Sezione I civile; sentenza 8 giugno 1981, n. 3681; Pres. Granata, Est. Caturani, P. M. Zema(concl. conf.); Giuliano (Avv. Provenzani) c. Banca Fabbrocini (Avv. Cattaneo). Conferma App.Napoli 5 maggio 1978Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 9 (SETTEMBRE 1981), pp. 2177/2178-2179/2180Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23173019 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
interessi e l'assetto complessivo dato ad essi con la sentenza che ciascuna parte valuta — ovviamente quando non sia risultata totalmente vittoriosa — la propria convenienza a proporre l'im
pugnazione. Ciò significa che anche i capi di sentenza relativi a
pretese derivanti da rapporti diversi, se questi dipendono l'uno dall'altro oppure sono reciprocamente interferenti (si pensi, per esempio, alla novazione ed alla compensazione, alla garanzia, al
rapporto previdenziale rispetto al rapporto di lavoro) possono ricadere nell'ambito di applicazione dell'art. 334. A maggior ra
gione vi ricadono, allora, le pretese — tutte patrimoniali — fatte
valere sulla base di un'unica situazione, che costituisce il presup posto generale e comune di molteplici rapporti, come è nella
specie, in cui i capi delle due domande, principale e riconvenzio
nale, pur muovendo ciascuno da propri, specifici presupposti di fatto e pur involgendo questioni diverse, attengono tutti alla
definizione del trattamento (giuridico ed economico) spettante all'attore in virtù del precorso rapporto di lavoro e di quello,
dipendente, originato dalla transazione tanto che esattamente la
corte d'appello ha rilevato come dalla contrapposizione dei rispet tivi crediti delle parti emergesse un problema di calcolo e non già di compensazione.
Può dunque procedersi all'esame di entrambi i ricorsi. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione i civile; sentenza 8 giu
gno 1981, n. 3681; Pres. Granata, Est. Caturani, P. M. Ze
ma (conci, conf.); Giuliano (Avv. Provenzani) c. Banca Fab
brocini (Avv. Cattaneo). Conferma App. Napoli 5 maggio 1978.
Contratti bancari — Conto corrente — Estratto conto — Clausola
di contestazione per iscritto — Approvazione specifica per iscrit
to — Necessità — Esclusione (Cod. civ., art. 1341, 2° comma;
legge 7 marzo 1938 n. 141, disposizioni per la difesa del rispar mio e per la disciplina della funzione creditizia, art. 32).
Non necessita di specifica approvazione per iscritto la clausola
del contratto di conto corrente che preveda la forma scritta
per la contestazione degli estratti conto, costituendo essa me
ra riproduzione dell'art. 32, lett. g), della legge bancaria, il
quale riguarda sia gli istituti di credito di diritto pubblico sia
le banche private. (1)
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Su ricorso
della banca Fabbrocini s.p.a., che vantava un credito di lire
12.518.526 con gli interessi del 12 % a seguito di chiusura di con
to corrente, nei confronti di Giuseppe Giuliano, il presidente del
Tribunale di Napoli con decreto 28 marzo 1973 ingiungeva al
Giuliano il pagamento della somma anzidetta.
Su opposizione di quest'ultimo, il tribunale con sentenza 16
febbraio 1976 rigettava la domanda.
Su gravame del Giuliano, la corte di Napoli con la sentenza
in questa sede impugnata rigettava l'appello, confermando la
(1) Analogamente, senza però preoccuparsi di precisare l'ambito
di operatività dell'art. 32, lett. b), della legge bancaria, Trib. Firenze 29 marzo 1968, Foro it., 1969, I, 217, con nota di richiami. In prece denza, Cass. 23 giugno 1953, n. 1907, id., 1953, I, 2744 (richiamata nella motivazione della presente) aveva affermato il principio con ri
ferimento agli estratti conto trasmessi da istituti di credito di diritto
pubblico e da banche di interesse nazionale. La sentenza riportata precisa anche che la clausola secondo cui in
difetto di contestazione l'estratto conto si intende approvato non può considerarsi vessatoria in quanto riproduce il disposto dell'art. 1832
cod. civ.: nello stesso senso Cass. 22 maggio 1978, n. 2553, id.,
Rep. 1978, voce Contratti bancari, n. 23, e 1° giugno 1974, n. 1585,
id., Rep. 1974, voce Contratto in genere, n. 132. In generale, sulla nozione di « estratto conto », cfr. Cass., Sez. un.,
10 ottobre 1977, n. 4310, id., 1977, I, 2428, la quale — risolvendo
11 contrasto insorto nella I sezione con le sentenze 8 gennaio 1968, n. 26, id., 1968, I, 2255 e 9 agosto 1973, n. 2276, id., 1974, I, 141 —
ha precisato che l'estratto conto previsto dall'art. 1832, 2" comma, cod. civ. non è soltanto quello che esprime la situazione finale del
rapporto nel momento in cui esso ha termine, ma anche quello che
rappresenta il risultato di tutte le operazioni verificatesi fino ad una
certa data e la contabilizzazione delle medesime, con la indica
zione di un saldo attivo o passivo, comprensivo di ogni ragione di
dare e di avere. In argomento v. anche Cass. 11 maggio 1977, n.
