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sezione I civile; sentenza 8 novembre 1997, n. 11036; Pres. R. Sgroi, Est. Papa, P.M. Cafiero(concl. diff.); Soc. Sapil (Avv. Lais, Bertora) c. Min. finanze (Avv. dello Stato De Bellis). CassaComm. trib. centrale 10 luglio 1995, n. 2841 e decide nel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 5 (MAGGIO 1998), pp. 1531/1532-1535/1536Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194456 .
Accessed: 24/06/2014 23:05
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1531 PARTE PRIMA 1532
Resta assorbito il terzo motivo con il quale i ricorrenti lamen
tano l'omessa o, quanto meno, insufficiente motivazione sul pun to decisivo della controversia relativo alla prova che il fondo
era stato ceduto al Ventrone ed al Monaco senza l'autorizzazio
ne della proprietaria (art. 360, n. 5, c.p.c.).
Concludendo, l'impugnata sentenza va cassata in relazione
al motivo accolto, con conseguente rinvio allo stesso giudice
specializzato a quo, il quale si uniformerà ai principi soprae
sposti e pronuncerà anche sulla domanda riconvenzionale dei
subaffittuari Ventrone e Monaco, volta a sentire dichiarare il
loro subentro ex lege nel rapporto di affitto, domanda rigettata nei precedenti gradi a seguito della pronuncia di nullità del su
baffitto. Al riguardo è stato recentemente ritenuto che quando il locatore fa valere la violazione del divieto posto dal 1° com
ma dell'art. 21 ed il subaffittuario non si limiti ad eccepire la
decadenza, ma chieda di subentrare nella posizione giuridica del
l'affittuario, introduce in causa una domanda riconvenzionale,
soggetta al previo tentativo di conciliazione di cui all'art. 46
(Cass. 21 gennaio 1995, n. 701, id., 1995, voce cit., n. 201). Ma queste sezioni unite avevano in precedenza escluso per tale
riconvenzionale l'applicabilità della procedura conciliativa nei
giudizi in corso alla data di entrata in vigore della 1. n. 203
del 1982, rilevando che la domanda riconvenzionale di surroga del subaffittuario doveva necessariamente essere esaminata nel
processo già instaurato a seguito della domanda volta a far va
lere l'invalidità del subcontratto, proposta in via di azione dalla
controparte (Cass., sez. un., 5 ottobre 1987, n. 7420, cit., in
motivazione). Rilievo pertinente perché, trattandosi di un su
bentro ex lege, automatico per le ipotesi in cui il locatore non
faccia valere le sue ragioni o ne sia decaduto, non si vede moti
vo per vincolare in sede riconvenzionale la corrispondente pre tesa del subaffittuario all'onere del preventivo tentativo di con
ciliazione, che presuppone una controversia potenziale e mira
a definirla nella fase stragiudiziale. Nella specie, comunque, in
sede di tentativo di conciliazione promosso dalla Castria, è sta
ta adeguatamente dibattuta anche la pretesa dei subaffittuari
e questa circostanza appare assorbente e decisiva.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 8 novem bre 1997, n. 11036; Pres. R. Sgroi, Est. Papa, P.M. Cafiero
(conci, diff.); Soc. Sapil (Avv. Lais, Bertora) c. Min. finan ze (Avv. dello Stato De Bellis). Cassa Comm. trib. centrale 10 luglio 1995, n. 2841 e decide nel merito.
Valore aggiunto (imposta sul) — Accesso in autovettura privata — Collaborazione del proprietario — Acquisizione di atti ri
guardanti terzi soggetti — Autorizzazione dei procuratore della
repubblica (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, istituzione e disci
plina dell'imposta sul valore aggiunto, art. 52).
Ai sensi dell'art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, è illegittima l'acquisizione di documenti rinvenuti nell'autovettura di pro
prietà di un terzo estraneo al rapporto tributario, nel corso di un accesso non autorizzato dal procuratore della repubbli ca, a nulla rilevando che il proprietario del veicolo non abbia
fatto opposizione. (1)
(1) Comm. trib. centrale 10 luglio 1995, n. 2841, ora cassata, è mas simata in Foro it.. Rep. 1995, voce Valore aggiunto (imposta sul), n. 342.
