Sezione I civile; sentenza 9 agosto 1962, n. 2500; Pres. Verzì P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M.Trotta (concl. conf.); Fall. Soc. di fatto Audino (Avv. Satta) c. Audino I. (Avv. Nicolò) e Bancanaz. del lavoro (Avv. Molle)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 11 (1962), pp. 2077/2078-2081/2082Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153148 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dell'atto di acoettazione, ma di voler porre in esecuzione
il contratto di donazione ehe considerava ormai concluso
e perfetto, dimodoche doveva ritenersi, taie contratto,
perfezionato, indipendentemente dalla notificazione non
avvenuta, alla data di detta serittura privata, ma non op
ponibile a Filippo Taranto clie dalla registrazione avvenuta
il 21 febbraio 1958 o dal 9 febbraio 1955 data in cui era de
ceduto il donante Francesco.
Pertanto, sembra evidente ehe i G-iudici di appello. nel
valutare la portata della surriferita premessa, come base
della convenzione integratrice ehe i contraenti andavano
stipulando, diedero rilievo, ai fini della cognizione da parte del donante, dell' avvenuta accettazione e quindi della
perfezione del contratto di donazione, a due momenti, at
tinenti, 1'uno, all'incontro dei consensi per la conclusione
dello stesso contratto (desunto dal richiamo all'atto di do
nazione e successiva accettazione) e, 1'altro, sul presup
posto di questo contratto, alla volontä di eseguirlo con le
rnodalitä ed oneri, per le donatarie, all'uopo convenute.
Ora, quale dato negoziale rilevante della serittura de
qua a proposito della certezza della data e, cosi, dell'oppo nibilitä a Filippo Taranto, e solo il primo momento, sic
come, appunto, relativo alla perfezione della donazione
in tale serittura contemplata e non giä il secondo, per cui,
riguardi questo una dichiarazione recettizia oppure non
recettizia, come vogliono le ricorrenti, per rendere appli cabile non il primo ma il 2° comma dell'art. 2704 cod. civ.
succitato, ciõ s'appalesa, nella specie, inconferente. E che
Filippo Taranto sia terzo rispetto al negozio di donazione, come sopra perfezionato, fra il padre Francesco Taranto e
le attuali ricorrenti, non puõ dubitarsi. Terzo infatti pro tetto dall'ora eitata norma e anche l'avente causa di un co
mune autore che, per effetto dell'eventuale anteriority
fittizia di una serittura negoziale, intervenuta fra lo stesso
autore e gli altri aventi causa, venga a risentire, come nel
caso, pregiudizio in ordine al diritto da lui precedentemente
acquisito. Merita, invece, accoglimento il secondo mezzo del ri
corso. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.
GORTE SUPREMA DI GÄSSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 9 agosto 1962, n. 2500 ; Pres.
VerzI P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M. Tbotta
(concl. coni.); Fall. Soe. di fatto Audino (Aw. Satta) c. Audino I. (Avv. Nicolõ) e Banca naz. dellavoro (Aw.
Molie).
(Gonferma App. Oatanzaro 30 giugno 1960)
Fallimento — Opposizione alia sentciiza dichiara
tiva— Intervcnto da parte del ercditorc non istante — Natura di intervcnto adesivo dipendente (Cod.
proo. civ., art. 91, 105 : r. d. 16 marzo 1942 n. 267, di
sciplina del fallimento, art. 18). I-'allimento — Societä di persone non registrata — lle
ecsso del socio anteriore all'insolvenza — Inade
rjuata pubblicitä del recesso — Inestensibilitä del
lallimento (Cod. civ., art. 2290, 2297 ; r. d. 16 marzo
1942 n. 267, art. 147).
