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Sezione I civile; sentenza 9 agosto 1962, n. 2500; Pres. Verzì P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M....

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Sezione I civile; sentenza 9 agosto 1962, n. 2500; Pres. Verzì P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M. Trotta (concl. conf.); Fall. Soc. di fatto Audino (Avv. Satta) c. Audino I. (Avv. Nicolò) e Banca naz. del lavoro (Avv. Molle) Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 11 (1962), pp. 2077/2078-2081/2082 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23153148 . Accessed: 25/06/2014 00:53 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.60 on Wed, 25 Jun 2014 00:53:33 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 9 agosto 1962, n. 2500; Pres. Verzì P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M.Trotta (concl. conf.); Fall. Soc. di fatto Audino (Avv. Satta) c. Audino I. (Avv. Nicolò) e Bancanaz. del lavoro (Avv. Molle)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 11 (1962), pp. 2077/2078-2081/2082Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153148 .

Accessed: 25/06/2014 00:53

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dell'atto di acoettazione, ma di voler porre in esecuzione

il contratto di donazione ehe considerava ormai concluso

e perfetto, dimodoche doveva ritenersi, taie contratto,

perfezionato, indipendentemente dalla notificazione non

avvenuta, alla data di detta serittura privata, ma non op

ponibile a Filippo Taranto clie dalla registrazione avvenuta

il 21 febbraio 1958 o dal 9 febbraio 1955 data in cui era de

ceduto il donante Francesco.

Pertanto, sembra evidente ehe i G-iudici di appello. nel

valutare la portata della surriferita premessa, come base

della convenzione integratrice ehe i contraenti andavano

stipulando, diedero rilievo, ai fini della cognizione da parte del donante, dell' avvenuta accettazione e quindi della

perfezione del contratto di donazione, a due momenti, at

tinenti, 1'uno, all'incontro dei consensi per la conclusione

dello stesso contratto (desunto dal richiamo all'atto di do

nazione e successiva accettazione) e, 1'altro, sul presup

posto di questo contratto, alla volontä di eseguirlo con le

rnodalitä ed oneri, per le donatarie, all'uopo convenute.

Ora, quale dato negoziale rilevante della serittura de

qua a proposito della certezza della data e, cosi, dell'oppo nibilitä a Filippo Taranto, e solo il primo momento, sic

come, appunto, relativo alla perfezione della donazione

in tale serittura contemplata e non giä il secondo, per cui,

riguardi questo una dichiarazione recettizia oppure non

recettizia, come vogliono le ricorrenti, per rendere appli cabile non il primo ma il 2° comma dell'art. 2704 cod. civ.

succitato, ciõ s'appalesa, nella specie, inconferente. E che

Filippo Taranto sia terzo rispetto al negozio di donazione, come sopra perfezionato, fra il padre Francesco Taranto e

le attuali ricorrenti, non puõ dubitarsi. Terzo infatti pro tetto dall'ora eitata norma e anche l'avente causa di un co

mune autore che, per effetto dell'eventuale anteriority

fittizia di una serittura negoziale, intervenuta fra lo stesso

autore e gli altri aventi causa, venga a risentire, come nel

caso, pregiudizio in ordine al diritto da lui precedentemente

acquisito. Merita, invece, accoglimento il secondo mezzo del ri

corso. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.

GORTE SUPREMA DI GÄSSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 9 agosto 1962, n. 2500 ; Pres.

VerzI P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M. Tbotta

(concl. coni.); Fall. Soe. di fatto Audino (Aw. Satta) c. Audino I. (Avv. Nicolõ) e Banca naz. dellavoro (Aw.

Molie).

(Gonferma App. Oatanzaro 30 giugno 1960)

Fallimento — Opposizione alia sentciiza dichiara

tiva— Intervcnto da parte del ercditorc non istante — Natura di intervcnto adesivo dipendente (Cod.

proo. civ., art. 91, 105 : r. d. 16 marzo 1942 n. 267, di

sciplina del fallimento, art. 18). I-'allimento — Societä di persone non registrata — lle

ecsso del socio anteriore all'insolvenza — Inade

rjuata pubblicitä del recesso — Inestensibilitä del

lallimento (Cod. civ., art. 2290, 2297 ; r. d. 16 marzo

1942 n. 267, art. 147).

