Sezione I civile; sentenza 9 dicembre 1983, n. 7301; Pres. Brancaccio, Est. Ruggiero, P. M.Iannelli (concl. diff.); Gallucci (Avv. Acone) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Siconolfi). CassaComm. trib. centrale 20 maggio 1980, n. 5268Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 3 (MARZO 1984), pp. 735/736-739/740Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175864 .
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PARTE PRIMA
stato affatto attribuito agli organismi associativi de quibus, con
trariamente a quanto assume la società ricorrente, un diritto
soggettivo ad usufruire del suddetto trattamento inerente alla
contribuzione, ma è stato conferito piuttosto, ad avviso della
corte, un mero potere giuridico (o potestà), non costituente, in se
e per se, alcun diritto concreto, potendo, soltanto con l'esercizio
di quel potere, sorgere, per gli stessi organismi associativi, un
vero e proprio diritto soggettivo alla realizzazione della disciplina contributiva fissata nel decreto presidenziale in esame.
Fino a quando non sono osservati, adunque, i prescritti a
dempimenti mediante la presentazione all'I.n.a.i.l. dei documenti
suindicati, non può venir meno o rimanere in sospeso l'obbligo di corrispondere i contributi assicurativi nella misura ordinaria, né sorgere, con l'osservanza di tali adempimenti, il diritto alla
contribuzione di cui al d.p.r. n. 602 del 1970, a decorrere da una
data anteriore al momento della presentazione dei documenti
medesimi. Basti a tal riguardo considerare che fra essi è compre sa una dichiarazione (con l'indicazione del lavoro di ciascun
socio), a firma del presidente dell'organismo associativo, la rego larità e la veridicità della quale sono ovviamente garantite dalla
correlata, implicita assunzione di responsabilità del sottoscrittore; onde non ha ragione d'essere la surriferita censura di cui al terzo
mezzo del ricorso, implicando gli anzidetti adempimenti, com
prensivi di una specifica attestazione contestuale circa l'effettività
del lavoro prestato dai soci « per conto della società cooperati va », una libera manifestazione di volontà, intrinseca nella emis
sione dei prescritti documenti demandata all'esclusiva iniziativa
degli organismi associativi interessati.
Consegue da quanto precede anche l'inconsistenza del secondo
mezzo, in ordine al quale non appare superfluo rimarcare, per
completezza di motivazione, che, giusta quel che ha osservato
l'I.n.a.i.l. a confutazione della censura, nella nota di risposta dello
stesso istituto alla denuncia di esercizio 15 maggio 1972 della
società ricorrente, risulta indicata l'iscrizione di questa tra i
datori di lavoro « assicurati », con la precisazione che i premi dovuti, di cui all'unito prospetto, erano stati « determinati sulla
base delle retribuzioni presunte », secondo le disposizioni del t.u.
approvato con d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, salvo il conguaglio da effettuare « sulle retribuzioni effettivamente erogate al persona le assicurato ».
Alla stregua delle assorbenti considerazioni esposte, il ricorso
deve essere, pertanto, rigettato. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 9 dicem
bre 1983, n. 7301; Pres. Brancaccio, Est. Ruggiero, P. M. Ian
nelli (conci, diff.) ; Gallucci (Avv. Acone) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Siconolfi). Cassa Comm. trib. centrale 20 maggio
1980, n. 5268.
Tributi in genere — Accertamento — Domicilio fiscale — Trasfe
rimento della residenza — Rilevanza (D.p.r. 29 gennaio 1958
n. 645, t.u. sulle imposte dirette, art. 9, 29, 33).
