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Sezione I civile; sentenza 8 febbraio 1961, n. 267; Pres. ed est. Rossano, P. M. Colonnese (concl....

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Sezione I civile; sentenza 8 febbraio 1961, n. 267; Pres. ed est. Rossano, P. M. Colonnese (concl. parz. diff.); Ferrario (Avv. Nicolò, Mazzarella, Franceschelli) c. Soc. cotonificio Valle Susa (Avv. Andrioli, Morvillo) Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 9 (1961), pp. 1527/1528-1535/1536 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175008 . Accessed: 28/06/2014 07:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.158 on Sat, 28 Jun 2014 07:57:43 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 8 febbraio 1961, n. 267; Pres. ed est. Rossano, P. M. Colonnese (concl.parz. diff.); Ferrario (Avv. Nicolò, Mazzarella, Franceschelli) c. Soc. cotonificio Valle Susa (Avv.Andrioli, Morvillo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 9 (1961), pp. 1527/1528-1535/1536Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175008 .

Accessed: 28/06/2014 07:57

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1527 PARTE PRIMA 1528

possessorie non sono esperibili quando l'atto lesivo del

possesso si ricolleghi all'attività di un ente pubblico (1° coimma art. 141), e, che, invece, se questa manca, è consen tita la tutela possessoria che è demandata in primo grado alla competenza del pretore (2° comma, art. 141) ed in

grado di appello al tribunale regionale delle acque pubbliche (3° comma, art. 141). La deroga, perciò, alle regole della normale competenza, sancita nel 3° comma dell'art. 141, è limitata alla previsione di cui al precedente comma dello stesso articolo.

Infatti il 1° comma dell'art. 141 prevede che si versi in una delle materie di cui all'art. 140, ma l'atto lesivo del

possesso derivi da un provvedimento amministrativo, e

nega la proponibilità delle azioni possessorie in virtù del

principio generale per cui gli atti amministrativi sono assi stiti da presunzione di legittimità.

Il 2° comma prevede poi che la lesione del possesso non sia in dipendenza di atto amministrativo, ma l'oggetto della contesa concerna sempre una delle materie elencate nell'art. 140, ed affida la tutela possessoria alla cognizione del pretore giacche essa sarebbe altrimenti spettata per l'art. 140 alla competenza funzionale del tribunale delle

acque pubbliche. Il 3° comma unicamente in tali ipotesi devolve al pre

detto tribunale la competenza a giudicare sull'appello pro posto avverso le decisioni rese dal pretore ; non si può invero logicamente interpretare la disposizione nel senso che essa abbia inteso con il 3° comma di regolare il giudizio di secondo grado nei riguardi di un'azione che con il 1° comma ha già dichiarato improponibile. Ne dà conferma la considerazione che nella ipotesi del 1° comma dell'art. 141 è evidentemente supposta la controversia sulla pro posizione dell'azione possessoria ; e pertanto la compe tenza del tribunale ordinario, in grado di appello, risulta anche da ciò che si tratta di materia estranea a quella di cui al precedente art. 140, alla quale è invece ristretta la

competenza del tribunale regionale delle acque. Nella specie, poiché la S.i.l.e.m., come già si è detto, con

l'atto di appello, censurando le sentenze impugnate, ha

riproposto la questione della proponibilità dell'azione pos sessoria da essa spiegata, il Tribunale deve, per i motivi

esposti, dichiarare la propria incompetenza, rilevabile di

ufficio, a giudicare sull'appello della S.i.l.e.m. Per questi motivi, ecc.

I

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione t civile ; sentenza 8 febbraio 1961, n. 267 ; Pres. ed est. Rossano, P. M. Colonnese (conci, parz. diff.) ; Ferrario (Avv. Nicolò, Mazzarella, Franceschelli) c. Soc. cotonificio Valle Susa (Avv. Andrioli, Mor

villo).

(Conferma App. Milano 17 marzo 1959)

Marchio — Marchio gcojjralico — Limili ili validità. Concorrenza (disciplina della)

— Pubblicazione sui

<|iormili «Iella notizia di 1111 sequestro per con traffazione di marchio Concorrenza sleale —

Insussistenza (Cod. civ., art. 2598, n. 2).

La denominazione geografica, utilizzata per distinguere un

prodotto, può costituire marchio di fantasia, se non abbia

riferimento alla provenienza e qualità del prodotto. (1) La pubblicazione sui giornali di un comunicato contenente

la notizia del sequestro di un prodotto, autorizzato perchè il marchio di quest'ultimo costituisce contraffazione di al tro marchio, non può qualificarsi atto di concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2598, n. 2, cod. civile. (2)

II

TRIBUNALE DI ANCONA.

Sentenza 25 novembre 1960 ; Pres. Rapex P., Est. An

dreoli, P. M. Pesce (conci, diff.) ; Cartiere Miliani

(Avv. Bentivoglio) c. Azienda cartaria Fabriano

(Avv. Zucconi, Boeghini).

Marchi» — Marchio geografico — Limiti di validità. Marchio — Contraffazione — Imitazione parziale —

Sussistenza.

Concorrenza (disciplina della) — Imitazione servile — ltequisiti.

