sezione I civile; sentenza 9 luglio 2003, n. 10779; Pres. Panebianco, Est. W. Celentano, P.M.Russo (concl. conf.); Niro (Avv. Sanino, Morrone, Papa, Lucarelli) c. Pardi Terzano (Avv.Follieri) e altri. Conferma App. Campobasso 25 novembre 2002Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2004), pp. 2199/2200-2205/2206Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199569 .
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PARTE PRIMA 2200
Svolgimento del processo. — Con decreto 8 marzo 2002 il
prefetto di Venezia disponeva l'espulsione dal territorio nazio
nale del cittadino del Marocco Ben Monsour Mohassan ai sensi
dell'art. 13, 2° comma, lett. a), d.leg. 286/98 ed avverso lo stes
so l'espulso proponeva opposizione innanzi al Tribunale di Ve
nezia denunziando l'illegittimità del decreto. L'adito tribunale
con decreto 22 marzo 2002 rigettava il ricorso affermando: — che nessun vizio di nullità del decreto espulsivo era ravvi
sabile nella mancata indicazione del termine per l'abbandono
del territorio nazionale; — che neanche poteva rifluire sulla legittimità del decreto la
presunta sua illeggibilità, dato che l'espulso era stato in grado di
comprenderne il contenuto e di proporre tempestivo ricorso.
Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso il Ben
Monsour in data 4 aprile 2002 con due motivi; il ministro del
l'interno ed il prefetto di Venezia hanno notificato al ricorrente
controricorso in data 13 maggio 2002.
Motivi della decisione. — Giova preliminarmente rilevare che
la nullità della notifica del ricorso — indebitamente eseguita nei
confronti del prefetto presso l'avvocatura generale dello Stato
(senza che il prefetto del patrocinio erariale si fosse avvalso
nella fase del giudizio innanzi al tribunale) — è stata sanata
dalla rituale costituzione del prefetto stesso (avvenuta in una
con la costituzione del ministero che, di contro, alla stregua di
quanto affermato ex multis da Cass. 3354/03, Foro it., Mass.,
1727; 4847/02, id., Rep. 2002, voce Straniero, n. 191; 2036/02,
ibid., n. 200, è da dichiararsi inammissibile). Venendo all'esame dei due motivi sui quali si fonda il ricor
so, ritiene il collegio che nessuno di essi possa essere accolto.
Con il primo motivo il Ben Monsour Mohassan si duole del
fatto che il giudice del merito abbia ritenuto sostanzialmente
superflua l'indicazione del termine di efficacia del decreto
espulsivo, escludendo che la sua omessa precisazione possa ave
re riflessi sulla validità della stessa espulsione. La censura è pri va di alcun fondamento avendo il Tribunale di Venezia — se
pur con proposizione assai sintetica — mostrato di intuire la
mancanza di riflessi invalidanti sull'atto del mancato richiamo
del termine per l'adempimento dell'obbligo di allontanamento
da parte dell'espulso. La previsione di cui all'art. 13, 6° comma,
d.leg. 286/98 (abrogata dall'art. 12 1. 189/02 ma ratione tempo ris applicabile all'espulsione de qua), per la quale l'espulsione contiene l'intimazione a lasciare il territorio nazionale entro
quindici giorni e le prescrizioni per viaggio e presentazione al
l'ufficio di frontiera, comprende, all'evidenza, due norme.
Una norma sull'efficacia legale generale dell'espulsione (per la quale, se l'espulsione è immediatamente eseguita dal questore nei casi di cui al 4° e 5° comma, negli altri casi essa ha termine
di efficacia di giorni quindici ed adempimento spontaneo da
parte dell'espulso). Un'altra norma che impone al prefetto di specificare nello
stesso atto espulsivo il termine di quindici giorni per l'allonta
namento, l'itinerario e le modalità di presentazione alla frontie
ra.
ta. ai sensi dell'art. 4 d.leg. 25 luglio 1998 n. 286, in lingua leggibile —
è circostanza di per sé non sufficiente, ma valutabile nel concorso con altre circostanze di fatto apprezzabili dal giudice di merito, al fine di stabilire se ricorra causa di forza maggiore o una condizione di igno ranza incolpevole dell'esistenza del termine perentorio di otto giorni dalla data d'ingresso in Italia, che l'art. 5 d.leg. cit. prevede per la pre sentazione della richiesta di soggiorno.
Sul contenuto e la forma che devono essere propri del decreto di
espulsione, v. Cass. 3 settembre 2003, n. 12812, in questo fascicolo, I, 2195, con nota di richiami.
Nel senso che, ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art.