Nel giudizio di opposizione alia sentenza di fallimento il

creditore non istante puö spiegare solo intervento adesivo

dipendente. (1) II fallimento di societä di persone non registrata non pud

(1) La Cassazione conferma l'orientamento sulla natura del

l'intervento adesivo del creditore non istante, giä manifestato

nelle sentenze 21 ottobre 1961, n. 2281 e 25 ottobre 1961, n. 2366,

retro, 991, con nota di richiami, cui aide, in senso conforme alia

Cassazione, G. TJ. Tedeschi, 11 giudizio di opposizione alia sen

tenza dichiarativa di fallimento, Padova, 1962, pag. 46 e segg.

essere esteso al socio receduto, ohe, per nori aver dato ade

guata pubblicitä ai suo recesso, continua a rispondere in

solid/) con gli altri ex soci nei confronti dei terzi inscienti

in buona fede. (2)

La Corte, eoc. — II ricorso incidentals della Banca naz.

del lavoro e inammissibile. £ infatti da ricordare che detto

Istituto non e il creditore istante (il fallimento fu dichia

rato di ufficio, ai sensi degli art. 162 e 179 r. deoreto 16

marzo 1942 n. 267, non essendo state raggiunte le prescritte

maggioranze sulla proposta di concordato preventive»), ma

intervenne nel giudizio di opposizione, per sostenere, affian

candosi al curatore, che la dichiarazione di fallimento

della Iole Audino dovesse essere tenuta ferma. Come di

recente ha stabilito questa Corte suprema (sentenze 21 ot

tobre e 25 ottobre 1961, nn. 2281 e 2366, Foro it., 1962, I,

991), l'intervento spiegato nel giudizio di opposizione a

fallimento deve essere qualificato (cosi come e stato esat

tamente qualificato dalla sentenza impugnata) quale in

tervento adesivo dipendente, ai sensi dell'art. 105, capov.,

cod. proc. civ., che, infatti, nel giudizio di opposizione non

sia neanche configurabile un intervento principale, risulta

evidente dalle caratteristiche di detto giudizio, destinato

a concludersi, o con la revoca della dichiarazione di falli

mento, o con il rigetto dell'opposizione; e nel quale per

ciõ non e possibile al terzo prospettare altra ed autonoma

tesi che non sia quella dell'opponente, oppure quella di chi

sostiene che il fallimento debba essere tenuto fermo, e

perciõ non õ possibile far valere un diritto proprio contro

tutte le parti principali. Si tratta perciõ indubbiamente di

intervento adesivo ; ma questo non puõ essere qualificato

come adesivo autonomo (litisconsortile) in quanto tale

forma d'intervento implica la esistenza di una legittima

zione autonoma dell'interveniente. Nel caso concreto, in

vece, al creditore non istante non õ concesso una tale legit -

timazioDe dalla legge, la quale designa espressamente (art. 18

legge fall.) nelle persone del curatore e (eventualmente, se

cioe il fallimento fu dichiarato su ricorso) del creditore

istante i soggetti legittimati a resistere alia opposizione

alia dichiarazione di fallimento.

L'intervento di un creditore puõ avere perciõ solo il

carattere di intervento adesivo dipendente, ad adiuvandum

le ragioni del curatore, per opporsi alia revoca del falli

mento. Una volta cosl caratterizzato l'intervento in que

stione, e appena il caso di ricordare come (per l'art. 105

citato, secondo l'interpretazione che ne ha dato costante

mente questa Corte suprema) l'interveniente segua le sorti

della parte principale a favore della quale l'intervento e

stato spiegato, e come da questa posizione vengano limitati

i suoi poteri nel processo. Di conseguenza, lo stesso inter -

veniente non puõ prendere l'iniziativa di impugnare la

pronunzia sfavorevole alia parte adiuvata ; e non puõ per

ciõ proporre impugnazione autonoma, dovendo limitarsi a

sostenere le ragioni esposte nell'eventuale gravame dalla

parte adiuvata medesima. Sotto questo profilo non puõ

dubitarsi che la Banca nazionale del lavoro non era legit

timata a proporre ricorso per cassazione ; questo deve per

ciõ essere dichiarato inammissibile.