Non constano precedenti in tali esatti termini nella giurisprudenza della Suprema corte; conformi alla sentenza in epigrafe, in relazione alla necessità dell'autorizzazione del procuratore della repubblica per accedere ai locali adibiti ad abitazione ed all'irrilevanza, in caso di man canza di autorizzazione, del consenso espresso dal contribuente, Comm. trib. centrale 15 gennaio 1996, n. 80, id., Rep. 1996, voce cit., n. 362; 15 gennaio 1996, n. 79, ibid., voce Tributi in genere, n. 1026; contra,
Il Foro Italiano — 1998.
Svolgimento del processo. — La vicenda attiene alla legitti mità delle acquisizioni documentali poste dall'Ufficio Iva di Par
ma a fondamento della rettifica della dichiarazione Iva della
Sapil s.r.l. (già s.n.c.) per il 1982 (evasione d'imposta per lire 27.736.000, con irrogazione di sanzioni per lire 98.358.000): i documenti di cui si discute si trovavano all'interno — sul sedile
posteriore — dell'autovettura targata PR 283401 di Nadia Fo
lezzani, sottoposta a controllo da una pattuglia della guardia di finanza il 5 luglio 1982; la Folezzani, interpellata, acconsentì
alla consegna, ed i militari, avendo constatato che gli atti si
riferivano alla s.n.c. Sapil, della quale la donna era dipendente, si recarono nei locali della società, sempre con l'assenso della
Folezzani, ed ivi compilarono il processo verbale di constatazio
ne; l'impiego della documentazione portò appunto alla rettifica
sopra indicata.
Su ricorso della società, la Commissione di primo grado di
Parma, con decisione del 21 giugno 1984, annullò l'accertamen
to perché basato su documentazione illegittimamente acquisita; il gravame dell'ufficio venne respinto dalla commissione di se
condo grado, con decisione n. 289/85, per violazione dell'art.
52 d.p.r. 633/72, in quanto per l'acquisizione dei documenti
sarebbe stata effettuata una perquisizione, senza la preventiva autorizzazione dell'autorità giudiziaria.
Proponeva ulteriore gravame alla Commissione tributaria cen
trale l'ufficio, deducendo che: a) la documentazione acquisita era della Sapil; b) essa era stata rinvenuta, nel corso di un nor
male controllo, a bordo dell'autovettura della Folezzani, dipen dente della società; c) l'appartenenza alla società era stata di
chiarata sempre dalla Folezzani; d) l'acquisizione era stata ese
guita nei locali della società, sempre con l'assenso della Folezzani, che non aveva formulato obiezione alcuna; e, conclusivamente, asserendo che tali modalità di acquisizione facevano venir meno
il presupposto per l'applicazione del cit. art. 52, essendo previ sta l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria solo in ordine al
l'accesso in locali non destinati ad esercizio di attività imprendi toriali. Si opponeva la Sapil, assumendo la mancanza di specifi cità del gravame e ribadendo l'illegittimità dell'acquisizione.
Con decisione del 24 marzo 1995, depositata col n. 2841 il
10 luglio seguente (Foro it., Rep. 1995, voce Valore aggiunto
(imposta sul), n. 342), la Commissione centrale ha accolto il
gravame, rinviando per l'esame del merito. Ha ritenuto il ricor
so dell'ufficio sufficientemente motivato e volto a dimostrare, in contrasto con la tesi dei giudici di secondo grado, l'assenza
di ogni violazione del cit. art. 52; ha osservato, quindi, che
«il consenso tacitamente manifestato al prelievo dei documenti
vale a superare ogni questione sulla legittimità dell'ispezione della
Comm. trib. reg. Toscana 14 febbraio 1997, id., 1997, III, 409, con nota di richiami.