La denominazione geografica, utilizzata per distinguere un

prodotto, può costituire marchio di fantasia, se non ab

bia riferimento alla provenienza del prodotto.(3) Si ha contraffazione del marchio anche con l'imitazione servile

della parte individualizzante di un precedente marchio. (4) L'imitazione servile è illecita quando genera confusione tra

due prodotti e sussiste tutte le volte ohe la differenza tra i diversi elementi caratteristici sia tale da poter esser rile vata solo da un esperto attento e diligente. (5)

I

La Corte, ecc. — (Omissis). Con il secondo motivo il

Perrario denuncia la violazione e falsa applicazione degli art. 11, 18, n. 2, e 520,47, nn. 1 e 2, legge sui marchi (r. decreto 21 giugno 1942 n. 929), nonché delle regole di er

meneutica e di logica giuridica che presiedono ai giudizi di

comparazione dei marchi ai fini dell'accertamento della

loro confondibilità ed omesso esame di punti decisivi spe cificando censure che si riassumono nelle seguenti proposi zioni.

A) Secondo la sentenza della Corte d'appello, al fine

di accertare la contraffazione di marchi così detti geogra fici, come il marchio « Capri », che non indicano la prove nienza del prodotto, occorre avere riferimento agli stessi criteri che valgono per i marchi di fantasia o marchi forti, con la conseguenza che, ove si accerti in concreto che il marchio è usato in funzione fantastica, esso deve ritenersi contraffatto tutte le volte che sia anche parzialmente imi

tato. Invece se il marchio geografico è usato in funzione fantastica si esclude soltanto che esso indichi la provenienza del prodotto, ma non si accerta anche che sia marchio di fantasia e quindi marchio forte.

(1,3) Conf. Cass. 9 dicembre I960, n. 3215, Foro it., Rep. I960, voce Marchio, n. 80 ; Commiss. ric. brev. 25 gennaio 1957, id., Rep. 1959, voce cit., n. 28 ; Cass. 18 marzo 1958, id,., 1959, I, 1356, con nota di richiami, cui successivamente adde in dot trina : Guglielmetti, Uso di uno stesso nome di località come marchio ed indicazione di provenienza, in Temi, 1959, 159 ; Fran zosi, Sul marchio costituito da nome geografico, in Tiiv. dir. ind., 1960, I, 198.

Per riferimenti, v. Sordelli, Rassegna di giurisprudenza in tema di denominazioni di origine ed indicazioni di provenienza, id., 1960, II, 329 ; e 1959, II, 127.

(2) Per riferimenti, v. App. Torino 4 agosto 1958, Foro it., Rep. 1959, voce Marchio, n. 32 ; App. Milano 17 marzo 1959 (sentenza ora confermata), ibid., n. 80 ; Trib. Busto Arsizio 14 gennaio 1957, id., Rep. 1958, voce cit., n. 75 ; Cass. 28 maggio 1941, n. 1570, id., Rep. 1941, voce Ditta, n. 22.

(4) Conf. Cass. 28 marzo 1960, n. 653, Foro it., Rep. 1960, voce Marchio, n. 68 ; 9 dicembre 1960, n. 3215, ibid., n. 79 ; 15 giugno 1957, n. 1290, id., 1958, I, 1508, con nota di richiami.

(5) Conf. Cass. 29 settembre 1960, Foro it., Rep. 1960, voce Concorrenza, n. 43 ; 30 marzo 1960, n. 688, ibid., n. 82 ; 15 marzo 1960, n. 515, ibid., n. 41 ; App. Milano 2 ottobre 1959, ibid., n. 46 ; App. Milano 14 novembre 1958, ibid., nn. 51-53 ; Trib. Milano 17 febbraio 1958, ibid., n. 57 ; App. Torino 10 novembre 1958, ibid., n. 58 ; App. Milano 3 marzo 1959, id., Rep. 1959, voce cit., n. 54 ; Trib. Savona 28 aprile 1958, id., 1959, I, 894, con nota di Ligi, La tutela dell'individualità del l'imprenditore e la repressione della imitazione servile, con ampi richiami ai precedenti.

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1529 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1530

L'art. 20 della legge sui marchi, ohe dà facoltà all'auto

rità amministrativa di rifiutare il brevetto per marchio

costituito da nome geografico quando può creare situazione

di giustificato privilegio, dimostra che il marchio geogra fico in funzione fantastica non può considerarsi marchio

forte per lo stesso fatto che può essere rifiutato e per il

fatto che, se concesso, deve subire la coesistenza con marchi

di identico tenore letterale.

La distinzione tra marchi di fantasia o marchi forti e

marchi deboli ha riferimento al grado dello sforzo creativo

e il ricorso al nome geografico richiede uno sforzo minimo.

Il marchio di città non ha il carattere di novità ed è quindi un marchio debole.

B) Nella comparazione dei due marchi « Capri » e

« Anacapri », la Corte d'appello ha omesso di valutare che

il marchio di fatto « Anacapri » è costituito anche dalle

iniziali A. F. e dalla iniziale G. Nè ha considerato il diverso

aspetto grafico delle denominazioni, il diritto di usare il

nome sanfor e il nome popeline, l'uso di usare nome di lo

calità balneari. Ha riconosciuto importanza a criteri eti

mologici, ma non al fatto che Capri e Anacapri sono due

Comuni distinti.

Le censure debbono essere disattese.

La denominazione geografica per distinguere un prodotto

può costituire marchio di fantasia, in quanto non abbia rife

rimento alla provenienza e qualità del prodotto. In vero

tale mancanza di riferimento alla provenienza e alla qualità della merce esclude che il nome del luogo sia usato nella

sua normale funzione sociale di differenziazione, per la

quale è legato a un complesso di rapporto, onde deve rico

noscersene il libero uso a chiunque ; e rileva che ad esso si

è voluta conferire la funzione particolare di un rapporto

specifico di individuazione di un prodotto. Questa parti colare funzione dei nomi di luogo è stata da tempo ammessa

dalla giurisprudenza di questo Supremo collegio ed auto

revole dottrina ha avuto occasione di precisare ohe, al fine

della tutela del marchio, occorre considerare il nome del

luogo, non nella sua funzione sociale con riguardo ai rap

porti, ma come nome caratteristico, nel suo complesso, e

con riguardo all'effettiva particolare funzione.