Nel giudizio di opposizione alia sentenza di fallimento il
creditore non istante puö spiegare solo intervento adesivo
dipendente. (1) II fallimento di societä di persone non registrata non pud
(1) La Cassazione conferma l'orientamento sulla natura del
l'intervento adesivo del creditore non istante, giä manifestato
nelle sentenze 21 ottobre 1961, n. 2281 e 25 ottobre 1961, n. 2366,
retro, 991, con nota di richiami, cui aide, in senso conforme alia
Cassazione, G. TJ. Tedeschi, 11 giudizio di opposizione alia sen
tenza dichiarativa di fallimento, Padova, 1962, pag. 46 e segg.
essere esteso al socio receduto, ohe, per nori aver dato ade
guata pubblicitä ai suo recesso, continua a rispondere in
solid/) con gli altri ex soci nei confronti dei terzi inscienti
in buona fede. (2)
La Corte, eoc. — II ricorso incidentals della Banca naz.
del lavoro e inammissibile. £ infatti da ricordare che detto
Istituto non e il creditore istante (il fallimento fu dichia
rato di ufficio, ai sensi degli art. 162 e 179 r. deoreto 16
marzo 1942 n. 267, non essendo state raggiunte le prescritte
maggioranze sulla proposta di concordato preventive»), ma
intervenne nel giudizio di opposizione, per sostenere, affian
candosi al curatore, che la dichiarazione di fallimento
della Iole Audino dovesse essere tenuta ferma. Come di
recente ha stabilito questa Corte suprema (sentenze 21 ot
tobre e 25 ottobre 1961, nn. 2281 e 2366, Foro it., 1962, I,
991), l'intervento spiegato nel giudizio di opposizione a
fallimento deve essere qualificato (cosi come e stato esat
tamente qualificato dalla sentenza impugnata) quale in
tervento adesivo dipendente, ai sensi dell'art. 105, capov.,
cod. proc. civ., che, infatti, nel giudizio di opposizione non
sia neanche configurabile un intervento principale, risulta
evidente dalle caratteristiche di detto giudizio, destinato
a concludersi, o con la revoca della dichiarazione di falli
mento, o con il rigetto dell'opposizione; e nel quale per
ciõ non e possibile al terzo prospettare altra ed autonoma
tesi che non sia quella dell'opponente, oppure quella di chi
sostiene che il fallimento debba essere tenuto fermo, e
perciõ non õ possibile far valere un diritto proprio contro
tutte le parti principali. Si tratta perciõ indubbiamente di
intervento adesivo ; ma questo non puõ essere qualificato
come adesivo autonomo (litisconsortile) in quanto tale
forma d'intervento implica la esistenza di una legittima
zione autonoma dell'interveniente. Nel caso concreto, in
vece, al creditore non istante non õ concesso una tale legit -
timazioDe dalla legge, la quale designa espressamente (art. 18
legge fall.) nelle persone del curatore e (eventualmente, se
cioe il fallimento fu dichiarato su ricorso) del creditore
istante i soggetti legittimati a resistere alia opposizione
alia dichiarazione di fallimento.
L'intervento di un creditore puõ avere perciõ solo il
carattere di intervento adesivo dipendente, ad adiuvandum
le ragioni del curatore, per opporsi alia revoca del falli
mento. Una volta cosl caratterizzato l'intervento in que
stione, e appena il caso di ricordare come (per l'art. 105
citato, secondo l'interpretazione che ne ha dato costante
mente questa Corte suprema) l'interveniente segua le sorti
della parte principale a favore della quale l'intervento e
stato spiegato, e come da questa posizione vengano limitati
i suoi poteri nel processo. Di conseguenza, lo stesso inter -
veniente non puõ prendere l'iniziativa di impugnare la
pronunzia sfavorevole alia parte adiuvata ; e non puõ per
ciõ proporre impugnazione autonoma, dovendo limitarsi a
sostenere le ragioni esposte nell'eventuale gravame dalla
parte adiuvata medesima. Sotto questo profilo non puõ
dubitarsi che la Banca nazionale del lavoro non era legit
timata a proporre ricorso per cassazione ; questo deve per
ciõ essere dichiarato inammissibile.
