Sezione I civile; sentenza 9 dicembre 1983, n. 7302; Pres. Santosuosso, Est. Contu, P. M. Minetti(concl. conf.); Consorzio idraulico Basso Toce (Avv. Morelli, Ravasio, Ribolzi) c. Soc. S.n.a.m.(Avv. Sorrentino, Lepore). Cassa App. Torino 13 dicembre 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 2 (FEBBRAIO 1984), pp. 423/424-425/426Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175571 .
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PARTE PRIMA
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 9 dicembre
1983, n. 7302; Pres. Santosuosso, Est. Contu, P. M. Minetti
(conci, conf.); Consorzio idraulico Basso Toce (Avv. Morelli,
Ravasio, Ribolzi) c. Soc. S.n.a.m. (Avv. Sorrentino, Lepore). Cassa App. Torino 13 dicembre 1980.
Acque pubbliche e private — Consorzi per opere idrauliche —
Partecipazione — Obbligazione contributiva — Presupposti —
Fattispecie (Cod. civ., art. 868; r.d. 25 luglio 1904 n. 523, t.u.
sulle opere idrauliche, art. 18).
Ai fini della partecipazione ai consorzi per opere idrauliche e
della relativa obbligazione contributiva è necessario e sufficien te essere proprietari o possessori di immobili esistenti nell'area
di operatività del consorzio, che traggono o possono trarre
utilità dalle opere idrauliche (nella specie, è stato dichiarato
l'obbligo, per una società proprietaria di un metanodotto, di
partecipare ai contributi consortili). (1)
Svolgimento del processo. — Con citazione 21 novembre 1975, la s.p.a. S.n.a.m., con sede in Milano, premesso che le era stato
richiesto il pagamento dei contributi consortili quale proprietaria di un metanodotto ohe attraversava il territorio sul quale operava il Consorzio idraulico Basso Toce, con sede in Gravellona Toce, convenne tale ente dinanzi al Tribunale di Verbania per ottenere
che fosse dichiarato che essa società non era soggetta al paga mento dei contributi in quanto non sussisteva l'obbligo della sua
partecipazione al consorzio e, comunque, difettavano i presuppo sti di legge per l'imposizione contributiva.
Costituitosi in giudizio, il consorzio convenuto contestò la
fondatezza della domanda e ne chiese il rigetto. Con sentenza 27 ottobre 1977 il tribunale adito rigettò la
domanda, dichiarando che ia società attrice era obbligatoriamente tenuta a far parte del consorzio ed a pagare i relativi contributi.
Il gravame proposto dalla S.n.a.m. s.p.a. venne accolto dalla
Corte d'appello di Torino, la quale, provvedendo con la sentenza
ora impugnata, dichiarò che detta società non era tenuta al
pagamento dei contributi consortili poiché da un lato l'apparte nenza al consorzio riguardava, ai sensi dell'art. 18 t.u. 25 luglio 1904 n. 523, solo i proprietari di terreni e fabbricati, e dall'altro
la determinazione dei contributi con il criterio del valore del
bene immobile, anziché di quello legislativo dell'ammontare del
l'imposta fondiaria, non era consentito perché contrario al princi
pio della riserva di legge sancito dall'art. 23 Cost.
Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il
Consorzio idraulico Basso Toce, deducendo tre motivi. Resiste con
controricorso la società S.n.a.m.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 18 r.d. 25
luglio 1904 n. 523, in relazione all'art. 12 delle disposizioni sulla
legge in generale ed all'art. 360, n. 3, c.p.c., si duole che la
sentenza impugnata abbia escluso l'obbligo di partecipazione al
consorzio della società S.n.a.m., benché la stessa fosse proprietaria di beni immobili esistenti nell'area di operatività dello stesso
consorzio. A suo avviso, infatti, l'interpretazione riduttiva, con la
quale la corte del merito ha escluso l'obbligo di partecipazione al
consorzio dei proprietari di beni immobili diversi dai terreni e
fabbricati, sarebbe inaccettabile perché contraria ad una valuta
zione unitaria della lettura e dello spirito della legge, dalla quale
emergerebbe chiaramente il principio generale dell'obbligo di
partecipazione al consorzio ed ai correlativi oneri contributivi per tutti i proprietari di beni immobili; l'ulteriore specificazione
<1) Non constano precedenti specifici in termini. La decisione si rifà, per la soluzione del caso di specie, alla
sentenza delle sezioni unite 11 gennaio 1979, n. 183, Foro it., Rep. 1979, voce Bonifica, n. 5 {resa in margine alla contermine questione dell'obbligo contributivo gravante sui partecipanti ai consorzi di
bonifica) secondo cui il concorso alle spese consortili è collegato direttamente al conseguimento dei benefici e delle utilità derivanti dalle opere di bonifica da parte di ogni tipo di beni immobili, anche se separati dal fondo ricompreso nel consorzio (nella specie, fu dichiarato l'obbligo contributivo a carico delliE.n.el., quale titolare di una servitù di elettrodotto sui fondi esistenti nel comprensorio e
proprietario degli immobili costituenti il complesso degli impianti elettrici; per altre indicazioni circa l'individuazione del soggetto passivo obbligato alla corresponsione dei contributi per i consorzi di bonifica cfr. Cass. 29 aprile 1976, n. 1531, id., 1976, I, 2142, con nota di richiami di Noccelli). In dottrina v. Roehrssen, Idrauliche
(opere), voce dell 'Enciclopedia del diritto, Milano, 1970, XIX, 966, 972, a cui dire, con la norma che indica i soggetti tenuti alla
partecipazione consortile per le opere idrauliche, « si è voluto (...) legare alla realizzazione e manutenzione di questo tipo di opere il maggior numero possibile di soggetti, purché interessati »; per ulte riori riferimenti cons., da ultimo, Garrì, Consorzi per l'uso delle acque, voce del Novissimo digesto, appendice, Torino, 1980, II, 497.
relativa alla determinazione dei contributi sulla base dell'imposta fondiaria non riguarderebbe, infatti, il titolo legale per l'insorgen za dell'obbligazione contributiva e non escluderebbe che per i
proprietari degli immobili diversi da terreni e fabbricati il contri
buto possa essere determinato in altro modo, con riferimento al
vantaggio ritratto.
Con il secondo motivo lo stesso ricorrente, denunziando sotto
altro profilo violazione e falsa applicazione del citato art. 18 r.d.
n. 523 del 1904, in relazione all'art. 23 Cost, ed all'art. 360, ti. 3,
c;p.c., deduce che la corte del •merito avrebbe ravvisato erronea
mente una violazione della norma costituzionale nella commisura
zione, per analogia, del contributo consortile al valore venale
degli immobili diversi dai terreni e dai fabbricati, confondendo in
tal modo l'imposizione tributaria con la specifica determinazione
del contributo.
Con il terzo motivo, infine, denunzia difetto di motivazione in
merito sia all'asserita mancanza dei parametri per la determina
zione dell'onere contributivo, sia all'interpretazione restrittiva del
citato art. 18, in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c. Le tre censure, essendo strettamente connesse, possono essere
esaminate congiuntamente.
■La questione da risolvere attiene alle condizioni richieste per la
partecipazione obbligatoria ai consorzi per opere idrauliche, da
cui discende, ovviamente, l'obbligo di corrispondere i relativi
contributi.
Al riguardo l'art. 18, 1° comma, r.d. 25 luglio 1904 n. 523 cosi
dispone: « A formare i consorzi, di cui al capo I, concor
rono in proporzione del rispettivo vantaggio i proprietari e pos sessori (siano essi corpi morali o privati) di tutti i beni immobi
li di qualunque specie anche se esenti da imposta fondiaria, i
quali risentano utile diretto od indiretto, presente o futuro ». La
stesa norma stabilisce poi, ai comma 4° e 5°, i criteri per la determinazione del contributo provvisorio e di quello definitivo,
ragguagliandolo in entrambi i casi all'imposta principale sui terreni e fabbricati; prevede infine, all'ult. comma, l'ipotesi di
terreni e fabbricati esenti da imposta fondiaria, disponendo che « si considereranno, per gli effetti del riparto, come se la pagasse ro nella misura stessa in cui ne sono gravati rispettivamente i
terreni circostanti ed i fabbricati più vicini assimilabili ».
