sezione I civile; sentenza 9 dicembre 1985, n. 6220; Pres. Scanzano, Est. Vercellone, P. M. DiRenzo (concl. conf.); Registro aeronautico italiano (Avv. dello Stato Bruno) c. Soc. AerolineeItavia (Avv. Ercole, Lavaggi). Conferma App. Roma 12 novembre 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 1 (GENNAIO 1986), pp. 73/74-77/78Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180113 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
(venuto a cessare in conseguenza della richiamata legge in perio do antecedente alla proposizione del ricorso per cassazione) di
proporre tale ricorso avverso una sentenza che abbia deciso su una domanda di risarcimento per fatti avvenuti anteriormente al 1° gennaio 1980.
Costituisce infatti costante giurisprudenza l'affermazione del
principio secondo cui il giudice deve accertare d'ufficio l'esistenza della capacità processuale delle parti, in quanto la regolare costituzione del rapporto giuridico processuale interessa l'ordine
pubblico, con la conseguenza che il difetto di legitimatio ad
processum, ripercuotendosi sulla legittimità del contraddittorio e sulla validità della sua costituzione, oltre a poter essere eccepito dalle parti, deve essere rilevato anche d'ufficio in ogni stato e
grado del giudizio, ivi compreso quello di cassazione.
L'accertamento della legitimatio ad processum del ricorrente si
pone, poi, come logicamente preliminare rispetto all'accertamento
della costituzione del rapporto processuale, essendo evidente come
la negazione di tale legittimazione rende ultroneo ogni altro
accertamento su un rapporto che non può mai sorgere. Punto di partenza della indagine è la 1. 23 dicembre 1978 n.
833 che, come è stato esattamente rilevato in dottrina e già affermato da questa corte (Cass. 23 marzo 1985, n. 2087, Foro it.,
1985, I, 2183, in motivazione), costituisce la legge cornice della
legislazione regionale in argomento ed integra non solo il quadro di riferimento ma anche il sistema di limite e di principi ai quali si devono uniformare gli atti di normazione delle singole regioni.
Fondamentale in proposito è l'art. 66 1. cit., il quale, per la
parte che interessa, dispone che sono trasferiti al patrimonio del
comune, in cui sono collocati, con vincolo di destinazione alle
U.s.l., i beni mobili ed immobili e le attrezzature degli enti ospe dalieri.
La stessa norma cosi prosegue: «I rapporti giuridici relativi
alle attività di assistenza sanitaria attribuite alle U.s.l. sono tra
sferiti ai comuni competenti per territorio.
« È affidata alle U.s.l. la gestione dei beni mobili ed im
mobili e delle attrezzature destinate ai servizi igienico-sanitarie dei comuni e dell'esercizio di tutte le funzioni dei comuni e loro
consorzi in materia, igienico-sanitaria. « Le regioni adottano gli atti legislativi ed amministrativi
necessari per realizzare i trasferimenti di cui ai precedenti commi
e per regolare i rapporti patrimoniali attivi e passivi degli enti ed
istituti di cui alle lett. a) e b) del 1° comma.
« Ai trasferimenti di cui al presente articolo si provvede con le
modalità e nei termini previsti dall'art. 61.
« Con le stesse modalità ed entro gli stessi termini gli enti ed
istituti di cui alle lett. a) e b) del 1° comma perdono, ove
l'abbiano, la personalità giuridica ».
L'art. 61 prevede, poi, che le regioni, con provvedimen to da adottare entro il 31 dicembre 1979, costituiscono le
U.s.l., e con lo stesso provvedimento adottano disposizioni per il
graduale trasferimento ai comuni, perché siano attribuiti alle
U.s.l. delle funzioni, dei beni e delle attrezzature di cui sono
attualmente titolari gli enti o gli uffici di cui, a norma della
legge stessa, vengano a cessare i compiti nelle materie proprie del servizio sanitario nazionale.