(2) Con la sentenza 31 ottobre 1961, n. 2513 (Foro it., 1961,

I, 1598, con nota di richiami, cui adde le osservazioni di Ak

drioli a Cass. 27 gennaio 1962, n. 165, retro, 2030), richiamata

come conforme nella motivazione della presente, la Cassazione

aveva negato che dalla responsabilitä del socio receduto da societa

di persone non registrata, il quale del recesso non aveva eurato

l'adeguata pubblieitä, verso i creditori inscienti in buona fede,

fosse da dedurre l'estensione del fallimento della societä. al

socio, ma aveva riservato al giudice di rinvio l'indagine intesa

ad accertare se la society fosse insolvente al tempo del recesso.

Con la eitata sentenza 27 gennaio 1962, n. 165, la Cassa

zione, decidendo su di un caso in cui era stata accertata l'in

solvenza della society al tempo del recesso, ha affermato che il

fallimento sociale si estende al socio receduto, ma, in contrasto

con quanto ritenuto nella motivazione della presente, ha preci

sato che alio stato passivo del fallimento del socio non sareb

bero legittimati a partecipare i creditori sociali, ai quali il re

I cesso sia stato portato a conoscenza con mezzi idonei.

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2079 PARTE PRIMA 2080

Il ricorso del curatore del fallimento e infondato.

('Omissis) Tutti i motivi del ricorso sono diretti a dimostrare ehe

al recesso non fu data opportuna pubblicitä, in quanto la

modifieazione della compagine sociale in tanto puõ essere

operante nei confronti dei terzi in quanto questi siano stati

messi in grado di conoseerla. In base a tale premessa, il

ricorrente osserva : a) ehe õ indifferente l'indagine sull'ine

sistenza dell'apporto, e della partecipazione agli utili ed

alle perdite, perchõ ciõ riguarda i rapporti interni, mentre

di fronte ai terzi la Iole continuava ad essere palesemente socia (motivo quarto) ; b) ohe, in ogni caso, dal Banco di

Napoli, ehe nel 1951 concesse il mutuo, la Iole venne con

siderata socia, a non si puõ essere socio nei confronti di un

terzo e non degli altri terzi (motivo terzo) ; c) ehe errato e

il giudizio della Corte, che il recesso fu reso noto ai terzi

con mezzi idonei, dal momento che tale non e, ai fini com

merciali, la trascrizione sui registri immobiliari, che ha

l'esclusiva funzione di operare nei confronti dei terzi che

hanno acquistato diritti sull'immobile in base ad atto tras

critto posteriormente (motivo primo), mentre a torto fu

negato ogni valore alle risultanze dei registri della Camera

di eommercio, sui quali la Iole figurõ socia fino a che (ma soltanto nel 1956) fu iscritto il recesso (motivi secondo e

quinto). Secondo il ricorrente, perciõ, la Corte di merito avrebbe

omesso di applicare l'art. 2290, 2° comma, cod. civ. (il detto articolo non ricordato dalla curatela, e invece espres samente richiamato nelle deduzioni della Banca nazionale

del lavoro), secondo cui il recesso deve essere portato a

conoscenza dei terzi con mezzi idonei, ed avrebbe errato nel

tener ferma la dichiarazione di fallimento, una volta rite

nuto il difetto di idonea pubblicitä. £ perõ da rilevare che, anche se le censure svolte dal

ricorrente fossero esatte, il ricorso dovrebbe essere respinto. Ammesso, cioõ, che (contrariamente a quanto ritenuto dalla

Corte di merito) la Audino Iole non avesse ottemperato a

quanto l'art. 2290 prescrive, per rendere pubblico il suo

recesso avvenuto nel 1949, il disposto della sentenza (revoca della dichiarazione di fallimento) sarehbe comunque con

forme a legge, e la decisione dovrebbe essere tenuta ferma, mutandosene la motivazione ai sensi dell'art. 384 cod. proc. civile.