L'ufjicio delle imposte competente ad accertare un reddito pro dotto e non dichiarato è quello nella cui circoscrizione il
contribuente aveva il domicilio fiscale al momento in cui
avrebbe dovuto presentare la dichiarazione. (1)
(1) In senso conforme v. Cass. 8 giugno 1981, n. 3686, Foro it., Rep. 1982, voce Tributi in genere, n. 618; 15 dicembre 1980, n. 6492, id.,
Rep. 1981, voce cit., n. 319; Comm. trib. centrale 28 settembre 1977, n. 11266, id., Rep. 1978, voce cit., n. 311. Esplicito nell'indicare il momento in cui è stata presentata — ovvero doveva essere presenta ta — la dichiarazione al fine di determinare il domicilio fiscale del contribuente è attualmente l'art. 31 d.p.r. 600/73 (cfr. su di esso Comm. trib. centrale 5 luglio 1979, n. 8738, id., Rep. 1980, voce
cit., n. 521), norma che è stata ritenuta interpretativa del disposto dell'art. 33 d.p.r. 645/58, applicabile alla controversia decisa dalla sentenza che si riporta (Comm. trib. centrale 14 dicembre 1978, n. 17342, id., Rep. 1979, voce cit., n. 268). V., inoltre, Comm. trib. centrale 16 dicembre 1967, n. 94012, id., Rep. 1968, voce Tasse in
genere, n. 117, secondo là quale se il contribuente ha trasferito la sua residenza, senza alcuna comunicazione in tal senso al comune, competente all'accertamento del reddito prodotto nel periodo in cui vi è stato' il trasferimento di residenza è l'ufficio nella cui circoscri zione è stato prodotto il reddito, nonché Cons. Stato, ad. gen., 15
luglio 1971, n. 464, id., Rep. 1977, voce Tributi in genere, n. 209, e Comm. centrale 15 novembre 1963, n. 61389, id., Rep. 1964, voce Tasse in genere, n. 116, che reputano ininfluente una variazione di domicilio successiva al periodo d'imposta cui è riferito il reddito accertato.
Da notare che, in ipotesi di incorporazione tra società, l'ufficio
Svolgimento del processo. — Il dott. Antonio Gallucci era
titolare di una farmacia a Castellammare di Stabia che il 26
gennaio 1969 cedette a terzi; il 28 marzo successivo egli trasferì'
la sua residenza ad Angri, senza peraltro darne comunicazione
all'ufficio distrettuale delle imposte dirette di Castellammare.
Nel 1970 il Gallucci omise di presentare la dichiarazione dei
redditi prodotti nel 1969, sull'asserito presupposto, come successi
vamente dedotto, che il reddito realizzato era inferiore al minimo
imponibile. Il 18 dicembre 1972, l'ufficio di Castellammare notificò al
Gallucci, nel suo dotnicilio di Angri, avviso di accertamento per i
redditi di ricchezza mobile cat. B e di avviamento commerciale, realizzati dall'esercizio della farmacia e dalla sua cessione nell'an
no 1969.
Il contribuente, al quale nel corso del giudizio successe mortis
causa il figlio Silvio Gallucci, propose reclamo contro l'accerta
mento deducendone la nullità e l'infondatezza, e la commissione
tributaria di I grado lo accolse parzialmente, riducendo gli
imponibili accertati dall'ufficio.
Impugnata la decisione da entrambe le parti, la commissione di
li grado accolse l'appello del contribuente, dichiarando la nullità
dell'accertamento per incompetenza territoriale dell'ufficio.
Il successivo ricorso dell'ufficio è stato accolto dalla Commis
sione tributaria centrale, che ha annullato la decisione impugnata e rimesso agli atti, per l'esame del merito, alla stessa commissione di II grado.
Ha osservato la Commissione centrale che, poiché il reddito
accertato per l'anno 1969 era stato prodotto allorché il contri
buente non aveva ancora trasferito il suo domicilio ad Angri,
competente per l'accertamento, trattandosi di produzione di un
reddito che seguiva continuativamente quello prodotto negli anni
precedenti, era l'ufficio di Castellammare, che aveva in carico la
posizione impositiva del Gallucci fino a quando non si fossero
esauriti tutti gli effetti fiscali relativi all'ultimo anno di produzio ne del reddito. Nella specie, inoltre, ha soggiunto la commissione,
l'operato dell'ufficio era stato determinato anche dall'illegittimo comportamento del contribuente, il quale non solo non aveva
comunicato agli uffici finanziari il cambiamento del proprio domi
cilio, pur se a tanto non era obbligato, ma aveva altresì omesso di presentare la dichiarazione dei redditi, nonché quella di
cessazione dell'attività, e non poteva quindi far valere una nullità
cui egli stesso aveva dato causa, senza che potesse obiettarsi che il contribuente non era tenuto a presentare la dichiarazione, a
motivo della produzione di un reddito supposto inferiore al
minimo imponibile, poiché il motivato accertamento dell'ufficio
stava invece a dimostrare che egli aveva realizzato un reddito
certamente superiore al minimo.
