sezione I civile; sentenza 8 gennaio 1997, n. 75; Pres. Lipari, Est. A. Finocchiaro, P.M. Cinque(concl. diff.); Cutolo De Rosis (Avv. Barbieri) c. Gallerani (Avv. Paoletti, Casulli, Sportelli).Cassa App. Bari 3 giugno 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 3 (MARZO 1997), pp. 793/794-795/796Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191843 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
motivazione delle decisioni mediante l'introduzione di direttive
intese a sottrarre alla pubblica amministrazione il potere di rin
novare il giudizio discrezionale di merito.
Parimenti, neppure può utilmente sostenersi che l'obbligo im
posto dalla sentenza in esame alla pubblica amministrazione sia
soltanto conseguenziale alla pronuncia di annullamento, atteso
che si sostanzia invece in un vero e proprio limite alla discrezio
nalità della pubblica amministrazione, che non può essere im
posto in mancanza o al di fuori di esplicita previsione di legge. Il ricorso va, dunque, accolto e la decisione impugnata deve
essere cassata senza rinvio (trattandosi di difetto di giurisdizio ne su un punto in ordine al quale nessun altro è munito di
giurisdizione), nella parte in cui, ai fini dell'ulteriore attività
discrezionale della pubblica amministrazione, ha dichiarato l'ob
bligo della commissione superiore d'avanzamento di porre «in
ogni caso il Fraticelli in posizione poziore rispetto ai pari grado».
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 8 gennaio
1997, n. 75; Pres. Lipari, Est. A. Finocchiaro, P.M. Cin
que (conci, diff.); Cutolo De Rosis (Avv. Barbieri) c. Galle
rani (Avv. Paoletti, Casulli, Sportelli). Cassa App. Bari
3 giugno 1993.
Matrimonio — Divorzio — Pensione di reversibilità — Presup
posti (L. 1° dicembre 1970 n. 898, disciplina dei casi di scio glimento del matrimonio, art. 9; 1. 6 marzo 1987 n. 74, nuove
norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio, art. 13).
Il diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità (o ad una quota in caso di concorso con altro coniuge supersti
te) presuppone l'effettivo godimento al momento della morte
di assegno di divorzio giudizialmente riconosciuto. (1)
Motivi della decisione. — (Omissis). Con il quarto motivo
si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 5 1. n. 898
del 1970, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. per avere la corte
determinato la quota della pensione di reversibilità in relazione
all'assegno divorzile che sarebbe spettato alla Gallerani, senza
tenere presente che tale assegno non era contenuto nella senten
za di divorzio.
4. - Osserva il collegio che fra i vari motivi proposti si pre senta come logicamente pregiudiziale il quarto che pone la que
(1) La sentenza si discosta dichiaratamente da Cass. 10 settembre 1990, n. 9309, Foro it., 1991, I, 800, con nota di Quadri, e Corriere giur., 1991, 1100, con nota di Batà; 12 novembre 1994, n. 9528, Foro it.,
Rep. 1995, voce Matrimonio, n. 213, e Giust. civ., 1995, I, 943, con nota di Ferrari, che avevano ritenuto sufficiente la titolarità «in astratto»
dell'assegno divorzile, anche se il giudice ne avesse negato in concreto
il pagamento per le condizioni gravemente precarie dell'ex coniuge ob
bligato. Nello stesso senso, v. Pret. Parma 29 marzo 1994, Foro it.,
1994, I, 3264, con nota di richiami. In senso conforme alla presente pronuncia, v. Cass. 24 maggio 1995,
n. 5674, id., Rep. 1995, voce Previdenza sociale, n. 762; 11 agosto
1993, n. 8634, id., Rep. 1994, voce Matrimonio, n. 200; 26 luglio 1993, n. 8335, id., 1994, I, 1105, con nota di Quadri, e Giust. civ., 1994,
I, 2963, con nota di Frezza. Sui criteri di determinazione della quota di pensione a favore del
coniuge divorziato, in caso di concorso con altro coniuge superstite, cfr. Cass. 27 maggio 1995, n. 5910, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 216, e Gius, 1995, 1835, con nota di Carbone; Famiglia e dir., 1995,
446, con nota di Ferrando; 10 novembre 1994, n. 9389, Foro it., Rep.