Nell'ambito di questi principi, nella regione Sicilia per il titolo
VII 1. reg. 12 agosto 1980 n. 87, entro sessanta giorni dall'entrata
in vigore della legge (26 agosto-25 ottobre), il presidente della
regione, previa deliberazione della giunta regionale, con suo
decreto avente carattere definitivo, costituiva le U.s.l. (art. 38, 1°
comma), ai sensi e per gli effetti degli art. 61 e 66 1. n. 833/78 e, con lo stesso provvedimento, adottava le disposizioni relative al
trasferimento ai comuni, in modo graduale, ove necessario, dei
beni mobili ed immobili e delle attrezzature di enti ed istituti di
cui all'art. 66, 1° comma, lett. a) e b), della predetta 1. n. 833/78
(art. 38, 2° comma), con vincolo di destinazione d'uso alla
competente U.s.l. previa ricognizione straordinaria (art. 39, 1" e 4°
comma), mentre venivano trasferiti ai comuni competenti per ter
ritorio i rapporti giuridici relativi alle attività di assistenza sani
taria attribuite alle U.s.l. (art. 39, 5° comma).
Con la successiva 1. reg. 18 aprile 1981 n. 69 si è stabili
to che « alle U.s.l. non devono essere imputate situazioni
attive o passive, provenienti dalle funzioni di assistenza sanitaria
trasferite, anteriori alla data dell'effettivo trasferimento » (art. 78,
1° comma), alla cui gestione procedono le unità medesime me
diante apposita contabilità stralcio, che sboccano nel conto cor
rente aperto presso la tesoreria regionale per essere destinate, nell'ambito regionale, alla copertura dei disavanzi accertati in
altre gestioni stralcio relative agli stessi enti (art. 78, 2° e 3°
comma).
Il Foro Italiano — 1986.
In attuazione poi del principio secondo cui a seguito della
istituzione delle U.s.l. gli enti e gli istituti di cui alle
lett. a) e b) del 1° comma dell'art. 66 1. n. 833/78 perdono la
personalità giuridica, la 1. reg. 6 gennaio 1981 n. 6, nel disciplina re l'ordinamento interno dei servizi sanitari, prevede espressamen te che gli stabilimenti ospedalieri sono strutture dell'U.s.l.
che provvedono, in regime di ricovero, di ospedale diurno
o ambulatorio, alla diagnosi, alla cura ed alla riabilitazio
ne degli infermi e partecipano alla tutela della salute in coordi
namento con le attività degli altri presidi e servizi dell'U.s.l. (art.
7, 1° comma). In base al prospettato quadro normativo, appare evidente
come, successivamente alla costituzione, nella regione Sicilia,
delle U.s.l., avvenuta a seguito delle richiamate leggi regio
nali, l'ente ospedaliero « Regina Margherita e ospedale ci
vile » ha perduto la personalità giuridica e come questa perdita, avvenuta antecedentemente alla proposizione del ricorso per cas
sazione, rende inammissibile tale ricorso, siccome proposto da
una struttura dell'U.s.l. priva di capacità giuridica nei rappor ti di diritto sostanziale e quindi non avente la capacità di
essere soggetto di diritto nel rapporto processuale (Cass. 16 otto
bre 1957, n. 3890, id., 1958, I, 567). Tali conclusioni, sufficienti da sole alla declaratoria di inammis
sibilità del ricorso, rendono ultronea ogni ulteriore indagine rivolta ad accertare il soggetto fornito di capacità processuale
legittimato alla proposizione del ricorso per cassazione. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 9 dicembre
1985, n. 6220; Pres. Scanzano, Est. Vercellone, P. M. Di Renzo
(conci, conf.); Registro aeronautico italiano (Avv. dello Stato
Bruno) c. Soc. Aerolinee Itavia (Avv. Ercole, Lavaggi). Con
ferma A pp. Roma 12 novembre 1982. <
Aeromobile — Registro aeronautico italiano — Visite e ispezioni di aeromobili — Spese a carico dell'esercente — Limiti (Cod.
nav., art. 768; 1. 6 agosto 1981 n. 469, integrazione dell'art. 768
c. nav., art. un.; d.p.r. 2 marzo 1971 n. 285, approvazione del
nuovo statuto del registro aeronautico italiano, art. 20; r.d. 1.