Da tale normativa si ricava che la partecipazione ai consorzi è
disciplinata dal 1° comma ed è collegata puramente e semplice mente alla proprietà od al possesso di immobili che traggono utilità dalle opere idrauliche, indipendentemente dalla circostanza che siano gravati dalla ormai soppressa imposta fondiaria. Non ha rilevanza, invece, che il provvedimento legislativo richiami poi l'imposta principale sui terreni e fabbricati, poiché tale riferimen
to riguarda solo il modo di determinazione del contributo consor tile e non può influenzare l'interpretazione del 1° comma.
Questa tesi risulta poi rafforzata se si considera ohe una lettura del 1° comma in funzione del 4° e del 5° darebbe luogo ad una inammissibile contraddizione nell'ambito della stessa legge, in
quanto l'originario riferimento a « tutti i beni immobili di qua lunque specie » verrebbe ad essere ingiustificatamente limitato ai
soli beni suscettibili di imposizione fondiaria, con esclusione di
ampie categorie di toeni immobili.
Deve perciò ritenersi che ai fini della partecipazione ai consorzi
per opere idrauliche e della relativa obbligazione contributiva sia necessario e sufficiente essere proprietari o possessori di immobili esistenti nell'area di operatività del consorzio e che abbiano tratto o possano trarre utilità dalle opere idrauliche.
Contro tale tesi si è obiettato che il riferimento della legge a tutti gli immobili è soltanto apparente e subisce, in realtà, una consistente limitazione in quanto il successivo inciso « anche se esenti da imposta fondiaria », introducendo il concetto tecnico
giuridico di esenzione tributaria, postula che gli stessi, pur essendo astrattamente assoggettabili all'imposta, vengano in con creto sottratti alla sfera di applicazione della norma impositiva per ragioni di carattere oggettivo o soggettivo.
In altri termini si sostiene che l'esenzione, presupponendo la sussistenza dei presupposti materiali ai quali l'ordinamento ricol
lega la nascita dell'obbligazione tributaria, non può riferirsi ad immobili estranei per loro natura all'applicazione dell'imposta fondiaria, quali i metanodotti, i quali non sarebbero perciò com
presi nella previsione legislativa.
Tale obiezione non coglie nel segno poiché è pacifico in dottrina che sovente la legislazione tributaria — ed in particolare quella relativa alle vecchie imposte sui terreni e sui fabbricati —
parla di « esenzione » in senso non tecnico, talché non può esservi difficoltà a ritenere che la locuzione « esenti da imposta fondiaria », contenuta nella norma in esame, sia sinonimo di « non assoggettabili ad imposta », e si riferisca agli immobili
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
non suscettibili, per qualsiasi ragione, di imposizione fondia
ria. Per questa via non possono perciò modificarsi le conclu
sioni relative alla nascita dell'obbligazione contributiva per effetto
dell'esistenza di un qualsiasi immobile che tragga utilità dall'opera
idraulica, alle quali si perviene correttamente mediante l'inter
pretazione letterale della norma.
Né può sostenersi che per gli immobili non soggetti ad imposta fondiaria manchi un criterio di determinazione dei contributi
consortili, in quanto il 1° comma del citato art. 18 dispone
espressamente ohe la partecipazione al consorzio dei proprietari e
possessori avviene « in proporzione del rispettivo vantaggio », e
stabilisce perciò un criterio sufficientemente preciso per determi
nare quantitativamente, in base a nozioni di ordine tecnico,
l'obbligazione contributiva.
In tal modo viene salvaguardato il criterio della riserva di
legge sancito dall'art. 23 Cost., il quale viene rispettato — per costante giurisprudenza della Corte costituzionale — ogniqualvol ta la legge indichi criteri idonei a delimitare la discrezionalità
dell'ente impositore, cosi da non lasciare all'arbitrio di quest'ulti mo la determinazione concreta della prestazione.
Giova inoltre rilevare, a conferma della tesi qui sostenuta, che
anche l'art. 868 c.c. prevede l'obbligatorietà della contribuzione
per opere idrauliche e, pur rinviando alla disciplina stabilita dalla
legislazione speciale, ricollega l'obbligazione contributiva alla pura e semplice proprietà degli immobili che dall'opera traggono utilità.