Controverso è in dottrina il valore da attribuire al consenso del sog getto nella cui abitazione ovvero autovettura privata siano stati rinve nuti, nel corso di una verifica fiscale, documenti riguardanti terzi e se, in particolare, tale consenso renda superflua la preventiva autorizza zione del procuratore della repubblica prevista dall'art. 52, 3° comma, d.p.r. 633/72. V., in tal senso, i riferimenti alle diverse posizioni espresse in nota a Comm. trib. reg. Toscana 14 febbraio 1997, cit.; v., anche, R. Schiavolin, Criteri interpretativi delie norme suite indagini fiscali: a proposito dei limiti soggettivi al potere di accesso presso abitazioni, in Riv. dir. trib., 1996, II, 913 ss., spec. 931 s., che mette in rilievo, in particolare, il rapporto intercorrente tra il soggetto nei cui confronti si verifichi l'accesso della finanza ed il terzo del quale venga acquisita in quella sede documentazione utilizzata ai fini dell'accertamento tribu tario. Ad avviso di questo a., essendo chiaro che il soggetto tutelato dalla disciplina dell'art. 52 è il titolare dell'abitazione e non il terzo, se ne potrebbe desumere che quest'ultimo non sia legittimato a conte stare un accertamento a suo carico adducendo violazioni di tale disposi zione, perché esse non lederebbero interessi giuridicamente tutelati fa centi capo a lui e «tuttavia sembra potersi obiettare che il contribuente destinatario dell'accertamento ha in ogni caso diritto ad essere sottopo sto ad imposizione in conformità alle regole procedimentali previste dalla
legge, anche se le attività istruttorie non hanno direttamente inciso la sua sfera giuridica». V., inoltre, A. Stesuri, Il consenso tacito del con tribuente negli accessi fiscali, in Riv. giur. trib., 1996, 150, per il quale un atto illegittimamente acquisito non può essere sanato dalla mancata
opposizione del contribuente, «con la conseguenza che i dati, in tal modo assunti, non possono che considerarsi illegittimi e, pertanto, non utilizzabili in danno del contribuente».
Sugli accessi della finanza nelle abitazioni private, v., anche, Cass. 10 gennaio 1996, n. 153, Foro it., 1996, I, 2843, con nota di richiami.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
finanza», in mancanza di rifiuto d'esibizione, e, anzi, in con
corso con la spontaneità sia della consegna sia dell'accompa
gnamento nella sede della società, «per un controllo degli stes
si»; ha concluso che si tratta di «documentazione rinvenuta fuori
sede, ma acquisita nei locali della società», e quindi legittima mente alla stregua di uno specifico precedente (Comm. centrale
2989/94, id., Rep. 1994, voce cit., n. 277). Avverso tale decisione ricorre la Sapil s.r.l., con triplice mo
tivo, illustrato da memoria. Resiste l'amministrazione con con
troricorso.
Motivi della decisione. — Deduce, la ricorrente, tre motivi:
1) violazione di legge ed omessa pronunzia sull'eccepita inos
servanza dell'art. 342 c.p.c., consistente nella mancanza di spe cificità dei motivi di gravame ad opera dell'ufficio, che, davanti
alla Commissione centrale, si è limitato a riproporre le difese
già svolte;
2) violazione di legge (art. 52 d.p.r. 633/72), con riferimento alla «depistante» distinzione fra rinvenimento ed acquisizione dei documenti: questi infatti, detenuti dalla Folezzani — sprov vista di potere rappresentativo della società —, sono stati ac
quisiti con verbalizzazione nei locali aziendali (con impiego di
timbro sociale e sottoscrizione della stessa dipendente), ma non
è possibile non considerare che il verbale costituiva «attuazione
di un unico procedimento viziato da sostanziale illegittimità»;
3) violazione di legge, con riguardo agli art. 35 d.p.r. 636/72,
116 c.p.c. e 2730 c.c.: l'omessa verbalizzazione di riserve circa
l'acquisizione non vale ad attribuire agli stessi valore probato rio e/o confessorio, poiché, da un lato, la Folezzani era sprov vista di potere rappresentativo e, dall'altro, la mancanza di con
testazioni non precluse la successiva impugnazione delle dedu
zioni tratte dal contenuto dei documenti.
Oppone l'amministrazione:
a) l'intervenuta considerazione dell'eccezione, circa la pretesa mancanza di motivi specifici d'impugnazione, da parte della
Commissione centrale, che tale eccezione ha appunto disatteso;
ti) la legittimità dell'acquisizione, da rapportare alla sponta nea esecuzione dell'ordine di esibizione, espressione del potere istituzionale degli organi di accertamento;
c) la qualificazione dell'esibizione come mero atto giuridico, con irrilevanza di ogni questione circa l'assenza di potere rap
presentativo in capo alla Folezzani.