Contro la sentenza il Gallucci propone ricorso per un unico
motivo. Resiste l'amministrazione finanziaria con controricorso.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di censura, il
ricorrente, denunziando la violazione e falsa applicazione degli art. 9, 21, 29, 30 e 33 d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645 e degli art.
competente a procedere all'accertamento in rettifica è quello dove ha sede la società incorporante pur se la dichiarazione sia stata presen tata anche all'ufficio nella cui circoscrizione aveva sede la società
incorporata (Cass. 2 giugno 1980, n. 3596, id., Rep. 1930, voce Tributi in genere, n. 522).
In tutte le ipotesi di violazione delle norme sulla competenza l'accertamento è viziato da nullità assoluta. In tal senso v., tra le altre, Comm. trib. centrale 29 aprile 1982, n. 3782, id., Rep. 1982, voce cit., n. 458; 28 maggio 1981, n. 5884, ibid., n. 461; Cass. 5 luglio 1980, n. 4277, id., Rep. 1980, voce Valore aggiunto (imposta sul), n. 321; 19 ottobre 1977, n. 4462, id., 1978, I, 2286. La nullità dell'accertamento potrà essere rilevata in ogni stato e grado del
giudizio, ma non può essere proposta per la prima volta durante il giudizio di cassazione necessitando di indagini in fatto (Cass. 2 marzo 1981, n. 1208, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1088).
Infine, per l'ipotesi in cui l'accertamento sia stato effettuato da ufficio diverso da quello nella cui circoscrizione risiede il contribuen te, ma a seguito di sua erronea indicazione del domicilio fiscale in sede di dichiarazione dei redditi, v. Comm. trib. centrale 19 febbraio 1981, n. 2148, ibid., n. 317; 2 luglio 1979, n. 8500, id., Rep. 1980, voce cit., n. 524, e Cass. 4462/77, cit., che rigettano l'eccezione d'incompe tenza proposta dal debitore d'imposta.
In dottrina, sui problemi attinenti l'individuazione del domicilio fiscale, v. Glendi, Domicilio fiscale, voce del Novissimo digesto, appendice, Torino, 1982, II, 163 ss.; Casertano, Il domicilio fiscale dei contribuenti, in Fisco, 1982, 1936; Glendi, Sulla legittimazione del contribuente ad impugnare l'accertamento in rettifica per incom petenza dell'ufficio a cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi, in Riv. dir. fin., 1980, II, 197; Zoppis, «Domicilio fiscale»: nozione, norme, interpretazione, diritti e doveri sia degli uffici sia dei contribuenti. Disposizioni specifiche in materia di dichiarazione dei redditi, in Comm. trib. centrale, 1978, II, 833; Mazzilli, Il domicilio fiscale, in Nuova rass., 1977, 1303.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
28, 38 e 157 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione
all'art. 360, nn. 2, 3 e 5, c.p.c., deduce che erroneamente,
anzitutto, la Commissione tributaria centrale avrebbe ritenuto che
competente a procedere all'accertamento era l'ufficio di Castel
lammare di Stabia, nella cui circoscrizione il reddito si era
prodotto, mentre, secondo le combinate disposizioni degli art. 9, 29 e 33 t.u. n. 645 del 1958, tale competenza doveva determinarsi
con riferimento al domicilio fiscale del contribuente al tempo in
cui era presentata o doveva presentarsi la dichiarazione dei
redditi, per cui, individuandosi il domicilio fiscale nel comune
dove il soggetto aveva la sua residenza anagrafica, competente nella specie era l'ufficio di Pagani, nella cui circoscrizione il
contribuente aveva trasferito la propria residenza fin dal 28
marzo 1969; erroneamente e con motivazione insufficiente e
contraddittoria la commissione avrebbe, inoltre, affermato che
l'asserita nullità non poteva essere opposta dal contribuente, per aver egli stesso, con il suo comportamento, dato causa all'operato
dell'ufficio, omettendo di considerare, da un lato, che, atteso il
carattere assoluto dell'incompetenza territoriale dell'ufficio, la nul
lità dell'accertamento era radicale ed insanabile e rilevabile anche
ex officio, e, dall'altro, che nella specie il contribuente, il quale non aveva presentato la dichiarazione per mancato raggiungimen to del minimo imponibile, non aveva posto in essere alcun
positivo comportamento malizioso o doloso che avesse potuto indurre in errore l'ufficio, tanto che l'accertamento era stato
regolarmente notificato proprio ad Angri, nella residenza del
Gallucci.