Né va trascurato di considerare che l'obbligo di contribuzione
per effetto della generica proprietà ammobiliare è stato già affer
mato in materia di consorzi di bonifica, i quali presentano strette
analogie con quelli per opere idrauliche.
Con riferimento ad una servitù di elettrodotto esercitata dal
l'E.n.el. mediante immobili costituenti un complesso di impianti
elettrici, questa Corte suprema ha, infatti, affermato il principio che sussistono i presupposti dell'obbligo contributivo alle spese di
bonifica anche quando, avendo i beni in relazione ai quali
vengono pretesi i contributi natura di costruzioni, i proprietari di
essi non siano pure proprietari dei fondi su cui le costruzioni
esistono, quale che sia il titolo in base al quale detta proprietà
separata da quella del suolo sia stata costituita e >venga mantenu
ta, sempreché gli immonili esistenti nel comprensorio abbiano
conseguito benefici dalle opere di bonifica (Cass. n. 183 del 1979,
Foro it., Rep. 1979, voce Bonifica, n. 5).
È ovvio che non è possibile estendere automaticamente tale
principio alla materia dei consorzi per opere idrauliche, i quali
sono soggetti ad una normativa specifica.
Tuttavia, è possibile rilevare che, nell'individuazione del crite
rio che presiede all'imposizione contributiva, il beneficio ricavabi
le dalla bonifica è pressocché identico a quello dell'utilità deri
vante dall'opera idraulica, talché non è azzardato riguardare le
due fattispecie in un'ottica comune.
È certo, comunque, che la tesi riduttiva e formalistica della
sentenza appellata produce il risultato di escludere dall'obbliga
zione contributiva degli immobili che traggono utilità dalle opere
idrauliche di competenza del consorzio; il che è inaccettabile
perché sarebbe manifestamente contrario ai principi sull'imposi
zione tributaria e sulla parità di trattamento per situazioni
identiche, sancito dall'art. 3 Cost.
È invece più coerente con la ratio legis ritenere che l'obbliga
zione contributiva riguardi tutti i beni immobili per i quali
l'opera idraulica sia stata di utilità, con la differenza ohe per i
terreni ed i fabbricati i contributi vanno ragguagliati all'imposta
fondiaria, mentre per gli altri il criterio di imposizione è quello
proporzionale rispetto ai vantaggi conseguiti; il che richiede una
determinazione concreta riferita al caso di specie, da effettuarsi
attraverso' un'indagine tecnica.
Non può perciò condividersi la tesi della corte torinese, secon
do cui i contributi consortili non sarebbero dovuti in relazione al
metanodotto di cui trattasi, non essendo lo stesso soggetto all'im
posta fondiaria. Deve invece ritenersi che anche esso sia soggetto
a contribuzione, stante la sua incontestata natura di bene immo
bile, condizionatamente all'accertamento che risenta un utile di
retto od indiretto, presente o futuro dall'esecuzione delle opere
idrauliche di competenza del consorzio.
In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va pertanto
cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di
Torino, la quale si atterrà ai principi sopra enunciati. (Omissis)
Il Foro Italiano — 1984 Parte I-28.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione II civile; sentenza 6 di
cembre 1983, n. 7271; Pres. Carotenuto, Est. Rotunno, P.M.
Grimaldi (conci, conf.); Canonico (Avv. Fassari, G. Ferrara)
c. Giori e Rinaldi (Avv. Honorati, Raitè). Conferma App.
Milano 30 settembre 1980.
Vendita — Vendita con patto di riscatto — Divieto del patto commissorio — Violazione — Nullità del contratto (Cod. civ., art. 1344, 1418, 1500, 2744).