14, commi 5 ter e 5 quinquies, d.leg. 286/98, consistente nel fatto dello straniero che. quantunque raggiunto da ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato, vi si trattenga senza giustificato motivo, non è ne cessario che tale ordine espliciti le specifiche ragioni della scelta, allor ché questa risulti determinata dall'impossibilità dell'accoglienza presso il centro di permanenza temporanea più vicino per indisponibilità di
posti, v. Cass. 7 ottobre 2003, Fedi, Ced Cass., rv. 226063. Con riferimento alle ipotesi d'inosservanza, da parte dello straniero,
dell'obbligo di allontanarsi dal territorio dello Stato, v. Corte cost. 13
gennaio 2004, n. 5, Foro it., 2004,1, 1678. II. - In ordine al provvedimento di accompagnamento alla frontiera,
v. Corte cost., ord. 24 aprile 2003, n. 138, id., 2003,1, 2240, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 2004.
Da ciò discende che la mancata specificazione nel testo del
termine e delle modalità di esecuzione non può certo avere ri
flessi sulla durata del termine legale concesso all'espulso: è in
fatti la legge —
per tutti i casi in cui il questore non abbia di
sposto l'immediato accompagnamento dell'espulso alla frontie
ra — a determinarla in giorni quindici. Tale mancanza di precisazioni, invece, avrà soltanto l'evi
dente effetto di impedire l'adozione a carico del contravventore
incolpevole (e cioè dell'espulso che si sia trattenuto oltre il ter
mine fissato per l'intimazione) della misura di accompagna mento coattivo di cui all'art. 13, 4° comma, lett. a), t.u., misura
configurabile le sole volte in cui l'intimazione esista, sia com
pleta nelle precisazioni di cui al 6° comma, sia stata debita
mente resa comprensibile (7° comma) e nondimeno sia rimasta
inadempiuta (ed essendo stata la disciplina delle sanzioni penali dell'indebito trattenimento introdotta solo con l'art. 13 1.
189/02, al caso sottoposto inapplicabile).
Appare dunque aver colto nel segno la decisione impugnata là
dove ha intuito che, in ipotesi di omessa precisazione del termi
ne per l'allontanamento spontaneo dal territorio nazionale, nel
vigore degli art. 13 e 14 d.leg. 286/98, tale omissione lungi dal
viziare l'atto espulsivo potrà avere il solo effetto di rendere non
sanzionabile con l'immediato accompagnamento l'inerzia di
colui che, in assenza di alcuna colpa, si sia trattenuto oltre il
termine di legge (sì da dover essere destinatario di altra, espli cita e completa, intimazione di allontanamento).
Affatto inammissibile è la doglianza contenuta nel secondo
motivo, con la quale ci si duole del fatto che il tribunale non
avrebbe ritenuto invalidante l'asserita incomprensibilità di parte del testo del decreto espulsivo, comunque, a suo avviso, l'oppo sizione essendo andata a buon segno ed in termini.
Ed infatti, reiterare in questa sede la generica affermazione di
difficoltà di comprensione e lettura del testo, senza specificare
quali parti del testo del decreto, e per quali ragioni, non sarebbe
ro state agevolmente decifrabili, è scelta che non adempie al
l'obbligo di proporre in questa sede un ricorso autosufficiente, tale che possa rendere la corte di legittimità immediatamente
edotta — e senza onere di consultare gli atti della causa — della
esistenza di carenze radicali nel modello del decreto espulsivo delineato dal legislatore o, di converso, della configurabilità di
mere difficoltà di lettura di parti accessorie e descrittive, evi
dentemente non vizianti l'atto e sanate dalla tempestiva propo sizione del ricorso (come ha mostrato di ritenere il giudice del
merito).
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 9 luglio 2003, n. 10779; Pres. Panebianco, Est. W. Celentano, P.M.
Russo (conci, conf.); Niro (Avv. Sanino, Morrone, Papa,
Lucarelli) c. Pardi Terzano (Avv. Follieri) e altri. Confer ma App. Campobasso 25 novembre 2002.
Elezioni — Ineleggibilità alla carica di consigliere regionale — Disciplina legislativa statale di dettaglio — Questione manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art.
122; 1. 23 aprile 1981 n. 154, norme in materia di ineleggibi lità ed incompatibilità alle cariche di consigliere regionale,
provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di in
compatibilità degli addetti al servizio sanitario nazionale, art.
2). Elezioni —
Consigliere regionale — Società azionaria con
capitale maggioritario della regione — Amministratore —
Ineleggibilità (L. 23 aprile 1981 n. 154, art. 2). Elezioni —
Consigliere regionale — Società azionaria con
capitale maggioritario della regione — Amministratore —
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Causa di ineleggibilità — Rimozione — Fattispecie (L. 23
aprile 1981 n. 154, art. 2).