Il ricorso è fondato. Il principio affermato dal giudice tributa
rio, secondo il quale nel vigore del testo unico dell'imposte dirette approvato con d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, competente
per l'accertamento tributario deve ritenersi l'ufficio del luogo in
cui il reddito è stato prodotto, non trova riscontro nell'indicato
sistema normativo.
L'art. 29 cit. t.u. stabilisce che la dichiarazione (dei redditi)
deve essere presentata « all'ufficio distrettuale delle imposte dirette
o all'ufficio del comune in cui si trova il domicilio fiscale del
soggetto » (vale a dire del dichiarante soggetto in concreto
all'imposizione), ed il successivo art. 33 dispone che « competente
per l'accertamento è l'ufficio nella cui circoscrizione si trova il
domicilio fiscale del soggetto ».
Dal coordinamento delle due disposizioni appare evidente,
tenuto conto che la presentazione della dichiarazione o la scaden
za del relativo obbligo segna il momento in cui concretamente ha
inizio e si radica il procedimento impositivo, che l'ufficio compe tente per l'accertamento deve essere identificato in quello del
domicilio fiscale del contribuente al momento in cui è presentata o deve essere presentata la dichiarazione (cfr., specialmente nella
motivazione, Cass. 3596 e 6492 del 1980, Foro it., Rep. 1980, voce
Tributi in genere, nn. 522, 520; 3686 del 1981, id., Rep. 1982,
voce cit., n. 618). Ciò posto, va rilevato che, ai sensi dell'art. 9, 2° comma, t.u. n.
645 del 1958, i cittadini italiani hanno il domicilio fiscale nel
comune nella cui anagrafe civile sono iscritti, né può ritenersi,
come sostenuto dal procuratore generale nella sua requisitoria, che il domicilio fiscale si determini in relazione al luogo dove è
stato prodotto il reddito o è stata svolta l'attività cui si riferisce
l'azione impositiva, poiché un siffatto criterio è previsto dal
penultimo comma del predetto art. 9 t.u. soltanto come criterio
sussidiario, nell'ipotesi in cui il domicilio fiscale non sia determi
nabile in base ai criteri enunciati nei comma precedenti (residen za anagrafica per le persone fìsiche, sede legale per le persone
giuridiche). Erroneamente, pertanto, la Commissione centrale ha ritenuto
competente l'ufficio di Castellammare di Stabia, e valido di
conseguenza l'accertamento dallo stesso compiuto, a motivo che
in quel comune si era prodotto il reddito oggetto dell'accertamen
to, omettendo di prendere in considerazione il criterio della
residenza anagrafica del contribuente al momento in cui egli aveva
l'obbligo di presentare la dichiarazione, e la possibilità o meno di
determinare il domicilio fiscale secondo il detto criterio.