L'assunto del ricorrente che i nomi di luoghi usati come

marchi di fantasia siano marchi deboli non considera che

tale qualificazione ha riferimento ad aggiunte o alterazioni

di denominazioni comuni compiute per imprimere alle

stesse efficacia distintiva, onde la tutela è limitata ad ac

certare l'idoneità a detto fine dell'aggiunta o dell'altera

zione, mentre per i marchi di fantasia, così detti forti, la

limitazione non ha ragion d'essere, data la loro diversa

natura, che non richiede modificazioni o aggiunte a nomi

comuni. La limitazione non è quindi configurabile nemmeno

per le denominazioni geografiche usate come marchi di

fantasia, perchè esse non richiedono per la particolare suin

dicata loro funzione necessariamente mutamenti o altera

zioni, occorrendo soltanto che risulti l'uso della denomina

zione per prodotti che non siano di provenienza della lo

calità. Nè sono appropriati gli argomenti addotti dal ricor

rente per dimostrare l'applicabilità della tutela dei marchi

deboli anche a quello di che trattasi.

Contro il richiamo all'art. 20 della legge sui marchi,

secondo cui l'autorità amministrativa può rifiutare il bre

vetto per marchi costituiti da nomi geografici, quando pos

sono creare situazioni di ingiusto privilegio, la Corte di ap

pello ha esattamente considerato, con l'impugnata sen

tenza, che la norma concerne i marchi per prodotti prove

nienti dai luoghi con essi indicati e non quelli che non hanno

riferimento alla provenienza dei prodotti. Non sussiste

pertanto alcun nesso tra la norma e la limitazione di tutela

dei marchi deboli.

Gli altri argomenti poi concernenti lo sforzo creativo

per il marchio di fantasia o il difetto di carattere di novità

dell'uso di una denominazione geografica non dimostrano

l'asserita limitazione di tutela.

Nemmeno sono fondate le censure sub B).

La Corte d'appello ha considerato che le indicazioni ag

giunte, in quanto designavano il genere e la qualità del tes

suto, non avevano efficacia individuante, nè occorreva che

confutasse specificamente tutti gli argomenti addotti in

proposito. Essa ha ritenuto che l'acquirente medio di po

peline potesse confondere i due marchi per il fatto che il

nome Anacapri era una derivazione del nome Capri più noto. L'essere Anacapri e Capri due Comuni distinti non in

ficia il giudizio della Corte per motivazione insufficiente,

perchè essa doveva accertare la confondibilità dei marchi

da parte di acquirenti medi in tutto il territorio nazionale, avendo riguardo alla denominazione geografica come espres sione di fantasia e non quindi ad una conoscenza particolare dei luoghi.

L'impugnata sentenza pertanto, con un accertamento

incensurabile per quanto attiene alla ritenuta confondibi

lità materiale, si è uniformata ad esatto principio giuridico,

applicabile ai marchi con nomi geografici come espressione di fantasia, cioè che per aversi contraffazione di un marchio

non occorre una perfetta e totale imitazione ma basta anche

un'imitazione parziale purché la parte riprodotta o imitata

sia quella che abbia, per la sua prevalenza, la funzione dif

ferenziatrice e sia pertanto sufficiente ad ingannare il com

pratore medio, considerato con riguardo al prodotto.

(Omissis) Con il quarto motivo il Ferrario denuncia la violazione

e la falsa applicazione degli art. 2598, n. 2, e 2600 cod. civ.

e dell'art. 120 cod. proc. civ., nonché motivazione contrad

dittoria. Deduce che la Corte d'appello ha ritenuto che non

costituisce concorrenza sleale l'avere il Cotonificio di Valle

Susa fatto pubblicare sui principali giornali quotidiani un comunicato con il quale si affermava che « Il Presi

dente del Tribunale di Busto Arsizio aveva ordinato il se

questro del pope-line contraddistinto con la marca « Ana

capri » costituendo contraffazione del marchio « Capr' » ; e che ha motivato detta pronuncia considerando :

а) che la concorrenza doveva escludersi perchè suc

cessivamente era stata accertata la contraffazione ;

б) che la precisazione contenuta nel comunicato era

irrilevante ;

c) che, essendo insito nella stessa natura del provve dimento il carattere sommario, doveva escludersi che il

pubblico potesse ritenere accertata definitivamente la con

traffazione ;

d) che a torto erano invocate le disposizioni di legge sulla pubblicazione della sentenza, le quali riguardavano la

sanzione inflitta dal giudice, che importava l'onere di sop

portare le spese. Nulla invece impediva che un imprendi tore di sua iniziativa e a sue spese informasse la clientela

di un provvedimento ottenuto dall'autorità a protezione di un suo prodotto.