E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 2 l. 23 aprile 1981 n. 154, nella parte in cui
detta una disciplina di dettaglio delle ineleggibilità dei consi
glieri regionali, in riferimento all'art. 122 Cost. (1) È ineleggibile alla carica di consigliere regionale il compo
nente del consiglio di amministrazione di una società per azioni il cui capitale sia posseduto in quota maggioritaria dalla regione. (2)
Onde rimuovere la causa di ineleggibilità alla carica di consi
gliere regionale derivante dall'essere componente del consi
glio di amministrazione di una società per azioni il cui capi tale sia posseduto in quota maggioritaria dalla regione, l'u
nico valido mezzo consiste nella tempestiva e formale pre
(1) Sul riparto di competenze legislative tra lo Stato e le regioni di
segnato dall'art. 122, 1° comma, Cost., v. Corte cost. 11 giugno 2003, n. 201, Foro it., 2003, I, 2227, con nota di richiami e osservazioni di
Passaglia, che ha dichiarato incostituzionale l'art. 1, 4° comma, 1. reg. Lombardia 6 marzo 2002 n. 4, nella parte in cui stabiliva che, in fase di
prima attuazione dell'art. 122 Cost, ed in attesa di una disciplina orga nica della materia, la carica di consigliere regionale fosse incompatibile con quelle di presidente e assessore provinciale e di sindaco ed assesso
re comunale, limitatamente ai comuni capoluogo di provincia ed a
quelli con popolazione superiore a centomila abitanti.
Cfr., altresì, Corte cost., ord. 22 luglio 2003, n. 270, G.U., la s.s., 30
luglio 2003, n. 30, che, da un lato, ha dichiarato manifestamente inam
missibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 65 d.leg. 18
agosto 2000 n. 267, sollevata in quanto la disposizione disciplina le si
tuazioni di incompatibilità ed ineleggibilità dei consiglieri regionali, e, dall'altro, manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 4 1. 23 aprile 1981 n. 154, sollevata in quanto la dispo sizione non contempla tra le cause di incompatibilità, per i consiglieri
regionali, la carica di vicesindaco. Nel senso che spetta allo Stato, e per esso ai competenti organi giuris
dizionali, giudicare sulla sussistenza di cause sopravvenute di incom
patibilità con la carica di membro del consiglio regionale sardo e sulla
conseguente decadenza del consigliere, v. Corte cost. 4 febbraio 2003, n. 29, Foro it., 2003, I, 1323, con nota di richiami e osservazioni dì
Romboli. In ordine all'elettorato passivo dei consiglieri regionali, v. anche
Corte cost., ord. 24 giugno 2003, n. 223, ibid., 2208, con nota di ri
chiami, che, rilevando come non fossero omogenee le due situazioni
poste a confronto, ha dichiarato la manifesta infondatezza della que stione di legittimità costituzionale dell'art. 3, 1° comma, n. 4,1. 154/81, nella parte in cui prevede che la lite pendente determini una causa di
incompatibilità per il consigliere regionale e non anche, come origina riamente previsto, per i consiglieri provinciali e comunali.
In generale, sull'ineleggibilità dei consiglieri regionali, v. Cass. 12
dicembre 2002, n. 17810, ibid., 2430, con nota di richiami.
(2) Per l'affermazione secondo cui l'appartenenza al consiglio di
amministrazione di una società per azioni con capitale maggioritario di
un ente territoriale configura la causa di ineleggibilità (alla carica di
consigliere dell'ente stesso) di cui all'art. 2, 1° comma, n. 10,1. 154/81, in quanto l'ivi recepita nozione di «dirigente» non è da intendere nel
senso proprio dell'art. 2095 c.c. come indicativa di una specifica cate
goria di prestatori di lavoro subordinato, bensì come riferimento alla
posizione di quanti concorrano — come coloro che compongono il
suddetto organo collegiale amministrativo — all'elaborazione delle
scelte gestorie e di politica economica della società stessa, v. Cass. 22
febbraio 2000, n. 1992, Foro it.. Rep. 2000, voce Elezioni, n. 35 (con formemente, v. Cass. 27 ottobre 1993, n. 10701, e 24 marzo 1993, n.
3508, id., Rep. 1993, voce cit., nn. 100 e 115). Sulla nozione di società azionaria di cui all'art. 2, 1° comma, n. 10,1.
154/81, v. Cass. 5 settembre 1997. n. 8606, id., Rep. 1997, voce cit., n.
45, secondo cui la causa di ineleggibilità sussiste anche in riferimento
alle società per azioni aventi scopo consortile. V. anche Cass. 4 maggio 1993, n. 5179, id., Rep. 1993, voce cit., n. 99, che ha stabilito che, per accertare se ricorre la condizione di ineleggibilità in discorso, occorre
aver riguardo non alla formale denominazione della società, ma a che
cosa la stessa risulti in concreto, sulla base delle clausole statutarie.