24 novembre 1938 n. 1912, istituzione del registro aeronautico
italiano, art. 2; r.d. 11 gennaio 1925 n. 356, regolamento per la
navigazione aerea, art. 148).
Per le visite periodiche e straordinarie e per le ispezioni degli aeromobili eseguite dal registro aeronautico italiano prima del
l'entrata in vigore della l. 6 aprile 1981 n. 469, l'esercente è
tenuto a corrispondere le spese vive e non anche i diritti. (1)
Svolgimento del processo. — Il 21 dicembre 1973 la s.p.a. Aerolinee Itavia convenne il Registro aeronautico italiano dinanzi
al Tribunale di Roma. Premesso che, come concessionaria di
servizi di trasporti aerei di linea, era soggetta a visite ed
ispezioni disposte ed eseguite dal registro (RAI) per l'accertamen
to della idoneità all'impiego degli aeromobili, chiedeva la restitu
zione delle somme pagate al RAI a titolo di « diritti ». Assumeva che il pagamento di tali diritti non aveva alcun fondamento
legislativo in quanto l'art. 768 c. nav. si limitava a porre a carico dell'esercente la mera « spesa » delle visite periodiche e straordi narie e delle ispezioni. La pretesa della RAI si fondava dunque soltanto sull'art. 20, n. 3, d.p.r. 2 marzo 1971 il quale stabiliva che al RAI erano dovuti diritti « per le prestazioni di propria
(1) La Cassazione interpreta il 3° comma dell'art. 768 c. nav., coordinandone la portata con testi normativi anteriori, coevi e succes sivi al codice, sottolineando il carattere innovativo della disposizione aggiunta, dall'art, unico 1. n. 469/81, nel menzionato art. 768. Nella relazione al codice della navigazione (n. 488) il ministro guardasigilli afferma, a proposito della norma de qua, di aver distinto « le visite e le ispezioni, rivolte a controllare l'idoneità dell'aeromobile alla naviga zione e all'impiego dopo il rilascio del certificato di navigabilità, seguendo la terminologia adottata dal regolamento per il servizio aeronautico del registro italiano, in periodiche, le quali avvengono in determinati periodi di tempo, e corrispondono alle visite ordinarie, previste per le navi, e straordinarie. Disporre ispezioni o visite straordinarie è in massima rimesso all'apprezzamento discrezionale del
registro aeronautico italiano; costituisce, invece, un obbligo del detto
registro, quando ne sia richiesto dall'autorità aeronautica locale o da
quella consolare. Anche in quest'ultimo caso la spesa delle visite e delle ispezioni è posta a carico dell'esercente » (sulle cui funzioni e connotazioni si può consultare Grigoli, in Giusi, civ., 1977, IV, 23).
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PARTE PRIMA
competenza » il cui ammontare doveva essere determinato in un
regolamento delle tariffe da approvarsi con decreto del ministero
dei trasporti e dell'aviazione civile di concerto con il ministero del
tesoro.
Tale pretesa del RAI non trovava pertanto la sua fonte su di
una legge, come previsto dall'art. 23 Cost., bensì su di un atto
amministrativo, quale era il decreto presidenziale del 1971, sem
plice regolamento e quindi atto amministrativo.
La domanda veniva accolta con sentenza non definitiva in
ordine all 'an dal tribunale e, su appello del RAI, la decisione è
stata confermata dalla Corte d'appello di Roma.
La sentenza, ora impugnata dinanzi a questa Suprema corte, si
svolge secondo queste linee: a) Il concetto di « spesa » cui fa
riferimento l'art. 768 c. nav. non può essere dilatato fino a
comprendervi anche i c.d. diritti, b) I diritti — e l'obbligo di
pagarli a seguito di controlli ed ispezioni — sono previsti da un
semplice regolamento il quale, invece, non può prevedere imposi zioni se non violando l'art. 23 "Cost.