Né in contrario può avere rilievo la circostanza, cui pure ha
fatto riferimento la decisione impugnata, che il contribuente,
all'epoca in cui il reddito si era prodotto, non aveva ancora
trasferito il suo domicilio, poiché, come si è già ricordato, la
soggezione all'imposizione, pur essendo correlata al presupposto della produzione di un reddito e già sussistendo allo stato astratto
e potenziale al verificarsi di tale presupposto, diventa effettiva ed
operante, ed il relativo procedimento può essere concretamente
posto in attuazione, solo dal momento in cui è presentata o deve
essere presentata la dichiarazione (cfr. Cass. 3596 del 1980, cit.),
ed è comunque al domicilio fiscale nel detto momento a cui la
legge, per individuare l'ufficio competente a riceversi la dichiara
li. Foro Italiano — 1984 — Parte 1-48.
zione ed a compiere i successivi atti del procedimento, ha chiaramente riguardo allorché dispone che la dichiarazione è
presentata all'ufficio del luogo in cui « si trova », vale a dire
dov'è attualmente, il domicilio fiscale del soggetto a ciò obbligato. Non può essere condivisa nemmeno l'ulteriore argomentazione
contenuta nella decisione impugnata che l'operato dell'ufficio è stato determinato dall'illegittimo comportamento del contribuente il quale non solo non ha presentato la dichiarazione, ma ha omesso altresì' di comunicare agli uffici finanziari il cambiamento del proprio domicilio nonché l'avvenuta cessazione dell'attività
produttiva del reddito, per cui il contribuente medesimo, anche in virtù del principio generale contenuto nell'art. 157 c.p.c., non
poteva opporre una nullità cui egli stesso aveva dato causa In primo luogo va osservato che, come ha rilevato la stessa
Commissione centrale, il contribuente nella specie non era obbli
gato a comunicare all'ufficio il cambiamento del proprio domici
lio, siffatto obbligo essendo previsto dall'art. 33, 3° comma, t.u. del 1958, solo per i contribuenti soggetti ad una imposta fondia ria. Nemmeno, va aggiunto, sussisteva un obbligo di denuncia di cessazione di attività, atteso che, a termini dell'art. 30 t.u. cit., il
contribuente nel caso di cessazione del presupposto nel corso del
periodo d'imposta « ha facoltà » di presentarne denuncia. Quan to all'omissione della dichiarazione, il relativo obbligo, di fronte
alle contestazioni di merito del contribuente di non aver realizza
to nel periodo considerato un reddito superiore al minimo impo nibile, non è stato ancora accertato, ed esso, comunque, costitui
sce un posterius rispetto al problema di individuare l'ufficio
presso il quale l'obbligo doveva essere adempiuto. Può ancora osservarsi che la Commissione centrale non ha
neppure indicato gli elementi in base ai quali l'operato dell'ufficio
poteve ritenersi effettivamente essere stato determinato dal com
portamento del contribuente, ove si consideri che l'accertamento
fu direttamente notificato proprio al nuovo domicilio del contri
buente.
Ma, a parte tali considerazioni, deve essere qui rilevato che
come è stato già ripetutamente affermato da questa Suprema
corte, la competenza territoriale, nell'ambito generale dell'attività
della p.a., costituisce il complesso della facoltà e delle funzioni
che ciascun organo è autorizzato ad esercitare nei limiti di spazio nei quali l'agente possa essere considerato come autorità ammi
nistrativa, ed essa, pertanto, segnando i confini entro i quali il
singolo organo amministrativo può esercitare le potestà ad esso
attribuite, ha carattere funzionale ed inderogabile, e l'atto posto in essere al di fuori dei predetti limiti deve ritenersi, se non
addirittura inesistente, quanto meno irrimediabilmente nullo pro
prio per la mancanza di potere dell'organo che lo ha emesso. Ed
è pacifico che il difetto di potere, quando riguardi un atto
amministrativo quale l'accertamento tributario, costituisce un vizio
sostanziale e radicale dell'atto che, impostandone la nullità asso
luta, è rilevabile anche d'ufficioN in ogni stato e grado del
procedimento tributario avente per oggetto l'atto medesimo, don
de l'inapplicabilità della regola posta dall'art. 157 c.p.c., che
presuppone il carattere relativo della nullità e la sua rilevabilità
esclusivamente su istanza della parte interessata (cfr., oltre le già citate Cass. 6492 e 3596 del 1980, Cass. 4277 del 1980, id., Rep.