Sull'analoga disciplina dell'ineleggibilità prevista per gli enti locali, v. Cass., sez. un., 25 novembre 2003, n. 17981, id., Mass., 1586, se
condo cui l'appartenenza al consiglio di amministrazione di una società
per azioni con capitale maggioritario di un comune (o di una provincia)
configura la causa di ineleggibilità alla carica di sindaco (o di presi dente della provincia) del medesimo ente locale, ai sensi dell'art. 60, 1°
comma, n. 10, d.leg. 18 agosto 2000 n. 267 (che riproduce il testo già
contemplato — per i consiglieri regionali, provinciali, comunali e cir
coscrizionali — dall'art. 2 1. 154/81).
Il Foro Italiano —• 2004.
sentazione delle dimissioni (nella specie, la Corte di cassa
zione ha ritenuto irrilevante l'astensione di fatto dall'eserci
zio, all'interno del consiglio di amministrazione, delle attività
connesse al mandato di amministratore). (3)
Svolgimento del processo. —
Luigi Pardi Terzano, primo dei
non eletti nella lista denominata Democrazia europea nella tor
nata elettorale dell'11 novembre 2001 per l'elezione del presi dente e dei consiglieri della regione Molise, con due ricorsi pre sentati l'uno prima della deliberazione di convalida adottata dal
consiglio regionale, l'altro successivamente alla deliberazione
stessa, richiese che l'eletto Vincenzo Niro fosse dichiarato ine
leggibile, ai sensi dell'art. 2, nn. 10 e 11,1. n. 154 del 1981, «in
quanto amministratore e componente del comitato esecutivo
della società finanziaria per lo sviluppo del Molise (Finmolise
s.p.a.), il cui capitale azionario era tenuto in maggioranza dalla
stessa regione e che, comunque, si identificava in un ente di
pendente dalla regione», ponendo in rilievo che il Niro medesi
mo non si era dimesso da tali cariche nei termini di legge, ossia
non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature,
bensì soltanto contestualmente alla proclamazione della sua ele
zione.
In contraddittorio del Niro, che contrastava le ragioni addotte
dal Terzano, della regione e del p.m., il Tribunale di Campobas
so, riuniti i giudizi, pronunciava con sentenza del 14 aprile
2002, dichiarando inammissibile il primo ricorso e rigettando il
secondo.
Propose appello il Terzano.
La corte territoriale, respinte, con la sentenza emessa il 25
novembre 2002, sia l'eccezione di inammissibilità dell'appello
per mancato deposito dell'atto di integrazione del contradditto
rio nei confronti del pubblico ministero presso il tribunale, sia
l'altra eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 2 1. n.
154 del 1981 per il denunciato contrasto con l'art. 122 Cost.,
accolse il gravame dichiarando il Niro ineleggibile con riferi
mento al disposto dell'art. 2 cit., tanto per la previsione di ine
leggibilità indicata al n. 10 quanto per quella indicata sotto il n.
11.
Ricorre per cassazione il Niro.
Resiste con controricorso il Terzano.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
L'intimata regione Molise non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione. — 1. - Il primo motivo di ricorso de
nuncia la violazione dell'art. 4 d.l. 4 novembre 2002 n. 245
nonché il difetto di motivazione, l'una e l'altro riferiti alla cir
costanza che, con l'ordinanza emessa all'udienza del 19 no
vembre 2002 la corte d'appello aveva escluso che ricorressero i
(3) La Corte di cassazione conferma l'orientamento già espresso in
precedenti occasioni: cfr. Cass. 6 marzo 2000, n. 2490, Foro it., Rep. 2000, voce Elezioni, n. 36, che, con riferimento all'ineleggibilità alla
carica di consigliere comunale di un componente del consiglio di am
ministrazione di una società partecipata dal comune, ha rilevato come
trovi integrale applicazione l'art. 2385 c.c., con il che l'amministratore di società partecipata dall'ente locale cessa dalla carica, ai fini in paro la, all'atto in cui gli organi a ciò preposti ricevano comunicazione
scritta delle dimissioni; 22 luglio 1997, n. 6854, id., Rep. 1997, voce
cit., n. 47, secondo cui l'intento perseguito dall'art. 2, 2° comma, 1.
154/81 (ai termini del quale «le cause di ineleggibilità previste nei nn.
1, 2, 3. 4, 5, 6, 8, 9, 10 e 11 non hanno effetto se l'interessato cessa
dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell'incarico o del
comando, collocamento in aspettativa non oltre il giorno fissato per la
presentazione delle candidature») è quello di fissare una data ultima per la rimozione delle situazioni di «inquinamento elettorale» nei confronti
dei candidati che versino in condizione d'ineleggibilità. In generale, sulle ipotesi di rimozione delle cause di ineleggibilità
previste per i consiglieri regionali, v. Cass. 15 gennaio 2002, n. 382,
id., 2002, I, 2091, con nota di richiami, che ha stabilito che non è vali
damente rimossa la causa d'ineleggibilità alla carica di consigliere re
gionale per il presidente di un'azienda di promozione turistica allorché
le sue dimissioni non si siano perfezionate, con l'accettazione, entro il
termine fissato per la presentazione delle liste.