Alla corte si è posto anche il problema relativo alla incidenza, sul caso di specie, della sopravvenuta 1. 6 agosto 1981 n. 469, la
quale ha aggiunto all'art. 768 c. nav. un ulteriore comma cosi
formulato: nella spesa posta a carico dell'esercente dal comma
che precede si intendono compresi i diritti che saranno stabiliti
con apposito regolamento approvato dal ministero dei trasporti di
concerto con quello del tesoro.
La corte romana ha ritenuto che la legge del 1981 ha natura
innovativa. I giudici di merito hanno anzi visto confermato, dal
fatto stesso della sua emanazione, la necessità di una legge che
legittimasse la percezione dei diritti da parte del RAI. Hanno
concluso che la base idonea per la legittima percezione dei diritti
starà ora, ma per l'avvenire, sul regolamento che dovrà essere
emanato in applicazione di una norma legislativa quale appunto il comma aggiunto all'art. 768 c. nav.
Contro la sentenza ricorre il RAI con unico motivo; resiste con
controricorso l'Itavia,
Motivi della decisione. — Nell'unico motivo del ricorso il RAI
lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 768, 1° e 3°
comma, c. nav. nonché dell'art, unico della 1. 6 agosto 1981 n.
469 ed omessa ed insufficiente motivazione.
Si afferma, da parte del ricorrente, che è erroneamente restrit
tiva la nozione di « spesa » ex art. 768 c. nav. accolta dalla corte
di merito. Tale nozione comprenderebbe già in sé anche i diritti
si che l'obbligo di pagarli già discenderebbe dalla legge. Il
regolamento del 1971 si sarebbe limitato ad indicare come fissar
ne il quantum, in attuazione del 1° comma dell'art. 768 stesso.
Quanto alla 1. 7 agosto 1981 n. 469, essa avrebbe natura
interpretativa, come risulta dalla formulazione stessa e dai lavori
preparatori. Va esaminata in precedenza la prima questione, che investe la
decisione a prescindere dalla sopravvenienza della legge del 1981.
Va premesso che oggetto della decisione impugnata, e dunque dell'esame deferito a questa corte, è stabilire che cosa deve
rientrare nel concetto di « spesa » ex art. 768, se cioè, il costo nel
senso più ristretto dell'esborso materiale per ogni operazione o
nel senso più largo comprensivo anche del costo d'impresa
(organizzazione, preparazione-formazione del personale, loro sti
pendio) e in specie se nel concetto di « spesa » ex art. 768
rientrano o no i « diritti » stabiliti dal regolamento, regolamento a
sua volta approvato in conformità all'art. 20 dell'altro regolamen
to, quello che contiene lo statuto del RAI.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente RAI il di
sposto del 1° comma dell'art. 768 non è indizio a favole della
sua tesi. Il 1° comma dice testualmente: « il RAI provvede, nei
casi e con le modalità stabilite dal regolamento, a ispezioni e
visite periodiche per l'accertamento delle condizioni di navigabili tà ed impiego ». Ora il « regolamento » cui fa richiamo l'art, di
legge non può essere il regolamento del RAI. Questo, infatti, nulla dispone circa le modalità ed i casi in cui si possono o
devono fare ispezioni e visite periodiche. Tutto ciò, invece, è
stabilito, come è logico, nel regolamento della navigazione aerea
come modificato dagli emendamenti successivi. Sicché il rinvio
non può comprendere in specie l'art. 20 dello statuto del RAI
approvato con d.p.r. 2 marzo 1971, statuto che, tra l'altro, non
esisteva nella forma attuale, quando entrò in vigore il codice della navigazione e in specie l'art. 768 c. nav.