1995, voce Previdenza sociale, n. 763; 9 dicembre 1992, n. 13041, id.,
1993, I, 790, con nota di Quadri. In tema di assegno di divorzio, da ultimo, Cass. 12 marzo 1992, n.
3019 e Trib. Catania, ord. 14 dicembre 1992, id., 1993, I, 1635, con
nota di Quadri.
Il Foro Italiano — 1997.
stione essenziale ai fini della decisione sulla spettanza al coniu
ge divorziato di una quota di pensione di reversibilità.
Il motivo è fondato sulla base delle considerazioni che seguono. Come è noto, a seguito della nuova formulazione dell'art.
9 1. n. 898 del 1970, introdotta con l'art. 13 1. n. 74 del 1987,
per il quale il diritto alla pensione di reversibilità spetta al co
niuge rispetto al quale sia stata pronunciata sentenza di divor
zio, sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, la
giurisprudenza di questa corte si è consolidata — dopo una ini
ziale pronuncia contraria (Cass. 10 settembre 1990, n. 9309, Foro it., 1991, I, 800) — nel senso che il diritto alla pensione di reversibilità postula l'effettiva titolarità dell'assegno di divor
zio al momento della morte e pertanto deve essere negato in
difetto di godimento dell'assegno medesimo (Cass. 16 aprile 1991, n. 4041, id., Rep. 1991, voce Matrimonio, n. 230; 25 maggio
1991, n. 5939, id., 1992, I, 1513; 26 luglio 1993, n. 8335, id., 1994, I, 1105), non essendo sufficiente la sola maturazione dei
presupposti per conseguirlo, che non si sia tradotta nell'attribu
zione dell'assegno stesso (Cass. 11 agosto 1993, n. 8634, id.,
Rep. 1994, voce cit., n. 200; 24 maggio 1995, n. 5674, id., Rep.
1995, voce Previdenza sociale, n. 762) e neanche la circostanza
che, pur in difetto del titolo previsto, siano intervenute delle
erogazioni sporadicamente e continuativamente, in via di fatto
o sulla base di convenzioni tra le parti (Cass. 19 gennaio 1996
n. 412, id., Mass., 51).
Questa interpretazione è stata ritenuta non contrastante con
le norme costituzionali (Corte cost. 7 luglio 1988, n. 777, id.,
1988, I, 3515) ed ancora recentemente lo stesso giudice delle
leggi — investito del problema della costituzionalità della nor
ma, sotto altro profilo — nel dichiarare nuovamente non fon
data la questione proposta ha rilevato che l'elemento della tito
larità dell'assegno giudizialmente riconosciuta non è surrogabile da una convenzione privata, perché solo il giudice, non l'auto
nomia privata, ha il potere di accertare i presupposti, attinenti
alle condizioni economiche dei coniugi e alle ragioni della deci
sione di scioglimento del matrimonio, che giustificano, nei rap
porti con l'Inps, la prosecuzione, nella forma della pensione di reversibilità, della funzione di sostentamento del coniuge su
perstite prima indirettamente adempiuta dalla pensione di cui
era titolare il coniuge defunto, debitore dell'assegno (Corte cost.
17 marzo 1995, n. 87, id., Rep. 1995, voce Matrimonio, n. 212). La stessa corte, con la medesima pronuncia, ha opportuna
mente precisato che un diritto per il cui esercizio la legge predi
spone lo strumento del processo — quale il diritto di uno dei
coniugi, concorrendo certe condizioni, di ottenere l'assegno di
divorzio previsto dall'art. 5 1. n. 898 — ammette l'alternativa
dell'attuazione mediante un atto di autonomia privata solo con
efficacia circoscritta ai rapporti fra le parti, mentre nessuna ri
levanza la convenzione privata può avere nei confronti dell'Inps
(terzo) ai fini dell'integrazione della fattispecie costitutiva del
diritto alla pensione di reversibilità prevista dall'art. 9.