1980, voce Valore aggiunto (imposta), n. 321, e 4462 del 1977,
id., Rep. 1977, voce Tributi in genere, n. 964, ed in epoca meno
recente Cass. 1139 del 1969, id., Rep. 1969, voce Tasse in genere,
n. 191; 226 del 1968, id., Rep. 1968, voce Tassa sul patrimonio
straordinaria, n. 23). Una deroga, per la verità solo apparente, all'esposto principio è
stata ammessa dalla giurisprudenza di questa corte nell'ipotesi di
un accertamento compiuto da un ufficio originariamente incompe
tente a cui il contribuente abbia presentato la propria denuncia
dei redditi indicando il domicilio fiscale in comune diverso da
quello nella cui anagrafe è iscritto.
La validità dell'accertamento, nella ipotesi considerata, è stata
ritenuta in relazione alla possibilità concessa dall'art. 10, 2°
comma, t.u. del 1958 che, su istanza del contribuente, l'ammini
strazione finanziaria possa consentirgli di stabilire il domicilio
fiscale in un comune diverso da quello previsto nel precedente
art. 9, dovendosi ravvisarsi nella dichiarazione del contribuente,
contenuta nella denuncia, di un domicilio fiscale diverso da
quello corrispondente alla residenza anagrafica, non solo una
manifestazione di scienza, ma anche di volontà di carattere
recettizio, in sostanziale corrispondenza all'istanza di cui all'art.
10, 2" comma, e nell'operato dell'ufficio accertatore un implicito
accoglimento dell'istanza stessa, e ciò anche indipendentemente
dall'intènto, malizioso o non, del contribuente.
Non è quindi certamente sufficiente, all'indicato fine, un com
portamento meramente omissivo del contribuente, tanto più
quando esso non sia correlato ad un obbligo posto a suo carico,
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PARTE PRIMA
ma è necessario un comportamento positivo tale da evidenziare
una sia pure implicita manifestazione di volontà diretta ad
ottenere lo stabilimento del domicilio fiscale in deroga a quanto
disposto dall'art. 9 t.u., alla quale possa ritenersi corrispondente, nel senso dell'accoglimento, l'attività dell'ufficio.
La decisione impugnata che non si è attenuta agli esposti
principi e non ha provveduto agli indicati accertamenti, deve
essere di conseguenza cassata, con rinvio alla stessa Commissione
tributaria centrale perché proceda ad un nuovo esame della
validità dell'accertamento in contestazione in relazione alla com
petenza dell'ufficio, tenendo presente che tale competenza, di
carattere funzionale ed inderogabile ed il cui difetto importa la
nullità assoluta dell'atto rilevabile anche ex officio, in ogni stato
e grado del procedimento tributario, si determina nel sistema del
testo unico delle imposte dirette approvato con d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, con riferimento al domicilio fiscale, inteso, per le
persone fisiche di cittadinanza italiana, come il comune di resi
denza anagrafica del contribuente, al momento in cui è presentata o deve essere presentata la dichiarazione, ed in via sussidiaria, se
il domicilio fiscale non è determinabile in base al detto criterio, con riferimento al luogo di produzione del reddito, a tale regola
potendo derogarsi a causa del comportamento del contribuente
solo se in questo sia ravvisabile, anche per implicito, una
manifestazione di volontà, esplicitamente o implicitamente accolta
dall'amministrazione, diretta ad ottenere che il domicilio fiscale
sia stabilito in comune diverso, in deroga ai predetti criteri.
(Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione III civile; sentenza 28 no
vembre 1983, n. 7131; Pres. Gabrieli, Est. Quaglione, P. M.
Paolucci (conci, conf.); Moscato (Avv. D'Aura) c. D'Amico
ed altro (Avv. Blandi). Conferma App. Palermo 1° agosto 1980.
Agricoltura — Prelazione — Riscatto — Dichiarazione del terzo — Momento (L. 26 maggio 1965 n. 590, disposizioni per lo
sviluppo della proprietà coltivatrice, art. 8; 1. 8 gennaio 1979 n.