Codesto rinvio, dunque, è in riferimento al regolamento del
codice della navigazione, il quale, invece, all'art. 148 dice espres samente che « tutti i controlli e le verifiche, ed il materiale
rilascio del certificato di navigabilità, sono a carico del Registro italiano navale ed aeronautico ». L'indizio che si può dedurre dal
Il Foro Italiano — 1986.
teto del 1° comma dell'art. 768 c. nav. è dunque nel senso contrario
a quello preteso dal RAI: i controlli e le verifiche sono «a carico » del RAI, dove l'espressione « a carico » pare piuttosto indicare un addossamento al RAI non solo delle operazioni ma
anche del costo d'impresa delle stesse.
Di nessun rilievo sono poi i richiami fatti dalla difesa RAI alla 1. 2 giugno 1939 che ha istituito il Registro aeronautico italiano.
L'art. 2 di tale legge si limita a dire che il RAI « provvede alle
sue finalità con i proventi patrimoniali, con le operazioni di sua
competenza», aggiungendo però «con contributi dello Stato».
Da questo disposto normativo, dunque, non si può trarre il corollario secondo cui il RAI per sopravvivere deve (e dunque il
legislatore avrebbe disposto in tal senso) farsi pagare il costo
d'impresa, con tariffe da lui predisposte, dalle imprese di naviga zione aerea; ma semmai quello secondo cui è lo Stato che con i suoi contributi deve mettere il RAI in condizioni di poter svolgere le sue funzioni, adempiere ai suoi fini, tra cui rientrano anche e forse soprattutto il complesso delle operazioni, volte non certo nell'interesse delle imprese, ma della sicurezza collettiva, ad
assicurare che ogni aeromobile sia in perfette condizioni di naviga bilità.
In senso decisamente favorevole alla tesi dell'Itavia è invece il
disposto dell'art. 20 dello statuto stesso del RAI.
In questo stesso articolo, nel quale si parla per la prima volta di regolamento delle tariffe che determina l'ammontare dei diritti dovuti al RAI per le prestazioni di propria competenza, « si
stabilisce che il regolamento stesso dovrà anche determinare le modalità relative alla fatturazione ed alla riscossione dei diritti stessi e delle spese ».
È dunque l'art. 20 che stabilisce una netta distinzione tra diritti e spese, chiaramente indicate come due voci diverse.
E poiché il termine « spesa » è quello contenuto nell'art. 768, pare logico derivarne il corollario per cui, anche nell'art. 20 essendosi usato il termine « spesa », quest'ultima espressione va intesa come non comprensiva dei « diritti » che alla spesa sono
contrapposti. Pure favorevole alla tesi dell'Itavia è il ben diverso e preciso
testo dell'art. 5 r.d. 3 ottobre 1929 n. 1843 per cui il R.i.n.a.
poteva riscuotere dagli esercenti i servizi di navigazione interna sia i « diritti determinati dalle tariffe deliberate dal consiglio di amministrazione » sia « le spese da rimborsare ai funzionari incari
cati delle prestazioni ». Anche in questa disposizione, che pure addossa agli esercenti anche il pagamento dei « diritti », viene fatta una chiara distinzione tra questi e la « spesa ». Pare dunque di poterne dedurre che, anche in questa disposizione, il termine « spesa » era inteso nel senso più ristretto di « spesa viva » che non comprende il costo d'impresa.
Già in base a questo complesso confluire di indizi ritiene
questa corte che all'art. 768, 3° comma, c. nav. è previsto l'obbligo dell'esercente di pagare soltanto le spese vive delle visite
periodiche e straordinarie, non dunque di contribuire, col paga mento di un prezzo, stabilito d'ufficio, al mantenimento della
organizzazione del RAI, al pagamento degli stipendi dei suoi funzionari, alla loro formazione permanente, all'acquisto di tutti
gli strumenti aziendali.
Ma tale convinzione è suffragata anche dalla ratio della dispo sizione.