1812, id., 1977, I, 2428. In . dottrina, sull'estratto conto e sul valore « confessorio » di esso
e della mancata impugnazione nel termine, cfr., per tutti, Molle, I contratti bancari, Milano, 1973, 464 ss.; Martorano, Conto corrente
(contratto di), voce dell'Enciclopedia del diritto. IX, 664.
decisione di primo grado in base ai seguenti rilievi: 1) l'estratto conto inviato dalla banca al correntista deve ritenersi approvato, non essendo stato contestato specificamente nel termine di tren ta giorni, previsto in contratto con clausola specificamente ap provata per iscritto ai sensi dell'art. 1341, 2° comma, cod. civ.; 2) la contestazione anzidetta doveva farsi per iscritto ai sensi dell'art. 6 del contratto; 3) l'appellante è decaduto altresì dal di ritto di impugnare l'estratto conto nel termine di sei mesi pre visto dall'art. 1332, 2° comma, cod. civ. per errori di scrittura zione o di calcolo, per omissioni o duplicazioni; 4) nella specie, come rilevasi dallo scritto difensivo prodotto il 10 gennaio 1974, 11 Giuliano pone a fondamento della impugnazione errori di
duplicazione o di calcolo; in esso si discorre di invalidità dei ti
toli, ma genericamente senza specificare le cause di invalidità; 5) circa infine gli interessi, gli stessi sono dovuti al tasso del 12 % in misura superiore a quella legale, in base all'art. 8 del contratto.
Contro questa sentenza ricorre per cassazione Giuseppe Giu
liano, formulando tre motivi, resiste con controricorso la banca Fabbrocini la quale ha presentato memoria.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo del ricorso si
assume, denunziandosi violazione e falsa applicazione degli art. 1341 e 1832 cod. civ. in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., che l'impugnata sentenza avrebbe erroneamente considerato decaduto il ricorrente dal diritto di contestare l'estratto conto ex art. 1832, 1° comma, cod. civ. essendo scaduto il termine di trenta giorni previsto in contratto, poiché avrebbe confuso tra
l'approvazione specifica della clausola, ai sensi dell'art. 1341, 2°
comma, cod. civ., in relazione al termine, con l'approvazione specifica della forma di contestazione (per iscritto) che nella spe cie non vi era stata.
La censura non è fondata. La corte d'appello, dopo di avere dato atto che il ricorrente aveva approvato specificamente per iscritto la clausola 6 del contratti di .conto corrente bancario, secondo cui era previsto il termine di giorni trenta dalla data
dell'invio dell'estratto conto per la sua impugnativa da parte del
cliente, ai sensi dell'art. 1832, 1° comma, cod. civ., e che per
patto espresso la relativa contestazione avrebbe dovuto assu
mere la forma scritta, ha accertato che nessuna contestazione
scritta formulò specificamente il Giuliano nei termini previsti.
Orbene, la clausola secondo la quale in difetto di contesta
zione l'estratto conto si intende approvato non può essere con
siderata vessatoria, con le conseguenze di cui all'art. 1341 cod.
civ., perché essa non fa che riprodurre il disposto dell'art. 1832
cod. civ. (Cass. 1° giugno 1974, n. 1585, Foro it., Rep. 1974, vo
ce Contratto in genere, n. 132), onde 'in questa parte della moti
vazione la denunziata sentenza è certamente caduta in errore, avendo invece fatto richiamo all'art. 1341 cod. civile. Tuttavia
quest'errore non ha poi influito sul decisum, giacché in concreto
la corte ha poi ritenuto la validità della clausola, sia pure per l'erroneo motivo che era stato adempiuto alla prescrizione for
male dell'art. 1341 cod. civile.