(2) Con la sentenza 31 ottobre 1961, n. 2513 (Foro it., 1961,
I, 1598, con nota di richiami, cui adde le osservazioni di Ak
drioli a Cass. 27 gennaio 1962, n. 165, retro, 2030), richiamata
come conforme nella motivazione della presente, la Cassazione
aveva negato che dalla responsabilitä del socio receduto da societa
di persone non registrata, il quale del recesso non aveva eurato
l'adeguata pubblieitä, verso i creditori inscienti in buona fede,
fosse da dedurre l'estensione del fallimento della societä. al
socio, ma aveva riservato al giudice di rinvio l'indagine intesa
ad accertare se la society fosse insolvente al tempo del recesso.
Con la eitata sentenza 27 gennaio 1962, n. 165, la Cassa
zione, decidendo su di un caso in cui era stata accertata l'in
solvenza della society al tempo del recesso, ha affermato che il
fallimento sociale si estende al socio receduto, ma, in contrasto
con quanto ritenuto nella motivazione della presente, ha preci
sato che alio stato passivo del fallimento del socio non sareb
bero legittimati a partecipare i creditori sociali, ai quali il re
I cesso sia stato portato a conoscenza con mezzi idonei.
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2079 PARTE PRIMA 2080
Il ricorso del curatore del fallimento e infondato.
('Omissis) Tutti i motivi del ricorso sono diretti a dimostrare ehe
al recesso non fu data opportuna pubblicitä, in quanto la
modifieazione della compagine sociale in tanto puõ essere
operante nei confronti dei terzi in quanto questi siano stati
messi in grado di conoseerla. In base a tale premessa, il
ricorrente osserva : a) ehe õ indifferente l'indagine sull'ine
sistenza dell'apporto, e della partecipazione agli utili ed
alle perdite, perchõ ciõ riguarda i rapporti interni, mentre
di fronte ai terzi la Iole continuava ad essere palesemente socia (motivo quarto) ; b) ohe, in ogni caso, dal Banco di
Napoli, ehe nel 1951 concesse il mutuo, la Iole venne con
siderata socia, a non si puõ essere socio nei confronti di un
terzo e non degli altri terzi (motivo terzo) ; c) ehe errato e
il giudizio della Corte, che il recesso fu reso noto ai terzi
con mezzi idonei, dal momento che tale non e, ai fini com
merciali, la trascrizione sui registri immobiliari, che ha
l'esclusiva funzione di operare nei confronti dei terzi che
hanno acquistato diritti sull'immobile in base ad atto tras
critto posteriormente (motivo primo), mentre a torto fu
negato ogni valore alle risultanze dei registri della Camera
di eommercio, sui quali la Iole figurõ socia fino a che (ma soltanto nel 1956) fu iscritto il recesso (motivi secondo e
quinto). Secondo il ricorrente, perciõ, la Corte di merito avrebbe
omesso di applicare l'art. 2290, 2° comma, cod. civ. (il detto articolo non ricordato dalla curatela, e invece espres samente richiamato nelle deduzioni della Banca nazionale
del lavoro), secondo cui il recesso deve essere portato a
conoscenza dei terzi con mezzi idonei, ed avrebbe errato nel
tener ferma la dichiarazione di fallimento, una volta rite
nuto il difetto di idonea pubblicitä. £ perõ da rilevare che, anche se le censure svolte dal
ricorrente fossero esatte, il ricorso dovrebbe essere respinto. Ammesso, cioõ, che (contrariamente a quanto ritenuto dalla
Corte di merito) la Audino Iole non avesse ottemperato a
quanto l'art. 2290 prescrive, per rendere pubblico il suo
recesso avvenuto nel 1949, il disposto della sentenza (revoca della dichiarazione di fallimento) sarehbe comunque con
forme a legge, e la decisione dovrebbe essere tenuta ferma, mutandosene la motivazione ai sensi dell'art. 384 cod. proc. civile.