Con riguardo al diverso regime applicabile agli assessori (nella spe cie, provinciali), v. Cass. 16 marzo 2002, n. 3902, ibid., 2420, con nota
di richiami, secondo cui agli assessori non si applica la disciplina pre vista per i consiglieri in ordine ai termini per l'utile rimozione delle
cause di ineleggibilità, onde è sufficiente che tale rimozione sia stata
posta in essere antecedentemente all'atto della nomina ad assessore.
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2203 PARTE PRIMA 2204
presupposti per la sospensione delle attività difensive disposta dalla norma suindicata.
Il ricorrente deduce che il termine di"deposito di scritti difen
sivi, in relazione alle udienze del 12 e del 19 novembre 2002
cadeva nel periodo di sospensione indicato dall'art. 4 citato d.l.
n. 245 del 2002. Il motivo è infondato.
Il testo dell'art. 4 d.l. 4 novembre 2002 n. 245, convertito in 1.
n. 286 del 2002, non reca disposizione alcuna dalla quale possa ricavarsi che il legislatore abbia inteso sospendere i giudizi in
corso ovvero differirne la trattazione oltre il termine della so
spensione (fino al marzo 2003, poi ulteriormente prorogata) sic
ché la corte di merito ha correttamente respinto, con l'ordinanza
emessa all'udienza del 19 novembre 2002, la richiesta avanzata
dai difensori del Niro «di volersi avvalere del d.l. 245/02», ap
punto nel senso del differimento dell'udienza, con la motivazio
ne, del tutto coerente con il citato testo normativo, che «nessuna
sospensione delle udienze era prevista dal citato art. 4 e che
l'attività difensiva espletabile in udienza non poteva che rima
nere estranea alla sospensione medesima».
Nessun contrasto con la precedente ordinanza emessa all'u
dienza del 12 novembre 2002 può inficiare la correttezza del
provvedimento in questione, essendo erroneo in diritto e privo di fondamento giuridico, proprio sulla base del richiamato testo
dell'art. 4 cit., il presupposto stesso della decisione di rinviare la
trattazione del gravame nel dubbio che l'assenza del rappresen tante dell'avvocatura distrettuale dello Stato fosse interpretabile come esercizio della facoltà di avvalersi della sospensione del
termine per lo svolgimento dell'attività difensiva.
Quanto all'assunto che il termine per il deposito di memorie
difensive, in relazione alle udienze del 12 e del 19 novembre
2002, cadeva nel periodo di sospensione legale, s'impongono due rilievi: la norma dell'art. 82 d.p.r. n. 570 del 1960 non pre vede lo svolgimento di siffatta attività difensiva sicché, non ri
sultando stabilito alcun termine processuale in funzione del de
posito di memorie nel tempo precedente lo svolgimento dell'u
dienza di trattazione del ricorso, non può essere invocato l'art. 4
d.l. 245/02 nel disposto relativo ai termini processuali; lo svol
gimento di attività difensiva considerato nel 4° cpv. dello stesso
art. 4 riguarda manifestamente, come indicano le attività di rife
rimento (notificazione di processi verbali, pagamento in misura
ridotta, attività difensive e di presentazione di ricorsi ammini
strativi e giurisdizionali), i procedimenti, appunto amministrati
vi e giurisdizionali, in materia di sanzioni amministrative.
2. - Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applica zione degli art. 82 d.p.r. n. 570 del 1960 e degli art. 331 e 371
bis c.p.c. esponendo la tesi che, ad onta della verificata tempe stività dell'integrazione del contraddittorio nei confronti del
procuratore della repubblica di Campobasso disposta dalla corte
con l'ordinanza resa all'udienza del 24 settembre 2002 ed ese
guita dall'appellante nei termini fissati dalla stessa ordinanza, detto atto di integrazione non era stato depositato in cancelleria
nel termine di dieci giorni prima dell'udienza, da ritenersi ap
plicabile, sicché la corte avrebbe dovuto dichiarare inammissi
bile l'appello. La censura è infondata.
E esclusa l'applicabilità dell'art. 371 bis c.p.c. perché detta
norma riguarda il solo giudizio dinanzi alla Corte di cassazione.
L'art. 82 d.p.r. n. 570 del 1960 non contiene nessuna disposi zione in tema di integrazione del contraddittorio ed attività rela
tive, onde non può ricavarsene una disciplina nel senso voluto
dal ricorrente.