L'indagine deve invece concentrarsi sul punto in cui la corte
del merito ha ritenuto pienamente valida ed operante tra le par ti la clausola contrattuale secondo cui le contestazioni dell'estrat
to conto nel termine di trenta giorni dovevano farsi per iscritto,
ed in particolare deve stabilirsi se una prescrizione di forma
del genere considerato integri o meno gli estremi della clausola
vessatoria ed in quanto tale richieda l'approvazione specifica
per iscritto ex art. 1341, 2° comma cod. civile. Sostiene la di
fesa della resistente che una clausola siffatta non deve essere
specificamente approvata per iscritto, perché essa contiene la ri
produzione di quanto già statuisce l'art. 32, lett. g), della co
siddetta legge bancaria 7 marzo 1938 n. 141, secondo cui « le
aziende di credito soggette alle disposizioni della presente legge dovranno attenersi...; b) alla rigorosa osservanza dell'obbligo
cui debbono sottostare i debitori e i creditori delle aziende di
credito di far pervenire alle stesse in iscritto entro un termine
stabilito le loro eventuali contestazioni in merito agli estratti
di conto o posizioni di conto ad essi inviati, con la tassativa conse
guenza che, in mancanza di reclamo specificato entro tale termine,
il conto si intenderà senza altro riconosciuto esatto ed appro
vato». E questa norma si riferirebbe a tutti gli istituti bancari,
di diritto pubblico e privato.
L'unico precedente di questa corte (sent. 23 giugno 1953, n.
1907, id., 1953, I, 1744) che ha affrontato il tema della forma
di contestazione del conto da parte del correntista nel contratto
di conto corrente bancario non ha avuto modo di esaminare in
modo specifico il problema proposto in questa sede dalla resi
stente, poiché in quella sede la corte si limitò a rilevare che —
pur dovendo riconoscersi in linea generale la natura vessatoria
della clausola con la quale, apportando una limitazione alla
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2179 PARTE PRIMA 2180
facoltà del correntista di contestare il conto anche verbalmente
ex art. 1832 cod. civ., si impone che le contestazioni siano fatte in forma scritta — l'art. 1341, 2° comma, cod. civ. che prescrive la specifica approvazione scritta delle clausole vessatorie, la cui
ratio è quella di assicurare una contrattualità effettiva e non
soltanto formale, non trova applicazione quando la clausola pre detta sia contenuta negli estratti conto trasmessi da istituti di
credito di diritto pubblico e da banche di interesse nazionale.
In tal caso, invero, essa non è che riproduzione dell'art. 32, lett. g), della cosiddetta legge bancaria 7 marzo 1938 n. 141, il
quale va osservato indipendentemente dal richiamo che ne sia
fatto nelle condizioni contrattuali. La corte tuttavia non ebbe
modo di occuparsi anche del (diverso) problema attinente alla
possibile estensione di tale norma anche agli istituti di credito
di diritto privato, poiché nella fattispecie ivi esaminata era in
giudizio una azienda di credito di diritto pubblico (Banco di
Napoli). Il collegio ritiene che una soluzione identica debba acco
gliersi anche per le banche di diritto privato. L'art. 32, lett. g), della cosiddetta legge bancaria 7 marzo 1938
n. 141, allorché dispone l'obbligo della forma scritta per le ven
tuali contestazioni in merito agli estratti conto o posizioni di
conto bancari, si riferisce, come risulta testualmente dalla par te iniziale della norma, a tutte « le aziende di credito soggette alle disposizioni della presente legge », per modo che non vi è
dubbio che il precetto normativo si imponga di per sé all'os
servanza di tutti gli istituti di credito sia di diritto pubblico che di diritto privato, per la stessa efficacia della legge. Ne con
segue che la clausola contrattuale, la quale preveda la forma
scritta per le contestazioni degli estratti conto inviati dalla ban
ca al cliente, è perfettamente valida ed operante tra le parti,
prescindendo dalla specifica approvazione per iscritto richiesta
in linea generale dall'art. 1341, 2° comma, cod. civ., non potendo ovviamente considerarsi vessatoria una clausola che si limita a
riprodurre una prescrizione di forma già risultante obbligato riamente dalla legge.
Corretta, pertanto, nei sensi innanzi precisati la motivazione
dell'impugnata sentenza (art. 384, capov., cod. proc. civ.), non
merita alcuna censura il decisum che ha riscontrato la decadenza
in cui incorse il ricorrente dall'impugnazione degli estratti conto
nel termine contrattuale di trenta giorni previsto in contratto
(art. 1832, 1° comma, cod. civ.) per essere mancata nel termine
pattuito una contestazione in forma scritta del conto. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione II civile; sentenza 4 giugno
1981, n. 3625; Pres. Carotenuto, Est. D'Avino, P. M. Catala
ni (conci, conf.); Diviccaro (Avv. Di Napoli) c. Di Roma
(Avv. Palmitessa). Conferma Trib. Trani 12 maggio 1977.