Come ha infatti recentemente deciso questa stessa Corte
(sentenza 31 ottobre 1961, n. 2513, Foro it., 1961, I, 1598), la disposizione dell'art. 2290 per cui, in difetto di idonea
pubblicitä, il recesso « non e opponibile ai terzi che lo hanno
senza colpa ignorato », non autorizza ad estendere il falli
mento della society, ai sensi dell'art. 147 legge fall, all'ex so
cio illimitatamente responsabile che e receduto, anche se il
recesso non e stato portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei. A contraria conclusione, certamente doveva per venirsi secondo la legislazione abrogata, nella quale la
pubblicitä in materia di societä commerciali aveva efficacia
costitutiva, si che il recesso di un socio non aveva alcun effetto se non trascritto e pubblicato nei modi di cui al
1'art. 96 cod. comm. (art. 100 stesso codice) ed il socio con
servava tale qualitä fino al momento della pubblicazione. Ma in materia di societä di persone, il codice civile
vigente ha innovato, riconoscendo alla pubblicitä una sem
plice efficacia dichiarativa, come e dimostrato proprio dalla
norma in esame (art. 2290) e dall'altra analoga, eriguar dante le societä regolarmente costituite, dell'art. 2300, 3°
comma (e come e posto in rilievo dalla Belazione che accom
pagna il codice civile, n. 939). II recesso ha quindi ora ef
fetto appena si e perfezionato, ed indipendentemente dalla
pubblicitä, nei rapporti interni; il recedente perde immedia tamente la qualitä di socio, e se continua a rispondere, non
verso tutti i terzi, ma verso una determinata categoria di terzi (quelli che igrioravano senza colpa l'avvenuto re
cesso) ciõ avviene non perche ancora socio, ma in base a
principi diversi (principio dell'affidamento, con la tutela del terzo di buona fede).
Tale considerazione e decisiva per confutare uno degli
argomenti esposti dal ricorrente (nel terzo motivo, a pro
posito dell'eventuale responsahilita della Iole verso il Banco
di Napoli) : ehe cioe non e ooncepibile ehe un socio receduto
continui a rimanere taie nei confronti di aleuni dei credi
tori sociali, e non di altri (eol ehe, poi, si aggiunge, sarebbe
turbata la regola della par conditio creditorum). In realty,
come si e detto, il socio receduto non e piu socio per nes
suno ; che debba rispondere verso aleuni creditori soeiali, e
non verso tutti, e disposto testualmente dagli art. 2290 e
2300, ma, evidentemente, la responsabilita sorge per un
titolo diverso da quello della qualitä di socio (per l'omissione
in cui l'ex socio e incorso nel non dare pubblicitä del re
cesso). La esatta considerazione poi che i creditori sociali
non possono vantare una par conditio nei eonfronti del
socio receduto (perche questi puõ liberarsi dalla sua re
sponsabilitä, nei confronti di quei creditori ehe dimostrino
essere a conoscenza dell'avvenuto recesso) õ il migliore
argomento per dimostrare che il fallimento della societa
non puõ essere esteso a cbi non e piu socio illimitatamente
responsabile. Deve infatti osservarsi che l'art. 147, 1° comma, r. de
creto 16 marzo 1942 n. 267 (norma certamente di natura
eccezionale) vuole, perche sia esteso il fallimento, che il
soggetto sia « socio » della societa failita, non « ex socio »,
e presuppone, d'altra parte, che il soggetto medesimo sia
illimitatamente responsabile per tutte le obbligazioni so
ciali, non per alcune soltanto (come avviene ai sensi dei
ripetuti art. 2290 e 2300 per il socio recedente). Ciõ e di
mostrato dalle disposizioni con cui concretamente la legge
regola il processo cumulativo di fallimento : il credito di
chiarato dai creditori sociali 6, di diritto, dichiarato per l'intero nel fallimento del socio (art. 148, 5° comma, legge
fall.) senza che põssa essere fatta alcuna discriminazione
fra un credito e l'altro, col diritto, per tutti i creditori so
ciali, di partecipare a tutte le ripartizioni dell'attivo dei
singoli soci.