Sostiene che gli argomenti sub a) e sub b) siano erronei,

perchè per la sussistenza della concorrenza sleale non oc

corre la falsità delle affermazioni atte a creare confusione

con l'azienda concorrente o a determinare il .discredito dei

suoi prodotti o della sua attività potendo costituire atto il

lecito anche la divulgazione di fatti veri idonei a produrre tali conseguenze, specialmente se fatta in maniera tenden

ziosa, o comunque in modo difforme dai principi della cor

rettezza professionale (Cass. 3 maggio 1957, n. 1496, Foro

it., Rep. 1957, voce Concorrenza, n. 30) ; che l'argomento sub c) contraddice all'ammissione della stessa Corte che il

consumatore poteva confondere Capri e Anacapri e invece

poteva escludere la definitività dell'accertamento ; che

l'argomento sub d) è in contrasto con la disciplina della pub blicazione della sentenza, in quanto la pubblicazione ha

carattere riparatorio e deve essere compiuta nelle modalità

specificamente indicate dal giudice ; e da tale disciplina a

fortiori si desume l'illiceità della pubblicazione di un prov vedimento cautelare, preso in cognizione sommaria e inau

dita altera parte. Anche tali censure sono destituite di fondamento.

Le pubblicazioni nei giornali del comunicato su indicato, in quanto lo stesso non conteneva altra notizia che quella del sequestro del pope1,ine con marca « Anacapri », con

cesso perchè costituiva contraffazione del marchio « Capri »,

rivelano il loro carattere di una reazione a difesa del diritto

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1531 PARTE PRIMA 1532

sul marchio brevettato contro la contraffazione, onde non

possono qualificarsi atti di concorrenza sleale ai sensi del

l'art. 2598, n. 2, come ha ritenuto la Corte d'appello. La formula di detta norma : « Ferme le disposizioni che

concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di bre

vetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque dif

fonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività

di un concorrente, idonei a determinare il discredito », non giustifica l'opinione del ricorrente che debba riconoscersi

importanza alla disputabilità della contraffazione e quindi

qualificarsi le pubblicazioni atti di concorrenza sleale. Non

occorre soffermarsi sulla questione se detta norma riguardi la diffusione falsa in senso stretto o in senso lato, o anche

notizie vere, perchè la premessa, « Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti

di brevetto », importa che le previsioni tipiche di concor

renza sleale sono applicabili soltanto in coerenza con la na

tura del diritto sul marchio, e questa ne esclude l'applica bilità se il titolare di esso reagisca nei limiti da essa con

sentiti, a sua difesa, contro la trasgressione da parte di al

tri (cfr. già Cass. 28 maggio 1941, n. 1570, Foro it., Rep. 1941, voce Bitta, n. 22, con riferimento alla mancanza di

colpa del titolare del diritto). Il diritto sul marchio registrato in vero si esplica quale diritto assoluto di utilizzazione esclu

siva al fine di distinguere i prodotti ed implica a sua tutela

il diritto all'interdizione dell'uso e perfino alla distruzione

del prodotto. Ora ritenere che tale tutela possa esercitarsi

soltanto in via giurisdizionale ed escludere la liceità della

diffusione della notizia della contraffazione, prima che que sta sia accertata con sentenza definitiva, sminuirebbe il

rilevato carattere di assolutezza all'utilizzazione esclusiva

del marchio, che come tale postula l'affermazione della sua

esistenza e la diffusione della sua violazione al fine di evi

tare in fatto la possibilità della confusione dei prodotti. E si presupporrebbe in definitiva un diritto temporaneo

del trasgressore al credito del prodotto che non si ravvisa

nella formula della norma, la quale ha invece riferimento

a una speciale tutela reciproca delle attività degli eser

centi le imprese, ma senza limitazioni dei diritti ai quali la

esplicita salvezza della premessa della norma ha ragione di

essere,proprio per le interferenze tra il loro esercizio in quello delle imprese.

Nè vale l'argomento in contrario addotto in dottrina

che ammettendo la liceità della divulgazione della contraf

fazione prima dell'accertamento giurisdizionale si auto

rizza l'una parte a danneggiare l'altra salvo riparazione del danno dopo l'accertamento. L'argomento può ritorcersi, in quanto, affermando a priori la illiceità della divulgazione, contenuta nei limiti della difesa per l'esercizio esclusivo del

diritto, si tutela con la disciplina della concorrenza sleale

un caso che non vi rientra.

Nemmeno hanno valore gli argomenti addotti dal ricor rente contro la pubblicazione nei giornali del comunicato.

Se è vero che la pubblicazione delle sentenze pronun ciate in dipendenza di violazione di marchi brevettati deve essere disposta dal giudice, con apprezzamento delle circo

stanze, ciò non implica che la notizia della sentenza o di un provvedimento del giudice pubblicati ad iniziativa del l'interessato sia senz'altro illecita. Per affermare la illei cità della pubblicazione occorre che da essa sia stato leso un diritto e causato conseguentemente un danno. Le pub blicazioni del comunicato su indicato invece non lesero il diritto del ricorrente non essendo qualificabili atti di con

correnza sleale.

Nè tale qualifica potrebbe affermarsi, come ripete il ricorrente nel motivo in esame, per il dubbio che il conte nuto del comunicato avrebbe giustificato circa l'accerta mento della contraffazione già compiuto dal giudice che ri lasciò il sequestro.