Servitù — Acquedotto coattivo — Acque impure — Ammissi
bilità della servitù — Fattispecie (Cod. civ., art. 1033).
La servitù di acquedotto può essere coattivamente imposta anche
per l'adduzione di acque impure da utilizzare per uso agricolo di fertilizzazione (nella specie, concernente l'utilizzazione delle
c. d. acque bionde per la « fertirrigazione » delle coltivazioni
praticate negli arenili pugliesi, la causa era proseguita per la
sola statuizione sulle spese, dopo che con decreto del medico
provinciale era stato vietato l'uso delle acque fognali a scopo
irriguo e, su richiesta dell'attore, era stata dichiarata la cessa
zione della materia del contendere). (1)
(1) La Cassazione, rispettando perfettamente le regole del giuoco processuale, ha risolto il problema ormai divenuto astratto, salvo che ai modestissimi fini della statuizione circa le spese, nei termini in cui essa si presentava ante choleram: l'epidemia colerica fu infatti la ragione che indusse il medico provinciale a vietare l'uso delle acque fognali a
scopo irriguo, e l'attrice, anziché discutere della rilevanza civilistica del provvedimento, aveva chiesto che fosse dichiarata cessata la materia del contendere. Il pretore, nel provvedere in conformità, com pensò le spese fra le parti, ritenendo che la domanda di costituzione della servitù coattiva fosse, nei suoi termini originari, fondata, assunto che il convenuto ha contrastato con avversa fortuna fino in Cassazio ne.
È interessante notare che le argomentazioni del ricorrente sull'illiceità dell'oggetto e sulla contrarietà a norme imperative (art. 1346 e 1418 cod. civ.), trattate molto duramente, forse non senza ragione, in una secca pagina della sentenza, hanno un riscontro tematico quasi testuale, anche se con riferimento ad un caso diverso, in Cass. 2 settembre 1978, n. 4015 (Foro it., Rep. 1978, voce Servitù, n. 49, in extenso, in Giur. agr. it., 1979, II, 150, con nota di P. Giampietro), secondo cui
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Rosaria Di
Roma, con atto del 18 febbraio 1969, invocò la costituzione ex art. 1033 cod. civ. di una servitù coattiva di acquedotto per l'adduzione di acque fognanti dal relativo canale collettore a un fondo arenile di sua proprietà in Barletta a carico di un fondo
confinante di proprietà di Ruggiero Diviccaro; all'uopo citò que st'ultimo in giudizio davanti al Pretore di Barletta, dichiarando di offrire l'indennità dovuta e precisando di avere diritto a utilizzare tali acque per l'irrigazione del proprio terreno, in virtù di contrat to concluso con il concessionario Lamacchia.
Costituitosi, il convenuto contestò il fondamento della pretesa sostenendo, fra l'altro, che non ricorrevano le condizioni previste dalla norma, in quanto la servitù era stata richiesta per l'addu zione non già « di vere e proprie acque », bensì di liquami pregni di rifiuti organici.
Furono espletate due consulenze tecniche per l'accertamento della natura delle acque fognali e della loro utilizzabilità per usi
agrari, nonché per la determinazione del più conveniente percorso del canale e della misura dell'indennità dovuta; quindi, all'udien
za del 14 giugno 1974, l'attrice dichiarò che con decreto del medico provinciale del 31 agosto 1973 era stato vietato l'uso delle
acque fognali a scopo irriguo, e, per conseguenza, chiese dichia rarsi cessata la materia del contendere.
« non è configurabile, per illiceità dell'oggetto, un diritto di servitù di scarico di acque impure, con deflusso in solchi aperti che provochino ristagni maleodoranti ed infetti nel fondo vicino, in violazione delle norme imperative dettate a salvaguardia dell'igiene e della sanità pubblica » (con la conseguente affermazione che l'esercizio di fatto di quello scarico non può costituire « possesso utile all'acquisto per usuca pione di un corrispondente diritto di servitù »).