Norma applicabile è quella generale in tema di impugnazioni, dettata dall'art. 331 c.p.c., nella quale, senza nessuna previsione di deposito dell'atto entro un termine la cui inosservanza com
porti una decadenza, l'inammissibilità dell'impugnazione è
comminata per il caso che non si sia provveduto all'integrazione del contraddittorio nel termine fissato dal giudice.
Nel caso di specie, la corte di merito ha verificato, «in limine
all'udienza del 12 novembre 2002», e dunque nel contradditto
rio delle parti, e attraverso l'esame dell'atto di integrazione del
contraddittorio «versato in atti», la tempestività della notifica
zione dell'atto stesso, ed ha correttamente ritenuto eseguita l'ordinanza che l'integrazione aveva disposto.
Del resto, nella giurisprudenza di questa corte è affermato (v., ex multis, la sentenza n. 2456 del 1981, Foro it., Rep. 1981, vo
II Foro Italiano — 2004.
ce Impugnazioni civili, n. 115, e n. 2069 del 1979, id., Rep.
1979, voce cit., n. 104) che «in mancanza di una norma la quale
prescriva il deposito in un termine perentorio dell'atto di inte
grazione del contraddittorio deve ritenersi sufficiente che il de
posito stesso avvenga prima della discussione della causa da
vanti al collegio, per consentire al giudice dell'impugnazione di
controllare la ritualità e la tempestività della notifica».
3. - Superate così le questioni che il ricorrente ha proposto
relativamente al processo, dev'essere presa in esame, come que stione pregiudiziale rispetto al merito, la tesi della illegittimità costituzionale dell'art. 2 1. n. 154 del 1981 con riferimento al
l'art. 122 Cost, nel testo novellato con la 1. cost. n. 1 del 1999:
«Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con la legge della regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con
legge della repubblica, che stabilisce anche la durata degli orga ni elettivi».
La tesi della illegittimità costituzionale della disciplina della
ineleggibilità dettata di cui all'art. 2 1. n. 154 del 1981 è svolta
sulla base dell'argomento che detta norma «nel dettare i casi di
incompatibilità alla carica di consigliere regionale, contiene
evidentemente delle disposizioni di dettaglio che violano la
nuova competenza primaria ed esclusiva attribuita alle regioni dall'art. 122 Cost.»: dunque, l'illegittimità della norma suindi
cata si configurerebbe per il solo fatto del mutamento del dispo sto costituzionale (l'art. 122) nel senso dell'attribuzione in via
esclusiva e primaria alle regioni della potestà di legiferare rela
tivamente ai sistemi di elezione degli organi della regione e dei
casi di ineleggibilità e incompatibilità. La tesi non ha fondamento, come già la corte di merito ha ben
ritenuto sulla base del rilievo — confortato da non poche pro nunce della Corte costituzionale (v. le sentenze n. 510 del 2002
e n. 376 del 2002, id., 2003, I, 2563) — che «la permanenza in
vigore della normativa di dettaglio dello Stato nella materia
elettorale riservata alla potestà legislativa delle regioni, pur
sempre sottoposta, per espresso disposto dell'art. 122 Cost., al
limite di coerenza con i principi fondamentali stabiliti con legge della repubblica, è dovuta non già ad un'arbitraria invasione di
campo dello Stato in danno della regione, ma al fatto che la re
gione» (da intendere la regione Molise) «non ha legiferato in
materia elettorale di sua competenza, sicché, non tollerando
l'ordinamento giuridico vuoti legislativi, la normativa statale,
quantunque di dettaglio, resta applicabile e, avendo essa natura
suppletiva, sarà caducata» (soltanto) «dal sopravvenire di quella
regionale». 4. -1 motivi concernenti il merito.
4.1. - Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applica zione dell'art. 2, n. 10,1. n. 154 del 1981.
Il ricorrente deduce che detta norma debba ritenersi inappli cabile ai componenti dei consigli di amministrazione di una so
cietà azionaria al cui capitale sociale partecipi la regione e, con
seguentemente che non sussista la causa di ineleggibilità denun
ciata dal Terzano e rilevata dalla corte d'appello. Il motivo è infondato.
E preliminare la precisazione, rispetto alla tesi della «incom
patibilità» svolta dal difensore del ricorrente nella discussione
del ricorso, che quella prevista dall'art. 2, n. 10, I. n. 154 del
1981 per «i legali rappresentanti ed i dirigenti delle società per azioni con capitale maggioritario rispettivamente della regione, della provincia e del comune» è causa di ineleggibilità alla cari
ca di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscri
zionale.
