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sezione I civile; sentenza 9 maggio 2002, n. 6629; Pres. Losavio, Est. Panebianco, P.M. Raimondi...

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sezione I civile; sentenza 9 maggio 2002, n. 6629; Pres. Losavio, Est. Panebianco, P.M. Raimondi (concl. diff.); Hussen Gassim e altri (Avv. Capece, Monti) c. Proc. gen. App. Torino e altri. Conferma App. Torino 27 aprile 2000 Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 11 (NOVEMBRE 2003), pp. 3145/3146-3149/3150 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197891 . Accessed: 28/06/2014 17:02 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 17:02:53 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 9 maggio 2002, n. 6629; Pres. Losavio, Est. Panebianco, P.M. Raimondi(concl. diff.); Hussen Gassim e altri (Avv. Capece, Monti) c. Proc. gen. App. Torino e altri.Conferma App. Torino 27 aprile 2000Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 11 (NOVEMBRE 2003), pp. 3145/3146-3149/3150Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197891 .

Accessed: 28/06/2014 17:02

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

di assicurare un controllo immediato avverso un provvedimento idoneo ad arrecare un irrimediabile pregiudizio alla parte che lo

subisce e che ne contesta la fondatezza, e, per tale ragione, inte

gra un'eccezionale deroga al principio della non impugnabilità dei provvedimenti del giudice aventi carattere ordinatorio (come tali, dunque, modificabili e rivedibili) (Cass. 16 aprile 1997, n. 3261, Foro it., Rep. 1998, voce Competenza civile, n. 250, e 3

febbraio 1997, n. 1010, id., 1997, I, 1106). In ragione di questa premessa, la corte ha ristretto l'esperimento del mezzo del re

golamento alla sola impugnazione dei provvedimenti che abbia

no dichiarato la sospensione del processo e non di quelli che la

sospensione abbiano negato, rigettando l'istanza in tal senso

proposta (alle precedenti, adde Cass. 8 novembre 1995, n.

11596, id., 1996, I, 3766), o che abbiano pronunziato su casi di sospensione facoltativa (Cass. 9 gennaio 1999, n. 121, id., Rep. 1999, voce Procedimento civile, n. 333).

Dall'interpretazione data dalla corte alla norma dell'art. 42 ora in esame emerge, dunque, il principio che l'istituto del re

golamento di competenza non può essere applicato al di fuori

dei limiti segnati dall'art. 42 c.p.c. Sostiene parte ricorrente che tra le due ipotesi di sospensione

rispettivamente previste dagli art. 295 e 412 bis c.p.c. esistereb

be un'identità strutturale, essendo entrambe caratterizzate dal

l'obbligatorietà della scelta del giudice, il quale in presenza della riscontrata realtà di fatto ivi prospettata (pregiudizialità o

improcedibilità) è costretto a disporre l'automatica sospensione del giudizio. Di conseguenza, l'estensione del mezzo previsto dall'art. 42 e l'impugnabilità del secondo tipo di sospensione deriverebbero pressoché automaticamente dalla stessa esistenza

della norma, tanto che una diversa interpretazione darebbe luo

go ad un'ingiustificata disparità di trattamento.

Tale tesi non può essere condivisa. L'art. 412 bis c.p.c. pre vede che il giudice adito, prima dell'esperimento del tentativo

di conciliazione, o in pendenza del suo espletamento, si limita a

sospendere il processo ed a fissare il termine perentorio di ses

santa giorni per promuovere il tentativo, dopo di che il processo deve essere riassunto entro centottanta giorni, pena l'estinzione

(3°, 4° e 5° comma). Mentre nel caso dell'art. 295 la sospensio ne è un evento di durata temporale non valutabile, essendo i

tempi del giudizio pregiudicato del tutto condizionati da quelli del giudizio pregiudicante, nel caso dell'art. 412 bis la sospen sione è un fatto di durata temporalmente predefinita dalla legge in spazi ristretti. In questa seconda ipotesi, inoltre, la norma

esplicitamente prevede che «il mancato espletamento del tenta

tivo di conciliazione non preclude la concessione dei provvedi menti speciali di urgenza e di quelli cautelari previsti nel capo III del titolo I del libro IV» (ultimo comma).