Posto che deve aversi riguardo, per le su esposte consi

derazioni, all'effettiva esistenza della contraffazione, anche se accertata a posteriori e alla reazione da essa determinata, il dubbio non giustificherebbe la qualifica e sarebbe stato irrilevante. È pertanto assorbita la censura circa l'accerta

mento dell'insussistenza di un ragionevole dubbio, oompiuto

dalla Corte per confermare la mancanza di fondamento

dell'assunto del Ferrario.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

II

Il Tribunale, ecc. — Osserva il Collegio che è pacifico in causa essere la Società attrice titolare del marchio regi strato « Fabriano » da solo e preceduto dalla Sigla « C. M. »,

quale segno distintivo dei propri prodotti cartari e ciò in

forza di sentenza della Commissione dei ricorsi n. 335 del

7 dicembre 1951. A nessun altro, che al titolare del marchio, è adunque consentito usare lo stesso segno nel territorio

dello Stato per merce da esso fabbricata, ovvero in esso

introdotta, a mente dell'art. 1 r. decreto 21 giugno 1942

n. 929, in materia di marchi. Viceversa stando alle dedu

zioni della Società Miliani, detto marchio sarebbe stato

contraffatto e usurpato dalla Ditta convenuta, che ha posto in vendita albums da disegno denominati « Album Fa

briano », confezionati con carta non prodotta dalla Car

tiera Miliani, ma da altre del nord ed adottato ima ragione sociale « Azienda cartaria Fabriano » da cui si è escluso, ad arte, il nome del titolare della Ditta, ricomprendendovi invece il nome della Città-sede, allo evidente scopo di

creare una inevitabile confusione con la Società attrice

e con i marchi da questa apposti sui propri prodotti. Per sottrarsi alle conseguenze giuridiche di tale viola

zione, la Ditta convenuta ha sollevato l'eccezione di nul

lità del marchio, ai sensi dell'art. 20 della legge speciale,

perchè esso consisterebbe in un nome geografico che da

chiunque potrebbe esere usato come indicazione di prove nienza, in quanto privo di originalità e non assunto come

nome di fantasia. Ma la tesi, ad avviso del Collegio, non è

esatta. L'art. 20, invero, non stabilisce la nullità dei marchi

costituiti da nomi geografici, anzi espressamente li ammette,

quando la loro utilizzazione non crei situazioni di ingiusti ficato privilegio o, comunque, non sia tale da arrecare pre

giudizio allo sviluppo di altre analoghe iniziative nella zona

indicata nel marchio. Oltre tutto, nella specie, il disposto citato non può trovare applicazione perchè il marchio « Fa

briano » non è stato prescelto per indicare la provenienza o per trarre da ciò un ingiustificato vantaggio ; esso pre scinde totalmente dal valore e dal significato di indica

zione geografica del nome da cui è costituito ed eleva tale

nome ad espressione individualizzante di mera fantasia, il

cui valore distintivo, differenziatore, riposa sull'uso e sulla

notorietà ultrasecolare, senza alcuna connessione territo

riale. Solo se si fosse trattato di un prodotto proprio carat

teristico del luogo (come è ad es. di certi vini e formaggi) non soggetto a regime di monopolio, il nome « Fabriano »

non sarebbe stato monopolizzabile dalla Cartiera Miliani, il che infatti si verifica tutte le volte che il nome geografico stia a significare i pregi particolari di certi prodotti, in ra

gione della loro specifica provenienza locale geografica. Perchè adunque possa operare il divieto dell'assunzione a

marchio di un nome geografico, deve esistere un pubblico interesse della località corrispondente a beneficiare del va lore descrittivo connesso al nome geografico vòlto a far noto ai consumatori la provenienza di prodotti determi

nati, che dal luogo di origine, traggano particolari virtù ; con tale norma si vuole appunto evitare di creare situa zioni di ingiustificato privilegio a favore del primo impren ditore, in danno degli altri, ima volta che anche ai loro pro dotti e a tutti quelli provenienti da quella zona territoriale inerisce la medesima notorietà di pregi.

Ciò non si verifica certamente nella specie, poiché nes

suno dei pregi riconosciuti alla carta e ai prodotti cartacei della Società Miliani può ricondursi ad una virtù autoc tona (virtute loci), alla connessione geografica con il luogo di fabbricazione. La famosa carta « Fabriano » sarebbe infatti tale se fabbricata con eguale attrezzatura indu

striale, con gli stessi procedimenti secolari, propri dell'at trice soltanto, in una qualsiasi altra città d'Italia o al

l'estero. D'altro canto, essendo certo che la sola produt trice di carta nella zona di Fabriano è la Società Miliani,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1534

men che meno può operare il divieto dell'uso del nome geo

grafico nell'interesse dell'Azienda cartaria Carmenati, una

volta che quest'ultima, esercente soltanto la confezione ed

il commercio di articoli cartacei (esclusa ogni produzione

degli stessi), non ha titolo per lamentare una situazione di

ingiustificato privilegio a favore della Cartiera Miliani, o

comunque un pregiudizio allo sviluppo di eventuali analo

ghe iniziative da parte di terzi. L'assunzione invero del

nome geografico come marchio va negata solo quando vi

siano più imprenditori dello stesso genere di prodotti nella

zona e non quando esso sia stato usato da un solo primitivo

imprenditore. La tutela è pure concessa quando il nome si sia immede

simato per lungo uso col prodotto, così da essere riferito

unicamente ad esso. E questo è proprio il caso della Car

tiera Miliani ; l'eccellenza ultrasecolare dei suoi prodotti ha fatto sì che, dovunque, per « carta Fabriano » si intende

quella particolare, pregiata carta che solo la Cartiera Miliani

di Fabriano fabbrica e che attualmente è tutelata dal noto

marchio « Fabriano ». Al consumatore non interessa avere

carta di Fabriano, posto che la fabbricazione del prodotto a Fabriano non conferisce allo stesso alcun privilegio par ticolare ; gli interessa invece avere carta che porti il mar

chio « Fabriano », perchè sa che tale segno distintivo gli consentirà di avere un prodotto cartario pregiato, fabbri

cato dalla Cartiera Miliani.