La decisione della corte di merito, nel senso della sussistenza
in capo al Niro e con riferimento alla sua qualità di componente il consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo della
Finmolise s.p.a. (società azionaria il cui capitale era posseduto in quota maggioritaria dalla regione Molise), è giuridicamente corretta e conforme ai principi già affermati da questa corte (v. le sentenze n. 1992 del 2000, id., Rep. 2000, voce Elezioni, n.
35; n. 8606 del 1997, id., Rep. 1997, voce cit., n. 45, e n. 10701
del 1993, id., Rep. 1993, voce cit., n. 100, puntualmente richia
mate dalla corte di merito, nel senso che «l'appartenenza al con
siglio di amministrazione di una società per azioni con capitale
maggioritario di un ente locale configura la causa di ineleggibi lità di cui all'art. 2, n. 10, 1. n. 154 del 1981 in quanto l'ivi re
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
cepita nozione di 'dirigente' non è da intendere nel senso pro
prio dell'art. 2095 c.c. come indicativa di una specifica catego ria di prestatori di lavoro subordinato bensì come riferimento
alla posizione di quanti concorrano — come coloro che com
pongono il suddetto organo collegiale di amministrazione —
alla elaborazione della scelte gestorie e di politica economica
della società stessa»), 4.2. - Nell'ordine logico-giuridico, dev'essere ora disaminato
il quinto motivo di ricorso con il quale è denunciata la violazio
ne e falsa applicazione dell'art. 2 1. n. 154 del 1981 in relazione
alla dedotta circostanza che esso ricorrente ebbe a presentare, in
data 10 ottobre 2001, quindi in epoca precedente la presentazio ne delle candidature, fissata per il giorno 13 ottobre successivo, una richiesta di collocamento in aspettativa con decorrenza 11
ottobre 2001 «per motivi politici, ai sensi e per gli effetti della 1.
154/81 in quanto egli intendeva presentare la propria candidatu
ra alle prossime elezioni amministrative».
La censura è svolta nel senso che «erroneamente la corte di
merito ha contestato che con la richiesta di aspettativa esso Niro
non avesse espresso la volontà di abdicare all'incarico» doven
do invece intendersi, secondo l'assunto, che «lo strumento del
l'aspettativa —
per essere uno di quelli indicati dalla disposi zione di legge e per essere concedibile anche in deroga ai vari
ordinamenti — aveva idoneità astratta ed efficacia immediata a
rimuovere il pericolo di inquinamento della contesa elettorale».
Segue nell'esposizione della tesi, l'affermazione che «il pre cetto ha valore non per quello che è, ma per quello che appare ai
consociati», affermazione la cui infondatezza di principio risulta
immediatamente evidente al solo rilievo della sua capacità di
mettere in crisi l'intero ordinamento giuridico, se le disposizioni di legge dovessero intendersi vincolanti in quel senso e in quel
significato che appare ai consociati.
Il motivo è privo di fondamento giuridico. La circostanza che nel testo del 2° comma dell'art. 2 cit. nella
indicazione delle diverse ipotesi di cessazione delle funzioni
idonee a rimuovere le cause di ineleggibilità previste dai nn. da
I a 11 del 1° comma, risultino accomunati istituti e situazioni
giuridiche diverse, quali le dimissioni, il trasferimento, la revo
ca dall'incarico o dal comando, il collocamento in aspettativa, è
del tutto irrilevante atteso che proprio per essere unica la dispo sizione della legge per tutte quelle cause di ineleggibilità speci ficamente indicate, ciascuna ipotesi di eliminazione degli effetti
della causa di ineleggibilità dev'essere necessariamente corre
lata alla specificità della causa di ineleggibilità alla quale essa
possa effettivamente riferirsi in vista ed in funzione dell'effetto
voluto dalla legge: la rimozione tempestiva della situazione di
turbativa o inquinamento elettorale nei confronti dei candidati
all'elezione. E dunque i singoli istituti e le varie situazioni giu ridiche indicate dalla norma non possono ritenersi equipollenti l'una all'altra, nel senso che indifferentemente l'uno o l'altra
sia idonea a rimuovere la causa di ineleggibilità che in concreto
e per uno specifico caso possa configurarsi. Altro rilievo è che non alla manifestazione di volontà di «ab
dicare all'incarico» da parte del soggetto che voglia presentare la candidatura alle elezioni la norma dell'art. 2 cit. attribuisce
rilevanza bensì all'effettiva rimozione della causa di ineleggibi lità.
Ora, la corte di merito ha ritenuto che à) la richiesta di aspet tativa per motivi elettorali non possa ritenersi equipollente, in
relazione alla causa di ineleggibilità di cui al n. 10 dell'art. 2, alla comunicazione delle dimissioni, esprimendo essa non la
volontà del richiedente di abdicare all'incarico quanto, piutto sto, quella di mantenerlo; b) che detta richiesta di aspettativa non soltanto non sia prevista per gli amministratori delle società
per azioni ma si riveli pure incompatibile con la disciplina codi
cistica che impone la sostituzione (art. 2386 c.c.) degli ammini
stratori che vengano a mancare o cessino dalle funzioni, onde se
si ammettesse l'aspettativa, l'amministratore non sarebbe so
stituibile.