Come ha infatti recentemente deciso questa stessa Corte

(sentenza 31 ottobre 1961, n. 2513, Foro it., 1961, I, 1598), la disposizione dell'art. 2290 per cui, in difetto di idonea

pubblicitä, il recesso « non e opponibile ai terzi che lo hanno

senza colpa ignorato », non autorizza ad estendere il falli

mento della society, ai sensi dell'art. 147 legge fall, all'ex so

cio illimitatamente responsabile che e receduto, anche se il

recesso non e stato portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei. A contraria conclusione, certamente doveva per venirsi secondo la legislazione abrogata, nella quale la

pubblicitä in materia di societä commerciali aveva efficacia

costitutiva, si che il recesso di un socio non aveva alcun effetto se non trascritto e pubblicato nei modi di cui al

1'art. 96 cod. comm. (art. 100 stesso codice) ed il socio con

servava tale qualitä fino al momento della pubblicazione. Ma in materia di societä di persone, il codice civile

vigente ha innovato, riconoscendo alla pubblicitä una sem

plice efficacia dichiarativa, come e dimostrato proprio dalla

norma in esame (art. 2290) e dall'altra analoga, eriguar dante le societä regolarmente costituite, dell'art. 2300, 3°

comma (e come e posto in rilievo dalla Belazione che accom

pagna il codice civile, n. 939). II recesso ha quindi ora ef

fetto appena si e perfezionato, ed indipendentemente dalla

pubblicitä, nei rapporti interni; il recedente perde immedia tamente la qualitä di socio, e se continua a rispondere, non

verso tutti i terzi, ma verso una determinata categoria di terzi (quelli che igrioravano senza colpa l'avvenuto re

cesso) ciõ avviene non perche ancora socio, ma in base a

principi diversi (principio dell'affidamento, con la tutela del terzo di buona fede).

Tale considerazione e decisiva per confutare uno degli

argomenti esposti dal ricorrente (nel terzo motivo, a pro

posito dell'eventuale responsahilita della Iole verso il Banco

di Napoli) : ehe cioe non e ooncepibile ehe un socio receduto

continui a rimanere taie nei confronti di aleuni dei credi

tori sociali, e non di altri (eol ehe, poi, si aggiunge, sarebbe

turbata la regola della par conditio creditorum). In realty,

come si e detto, il socio receduto non e piu socio per nes

suno ; che debba rispondere verso aleuni creditori soeiali, e

non verso tutti, e disposto testualmente dagli art. 2290 e

2300, ma, evidentemente, la responsabilita sorge per un

titolo diverso da quello della qualitä di socio (per l'omissione

in cui l'ex socio e incorso nel non dare pubblicitä del re

cesso). La esatta considerazione poi che i creditori sociali

non possono vantare una par conditio nei eonfronti del

socio receduto (perche questi puõ liberarsi dalla sua re

sponsabilitä, nei confronti di quei creditori ehe dimostrino

essere a conoscenza dell'avvenuto recesso) õ il migliore

argomento per dimostrare che il fallimento della societa

non puõ essere esteso a cbi non e piu socio illimitatamente

responsabile. Deve infatti osservarsi che l'art. 147, 1° comma, r. de

creto 16 marzo 1942 n. 267 (norma certamente di natura

eccezionale) vuole, perche sia esteso il fallimento, che il

soggetto sia « socio » della societa failita, non « ex socio »,

e presuppone, d'altra parte, che il soggetto medesimo sia

illimitatamente responsabile per tutte le obbligazioni so

ciali, non per alcune soltanto (come avviene ai sensi dei

ripetuti art. 2290 e 2300 per il socio recedente). Ciõ e di

mostrato dalle disposizioni con cui concretamente la legge

regola il processo cumulativo di fallimento : il credito di

chiarato dai creditori sociali 6, di diritto, dichiarato per l'intero nel fallimento del socio (art. 148, 5° comma, legge

fall.) senza che põssa essere fatta alcuna discriminazione

fra un credito e l'altro, col diritto, per tutti i creditori so

ciali, di partecipare a tutte le ripartizioni dell'attivo dei

singoli soci.