La rinomanza nella specie, non è quindi nella Città di

Fabriano, o, se lo è, solamente in via riflessa, in quanto è

stata ricollegata al nome di fantasia « Fabriano » per l'ec

cellenza dei prodotti della Cartiera Miliani. Rinomanza,

adunque, connessa ad una azienda in virtù delle caratteri

stiche soggettivamente create e mantenute nei suoi pro dotti e non di una località geografica, ed in ragione di pregi che indistintamente appartengono ad un tipo di prodotti,

che, per il solo fatto della connessione territoriale con detta

località, presentano caratteristiche merceologiche apprez zate e preferenziali e tale rinomanza è riassunta per l'ap

punto, sia per la Società titolare sia per il pubblico dei con

sumatori, nel marchio nominativo anzidetto.

A buon diritto, quindi, la Società attrice invoca la tu

tela del marchio « Fabriano » per i propri prodotti, dovendo

ad essi riconoscersi piena validità, perchè usato come nome

di fantasia e non come indicazione di provenienza. Tutto ciò premesso, e respinta l'eccezione sollevata

dalla difesa della Ditta convenuta per manifesta infonda

tezza, si tratta di accertare se sia stata o meno commessa

da questa ultima la dedotta contraffazione del marchio

« Fabriano ».

Ora, a concretare la contraffazione basta qualsiasi imi

tazione, anche parziale, di esso che sia oggettivamente idonea a determinare la confondibilità con altro preesi

stente. La indagine, in mancanza di rigidi criteri di valuta

zione, va condotta caso per caso, sottoponendo i due marchi

a comparazione sintetica, con particolare riferimento alla

loro impressione complessiva, in relazione all'effetto gra

fico, fonetioo ed acustico delle parole che li compongono ;

e nel procedere ad un tale esame va tenuto conto della in

telligenza e diligenza media di scelta dei consumatori e non

fondarsi sulla possibilità di un attento esame comparativo

da parte di persone dotate di particolare intelligenza e di

particolare competenza (Cass., Sez. un., 23 giugno 1957,

n. 1046, Foro it., 1957, I, 1433). Orbene, proprio il nome

« Fabriano », che rappresenta il marchio più usato dalla

Soc. Miliani (n. 130.2,18), è stato utilizzato per le proprie

confezioni e carte dall'Azienda cartaria Carmenati e cam

peggia a carattere macroscopico nei suoi albums, avvedu

tamente posto isolato fra due virgolette sotto la ditta

« Azienda cartaria », riprodotto inoltre nell'identico carattere

semigotico, con cui il nome stesso figura sugli albums da

disegno della Cartiera Miliani, nelle identiche dimensioni,

su eguale fondo e disegni geometrici (quadrati recanti

iscritto un fiore stilizzato) come si evince dai documenti

reperiti. Oltre a ciò anche nella filigrana della carta da disegno

commerciata dalla Ditta convenuta, riproducente a stam

patello e con gli stessi caratteri tipografici usati per il mar

chio « Fabriano » della Cartiera Miliani la denominazione

della Ditta convenuta (Azienda cartaria Fabriano) e dalla

quale, non a caso, è stato escluso il nome del suo titolare

Dario Carmenati, devesi ravvisare una forma di contraffa

zione del marchio « Fabriano », sia pure parziale, giacché ad uno sguardo superficiale si ha l'impressione, stante la

identità dei caratteri grafici, che dette carte da disegno siano pure sempre quelle prodotte dalla Cartiera Miliani

titolare esclusiva del marchio.

Si ha invero contraffazione anche imitando servilmente

solo una parte individualizzante di un precedente marchio,

come ebbe a statuire la Suprema corte con sentenza 29

luglio 1947, n. 1220 (Foro it., 1947, I, 805), sempre che il

marchio sospetto di imitazione dia nel suo insieme al consu

matore l'impressione di trovarsi di fronte al marchio imi

tato. Nella specie, non vi ha dubbio, trattandosi di parole

distinte, in cui domina il nome « Fabriano », impresso e

filigranato con gli identici caratteri tipografici ripresi dal

marchio, che l'attenzione del pubblico si concentra proprio su tale parola, cui si collega il prodotto, onde la riprodu zione di essa (sia pure con altre) ha lo stesso effetto, di ri

chiamo della clientela, della riproduzione del marchio ori

ginale, di esclusiva spettanza della Cartiera Miliani.

La parola « Fabriano » appare adunque ictu oculi essere

stata assunta dalla Ditta convenuta per contrassegnare il

prodotto con il marchio proprio della attrice e creare una

inevitabile confusione tra i prodotti ed un malizioso in

ganno del pubblico. Ma vi è di più : lo stesso Carmenati ha fatto imprimere in

filigrana nei fogli del suo album « Fabriano » il nome di

« Raffaello », che coincide con il nome che più frequente mente è stato usato dalla Società attrice per distinguere uno

dei suoi albums destinato alla scuola. Inoltre, ha fatto im

primere, sempre in filigrana, sui fogli dell'album « Fabriano »

la sigla « C.Y.F. » che è ben facilmente confondibile, an

che per la identità della dislocazione e dei caratteri grafici, con un altro marchio della Cartiera Miliani Fabriano, che

consiste appunto nella sigla « C.M.F. ». D'altro canto,

che la contraffazione del marchio sia stata intenzionale e

perseguita al fine di generare confusione tra i prodotti è

dimostrato dalle lettere in atti della Cartiera Galvani di

Pordenone fornitrice della carta filigranata da disegno al Carmenati ; in esse, dirette alla Cartiera Miliani, che