Al di là delle pur corrette argomentazioni del giudice di me
rito, è sufficiente rilevare la correttezza del giudizio circa la non
equiparabilità, con riferimento alle funzioni svolte dal Niro di
amministratore della Finmolise s.p.a., delle dimissioni alla ri
chiesta di aspettativa — che è condizione tipica del dipendente
pubblico e che va dunque riferita alle diverse ipotesi di ineleg
gibilità che la norma dell'art. 2 cit. considera appunto in rela
zione ad esso.
II Foro Italiano — 2004.
Unico mezzo, dunque, attraverso il quale il Niro avrebbe po tuto rimuovere la causa di ineleggibilità in cui egli versava in
conseguenza della sua qualità di componente il consiglio di
amministrazione della società Finmolise era la tempestiva —
nel termine indicato dalla legge — e formale presentazione delle
dimissioni, a nulla rilevando, peraltro, l'astensione di fatto dal
l'esercizio, all'interno del consiglio di amministrazione, delle
attività connesse al mandato di amministratore.
La corte di merito si è attenuta, anche per il riferimento al
momento di operatività delle dimissioni, alle pronunce di questa corte n. 2490 del 2000 (id., Rep. 2000, voce cit., n. 36) e n.
6854 del 1997 (id., Rep. 1997, voce cit., n. 47) nelle quali è espresso il principio della integrale applicazione dell'art. 2385
c.c. (l'amministratore di società partecipata dall'ente locale — o
dalla regione — cessa dalla carica, ai fini della rimozione della
causa di ineleggibilità connessa a tale sua carica, al momento in
cui gli organi indicati nel 1° comma ricevano comunicazione
scritta delle dimissioni «se rimane in carica la maggioranza del
consiglio di amministrazione o, in caso contrario, la maggioran za del consiglio si è ricostituita in seguito all'accettazione dei
nuovi amministratori»). E da tali pronunce non v'è ragione di
discostarsi per il caso di specie. 4.3. - Altra censura è svolta nel quarto motivo di ricorso con
riferimento alla causa di ineleggibilità prevista dal n. 11 dell'art.
2 cit. Ma tale motivo rimane assorbito.
Deve, infatti, ritenersi che non sia configurabile nessun ap
prezzabile interesse giuridico del ricorrente, alla verifica della
sussistenza della specifica ed ulteriore causa di ineleggibilità di
cui al n. 11 dell'art. 2 cit. una volta che l'ineleggibilità alla cari
ca di consigliere regionale sia stata, decisivamente, ritenuta se
condo la previsione del n. 10 dello stesso art. 2 cit. Nulla può
aggiungere, infatti, alla ineleggibilità ex n. 10 l'ineleggibilità ex n. 11 essendosi già compiutamente prodotto, con il rilievo e la
declaratoria della prima (n. 10 dell'art. 2) causa di ineleggibili tà, l'effetto voluto dalla legge ed esaustivamente raggiunta la fi
nalità che la legge stessa persegue. Il ricorso va dunque rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 26 giugno 2003, n. 10160; Pres. Grieco, Est. Vittoria, P.M.
Maccarone (conci, diff.); Soc. Edistra e altra (Avv. Perno) c.
Soc. Autostrade - Concessioni e costruzioni autostrade (Avv.
Sanino). Cassa senza rinvio App. Roma 2 maggio 2001.
Opere pubbliche — Appalto — Risarcimento danni — Giu
risdizione amministrativa — Esclusione — Fattispecie
(Cod. civ., art. 1218, 1337, 2043; cod. proc. civ., art. 5, 386;
d.leg. 31 marzo 1998 n. 80, nuove disposizioni in materia di
organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni
pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di
giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell'art.
11, 4° comma, 1. 15 marzo 1997 n. 59, art. 33; 1. 21 luglio 2000 n. 205, disposizioni in materia di giustizia amministrati
va, art. 6). Giurisdizione civile — Responsabilità precontrattuale della
pubblica amministrazione — Giurisdizione ordinaria
(Cod. civ., art. 1337, 2043).
Ai sensi dell'art. 5 c.p.c., la questione relativa al riparto di giu risdizione in ordine a domande di risarcimento a titolo di re
sponsabilità contrattuale e precontrattuale della pubblica
amministrazione, in materia di appalto di lavori pubblici, de
ve essere risolta con riguardo alla legge vigente e allo stato
di fatto esistente al momento della domanda, con irrilevanza
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