2, interpretazione autentica dell'art. 8 1. 26 maggio 1965 n. 590, con le modificazioni e le integrazioni della 1. 14 agosto 1971 n.
817, art. unico).
Dopo la stipula dell'atto pubblico di vendita di fondo rustico, in violazione del diritto di prelazione spettante al conduttore
del fondo medesimo, il terzo acquirente ben può prendere l'iniziativa di porre rimedio a tale illegittima situazione median
te la proposta di vendita fatta pervenire al titolare del diritto
di prelazione: in tale ipotesi trovano applicazione non già le
norme sulla prelazione agraria ma quelle sul riscatto di cui
all'art. 8 l. 26 maggio 1965 n. 590 e successive modificazioni, e
il termine per il pagamento del prezzo decorre, per via della
mancata opposizione al riscatto, dalla data di dichiarazione
del terzo e non dal passaggio in giudicato della sentenza che
riconosce il diritto, secondo quanto previsto dal 2" comma
dell'art, unico l. 8 gennaio 1979 n. 2. (1)
(1) Non constano precedenti editi. La decorrenza del termine per il pagamento del prezzo nel caso di
esercizio del diritto di riscatto da parte del coltivatore continua a
porre problemi. Difatti, era sorta questione se il prezzo, in caso di opposizione al
riscatto, doveva essere pagato nel termine di tre mesi dalla dichiara zione di riscatto ovvero dal passaggio in giudicato della sentenza che definiva la controversia.
La legge interpretativa 8 gennaio 1979 n. 2, in ossequio al
principio della interdipendenza delle prestazioni, ha stabilito che in caso di opposizione al riscatto il prezzo va pagato nel termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che riconosce il diritto mentre in caso di adesione del riscattato va pagato nel termine di tre mesi dalla comunicazione scritta di tale adesione (sulla 1. 2/79 v., da
ultimo, Cass., sez. un., 11 maggio 1982, n. 2916, Foro it., Rep. 1982, voce Agricoltura, n. 229 e in dottrina Massart, Esercizio del retratto e pagamento del prezzo, in Riv. dir. agr., 1979, I, 493; Casarotto, La prelazione agraria, 1980, 323; Corsaro, Prelazione agraria, in Dizionari di diritto privato - Diritto agrario, a cura di Carrozza,
1983, 617). Non è invece disciplinata dal legislatore l'ipotesi in cui, dopo la
stipula dell'atto pubblico in violazione del diritto di prelazione del coltivatore avente diritto, il terzo acquirente abbia comunicato a
detto coltivatore l'avvenuta vendita e chiestogli se intende o meno esercitare il diritto: in tale ipotesi, il termine per il pagamento del
prezzo decorre dalla comunicazione del terzo ovvero dal passaggio in
giudicato della sentenza che riconosce il diritto, dovendo la dichiara
Motivi della decisione. — Col primo motivo il ricorrente
denuncia la violazione e falsa applicazione dei comma 4° e 5°
dell'art. 8 1. 26 maggio 1965 n. 590 in relazione all'art. 360, n. 3,
c.p.c. per avere la Corte d'appello di Palermo confuso le modalità
di esercizio del diritto di prelazione e del diritto di ri
scatto, ritenendo perfezionato il riscatto a seguito della manife
stazione di volontà dell'affittuario dì voler riscattare il fondo
espressa dopo l'interpello degli acquirenti, mentre questo è il
procedimento normale con cui si attua la prelazione: al contra
rio, per l'attuazione del diritto di riscatto l'atto iniziale del
procedimento è costituito dalla dichiarazione del retraente di
voler subentrare nell'acquisto del fondo e l'eventuale adesione del
retrattato non può non essere successiva a quell'atto. Col secondo mezzo il Moscato si duole della violazione e falsa
applicazione della 1. 6 gennaio 1979 n. 2 con riferimento all'art.
360, nn. 3 e 5, c.p.c. per avere la corte di merito ritenuto che la
dichiarazione di riscatto dell'affittuario valesse come accettazione
di un presunto invito del coniugi D'Amico e Fatta, disapplicando cosi il precetto esplicito della legge suddetta secondo cui i
termini per il pagamento del prezzo da parte del retraente
decorrono dalla comunicazione scritta dell'adesione del retrattato
ovvero, se sorge contestazione, dal passaggio in giudicato della
sentenza che riconosce il diritto del retraente.