Logico sarebbe imporre agli esercenti un « prezzo » per i
servigi resi dal RAI se le operazioni da esso condotte fossero davvero nell'interesse delle imprese di navigazione aerea.
Ma è fin troppo ovvio che le operazioni stesse non sono tanto a favore dell'impresa quanto a favore del pubblico interesse alla
regolarità e sicurezza della navigazione aerea. L'impresa svolge già per suo conto i suoi controlli e le sue verifiche sulla navigabilità dei suoi aeromobili, come fa qualsiasi impresa nei confronti dei suoi strumenti aziendali (ad esempio una impresa di autotrasporti nei confronti dei suoi autocarri o autobus). Tali controlli l'impre sa fa nel suo stesso interesse per salvaguardare l'integrità dei
propri aeromobili, la sicurezza personale degli equipaggi, nonché
quella dei passeggeri eventuali, al fine, del tutto egoistico, di evitare pesanti responsabilità patrimoniali a seguito di incidenti.
Il RAI fa verifiche ed ispezioni nel pubblico interesse: esercita una pubblica funzione di controllo.
Pare dunque logico che l'espletamento di tale funzione sia
posto a carico del pubblico organismo deputato dallo Stato alla
funzione stessa; logico, quindi, che l'art. 768 c.c. ove adopera il termine « spesa » si sia riferito alla mera spesa viva onde evitare di addossare agli esercenti le imprese di navigazione aerea il
costo supplementare che sarebbe consistito nel pagare un auten
tico « prezzo » corrispondente ad un servizio.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Si aggiunga che le operazioni di controllo e verifica possono essere disposte in ogni tempo, a totale discrezione del RAI. In teoria possono essere ripetute ogni giorno a carico della stessa
compagnia, possono essere fatte anche quando obiettivamente sarebbero inutili.
Sarebbe stato davvero sorprendente che il codice della naviga zione avesse previsto l'obbligo degli esercenti di pagare non già la sola spesa ma anche il costo d'impresa di operazioni non
richieste, non volute, ma disposte a totale arbitrio dello stesso ente che poi dovrebbe essere pagato. Logica dunque l'interpreta zione dell'articolo che limita il sacrificio dell'impresa di trasporto al solo rimborso della spesa viva: a questo modo anche conse
guendosi il fine di contenere nel limite della utilità effettiva le
ispezioni ed i controlli, dovendosi presumere che il RAI non avrebbe inutilmente ecceduto quando non avesse potuto farsi rimborsare altro che la spesa viva.
La risposta alla prima questione è dunque che nel concetto di
spesa di cui al 3° comma dell'art. 768 rientra soltanto il costo materiale della singola operazione non invece il costo d'impresa (stipendi al personale, formazione di esso, dotazione di strumenti
materiali) che solo indirettamente — anche se correttamente da un punto di vista economico-aziendale — può essere ritenuto un fattore del costo della singola operazione: non in specie i diritti
previsti dal regolamento delle tariffe a sua volta previsto dall'art. 20 dello statuto del RAL
Da questa conclusione deriva il logico corollario, d'altronde non contestato nemmeno dalla difesa del RAI, per cui l'introdu zione dell'obbligo di pagare i diritti attraverso il regolamento del RAI (atto amministrativo) concreta una imposizione tributaria
(obbligo di pagare una attività di controllo svolta da parte di un ente pubblico e che il controllato deve subire).
Da questa constatazione segue l'ulteriore corollario della illegitti mità della imposizione, non, fondata su legge.
Come si è visto, nel corso del giudizio di secondo grado è intervenuta la 1. 6 agosto 1981, del seguente testo: «Dopo il 3° comma dell'art. 768 è aggiunto il seguente comma: nella spesa posta a carico dell'esercente dal comma che precede s'intendono
compresi i diritti che saranno stabiliti con apposito regolamento per le tariffe approvato dal ministero dei trasporti di concerto con quello del tesoro
' ».