In presenza di tale ricostruzione interpretativa del dato nor
mativo — che il collegio pienamente condivide — non può esse
re seguita l'affermazione contenuta in un'isolata sentenza di que sta stessa sezione per la quale in caso di morte dell'ex coniuge ha diritto alla pensione di reversibilità (o ad una quota della
stessa in caso di concorso con altro coniuge superstite) il coniu
ge divorziato, al quale l'assegno di divorzio sia stato negato dall'autorità giudiziaria in considerazione delle particolari con
dizioni di bisogno in cui versava il coniuge che avrebbe dovuto
prestarlo, pur avendo tutti i requisiti richiesti dalla legge per ottenerlo (Cass. 12 novembre 1994, n. 9528, ibid., n. 213).
Tale pronuncia, infatti, oltre a non essere applicabile alla fat
tispecie in esame, non tiene conto che il legislatore della novella
del 1987 ha posto, quale condizione necessaria ed imprescindi bile per l'attribuzione della pensione di reversibilità (o di una
quota della stessa) al coniuge divorziato, il riconoscimento da
parte del giudice del divorzio del diritto all'assegno di cui al
l'art. 5 1. n. 898 del 1970, mentre sono irrilevanti le ragioni
per le quali a tale pronuncia non si sia pervenuti.
Pertanto, nella fattispecie in esame, poiché, come è pacifico in punto di fatto, l'assegno di divorzio non è stato riconosciuto
alla Gallerani dal Tribunale di Bari che ha pronunciato il divor
zio — a prescindere dai motivi dell'omessa pronuncia sul punto — e tale sentenza non è stata impugnata, né è stata richiesta,
in vita dell'altro coniuge Luciano Lancieri, la revisione della
relativa statuizione, Maria Antonietta Gallerani non può vanta
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PARTE PRIMA
re alcun diritto ad una quota della pensione di reversibilità, con
effetti nei confronti dell'ente erogatore della stessa, spettante al coniuge superstite Marisa Cutolo De Rosis, mentre gli accor
di intervenuti fra le parti e diretti a riconoscere alla prima som
me a titolo di mantenimento conservano valore come atti di
autonomia privata, ma non valgono a surrogare — come esat
tamente rilevato da Corte cost. n. 87 del 1995, cit. — la pro nuncia giudiziale mancata.
Agli anzidetti principi non si è attenuta la sentenza impugna ta e pertanto la stessa va cassata.
Poiché sussistono nella fattispecie le condizioni per decidere
sul merito della questione, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., va di
chiarata non dovuta alla Gallerani una quota della pensione di reversibilità spettante alla Cutolo De Rosis.
5. - L'accoglimento del quarto motivo comporta l'assorbi
mento degli altri che presuppongono il riconoscimento, ora ne
gato, del diritto alla quota di pensione di reversibilità.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 7 gennaio
1997, n. 42; Pres. Panzarani, Est. Mercurio, P.M. De Gre
gorio (conci, conf.); Simone (Avv. Piccioni) c. Soc. Centro
sud (Aw. Conserva). Conferma Trìb. Parma 26 gennaio 1993.
Autoservizi — Trasporto di merci su strada — Tariffe a forcel
la — Clausole difformi — Sostituzione automatica (Cod. civ., art. 1339, 1419; 1. 6 giugno 1974 n. 298, istituzione dell'albo
nazionale degli autotrasportatori di cose per conto terzi, di
sciplina degli autotrasporti di cose e istituzione di un sistema
di tariffe a forcella per i trasporti di merci su strada, art. 51). Prescrizione e decadenza — Trasporto di merci su strada —
Prezzo inferiore al minimo delle tariffe — Diritto alla diffe
renza di compenso — Prescrizione annuale (Cod. civ., art.
2951; 1. 6 giugno 1974 n. 298, art. 51; d.l. 29 marzo 1993
n. 82, misure urgenti per il settore dell'autotrasporto di cose
per conto di terzi, art. 2).