Sicchõ in definitiva, ove si estendesse il fallimento al
I'ex socio receduto, ci si troverebbe, per quanto riguarda la
formazione del passivo del fallimento individuale, in una
situazione tale da non poter applieare le norme di legge. Se infatti, ai sensi dell'art. 148, si ammettessero de iwre al
passivo senza distinzione tutti i crediti sociali, si violerebbe
la disposizione dell'art. 2290 cod. civ., estendendo ingiusti ficatamente la responsabilita del socio receduto anche nei
confronti di quei creditori per i quali la legge esclude detta
responsabilita (quelli che erano a conoscenza del recesso, o
ohe lo ignoravano per propria colpa) ; danneggiando in tal
modo proprio i creditori ignari in buona fede, che l'art. 2290
ha inteso tutelare, i quali si troverebbero a concorrere, sul
patrimonio dell'ex socio, anche coloro verso i quali il
recedente non 6 tenuto a rispondere. Se, invece (ed in viola
zione dell'art. 100 legge fall, che non legittima il fallito
e il curatore ad impugnare l'ammissione di crediti), si am
mettesse, dopo la formulazione dello stato passivo con l'am
missione di diritto di tutti i creditori sociali, il fallito ad
impugnare i crediti, onde provare la conoscenza da parte del creditore del recesso, nell'ipotesi limite che per tutti i
creditori sociali venga fornita laprova in questione, si arri
verebbe al singolare risultato ehe, esclusi tutti i crediti so
ciali del passivo dell'ex socio, e dopo aver dimostrato che
quest'ultimo non e responsabile verso alcuno ex art. 2290 cod.
civ., purtuttavia rimarrebbe ferma la dichiarazione di fal
limento.
Tutte queste considerazioni dimostrano che gli art. 2290
cod. civ. e 147 e 148 legge fall, interpretati in coordina
zione fra loro, hanno inteso consentire ai creditori sociali, i
quali siano rimasti incapienti nella liquidazione fallimen
tare dell'attivo della society, di agire nelle vie normali
contro il socio receduto prima del fallimento, nel caso di
omissione di pubblicitä del recesso (e salva la prova della
conoscenza da parte del creditore dell'avvenuto recesso), ma non di « estendere » il fallimento della societä al socio
in precedenza receduto, senza elie il recesso sia stato pub blicato.
Nel caso di specie, una volta dimostrato (e si ripete, tale punto della deeisione non forma oggetto di impugna
zione) che la Iole Audino era receduta dalla Societä di fatto
Agostino Audino al 13 gennaio 1949, era questo motivö
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2081 GIUR1SPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2082
sufficiente per riconoscere ehe nel 1956, epooa della dichia
razione di fallimento della Soeietä, la Iole non era piu « socia illimitatamente responsabile » e ad essa non poteva essere peroiõ esteso il fallimento ai sensi dell'art. 147 legge
fall., salva, si intende, la facoltä dei oreditori sooiali verso i
quali 1'ex soeia resta responsabile a norma dell'art. 2290, 2° comma, cod. civ. di agire contro la Iole nei modi normali.
Con tali rettifiche nella motivazione, la sentenza im
pugnata va tenuta ferma ed il ricorso de] la curatela va
rigettato. Per questi motivi, rigetta, ecc.
GORTB SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 8 agosto 1962, 11. 2465 ; Pres.
Celentano P., Est. favara, P. M. Cutrupia (conol.
conf.); Soc. r.c.a. italiana (Aw. Fruscella) c. Mo
dugno (Aw. De Gasperis).
(Gonjerma App. Roma 27 giugno-30 luglio 1959)
Lavoro autonomo — Patto di nou eoncorrenza — Li
ceitä — Fattispeeie (Cod. civ., art. 2125, 2222, 2229).