Sicchõ in definitiva, ove si estendesse il fallimento al

I'ex socio receduto, ci si troverebbe, per quanto riguarda la

formazione del passivo del fallimento individuale, in una

situazione tale da non poter applieare le norme di legge. Se infatti, ai sensi dell'art. 148, si ammettessero de iwre al

passivo senza distinzione tutti i crediti sociali, si violerebbe

la disposizione dell'art. 2290 cod. civ., estendendo ingiusti ficatamente la responsabilita del socio receduto anche nei

confronti di quei creditori per i quali la legge esclude detta

responsabilita (quelli che erano a conoscenza del recesso, o

ohe lo ignoravano per propria colpa) ; danneggiando in tal

modo proprio i creditori ignari in buona fede, che l'art. 2290

ha inteso tutelare, i quali si troverebbero a concorrere, sul

patrimonio dell'ex socio, anche coloro verso i quali il

recedente non 6 tenuto a rispondere. Se, invece (ed in viola

zione dell'art. 100 legge fall, che non legittima il fallito

e il curatore ad impugnare l'ammissione di crediti), si am

mettesse, dopo la formulazione dello stato passivo con l'am

missione di diritto di tutti i creditori sociali, il fallito ad

impugnare i crediti, onde provare la conoscenza da parte del creditore del recesso, nell'ipotesi limite che per tutti i

creditori sociali venga fornita laprova in questione, si arri

verebbe al singolare risultato ehe, esclusi tutti i crediti so

ciali del passivo dell'ex socio, e dopo aver dimostrato che

quest'ultimo non e responsabile verso alcuno ex art. 2290 cod.

civ., purtuttavia rimarrebbe ferma la dichiarazione di fal

limento.

Tutte queste considerazioni dimostrano che gli art. 2290

cod. civ. e 147 e 148 legge fall, interpretati in coordina

zione fra loro, hanno inteso consentire ai creditori sociali, i

quali siano rimasti incapienti nella liquidazione fallimen

tare dell'attivo della society, di agire nelle vie normali

contro il socio receduto prima del fallimento, nel caso di

omissione di pubblicitä del recesso (e salva la prova della

conoscenza da parte del creditore dell'avvenuto recesso), ma non di « estendere » il fallimento della societä al socio

in precedenza receduto, senza elie il recesso sia stato pub blicato.

Nel caso di specie, una volta dimostrato (e si ripete, tale punto della deeisione non forma oggetto di impugna

zione) che la Iole Audino era receduta dalla Societä di fatto

Agostino Audino al 13 gennaio 1949, era questo motivö

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2081 GIUR1SPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2082

sufficiente per riconoscere ehe nel 1956, epooa della dichia

razione di fallimento della Soeietä, la Iole non era piu « socia illimitatamente responsabile » e ad essa non poteva essere peroiõ esteso il fallimento ai sensi dell'art. 147 legge

fall., salva, si intende, la facoltä dei oreditori sooiali verso i

quali 1'ex soeia resta responsabile a norma dell'art. 2290, 2° comma, cod. civ. di agire contro la Iole nei modi normali.

Con tali rettifiche nella motivazione, la sentenza im

pugnata va tenuta ferma ed il ricorso de] la curatela va

rigettato. Per questi motivi, rigetta, ecc.

GORTB SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 8 agosto 1962, 11. 2465 ; Pres.

Celentano P., Est. favara, P. M. Cutrupia (conol.

conf.); Soc. r.c.a. italiana (Aw. Fruscella) c. Mo

dugno (Aw. De Gasperis).

(Gonjerma App. Roma 27 giugno-30 luglio 1959)

Lavoro autonomo — Patto di nou eoncorrenza — Li

ceitä — Fattispeeie (Cod. civ., art. 2125, 2222, 2229).