Nella memoria, la società ricorrente ribadisce la prospettazio ne difensiva, e, con riguardo alla violazione del cit. art. 52,
sottolinea la portata dell'8° comma, estensivo della disciplina
di garanzia all'esecuzione di ispezioni e verifiche su autovetture,
con esclusione «di ogni altra diversa modalità prodromica al
l'acquisizione documentale». Rileva ancora l'impossibilità di in
sistere sulla «spontaneità» della consegna a fronte della specifi
ca «richiesta» dei militari procedenti, puntualizzando che la Fo
lezzani certamente ritenne di trovarsi di fronte ad un «vero e
proprio ordine di polizia», ed ulteriormente lamentando che es
sa non fu avvertita «della facoltà di opporre un legittimo rifiu
to», ferma restando l'incapacità di impegnare la società.
Il primo motivo, con cui la ricorrente ripropone, sotto il pro filo della violazione di legge e della connessa omissione di pro
nunzia, l'eccezione d'inammissibilità dell'impugnazione alla Com
missione centrale, risulta infondato, proprio alla stregua della
prospettazione della parte. Posto che — come la ricorrente me
desima premette — il grado di specificità dei motivi di gravame
(art. 342 c.p.c.) va verificato in base alla specificità della moti
vazione della sentenza impugnata, è infatti da escludere che la
riproposizione delle precedenti argomentazioni si identifichi col
generico richiamo alle difese già svolte, poiché non va dimenti
cato che l'unica questione agitata nel processo è stata quella
circa la legittimità delle acquisizioni documentali — con riguar
do alla disciplina del ripetuto art. 52 — e che, avendo la com
missione tributaria di secondo grado ritenuto illegittima l'acqui
sizione perché seguita ad una perquisizione non autorizzata, l'uf
ficio, nel suo ricorso alla Commissione centrale, limitandosi a
«tentare di dimostrare che i documenti utilizzati erano stati le
gittimamente acquisiti» (cfr. ricorso, sub 1), ha sicuramente as
solto — indipendentemente dal rilievo dell'ampio contenuto delle
relative argomentazioni, già premesso in narrativa e ripreso dal
la parte espositiva della decisione impugnata — il proprio onere
di indicazione delle ragioni in fatto e in diritto della doglianza contro la gravata decisione, senza che assuma ai fini indicati
rilevanza la considerazione della coincidenza di esse con le ar
II Foro Italiano — 1998.
gomentazioni in precedenza prospettate. D'altronde, ferma l'in
dividuazione del tema controverso, la stessa Commissione cen
trale ha offerto in tale direttiva ampia ragione del superamento
dell'eccezione, affermando che «il ricorso dell'ufficio sufficien
temente motivato è volto a dimostrare come in effetti non vi
sia stata violazione al disposto di cui all'art. 52 d.p.r. 633/72
e, quindi, a confutare la tesi dei giudici di secondo grado». I restanti due motivi, da esaminarsi congiuntamente, si rive
lano fondati nei termini che seguono. L'art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 — limitando l'esame
alla parte necessaria ai fini dell'inquadramento della fattispecie considerata —, nel disciplinare i poteri di accesso, ispezione e
verifica degli impiegati dell'amministrazione finanziaria per gli accertamenti ai fini dell'Iva, stabilisce, al 1° comma, che l'ac
cesso nei locali destinati ad esercizio d'impresa è consentito pre via apposita e specifica autorizzazione del capo dell'ufficio, men
tre è necessaria anche l'autorizzazione del procuratore della re
pubblica se i locali siano adibiti anche ad abitazione (autorizza zione sempre richiesta in casi più specifici, per l'accesso a locali
diversi, nonché — in alternativa a quella dell'autorità giudizia ria più vicina — per opeazioni ulteriori e più penetranti: 2°
e 3° comma); aggiunge poi, all'8° comma, che «le disposizioni dei commi precedenti (quelli 4°-7° attengono alle modalità delle
singole opeazioni) si applicano anche per l'esecuzione di verifi
che e ricerche relative a merci o altri beni viaggianti su autovei
coli o natanti adibiti al trasporto per conto di terzi». Da tale
contesto si evince, in positivo, che accessi, ispezioni e verifiche
sono sempre consentite — su autorizzazione del capo dell'uffi
cio — nei locali destinati in via esclusiva ad esercizio dell'im presa e che verifiche e ricerche sono altresì legittimamente ese
guite su autoveicoli e natanti adibiti al trasporto per conto di
terzi, relativamente a merci o altri beni viaggianti; si deduce
altresì, in negativo, che, in condizioni diverse, nessuna delle at
tività indicate è consentita senza autorizzazione del procuratore della repubblica (ovvero dell'autorità giudiziaria più vicina).