Obbligazioni e contratti — Clausola penale — Conte
nulo — Riduzione equitativa — Apprezzamento del
fjiudice di mcrito — Incensurabilitä (Cod. civ., art.
i382, 1384). Sentenza in materia civile — Pubblicazione — Po
leri del giudice di mcrito — Incensurabilitä (Cod.
proc. civ., art. 120).
E lecito il patto di non eoncorrenza nei lirniti previsti nel
I'art. 2125 cod. civ., anche se adietto a contratto di lavoro
autonomo (nella specie trattavasi di canlante-chitarrisla,
obbligatosi ad incidere dischi verso una casa editrice). (1) La clausola penale pud anche consistere nella perdita di
un credito vantato dall'inadempiente verso I'altro con
traente. (2) L1 apprezzamento relativo aU'eccessivita dell'ammontare della
penale e alia misura equitativa della riduzione, rientrando
nel potere discrezionale del giudice di merito, e incensu
rabile in Gassazione. (3)
Iiientra nelVapprezzamento del giudice di merito, incensura
bile in Gassazione, disporre o memo, quale forma di ripa razione del danno, la pubblicazione della sentenza nei gior nali. (4)
(1) Sull'interpretazione dell'art. 2125 cod. civ., che la
Suprema corte ritiene applicabile al rapporto di lavoro auto
nomo, v. App. Firenze 7 dicembre 1959, Foro it., Rep. 1960, voce
Lavoro (rapporto), nn. 725, 726 ; App. Milano 19 giugno 1959,
id., Hep. 1959, voce cit., nn. 731, 732 ; Cass. 2 ottobre 1958, n. 3064, App. Bari 23 aprile 1958, id., Rep. 1958, voce Con
correnza, nn. 46-49.
Sull'applicabilit& dell'art. 2125 cod. civ. al lavoro auto
nomo non risultano precedenti editi; v., per qualche riferimento, Trib. Milano 28 aprile 1961 (retro, 382, con nota di richiami), che cita nella motivazione la sentenza della Corte d'appello di Roma ora confermata (id., Rep. 1961, voce ult. cit., n. 23).
Nel senso che la eoncorrenza non di luogo ad azione in
giudizio tra associazioni sindacali, v. Cass. 4 settembre 1962, n. 2687, retro, 1424, con nota di richiami.
(2) Oonf. App. Messina 31 gennaio 1956, Foro it., Rep.
1956, voce Obbligazioni e contratti, nn. 273, 274.
(3) Conf. Cass. 4 febbraio 1960, n. 163, Foro it., Rep. 1960, voce Obbligazioni e contratti, nn. 219, 220 ; 17 ottobre 1959, n.
2923, id., Rep. 1959, voce cit., n. 185 ; 4 agosto 1953, n. 2637,
id., Rep. 1953, voce cit., n. 203 ; 12 gennaio 1948, n. 27, id.,
Rep. 1948, voce cit., n. 236. In dottrina cfr. Trimarchi, La clausola penale, Milano,
1954, pag. 130.
(4) Conf. Cass. 18 febbraio 1961, n. 352, Foro it., Rep. 1961, voce Sentenza civ., n. 127 bis, secondo cui ž incensurabile il
La Corte, eco. — (Omissis). Col secondo mezzo, la So
ciety ricorrente, nel denunziare la violazione e la falsa
applicazione degli art. 2595 e 2596 cod. civ., assume che
la Corte del merito, ravvisando nell'art. 3, 2° comma,
del contratto un patto di divieto di concorrenza e limitan
done l'efficacia a cinque anni, in base all'art. 2596, 2°
comma, cod. civ. ha errato perche, nella specie, non puõ trovare applicazione ne detto articolo, nõ alcun'altra delle
norme relative alia concorrenza, ehe non puõ esistere tra
i soggetti in causa.
Le censure del mezzo sono infondate.
A norma, infatti, dell'art. 2125 cod. civ. e, piu in gene
rale, dell'art. 2105 cod. civ., entrambi ricollegabili all'art.