Può affermarsi, dunque, che diversi sono i connotati delle due

norme e che è del tutto da escludere l'invocata identità struttu

rale ritenuta dal ricorrente. Tale circostanza, come vale ad im

pedire ogni possibilità di estensione del ricorso al regolamento con un'interpretazione analogica dell'art. 42, esclude ogni pro filo di incostituzionalità della norma, atteso che il principio della parità di trattamento, sancito dall'art. 3 Cost, e del quale il

ricorrente assume la violazione, non può essere invocato in pre senza di due situazioni normative del tutto diverse.

Questa opinione è ulteriormente confermata dalla particolare caratterizzazione assegnata dalla Corte costituzionale alla con

ciliazione stragiudiziale, seppure in diverso contesto argomen tativo (per affermare la conformità degli art. 410 e 412 bis c.p.c. all'art. 24), a proposito del rilievo pubblico del tentativo obbli

gatorio, che viene ritenuto misura deflattiva idonea a «soddisfa

re l'interesse generale sotto un duplice profilo: da un lato evi

tando che l'aumento delle controversie attribuite al giudice or

dinario in materia di lavoro provochi un sovraccarico dell'appa rato giudiziario, con conseguenti difficoltà per il suo funziona

mento; dall'altro favorendo la composizione preventiva della

lite, che assicura alle situazioni sostanziali un soddisfacimento

più immediato rispetto a quella conseguita attraverso il proces so» (Corte cost. 13 luglio 2000, n. 276, id., 2000,1, 2752).

In conclusione, deve ritenersi che il mezzo del regolamento di

competenza previsto dall'art. 42 possa essere adottato sola

mente nel caso di sospensione necessaria ai sensi dell'art. 295

c.p.c. Di conseguenza, il ricorso deve essere dichiarato inam

.missibile.

Il Foro Italiano — 2003.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 9 mag gio 2002, n. 6629; Pres. Losavio, Est. Panebianco, P.M.

Raimondi (conci, diff.); Hussen Gassim e altri (Avv. Capece,

Monti) c. Proc. gen. App. Torino e altri. Conferma App. To

rino 27 aprile 2000.

Adozione e affidamento — Dichiarazione di adottabilità —

Stato di abbandono — Disponibilità ad occuparsi del mi

nore da parte di parenti entro il quarto grado — Fattispe cie (L. 4 maggio 1983 n. 184, diritto del minore ad una fami glia, art. 1, 8, 11, 12, 13, 15, 17; 1. 28 marzo 2001 n. 149, mo

difiche alla 1. 4 maggio 1983 n. 184, recante «disciplina del

l'adozione e dell'affidamento dei minori», nonché al titolo Vili del libro primo del codice civile, art. 11).

In tema di dichiarazione di adottabilità, si deve escludere lo

stato dì abbandono qualora si manifesti la disponibilità a

prestare assistenza e cure al minore da parte di parenti entro

il quarto grado che abbiano conservato rapporti significativi con il minore stesso. (1)

(1) I. - In giurisprudenza, nel senso espresso dalla corte, cfr. Cass. 9

aprile 1997, n. 3083, Foro it., Rep. 1997, voce Adozione, n. 72, richia mata in motivazione; 6 dicembre 1991, n. 13133, id., Rep. 1991, voce cit., n. 71; 21 luglio 1990, n. 7451, id., Rep. 1990, voce cit., n. 90.