Sostiene il ricorrente RAI che tale legge deve ritenersi inter
pretativa, contrariamente a quanto affermato dalla corte d'appello. Ma la tesi è inacettabile. Il 4° comma, inserito alla fine dell'art.
768, è infatti formulato in modo da escludere che esso potesse inserirsi, già quando quell'articolo entrò in vigore, come parte integrante dell'articolo stesso.
È infatti pacifico che in allora non esisteva il ministero del tesoro, soppresso nel 1922 e ricostituito nel 1944, né il ministero dei trasporti aveva allora competenza in materia di aviazione civile. D'altronde nel 1942 non esisteva un potere regolamentare RAI in tema di tariffe, potere che è sorto soltanto con l'art. 20 dello statuto (r.d. 2 marzo 1971).
Ora è indiscutibile (e si veda proprio la sent. Cass. 22 ottobre
1981, n. 5533, Foro it., Rep. 1981, voce Legge, n. 65, citata dal ricorrente RAI) che in tanto una legge può essere qualificata come atto di interpretazione autentica di una preesistente norma in quanto essa si integri con la norma che si assume interpretata onde la disciplina da applicarsi ai singoli casi concreti deve essere desunta cumulativamente da questa ultima e dalla norma interpretativa. Da questa constatazione discende l'altrettanto in discutibile corollario che, ove la norma c.d. interpretativa faccia riferimento a realtà normative o organizzative inesistenti quando entrò in vigore la legge c.d. interpretata, riesce assolutamente impossibile logicamente una integrazione tra le due norme pro prio perché sulla seconda è impossibile l'innesto della prima. In altre parole, la norma successiva non è interpretativa ma innova tiva quando tende a far dire alla norma precedente ciò che assolutamente non poteva dire. E, come si è visto, a tacere d'altro nel 1942, non poteva aversi un regolamento approvato da un ministero, quello del tesoro che in quell'epoca non esisteva.
La norma in questione, dunque, come sta ad indicare l'uso corretto del futuro « i diritti che saranno stabiliti », si rivolge al futuro, pone per legge l'obbligo di pagare anche i diritti (quali stabiliti in futuro) soltanto a partire dal 1981.
La legge stessa, dunque, non può avere alcun rilievo nella decisione attuale che riguarda pagamenti avvenuti fino al 1973.
Il ricorso del RAI deve pertanto essere rigettato. (Omissis)
Il Foro Italiano — 1986.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 12 novem bre 1985, n. 5547; Pres. Pennacchia, Est. Buccarelli, P. M. Cantagalli (conci, conf.); Volpicelli (Avv. Tucci, Volpe) c. Soc. Sirti (Avv. Ciabattini, Del Curatolo). Cassa Trib. Bari 17 luglio 1981.
Profughi — Collocamento obbligatorio — Disciplina (DJ. 28
agosto 1970 n. 622, provvidenze a favore dei cittadini italiani
rimpatriati dalla Libia, integrazione delle disposizioni per l'assi stenza ai profughi, nonché disposizioni in materia previdenziale a favore dei cittadini italiani che hanno svolto attività lavorati va in Libia e dei loro familiari, art. 3; 1. 12 dicembre 1973 n.
922, proroga delle provvidenze assistenziali a favore dei profu ghi di guerra e dei rimpatriati ad essi assimilati, art. 1; 1. 18
luglio 1975 n. 356, proroga della 1. 12 dicembre 1973 n. 922, art. 1; 1. 19 maggio 1976 n. 326, proroga della 1. 18 luglio 1975 n. 356, art. 1; 1. 26 dicembre 1981 n. 763, normativa
organica per i profughi, art. 13).