2596 cod. civ., bene puõ essere contrattualmente imposto
per atto scritto ai prestatore di lavoro di astenersi, durante
il contratto e per un periodo successivo alia cessazione del
contratto stesso che non superi i limiti massimi di cui al
l'art. 2125 cod. civ., dal prestare la propria attivita a fa
vore di altra impresa che tratti affari in concorrenza con
quella del datore di lavoro ; assunto, pertanto, da una
casa musicale, un cantante-chitarrista per la incisione su
disco di determinate canzoni, a scelta della casa, quale solista od insieme ad altri esecutori (sempre a scelta della
casa) õ valido il patto scritto, inserito nel contratto di
assunzione, che faccia divieto al detto prestatore di lavoro
di astenersi dallo svolgere la propria attivita di lavoro
artistico, per l'incisione su dischi, o su nastro, o su ogni altro apparecchio idoneo a riprodurre il suono e le voci,
durante lo svolgimento del contratto (patto di prestazione
esclusiva) e che estenda tali divieti anche ad un periodo successivo alia cessazione del rapporto di prestazione di
opera, purche questo, tuttavia, non superi i limiti di cui
agli art. 2125 e 2596 cod. civ., nõ la validity di tali patti
viene, sempre entro i detti limiti, a mancare se la presta zione d'opera abbia, invece, carattere di lavoro autonomo
di natura professionale ed artistica, bene potendosi esten
dere la norma dell'art. 2596 cod. civ. in quanto compati
bile, nell'ambito dei lavoratori autonomi, come in quello dei prestatori di opera professionale, salvi (per i professio nisti intellettuali) i limiti imposti dalle rispettive discipline
professionali. La Corte del merito non ha curato di definire esatta
mente se il contratto di lavoro concluso nella specie dal
Modugno con la E.c.a. avesse per oggetto un lavoro subor
dinate od un lavoro autonomo di carattere artistico-pro
fessionale, pure avendo messo in risalto che il contratto
stesso imponeva al prestatore di opera determinati ob
blighi di orario e di servizio, anche per l'obbligo di ese
guire i pezzi scelti dalla casa, nonche in rapporto alia pre senza in auditorio del Modugno ; in ogni caso, le medesimc
ragioni che hanno, in sostanza, determinato il legislatore a permettere la validity dei patti di non concorrenza nei
rapporti del vero e proprio lavoratore subordinato per limitarne l'attivita anche in momenti successivi alia ces
sazione del rapporto di lavoro, possono valere altresl nei
rapporti del lavoratore autonomo, sia pure a carattere
professionale ed in relazione ad opera artistica, od intel
lettuale, trattandosi sempre di attivita economiche, anche
se non sempre produttrici di beni, o servizi per il mercato,
ma a cui bene puõ estendersi la disciplina dei patti di con
correnza quale prevista e permessa, entro determinati li
diniego dell'ordine di pubblicazione della sentenza sui giornali,
sempre che tale diniego sia sorretto da logiche argomentazioni le quali dimostrino che, avuto riguardo alle particolaii circostanze
del caso, difetta il presupposto della reintegrazione specifica; Cass. 30 giugno 1936, n. 2304, id., Bep. 1936, voce Marchio, n. 13, e, per quanto riguarda l'ordine di pubblicazione previsto dall'art. 2600 cod. civ., Cass. 7 febbraio 1962, n. 238, retro, 1328; 25 febbraio 1959, n. 539, Foro it., Rep. 1959, voce Concorrenza, n. 60 ; 15 marzo 1952, n. 703, id., Rep. 1952, voce Marchio, n. 123. Sui presupposti per 1'applicability della disposizione dell'art. 120 cod. proc. civ., cfr. CasB. 5 luglio 1958, n. 2422, id.,
1958, I, 1068, con nota di richiami, anche di dottrina, cui adde,
Mosco, La concorrenza sleale, Napoli, 1956, pag. 284 ; Greco, I diritti sui beni immateriali, Torino, 1948, pag. 530,
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