Nel trasporto di merci su strada, in caso di violazione del siste
ma tariffario a forcella, la clausola contrattuale difforme è
affetta da nullità e viene automaticamente sostituita con il
minimo o con il massimo delle tariffe, a seconda che la dero
ga sia stata pattuita in diminuzione rispetto all'uno o in au
mento rispetto all'altro. (1) Per i contratti di trasporto di merci su strada stipulati prima
dell'entrata in vigore del d.l. 82/93, qualora sia stato pattuito un prezzo inferiore al minimo delle tariffe obbligatorie, il di
ritto a percepire la differenza di compenso si prescrive nel
termine di un anno. (2)
(1-2) Il sistema tariffario introdotto dalla 1. 298/74 prevede che, nel caso di autotrasporto di merci per conto terzi, il prezzo da corrisponde re al vettore può oscillare esclusivamente tra il valore minimo e quello massimo delle tariffe obbligatorie approvate dal ministro dei trasporti (per invocare l'applicazione delle tariffe, l'autotrasportatore deve essere iscritto all'albo nazionale e munito dalla prescritta autorizzazione: cfr. Trib. Genova 7 novembre 1994, Foro it., Rep. 1995, voce Trasporto (contratto), n. 14, e Cass. 8 ottobre 1991, n. 10533, id., Rep. 1991, voce cit., n. 21). Le tariffe a forcella hanno suscitato una serie di pro blematiche, sulle quali si sono più volte pronunciati numerosi giudici di merito, la Cassazione e la Corte costituzionale.
Nell'affermare l'operatività del meccanismo della sostituzione auto matica delle pattuizioni contrattuali che prevedono un compenso non
compreso nell'apertura della forcella, la pronuncia in epigrafe si richia ma a Cass. 28 ottobre 1992, n. 11703, id., Rep. 1992, voce cit., n.
22, dove si parlava di nullità (virtuale), ai sensi dell'art. 1418, 1° com
ma, c.c., delle clausole che prevedevano un corrispettivo inferiore a
quello minimo legale, per contrarietà alla norma imperativa dettata dal 3° comma dell'art. 51 1. 298/74; la precisazione che le clausole difformi sono rimpiazzate dal minimo o dal massimo della tariffa, a seconda
Il Foro Italiano — 1997.
Svolgimento del processo. — Il Tribunale di Parma, con sen
tenza del 26 gennaio 1993, ha respinto l'appello proposto dalla
ditta «Autotrasporti Tra.S.» di Simone Domenico, in persona di quest'ultimo, avverso la sentenza con la quale il pretore della
stessa città aveva rigettato la domanda avanzata dalla suddetta
parte nei confronti della società Centrosud s.n.c. per ottenere
il pagamento della somma di lire 14.750.137 a titolo di differen
za tra le tariffe minime obbligatorie, stabilite con decreto mini
steriale per i trasporti merci su strada (ai sensi della 1. 6 giugno 1974 n. 298), ed il minor importo del corrispettivo effettiva
mente pagato per i vari trasporti eseguiti nel periodo tra il feb
braio e il luglio 1988, periodo durante il quale i trasporti erano
stati effettuati esclusivamente a favore della anzidetta società
Centrosud.
Il giudice d'appello ha confermato la pronuncia pretorile di
rigetto della domanda per avvenuta prescrizione ai sensi del
l'art. 2951 c.c. (che stabilisce la prescrizione breve, annuale,
per i diritti derivanti dal contratto di trasporto), ed osserva che
nella specie non viene in considerazione alcuna ipotesi di re
sponsabilità extracontrattuale, trattandosi di compenso collega to alla esecuzione di un contratto di trasporto di merci su stra
da; e che va quindi disatteso l'assunto del ricorrente secondo
cui, trattandosi di tariffe obbligatorie, i conseguenti diritti deri
verebbero invece dalla legge, e non dal contratto, e sarebbero
pertanto soggetti alla ordinaria prescrizione decennale. Aggiun
ge che proprio il rilievo che la tariffa obbligatoria «a forcella»,
prevista dalla 1. n. 298 del 1974, si inserisce automaticamente
nel contratto ex art. 1339 c.c. in sostituzione della clausola even
tualmente difforme, deve far ravvisare nel contratto stesso la
fonte genetica del diritto al pagamento del corrispettivo, con
conseguente applicabilità del termine breve di prescrizione (ex art. 2951 c.c.), nella specie integralmente decorso, in assenza
di fatti interruttivi, al momento della proposizione della do
manda giudiziale.