Obbligazioni e contratti — Clausola penale — Conte

nulo — Riduzione equitativa — Apprezzamento del

fjiudice di mcrito — Incensurabilitä (Cod. civ., art.

i382, 1384). Sentenza in materia civile — Pubblicazione — Po

leri del giudice di mcrito — Incensurabilitä (Cod.

proc. civ., art. 120).

E lecito il patto di non eoncorrenza nei lirniti previsti nel

I'art. 2125 cod. civ., anche se adietto a contratto di lavoro

autonomo (nella specie trattavasi di canlante-chitarrisla,

obbligatosi ad incidere dischi verso una casa editrice). (1) La clausola penale pud anche consistere nella perdita di

un credito vantato dall'inadempiente verso I'altro con

traente. (2) L1 apprezzamento relativo aU'eccessivita dell'ammontare della

penale e alia misura equitativa della riduzione, rientrando

nel potere discrezionale del giudice di merito, e incensu

rabile in Gassazione. (3)

Iiientra nelVapprezzamento del giudice di merito, incensura

bile in Gassazione, disporre o memo, quale forma di ripa razione del danno, la pubblicazione della sentenza nei gior nali. (4)

(1) Sull'interpretazione dell'art. 2125 cod. civ., che la

Suprema corte ritiene applicabile al rapporto di lavoro auto

nomo, v. App. Firenze 7 dicembre 1959, Foro it., Rep. 1960, voce

Lavoro (rapporto), nn. 725, 726 ; App. Milano 19 giugno 1959,

id., Hep. 1959, voce cit., nn. 731, 732 ; Cass. 2 ottobre 1958, n. 3064, App. Bari 23 aprile 1958, id., Rep. 1958, voce Con

correnza, nn. 46-49.

Sull'applicabilit& dell'art. 2125 cod. civ. al lavoro auto

nomo non risultano precedenti editi; v., per qualche riferimento, Trib. Milano 28 aprile 1961 (retro, 382, con nota di richiami), che cita nella motivazione la sentenza della Corte d'appello di Roma ora confermata (id., Rep. 1961, voce ult. cit., n. 23).

Nel senso che la eoncorrenza non di luogo ad azione in

giudizio tra associazioni sindacali, v. Cass. 4 settembre 1962, n. 2687, retro, 1424, con nota di richiami.

(2) Oonf. App. Messina 31 gennaio 1956, Foro it., Rep.

1956, voce Obbligazioni e contratti, nn. 273, 274.

(3) Conf. Cass. 4 febbraio 1960, n. 163, Foro it., Rep. 1960, voce Obbligazioni e contratti, nn. 219, 220 ; 17 ottobre 1959, n.

2923, id., Rep. 1959, voce cit., n. 185 ; 4 agosto 1953, n. 2637,

id., Rep. 1953, voce cit., n. 203 ; 12 gennaio 1948, n. 27, id.,

Rep. 1948, voce cit., n. 236. In dottrina cfr. Trimarchi, La clausola penale, Milano,

1954, pag. 130.

(4) Conf. Cass. 18 febbraio 1961, n. 352, Foro it., Rep. 1961, voce Sentenza civ., n. 127 bis, secondo cui ž incensurabile il

La Corte, eco. — (Omissis). Col secondo mezzo, la So

ciety ricorrente, nel denunziare la violazione e la falsa

applicazione degli art. 2595 e 2596 cod. civ., assume che

la Corte del merito, ravvisando nell'art. 3, 2° comma,

del contratto un patto di divieto di concorrenza e limitan

done l'efficacia a cinque anni, in base all'art. 2596, 2°

comma, cod. civ. ha errato perche, nella specie, non puõ trovare applicazione ne detto articolo, nõ alcun'altra delle

norme relative alia concorrenza, ehe non puõ esistere tra

i soggetti in causa.

Le censure del mezzo sono infondate.

A norma, infatti, dell'art. 2125 cod. civ. e, piu in gene

rale, dell'art. 2105 cod. civ., entrambi ricollegabili all'art.

