, senz'altra

precisazione), fini che tendenzialmente si sviluppano nel

campo dell'attività sociale in relazione alle mutevoli e

prevalenti esigenze che si manifestano in tale settore

nell'ambito della circoscrizione territoriale. Nulla vieta,

pertanto, che il comune possa proporsi la soddisfazione

di bisogni pubblici, che la legge demanda, in via non esclu

siva, ad enti diversi, compreso lo Stato, come frequente mente accade per quanto concerne la attuazione dei com

piti di benessere sociale ed è, in particolare, espressa mente consentito agli enti in genere nonché ai privati in

materia di istruzione elementare, secondaria ed artistica

(art. 33 della Costituzione). Nè la legge determina il modo con cui il comune e la

provincia possono provvedere alla soddisfazione di tali

interessi nell'ambito della rispettiva circoscrizione terri

toriale. Pertanto, come è espressamente consentito da

varie leggi all'Amministrazione centrale nonché a quelle locali di intervenire a favore di iniziative economiche

private (specialmente in materia di opere di miglioramento

agrario ed industriale), quando reputino che da tali rea

lizzazioni possa derivare la soddisfazione di un interesse

generale, così non si potrebbe neanche escludere la stessa

facoltà a favore degli enti autarchici territoriali, allorché

ritengano di soddisfare, per tal modo indiretto, un analogo

bisogno pubblico locale, sia pure sostituendosi all'attività

manchevole e non esclusiva dello Stato in un determinato

settore, ovvero integrandola, purché sia in ogni caso os

servato il limite imprenscindibile, che l'attività di tali enti

non sia diretta a procurare un'utilità privata.

Conseguentemente, una volta riconosciuto il potere del Comune di impiegare i propri beni per la soddisfazione

del bisogno pubblico di alleggerire la disoccupazione nel

l'ambito della sua circoscrizione territoriale, non è da

parlarsi di inesistenza o di nullità assoluta degli atti com

piuti a tale fine, sotto l'aspetto del dedotto vizio di in

competenza assoluta. Il vizio potrebbe riguardare, invece, il modo di esercizio di tale potere, specialmente sotto

l'aspetto dell'opportunità e della convenienza ; ma un

controllo in tale direzione appartiene ad una autorità

diversa dal giudice, il quale deve giudicare sui diritti sog

gettivi, nella specie scaturenti da un negozio regolato dalla disciplina comune, e deve ritenere l'atto ammini

strativo pienamente efficace finché non sia stato annullato

o revocato nei modi all'uopo previsti dalla legge e quando inoltre non se ne invochi la disapplicazione per motivi

di illegittimità. Ma che nella specie l'attuazione dello scopo propostosi

dal Comune avesse i requisiti prescritti dal citato art. 312

legge com. e prov., ancora vigente in Messina all'epoca della convenzione dell'8 maggio 1956, non pare che si possa mettere in dubbio. Invero, l'ambito della circoscrizione

territoriale era osservato dalla prescrizione che prevedeva

l'impiego della manodopera, sicché il beneficio di procurare una fonte duratura di lavoro redditizio era assicurato

a favore dei cittadini del Comune, è altrettanto certo che

lo scopo suddetto aveva il carattere della pubblica utilità, anche perchè esso attiene al benessere sociale che è uno

dei fini dello Stato.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 4 febbraio 1961, n. 231 ; Pres.

Vela P., Est. Rossi Gk, P. M. Caldarera (conci,

conf.) ; Cossa (Avv. Bussi) c. I.n.a.i.l. (Avv. Radonich,

Flamini).

(Conferma App. Milano 23 gennaio 1959)

Infortuni sul lavoro — Assicurazione agricola — Atti

vità connesse, complementari ed accessorie — No

zione — Attività svolte anche per altri scopi —■

Criterio della prevalenza — Fattispecie (Cod. civ.,

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