Per quanto attiene al più specifico tema discusso nella sentenza riportata, non risultano precedenti in termini. La stessa corte si è rifatta alla servitù di scarico coattivo per dimostrare la possibilità di adduzio ne anche di acque impure intese come acque di scarico di latrine: sent. 21 aprile 1976 n. 1398, Foro it., Rep. 1976, voce cit., n. 25; 11 marzo 1976, n. 860, ibid., n. 24; unico precedente risalente nello stesso senso era stato Pret. Salemi 23 giugno 1956, id., Rep. 1956, voce cit., n. 38. Prima di Cass. 11 marzo 1976, n. 860, cit., come è detto in motivazione, la giurisprudenza aveva ritenuto invece che non fosse possibile costituire una servitù di scarico coattivo delle acque prove nienti da latrine, non rientrando queste nella nozione di « acque impure » di cui all'art. 1043. Cfr. Cass. 3 giugno 1974, n. 1594, id., Rep. 1975, voce cit., n. 97; 28 giugno 1974, n. 1932, id., Rep. 1974, voce cit., n. 37; 3 giugno 1974 n. 1603, ibid., n. 38; 2 aprile 1969, n. 1086, id., Rep. 1969, voce cit., n. 156; 31 marzo 1966, n. 849, id., Rep. 1968, voce cit., n. 79; Trib. Napoli 26 marzo 1964, id., Rep. 1965, voce cit., n. 99; Trib. Cagliari 10 giugno 1963, ibid., n. 100; Pret. Leonforte 28 febbraio 1961, id., Rep. 1963, voce cit., n. 81; Cass. 17 maggio 1962, n. 1117, id., Rep. 1962, voce cit., n. 85; App. Napoli 23
giugno 1961, ibid., n. 87; Cass. 25 ottobre 1961, n. 2375, id., Rep. 1961, voce cit., n. 100; App. Roma 15 luglio 1959, id., Rep. 1959, voce
cit., n. 55; Pret. Messina 24 maggio 1957, ibid., n. 56; App. Torino 8
giugno 1942, id., Rep. 1942, voce cit., n. 88.
Sugli estremi della necessità dell'adduzione mediante acquedotto v. Cass. 3 gennaio 1969, n. 3, id., 1969, I, 298, con nota di Branca.
Sulla prova che il richiedente deve fornire circa la disponibilità dell'acqua (punto discusso in causa sotto il profilo della causa perpetua servitutis) v. Cass. 20 dicembre 1977, n. 5595, id., Rep. 1977, voce cit., n. 26; 13 luglio 1965, n. 1477, id., Rep. 1965, voce cit., n. 95; Trib. Palermo 9 aprile 1965, id., Rep. 1966, voce cit., n. 130; Trib. Castrovillari 19 febbraio 1959, id., Rep. 1959, voce cit., n. 52; App. Bari 19 gennaio 1950, id., Rep. 1950, voce cit., n. 59. In quest'ultimo caso, analogamente al caso presente, la disponibilità era assicurata da concessioni contrattuali temporanee e per giunta periodiche dell'Ente autonomo acquedotto pugliese. A questo proposito la Cassazione (sen tenza 1477/1965, cit.) ha chiarito che la disponibilità dell'acqua deve
corrispondere all'esercizio di un diritto, non necessariamente di proprie tà, potendo trattarsi di un qualsiasi diritto di natura reale (usufrutto, enfiteusi, ecc.) o obbligatoria (somministrazione) oppure derivare da una concessione della pubblica amministrazione (mentre Trib. Palermo 9 aprile 1965, cit., ha affermato che si ha disponibilità dell'acqua anche nel caso in cui si abbia il solo potere di fatto di utilizzarlo: contra Branca, Servitù prediali, in Commentario, a cura di
Scialoia e Branca, Bologna-Roma, 1979, 96). In dottrina, sui diversi profili suaccennati v., oltre Branca, op. cit.,
92 ss., Burdese, Servitù coattive, voce del Novissimo digesto, 1970,
XVII, 102 ss.; Tamburrino, Le servitù, Torino, 1968, 468 ss.; Grosso, Acquedotto (dir. civ.), voce dell'Enciclopedia del diritto. 1958, I, 474 ss.; Messineo, Le servitù, Milano, 1949, 232 ss.
Sul problema particolare dell'ammissibilità della servitù di scarico
coattivo per le acque provenienti da latrine v. in senso contrario
Branca, op. cit., 150 e Tamburrino, op. cit., 495; in senso favorevole
Cappiello, Le servitù coattive, in Giur. agr. it., 1979, 209. Per una
ricostruzione della nuova tendenza giurisprudenziale v. P. Giampietro, Scolo di acque luride, servitù coattive ed igiene del suolo, id., 1979, 153.
G. Pascuzzi
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