aveva lamentato la contraffazione, si riferisce che, portate le doglianze a conoscenza del Carmenati ed invitato questo ultimo a modificare i segni distintivi delle carte da lui

vendute, con l'aggiunta del nome « Dario Carmenati »

alla ragione sociale riportata in filigrana, oppure con la

esclusione del nome « Fabriano » dalla stessa, « in modo

da eliminare qualsiasi possibilità di equivoco », si era avuto

da costui un netto rifiuto, tanto che la Cartiera in parola

aveva deciso di sospendere qualsiasi ulteriore fornitura di

carta alla Ditta anzidetta. Non quindi soltanto contraffa

zione del marchio (cui nulla toglie l'apposizione separata

e distinta della denominazione « Azienda cartaria », che

per la sua genericità e mancanza di potere identificativo,

maggiormente ingenera confusione o equivoco fra i pro

dotti cartacei venduti dalla Ditta convenuta e quelli fabbri

cati dalla Società attrice), ma addirittura imitazione servile

e pedissequa dell'aspetto esterno dei prodotti in partico

lare. Il che integra anche un requisito dell'atto di concor

renza sleale a mente dell'art. 2598 cod. civile.

L'imitazione servile, invero, è illecita quando genera

confusione tra due prodotti ed essa sussiste tutte le volte

che la differenza tra i diversi elementi caratteristici dei

caratteri geografici è tale che può essere rilevata soltanto

da un perito attento e diligente ; e ciò perchè la tutela con

tro la imitazione servile è dalla legge concepita ed attuata

essenzialmente in difesa di chi non ha speciale competenza

e riguarda quindi tutta la possibile clientela costituita dalla

generalità del pubblico. Sussiste altresì usurpazione parziale della ragione so

ciale dell'attrice, giacché l'aggiunta della parola « Fabriano »

ad una Ditta vaga e non individualizzata, quale è l'Azienda

Cartaria, non adoperata come indicazione della Ditta pro

duttrice e tanto meno come indicazione di provenienza

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1535 PARTE PRIMA 1536

dei prodotti di quella località, sta a significare che ad essa

si è ricorso come mezzo caratteristico di individuazione

del prodotto e cioè come marchio (App. Milano 5 aprile 1957, Foro it., 1957, I, 642). Con questo, non si vuole ini

bire alla convenuta la facoltà di indicare la propria sede nel

modo acconcio ed usuale, ma si vuole soltanto impedire che, con l'espediente malizioso di incorporare inconsueta

mente la sede nel proprio nome commerciale, della Ditta

individuale (già ad arte fatta figurare priva del nome del

titolare), realizzi l'illecito intento di ingenerare confusione

con una Ditta preesistente, e cioè con la Cartiera Miliani, la

quale, legittimamente anche ai sensi dell'art. 13 r. decreto

21 giugno 1942 n. 929, reca il nome « Fabriano » quale

parte integrante e distintiva della Ditta stessa. Accertata la contraffazione del marchio nonché la ser

vile imitazione di ogni carattere peculiare del prodotto

originale e del suo aspetto esterno, sì da rendere inevita bile la confondibilità sul mercato, resta per ciò stesso pro vata la sussistenza degli atti di concorrenza sleale a mente dell'art. 2598, n. 1. Nella specie, l'intenzionalità dell'ope rato scorretto e lesivo del Carmenati, oltre che essere pre sunta per legge (art. 2600, ult. comma), è addirittura dimo strata dal contenuto delle due lettere della Cartiera Gal vani di Pordenone, il cui contenuto non è stato smentito dallo interessato ; questi infatti, avvertito della confon dibilità dei prodotti dipendente dall'adozione dei segni distintivi da lui richiesti e voluti per le carte e gli albums

posti in vendita a Fabriano ed invitato ad apportarvi mo difiche che valessero ad evitare qualsiasi possibilità di

equivoco con i prodotti cartacei fabbricati dalla Cartiera Mi

liani, non volle assolutamente aderire a tale richiesta, sì da,

costringere la Cartiera fornitrice a sospendere ogni ulte riore trattativa. Ciò sta a significare che il Carmenati non versava affatto in buona fede e che, anzi, intendeva profit tare della confondibilità dei prodotti sul mercato per trarne un vantaggio economico in danno dell'Azienda concorrente. Ed un tale operato non può non qualificarsi « non conforme

agli usi onesti » (art. 10 bis della Convenzione di Londra del 1934 ratificata e resa esecutiva in Italia). Egli, quindi, quale autore degli atti di illecita concorrenza è tenuto al risarcimento dei danni nei confronti della Società attrice ; su di lui ricadeva l'onere di provare la propria innocenza al fine di escludere l'obbligo risarcitorio. Ma egli in propo sito non ha offerto la benché minima prova ; nè la deduzione di incombenti orali formulata in istruttoria si ravvisa esau riente ed atta a smentire le risultanze documentali e le con siderazioni sopra svolte.

D'altro canto per la sussistenza dell'obbligo risarci torio nell'autore degli atti di concorrenza sleale non occorre che sia stata raggiunta la prova di un danno effettivo, es sendo sufficiente il pericolo di danno, desumibile dalla intrinseca natura di determinati atti illeciti e dalle loro caratteristiche o modalità ; è cioè sufficiente che i mezzi non conformi agli usi onesti e alla correttezza professio nale posti in essere da un concorrente siano potenzialmente idonéi a produrre un effetto pregiudizievole in danno del l'altrui azienda (Cass. 21 giugno 1960, n. 1644, Foro it., Rep. 1960, voce Comune, n. 104). (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 30 gennaio 1961, n. 185 ; Pres. Varallo P., Est. Modigliani, P. M. Gedda (conci, conf.) ; Di Ventura (Avv. Jodice) c. E.c.a di Lima tola (avv. Portoghese).