Nel caso in esame, posto che i documenti della Sapil erano
trasportati sull'autovettura privata di una dipendente della so
cietà, è del tutto pacifica la sussumibilità nella disposizione dell'8°
comma cit., atteso che, da un lato, non si trattava di veicolo
addetto al trasporto per conto di terzi e, dall'altro, l'operazione non ha riguardato «merci o altri beni viaggianti». Tale consta
tazione, che sembrerebbe sufficiente a risolvere la controversia,
è stata nondimeno superata dall'amministrazione, col sottoli
neare la spontanea esibizione dei documenti da parte della Fo
lezzani e, dopo il preliminare accertamento della pertinenza del
le scritture alla Sapil, col porre l'accento sull'«assenso sponta
neo» della stessa dipendente all'accesso dei militari operanti negli uffici della società, per l'acquisizione relativa e la compilazione del processo verbale di constatazione. Si tratta dunque di stabi
lire se l'attività, complessivamente considerata, risulti compiuta nell'osservanza dei precetti contenuti nel 1° comma, cit.: e la
risposta non può che essere negativa. Una volta accertato invero che i documenti si trovavano al
di fuori dell'ambito spaziale (locali destinati all'esercizio del
l'impresa) entro cui sono consentite le attività di ricerca senza
l'autorizzazione del procuratore della repubblica (o, all'occor
renza, dell'autorità giudiziaria più vicina), la mancanza di que sta non appare certo superabile col porre l'accento sulla sponta neità dei vari comportamenti della dipendente Folezzani e, suc
cessivamente, col sottolineare — come ha fatto la resistente
amministrazione — la natura di mero atto giuridico (non nego
ziale, quindi) dell'esibizione. Se il titolare o i responsabili del
l'impresa avevano fatto portare i documenti al di fuori dell'am
bito spaziale indicato (con le conseguenze disciplinate dal 10°
comma dell'art, cit., che richiama, in caso di rifiuto, le statui
zioni del 5° comma), è innegabile che, in assenza della prescrit
ta autorizzazione, la detentrice Folezzani non potesse valida
mente acconsentire all'acquisizione, in quanto — fermo restan
do che la «spontaneità» denota un concetto più pregnante di
quello della mera volontarietà dell'atto — non appare superabi
le il rilievo dell'indisponibilità giuridica della documentazione, da parte di lei, al di fuori dell'ambito dell'impresa e senza alcu
na possibilità, ai fini dell'incidenza sull'accertamento (arg. 5°
comma dell'art, cit.) di opporre un producente rifiuto. Deve
quindi dedursene che i militari, avendo rinvenuto una docu
mentazione di pertinenza aliena su autovettura non assoggetta
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1535 PARTE PRIMA 1536
bile a controllo ai fini dell'intrapresa ispezione/verifica, hanno
fatto inutile ricorso allo strumento successivo dell'accesso/veri
fica nei locali della società, cercando, per tale via, di rendere
utilizzabili le risultanze di un'acquisizione documentale illegitti ma fin dalla sua origine.
Di qui la cassazione della decisione impugnata, e, con esame
di merito ai sensi dell'art. 384, 1° comma, c.p.c., l'annullamen
to dell'accertamento per cui è causa, condotto proprio sulla ba
se della ripetuta documentazione.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 30 otto
bre 1997, n. 10716; Pres. Mattone, Est. Roselli, P.M. Nici
ta (conci, conf.); Soc. Alcatel cavi (Avv. Perone) c. Rispoli e altri (Aw. Rizzo). Conferma Trib. Nocera Inferiore 25 gen naio 1995.