2596 cod. civ., bene puõ essere contrattualmente imposto

per atto scritto ai prestatore di lavoro di astenersi, durante

il contratto e per un periodo successivo alia cessazione del

contratto stesso che non superi i limiti massimi di cui al

l'art. 2125 cod. civ., dal prestare la propria attivita a fa

vore di altra impresa che tratti affari in concorrenza con

quella del datore di lavoro ; assunto, pertanto, da una

casa musicale, un cantante-chitarrista per la incisione su

disco di determinate canzoni, a scelta della casa, quale solista od insieme ad altri esecutori (sempre a scelta della

casa) õ valido il patto scritto, inserito nel contratto di

assunzione, che faccia divieto al detto prestatore di lavoro

di astenersi dallo svolgere la propria attivita di lavoro

artistico, per l'incisione su dischi, o su nastro, o su ogni altro apparecchio idoneo a riprodurre il suono e le voci,

durante lo svolgimento del contratto (patto di prestazione

esclusiva) e che estenda tali divieti anche ad un periodo successivo alia cessazione del rapporto di prestazione di

opera, purche questo, tuttavia, non superi i limiti di cui

agli art. 2125 e 2596 cod. civ., nõ la validity di tali patti

viene, sempre entro i detti limiti, a mancare se la presta zione d'opera abbia, invece, carattere di lavoro autonomo

di natura professionale ed artistica, bene potendosi esten

dere la norma dell'art. 2596 cod. civ. in quanto compati

bile, nell'ambito dei lavoratori autonomi, come in quello dei prestatori di opera professionale, salvi (per i professio nisti intellettuali) i limiti imposti dalle rispettive discipline

professionali. La Corte del merito non ha curato di definire esatta

mente se il contratto di lavoro concluso nella specie dal

Modugno con la E.c.a. avesse per oggetto un lavoro subor

dinate od un lavoro autonomo di carattere artistico-pro

fessionale, pure avendo messo in risalto che il contratto

stesso imponeva al prestatore di opera determinati ob

blighi di orario e di servizio, anche per l'obbligo di ese

guire i pezzi scelti dalla casa, nonche in rapporto alia pre senza in auditorio del Modugno ; in ogni caso, le medesimc

ragioni che hanno, in sostanza, determinato il legislatore a permettere la validity dei patti di non concorrenza nei

rapporti del vero e proprio lavoratore subordinato per limitarne l'attivita anche in momenti successivi alia ces

sazione del rapporto di lavoro, possono valere altresl nei

rapporti del lavoratore autonomo, sia pure a carattere

professionale ed in relazione ad opera artistica, od intel

lettuale, trattandosi sempre di attivita economiche, anche

se non sempre produttrici di beni, o servizi per il mercato,

ma a cui bene puõ estendersi la disciplina dei patti di con

correnza quale prevista e permessa, entro determinati li

diniego dell'ordine di pubblicazione della sentenza sui giornali,

sempre che tale diniego sia sorretto da logiche argomentazioni le quali dimostrino che, avuto riguardo alle particolaii circostanze

del caso, difetta il presupposto della reintegrazione specifica; Cass. 30 giugno 1936, n. 2304, id., Bep. 1936, voce Marchio, n. 13, e, per quanto riguarda l'ordine di pubblicazione previsto dall'art. 2600 cod. civ., Cass. 7 febbraio 1962, n. 238, retro, 1328; 25 febbraio 1959, n. 539, Foro it., Rep. 1959, voce Concorrenza, n. 60 ; 15 marzo 1952, n. 703, id., Rep. 1952, voce Marchio, n. 123. Sui presupposti per 1'applicability della disposizione dell'art. 120 cod. proc. civ., cfr. CasB. 5 luglio 1958, n. 2422, id.,

1958, I, 1068, con nota di richiami, anche di dottrina, cui adde,

Mosco, La concorrenza sleale, Napoli, 1956, pag. 284 ; Greco, I diritti sui beni immateriali, Torino, 1948, pag. 530,

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