Col terzo mezzo il Moscato denuncia l'insufficienza di motiva
zione della sentenza impugnata sul punto decisivo della contro
versia riguardante l'esistenza, o meno, della contestazione del
diritto dell'affittuario al riscatto del fondo e della mancata ade
sione dei retrattati all'esercizio di quel diritto.
I tre motivi di ricorso, fra loro connessi, vanno trattati
congiuntamente. Preliminarmente si osserva che dopo la stipula, con rogito
notarile, del contratto definitivo di compravendita del fondo fra il
proprietario ed un terzo, in violazione del diritto di prelazione
zione del riscattante di volere esercitare il diritto necessariamente
precedere l'adesione del retrattato? Questa è la singolare fattispecie risolta dalla sentenza riportata
secondo il principio di cui alla massima. È da condividere l'affermazione della corte secondo cui non si
applicano nella specie le regole giuridiche di una comune compra vendita. L'applicazione di tali regole, invero, comporterebbe l'imme diato pagamento del prezzo a seguito della conclusione del contratto senza il vantaggio, previsto dall'art. 8 cit., di pagarlo entro il termine
previsto di tre mesi o entro il maggior termine previsto in caso di richiesta di mutuo agevolato.
Perplessità invece sorgono sull'affermazione della corte circa la decorrenza del termine per il pagamento del prezzo dalla dichiarazione del terzo precedente a quella del riscattante. Ha motivato in proposi to la corte che il legislatore con la 1. 2/79 ha inteso stabilire in modo certo — col riferimento alla dichiarazione scritta ed inequivoca del terzo ovvero alla pronuncia di una sentenza passata in giudicato — il momento in cui sia divenuta incontestabile l'esistenza del diritto del riscattante, perché solo da tale data iniziano a decorrere i termini ai quali è collegato il pagamento del prezzo. Ha sottolineato ancora la corte, a sostegno della soluzione adottata, che il legislatore fissando nella 1. 2/79 il termine entro il quale l'adesione del riscattato deve avvenire, ha dimostrato di ritenere irrilevante il
tempo della manifestazione di volontà del terzo rispetto a quello della dichiarazione del riscattante.
La soluzione adottata dalla sentenza in epigrafe svaluta, sino ad annullarla, la manifestazione di volontà del riscattante in contrasto con un comune principio di diritto in materia contrattuale secondo cui il contratto si conclude al momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte (art. 1326, 1° comma, c.c.). Ed invero l'adesione del terzo al riscatto, ove preceda la dichiarazione del riscattante, non produce effetti giuridici senza l'accettazione del riscattante medesimo e pertanto da tale accettazione dovrebbe decorrere, come del resto per la prelazione, il termine per il pagamento del prezzo.
Non va dimenticato che prelazione e riscatto hanno ambedue la finalità di favorire la formazione di imprese coltivatrici efficienti e appunto tale medesima finalità non dovrebbe essere di ostacolo all'adozione di regole comuni di diritto quando il legislatore non abbia previsto una specifica disciplina.
Va detto da ultimo che le perplessità anzidette non riguardano l'esito della controversia di cui alla sentenza riportata, essendo difficilmente contestabile — almeno in sede di legittimità — che nella specie era da escludere la opposizione del terzo a! riscatto: e cioè le perplessità anzidette non salvano certo la causa del ricorrente, in quanto quest'ultimo nel termine di tre mesi dalla dichiarazione di volere esercitare il riscatto non aveva comunicato al riscattato, nel prescritto termine di tre mesi, di avere inoltrato la domanda di mutuo, né trasmesso la certificazione dell'ispettorato provinciale dell'agricoltura comprovante l'ammissione della domanda stessa al l'istruttoria e neppure pagato il prezzo della compravendita entro il termine massimo di dilazione consentito per quell'adempimento es senziale.
D. Bellantuono
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