Anche prima dell'entrata in vigore della l. 763 del 1981, che ha
equiparato a tutti gli effetti i profughi e assimilati agli invalidi di guerra, e dopo la scadenza del 31 dicembre 1977 in cui sono cessati gli effetti della l. 130 del 1958 e successive modificazio ni, tali categorie — e non solo i profughi libici, stante l'estensione introdotta dalla l. 922 del 1973 — beneficiano, ai
fini delle assunzioni obbligatorie, dell'ulteriore quota di riserva dell'uno per cento di tutto il personale in servizio, ex art. 4 l. 744 del 1970 e successive modificazioni. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 24 aprile 1985, n. 2704; Pres. Pennacchia, Est. Buccarelli, P. M. Cantagalli {conci, conf.); Lena (Avv. Bussa) c. Soc. Litton Italia (Avv. Ciabattini). Conferma Trib. Roma 24 settembre 1980.
Profughi — Assunzione obbligatoria — Computo del numero —
Periodi semestrali (L. 27 febbraio 1958 n. 130, norme per l'assunzione obbligatoria al lavoro dei profughi dei territori ceduti allo Stato jugoslavo con il trattato di pace e dalla zona B del territorio di Trieste e delle altre categorie di profughi, art. 2, 6; 1. 20 febbraio 1961 n. 80, proroga e modifiche alla 1. 27 febbraio 1958 n. 130, art. 1; 1. 24 giugno 1964 n. 538, ripristino per la durata di un triennio della 1. 27 febbraio 1958 n. 130, art. 1; 1. 9 febbraio 1968 n. 83, proroga per la durata di un triennio della 1. 27 febbraio 1958 n. 130, art. unico; 1. 2
aprile 1968 n. 482, disciplina generale delle assunzioni obbligato rie presso le p.a. e le aziende private, art. 1, 9, 27; d.l. 28 agosto 1970 n. 622, art. 4; 1. 12 dicembre 1973 n. 922, art. 1; 1. 18 luglio 1975 n. 356, art. 1; 1. 19 maggio 1976 n. 326, art. 1).
Il numero dei profughi aventi diritto all'assunzione da parte dei datori di lavoro privati con oltre cinquanta dipendenti va determinato in ragione del dieci per cento delle nuove assunzio ni avvenute nell'ambito di ciascun semestre, e non di quelle effettuate in semestri diversi (nella specie, l'avviamento era avvenuto prima del 31 dicembre 1977). (2)
(1-2) Le due decisioni in epigrafe hanno in comune l'adesione all'indirizzo per il quale le assunzioni obbligatorie dei profughi sono state assoggettate fino a tutto il 1977 alla riserva di aliquota sulle nuove assunzioni ex 1. 130 del 1958 e successive modificazioni, e non a quella generale computata su tutto il personale di cui agli art. 11 e 12 1. 482 del 1968 (conf. Cass. 3 ottobre 1981, n. 5207, Foro it., Rep. 1982, voce Lavoro (collocamento), n. 168, per esteso in Riv. it. dir. lav., 1982, II, 61, con nota adesiva di G. Trioni, Appunti in tema di assunzioni obbligatorie-, Cass. 30 maggio 1977, n. 2213, Foro it., 1977, I, 2207, con nota di richiami, che ha pure dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della diversità di trattamento prospettata in riferimento agli art. 3 e 35 Cost., sul rilievo del carattere episodico ed eccezionale degli eventi che determinano la situazione di profugo; nella giurisprudenza di merito, Pret. Latina 31 luglio 1982, Orient, giur. pontina lav., 1982, 45; Trib. Palermo 14 luglio 1975, Foro it., 1976, I, 477, confermata da Cass. 2213 del 1977, cit., Pret. Torino 13 agosto 1979, id., Rep. 1980, voce cit., n. 71, ha escluso i profughi dal novero dei beneficiari dell'aliquota del 15 % di cui agli art. 11 e 12 1. 482 del 1968.
Sul principio di cui sub 2, cfr., in senso conforme, Trib. Palermo 23 marzo 1979, id., Rep. 1979, voce cit., n. 94. Per Pret. Torino 13 agosto 1979, cit., l'obbligo di riserva, in caso di nuove assunzioni, a favore di profughi è cessato con il 1977. Conf., sul punto, Pret. Milano 7 novembre 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 169, oltre a Cass. 5547 del
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