Lavoro (rapporto di) — Licenziamento collettivo — Procedura
di mobilità — Comunicazione di apertura — Indicazione dei
nomi dei licenziandi e delle relative qualifiche — Insufficien
za — Fattispecie (L. 23 luglio 1991 n. 223, norme in materia
di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazio
ne, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento
al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavo
ro, art. 4, 5, 24).
Correttamente l'impugnata sentenza ha ritenuto non risponden te all'onere di dettagliate indicazioni previste dall'art. 4 l.
223/91 (e perciò nullo il susseguente licenziamento collettivo) la comunicazione di apertura della procedura di mobilità che
contenga soltanto i nomi dei licenziandi con le relative quali
fiche nonché un cenno a precedenti incontri col sindacato; tale incompletezza non può essere surrogata dalla notorietà
della situazione economico-sociale dell'impresa, né dal suc
cessivo svolgimento dell'esame congiunto con i sindacati. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 11 marzo
1997, n. 2165; Pres. ed est. Ianniruberto, P.M. De Grego
rio (conci, diff.); Soc. Paragon italiana (Aw. Barbantini,
Bosio) c. Nurra (Avv. Ventura, Pini). Conferma Trib. Ge
nova 29 giugno 1994.
Lavoro (rapporto di) — Licenziamento collettivo — Procedura
di mobilità — Criteri di scelta — Predeterminazione — Omis
sione — Illegittimità del recesso (L. 23 luglio 1991 n. 223, art. 4, 5, 24).
È illegittimo il licenziamento collettivo nell'ipotesi in cui il da tore di lavoro, prima di procedere nell'attuazione del piano di riduzione del personale con le comunicazioni dei recessi
ai lavoratori interessati, non abbia predisposto le modalità
di applicazione dei criteri di scelta, nel rispetto dell'art. 5 l.
223/91. (2)
(1-2) I. - La pronuncia 10716/97 puntualizza ed illustra il contenuto dell'onere informativo disciplinato dall'art. 4 1. 223/91, affermandone la centralità ed escludendo che un'informazione generica ed incompleta possa essere surrogata dalla notorietà della situazione dell'impresa o dall'esame congiunto col sindacato; la sentenza 2165/97 afferma l'esi
stenza, in seno alla procedura di mobilità, di un autonomo obbligo datoriale di procedere, antecedentemente all'intimazione dei licenzia
menti, alla predisposizione delle modalità di applicazione dei criteri di scelta.
Entrambe le pronunce, quindi, sono intese alla valorizzazione della
Il Foro Italiano — 1998.
I
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 16 giugno 1993
al Pretore di Nocera Inferiore, Sergio Rispoli ed altri dipenden ti della s.p.a. Alcatel cavi chiedevano la dichiarazione di illegit timità dei licenziamenti loro intimati l'8 febbraio precedente per riduzione dell'attività produttiva, senza che tuttavia fosse stata
rispettata la procedura di cui all'art. 4 1. 23 luglio 1991 n. 223.
Costituitasi la convenuta, il pretore accoglieva la domanda
con decisione confermata con sentenza del 25 gennaio 1995 dal
tribunale, il quale, per quanto qui ancora interessa, rigettava
procedura regolata dall'art. 4 1. 223/91; va, peraltro, segnalato che l'art. 4 non conferisce espressamente autonomia all'obbligo di predetermina zione delle modalità applicative dei criteri di scelta, che pure rappresen ta un antecedente essenziale per il legittimo esercizio del potere datoria le di collocare in mobilità il personale eccedente. Non appare un caso,
quindi, che la pronuncia 2165/97 ricolleghi genericamente alla mancata
predisposizione di tali modalità l'invalidità o l'illegittimità del recesso, senza specificare se l'illegittimità si traduca in un'ipotesi di annullamen to per violazione dei criteri di scelta o di inefficacia per la mancata osservanza delle procedure.