che sia stato convenuto un prezzo inferiore all'uno o superiore all'altro, è contenuta incidentalmente nella decisione con cui la Consulta ha sot
toposto a revisione il sistema legale di limitazione della responsabilità del vettore per i danni cagionati alle cose trasportate: cfr. Corte cost. 22 novembre 1991, n. 420, id., 1992, I, 642, con note di G. Ponzanel
li, Limitazione di responsabilità, analisi economica del diritto e giudi zio di costituzionalità, e di F. Cosentino, Trasporto di merci su strada e limitazione della responsabilità: osservazioni in chiave di analisi eco nomica del diritto. Nello stesso senso, v. Trib. Milano 13 novembre
1995, Giust. civ., 1996, I, 1820, nonché Trib. Lucca 29 aprile 1991, Foro it., Rep. 1992, voce Autoservizi, nn. 34-36, e Giust. civ., 1992, I, 239, con nota di N. Di Mauro, In tema di integrazione legale dei contratto (sentenza che considerò manifestamente infondata la questio ne di legittimità costituzionale delle norme istitutive del sistema delle tariffe a forcella, di cui si prospettava la contrarietà all'art. 41 Cost.).
La prevalenza delle determinazioni legali sulla volontà negoziale even tualmente difforme, traducendosi in un'integrazione del contenuto del
contratto, fa sì che il diritto a ricevere il compenso fissato dalla legge abbia titolo esclusivo proprio nel contratto. Quanto alla prescrizione, ciò comportava, prima dell'entrata in vigore del d.l. 82/93 che ha pre visto un termine quinquennale, l'applicazione del regime proprio del
tipo negoziale del trasporto, e quindi il compimento della stessa con il decorso di un anno. L'esiguità del termine è parsa a taluni iniqua, nei casi in cui l'attività lavorativa dell'autotrasportatore fosse inquadra bile nell'alveo della parasubordinazione; ma dapprima la sezione lavoro della Suprema corte ha respinto la tesi secondo cui si dovesse applicare la più favorevole disciplina prevista per il lavoro subordinato (Cass. 2 marzo 1995, n. 2426, Foro it., 1995, I, 3515) e quindi, dietro solleci tazione della medesima sezione lavoro (Cass., ord. 7 marzo 1995, id., Rep. 1995, voce Prescrizione e decadenza, n. 70), è stata la Corte costi tuzionale a ribadire l'esattezza dell'applicazione anche in tali ipotesi del l'art. 2951, 1° comma, c.c. (Corte cost. 24 luglio 1995, n. 365, ibid., n. 69).
Per quanto concerne l'ulteriore problema dell'applicazione delle ta riffe ai contratti di appalto di servizi di trasporto — che era stata esclu sa da Trib. Genova 12 luglio 1990, id., Rep. 1991, voce Trasporto (con tratto), n. 22 (annotata da G. Sarzina, Luci ed ombre della giurispru denza sulle tariffe di trasporto, in Corriere giur., 1991, 201) — è
intervenuto, allo scopo di impedire l'elusione della disciplina obbligato ria, l'art. 3 d.l. 82/93, il quale, con disposizione retroattiva di interpre tazione autentica della norma regolamentare dettata dall'art. 8 d.p.r. 56/78, ha sancito la vincolatività del sistema delle tariffe a forcella per ogni tipo di contratto che preveda l'effettuazione di autotrasporto di cose per conto di terzi; di recente, tale disposizione ha superato indenne il vaglio di costituzionalità: cfr. Corte cost. 5 novembre 1996, n. 386, nel prossimo fascicolo.
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