(Dichiara inammissibile ricorso avverso Trib. Benevento 16

luglio 1959)

Cassazione in materia civile — Ricorso — Deposito

per multa — Quietanza — Incompleta indicazione

dej|li estremi nella copia — Inammissibilità (Cod. proc. civ., art. 366).

Cassazione in materia civile — Contratti agrari —

Sezioni specializzate — Hicorso per cassazione — Deposito per multa — Necessità (Cod. proc. civ., art. 364 ; 1. 4 agosto 1948 n. 1094, proroga dei con

tratti di mezzadria, ecc., art. 7, 10).

È inammissibile il ricorso per cassazione, qualora nella copia notificata all'intimato sia indicato il solo numero della

quietanza del deposito per multa e non la data di emis

sione, l'ufficio emittente, la somma versata e gli estremi della sentenza impugnata. (1)

Il ricorso per cassazione avverso le sentenze delle sezioni

specializzate agrarie deve essere preceduto dal deposito

per multa. (2)

La Corte, ecc. — L'eccezione di inammissibilità del ri

corso, sollevata dal resistente, è fondata. Come è noto, l'indicazione, nel ricorso e nelle copie,

della quietanza di deposito per il caso di soccombenza, pre scritta dal n. 5 dell'art. 366 cod. proc. civ., mira a porre la parte intimata in grado di avere la certezza dell'adempi mento di tale obbligo, stabilito, a pena di inammissibilità del ricorso, dall'art. 364 dello stesso codice. Ora tale scopo non può ritenersi conseguito, quando, come nel caso in

esame, nella copia del ricorso notificata sia indicato solo il numero della bolletta e manchi ogni menzione della data della stessa bolletta, dell'ufficio del registro presso il quale il deposito cauzionale è stato eseguito, dell'importo del versamento e degli estremi della sentenza impugnata. Per vero l'indicazione del solo dato attinente al numero della bolletta non appare sufficiente a porre la controparte in

(1) I precedenti, che qui si citano, si riferiscono esclusiva mente alle ipotesi di indicazione degli estremi della quietanza sulla copia notificata del ricorso e non anche alla massime di sentenze inedite, dalle quali non risulta se la valutazione di sufficienza della indicazione sia stata effettuata dalla Cassazione con riguardo all'originale ovvero alla copia notificata.

Sono stati ritenuti inammissibili ricorsi per cassazione, sulla cui copia notificata :

a) era contenuta la seguente menzione : « il deposito prescritto è stato effettuato come da quietanza allegata al fascicolo » (Cass. 27 settembre 1957, n. 3524, Foro it., Rep. 1957, voce Cassazione civ., n. 117) ;

b) difettava ogni elemento d'identificazione (Cass. 17 giugno 1959, n. 1869, id., Rep. 1959, voce cit., n. 77 ; Cass. 26 ottobre 1958, n. 3037, id., Rep. 1958, voce cit., n. 127) ;

c) non erano stati indicati l'ufficio del registro, la data e il numero della quietanza (Cass. 20 marzo 1959, n. 840, id., Rep. 1959, voce cit., n. 80).

Sono stati, invece, ritenuti ammissibili ricorsi per cassa zioni, sulla cui copia notificata :

d) non erano stati indicati la data e il numero della bolletta (Cass. 1° agosto 1960, n. 2247, id., Rep. 1960, vocq cit., nn. 149, 150) ;

e) erano stati indicati soltanto il numero e la data, la somma e l'ufficio del registro (Cass. 24 aprile 1958, n. 1362, id., Rep. 1958, voce cit., n. 120) ;

/) erano stati indicati soltanto la data e il numero della bolletta, e l'ufficio del registro (Cass. 20 ottobre 1958, n. 3370, id., Rep. 1958, voce cit., n. 124) ;

g) erano stati indicati soltanto la data della quietanza e l'ufficio del registro (Cass. 22 gennaio 1957, n. 186 ; 23 maggio 1957, n. 1871, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 110-110 bis ; 23 giugno 1955, n. 1960, id., Rep. 1955, voce cit., n. 117) ;

h) era stata omessa la sola indicazione dell'ufficio del re gistro (Cass. 18 gennaio 1953, n. 1434, id., 1954, I, 197, con nota di richiami).

In generale, cons. Cass. 29 ottobre 1958, n. 3555, id., 1959, I, 597, con nota di richiami.

(2) Giurisprudenza costante : Cass. 2 febbraio 1957, n. 409, Foro it., Rep. 1957, voce Cassazione civ., n. 107 ; implicitamente, Cass. 1 aprile 1957, n. 1118, ibid., voce Contratti agrari, n. 545 ; 30 aprile 1956, n. 1378, id., Rep. 1956, voce Cassazione civ., n. 165 ; 28 settembre 1955, n. 2652, id., Rep. 1955, voce cit., n. 100 e 10 giugno 1954, n. 1921, id., Rep. 1954, voce cit., n. 182, richiamate in motivazione ; Cass. 25 luglio 1953, n. 2530, id., Rep. 1953, voce cit., n. 106 ; 17 gennaio 1953, n. 117, ibid., voce Contratti agrari, n. 540.

In dottrina, cons. Andrioli, Commento, II3, pag. 531.

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