II. - In termini con Cass. 10716/97, v., anche, Cass. 18 novembre
1997, n. 11465, Foro it., Mass., 1136; va rimarcato, inoltre, che la
giurisprudenza di merito si è più volte soffermata sulla ricostruzione dei contenuti e della valenza delle informazioni che il datore di lavoro deve rendere alla stregua dell'art. 4 1. 223/91, sottolineandone la porta ta sostanziale e non solo procedurale: v. Pret. Padova 22 gennaio 1997, Riv. it. dir. lav., 1997, II, 856; Trib. Milano 31 maggio 1995, Foro
it., Rep. 1995, voce Lavoro (rapporto), n. 1280; Pret. Napoli 24 feb braio 1995, id., Rep. 1996, voce cit., n. 1303; Trib. Milano 16 dicembre
1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 1332; Pret. Nocera Inferiore 22 luglio 1994, ibid., n. 1351; Pret. Sassari 28 novembre 1994, id., Rep. 1994, voce Sindacati, n. 182; in particolare, sulla rilevanza dell'incompletezza della comunicazione sub specie di condotta antisindacale, Pret. Milano 25 marzo 1994, id., 1994, I, 2572, con nota di richiami.
Va, peraltro, rilevato che, secondo una giurisprudenza minoritaria, l'incompletezza della comunicazione di avvio della procedura di mobili tà può essere «sanata» dal successivo esame congiunto condotto dal datore con i sindacati: Trib. Milano 13 luglio 1996, id., Rep. 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 1287, e Riv. it. dir. lav., 1996, II, 669; altri giudici di merito hanno specificato sul punto che è da ritenersi sufficiente che la comunicazione presenti connotati tali da consentire
l'apertura di un dialogo con le organizzazioni dei lavoratori, dovendo
poi trovare sviluppo le ulteriori specificazioni nel corso della trattativa: Pret. Milano 16 maggio 1995, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 1284; Pret. Potenza 6 ottobre 1993, id., Rep. 1994, voce cit., nn. 1297-1299.
Da ultimo, in dottrina, sulla comunicazione di avvio della procedura, v. Soma, Licenziamenti collettivi e mobilità: avvio della procedura, in Dir. e pratica lav., 1995, 1341.
III. - Deve segnalarsi che il d.leg. 26 maggio 1997 n. 151, in attuazio ne della direttiva 92/56/Cee concernente il riavvicinamento delle legis lazioni degli Stati membri relative ai licenziamenti collettivi, ha ulterior mente arricchito il novero delle informazioni che alla stregua dell'art. 4 il datore di lavoro deve fornire; di particolare rilievo è l'introduzione del comma 15 bis dell'art. 4, a norma del quale gli obblighi di informa zione, consultazione e comunicazione devono essere adempiuti indipen dentemente dal fatto che le decisioni relative all'apertura della procedu ra di mobilità siano assunte dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlli.
Sulla conformità della legislazione nazionale alla normativa comuni
taria, di recente, Pret. Roma 6 ottobre 1997, giud. Franchini, Kezemi c. Confcommercio, inedita a quanto consta, ha rimesso alla Corte di
giustizia delle Comunità europee, ex art. 177 del trattato Cee, la que stione della conformità all'art. 1 della direttiva comunitaria del 17 feb braio 1975 dell'art. 25 1. 223/91, nella parte in cui la legge nazionale circoscrive l'ambito di applicazione della normativa ai soli datori di lavoro imprenditori, là dove la direttiva comunitaria si riferisce generi camente ai datori di lavoro.
Sempre con riguardo all'ambito di applicabilità soggettivo della nor mativa in oggetto, ma dal lato passivo, Pret. Sassari 3 dicembre 1996, Notiziario giurisprudenza lav., 1996, 934, ha rimesso alla Corte costitu zionale, per presunto contrasto con l'art. 3 Cost., la questione di legitti mità costituzionale dell'art. 24 I. 223/91, nella parte in cui esclude dalla disciplina sui licenziamenti collettivi la categoria dei dirigenti.
IV. - Cass. 2165/97 pare aderire alla tesi che sostiene l'applicabilità della sanzione di inefficacia nell'ipotesi di inosservanza degli adempi menti previsti dal 9° comma dell'art. 4, sia pure senza particolari argo mentazioni, limitandosi la corte a precisare che «l'art. 5, 3° comma, subordina l'efficacia dell'atto di recesso all'osservanza delle regole fis sate nell'art. 4, 9° comma».
Sul tema, sussiste contrasto in giurisprudenza. Da un lato, Cass. 20 novembre 1996, n. 10187, Foro it., Rep. 1996,
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