La vendita con patto di riscatto è nulla per violazione del
divieto del patto commissorio ove, malgrado l'immediato trasfe rimento della proprietà, risulti l'intento delle parti di garantire, con il bene venduto, l'adempimento di un mutuo preesisten te. (1)
Svolgimento del processo. — Con scrittura privata del 15 febbraio 1973, riportante le sottoscrizioni autenticate da notaio, i
coniugi Emilio Giori e Anna Rinaldi dichiaravano di vendere per il prezzo di lire 7.500.000 ad Antonio Canonico un appartamento alla via Coloniola n. 20 di Como; con aitra scrittura in pari data,
gli stessi coniugi pattuivano con l'acquirente in loro favore la facoltà di riscatto, stabilendo per il relativo esercizio il termine di tre anni, ed inoltre, a loro carico, il versamento di interessi nella misura del 6 % a fondo perduto sino alla restituzione della somma di lire 7.500.000.
Successivamente, con citazione del 24 febbraio 1976 i coniugi Giori-Rinaldi, convenivano il Canonico davanti al Tribunale di
Como, per sentir dichiarare la simulazione del contratto, essendo si in realtà convenuto che l'immobile veniva dato allo stesso Canonico a garanzia di un mutuo di lire 7.500.000, col patto che
egli ne sarebbe divenuto proprietario in caso di mancata restitu zione della somma nel termine di tre anni. Il convenuto resisteva, deducendo che si era trattato di una vendita con patto di riscatto.
Il tribunale, con sentenza 21 igiugno-6 luglio 1978, rigettava la domanda.
Su appello dei coniugi Giori-Rinaldi, la Corte d'appello di
Milano con sentenza 30 settembre 1980 accoglieva la domanda, dichiarando nullo l'atto di compravendita immobiliare del 15 feb
braio 1973, dissimulante un mutuo con patto commissorio. La corte d'appello rilevava che era risultata da documenti la
preesistenza di un debito di lire 14.650.000 dei coniugi Giori-Ri naldi verso il Canonico e che il debito non era stato estinto nemmeno in parte con la compravendita del 15 febbraio 1973; che la persistenza del debito dopo la vendita era dimostrata anche della contemporanea pattuizione degli interessi a fondo
perduto a carico dei venditori; che questi ultimi avevano conser vato il godimento dell'immobile, continuando a comportarsi come
proprietari nei riguardi dei terzi; che tutto ciò, insieme con una lettera del 16 febbraio 1976 nella quale il Canonico si era dichiarato ancora creditore per la somma di lire 9.849.488, dimostrava che le parti avevano inteso sottoporre la vendita alla
condizione sospensiva della mancata estinzione del debito nel
termine pattuito e che, quindi, il trasferimento di proprietà dell'immobile si sarebbe dovuto verificare soltanto nel momento in cui fosse inutilmente decorso il termine per l'estinzione del debito.
Antonio Canonico ha proposto ricorso per cassazione. Resistono con controricorso i coniugi Giori-Rinaldi.
Motivi della decisione. — Con i tre motivi di ricorso, che
vengono esaminati insieme, il ricorrente, denunciando violazione
degli art. 1500, 2744 e 1362 c.c. in relazione all'art. 360, nn. 3 e
5, c.p.c., si duole che la Corte d'appello di Milano abbia erroneamente ravvisato un mutuo con patto commissorio, laddove si era trattato di un tipico negozio di vendita a scopo di garanzia operante l'immediato trasferimento della proprietà al compratore con la facoltà per il venditore di riottenere il bene attraverso la
restituzione della somma ricevuta. Richiamandosi alla giurispru denza di questo Supremo collegio sui criteri distintivi, con i
relativi diversi effetti, tra vendita con patto di riscatto a scopo di
garanzia e vendita dissimulante un mutuo con patto commissorio, sostiene che il divieto di tale patto non colpisce le vendite
<1) La Cassazione ribadisce, a breve distanza di tempo e con una
pregevole motivazione, arricchita da un breve excursus attraverso la
giurisprudenza precodicistica, il proprio mutamento di indirizzo relati vamente alla validità delle alienazioni concluse nella forma di vendita con patto di riscatto (ovvero con pactum de retrovendendo) ma con lo scopo di creare una garanzia reale in favore del mutuante-compra tore. La * sterzata ' si ascrive alla recentissima Cass. 3 giugno 1983, n. 3800, Foro it., 1984, I, 212, cui si rinvia per i necessari richiami alla precedente giurisprudenza e alla dottrina, da tempo favorevole alla soluzione ora fatta propria dai giudici di legittimità.
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