Contra, Cass. 1° febbraio 2000, n. 1095, id., Rep. 2000, voce cit., n. 82, richiamata in motivazione, secondo cui la mancanza di assistenza mo rale e materiale del minore, e la indisponibilità ad ovviarvi, quali con dizioni per la dichiarazione dello stato di adottabilità, vanno valutate anche con riguardo ai parenti entro il quarto grado che non abbiano avuto rapporti significativi con il minore; ciò in ragione del carattere meramente processuale dell'art. 12 1. 184/83. Nello stesso senso, cfr. Cass. 29 novembre 1996, n. 10656, id., Rep. 1997, voce cit., n. 79; 22 marzo 1990, n. 2397, id., Rep. 1991, voce cit., n. 52, entrambe richia mate in motivazione.

A fondamento della propria decisione, i giudici della Suprema corte, nella sentenza in epigrafe, richiamano:

— l'art. 11 1. n. 184 del 1983, come modificato dalla 1. 28 marzo 2001 n. 149, che, nel condizionare espressamente la declaratoria di

adottabilità, in caso di decesso dei genitori, all'inesistenza di parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore, rende irragionevole una diversa disciplina con riferimento all'ipotesi della inidoneità dei genitori;

— l'art. 12 1. n. 184 del 1983, in virtù del quale, quando attraverso le indagini effettuate consta l'esistenza, oltre che dei genitori, anche di

parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto rapporti significa tivi con il minore, il giudice fissa la loro comparizione per sentirli;

— l'art. 15, n. 1, 1. n. 184 del 1983, secondo cui il tribunale per i minorenni dichiara lo stato di adottabilità di un minore quando i genito ri o i parenti convocati ai sensi degli art. 12 e 13 1. adozioni non si sono

presentati senza giustificato motivo. II. - Per l'affermazione secondo cui l'individuazione dei parenti «che

abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore» va effettuata in termini di attualità e, quindi, a prescindere da relazioni pregresse e suc cessivamente interrottesi, cfr. Cass. 5 agosto 1996, n. 7141, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 89; cfr., altresì, Cass. 23 febbraio 1999, n. 1550, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 68, per la quale si deve attribuire rilievo anche alle circostanze modificative che possono intervenire nel giudizio di

opposizione o di appello. Nella giurisprudenza di merito, cfr. App. Mi lano 9 ottobre 1998, ibid., n. 77, in virtù della quale è sempre consen tito al parente pretermesso, nel giudizio di opposizione alla dichiara zione di adottabilità, dimostrare di aver intrattenuto con il minore rap porti significativi, restando al giudice riservato l'apprezzamento di fatto circa l'adeguatezza delle circostanze addotte ad integrazione di detta significatività o l'apprezzamento in ordine alle circostanze che di fatto hanno impedito la costituzione di una relazione oggettivamente significativa.

III. - Nel senso che la verifica della sussistenza, in capo ai parenti entro il quarto grado, di rapporti significativi con il minore costituisce un prius rispetto al compimento delle formalità previste dalla legge, da verificare attraverso gli accertamenti contemplati dall'art. 10 1. 184/83, cfr. Cass. 17 marzo 1998, n. 2863, id., Rep. 1998, voce cit., n. 81; 6 di cembre 1991, n. 13133, cit.; 23 aprile 1990, n. 3365, id., Rep. 1990, voce cit., n. 94.

IV. - Sulle conseguenze derivanti dalla mancata convocazione dei

parenti entro il quarto grado, cfr. Cass., sez. un., 8 maggio 1986, n.

3072, id., Rep. 1986, voce cit., n. 140, secondo cui l'inosservanza del

l'obbligo di convocazione di cui all'art. 12 1. n. 184 del 1983 comporta una nullità deducibile e rilevabile anche d'ufficio, ma non dopo che sui suoi presupposti si sia avuto accertamento negativo non impugnato; nello stesso senso, Cass. 24 maggio 1988, n. 3614, id.. Rep. 1988, voce

cit., n. 104. Sulla nullità del procedimento, in caso di omessa convoca zione dei parenti che abbiano mantenuto con il minore rapporti signifi cativi, cfr. Cass. 18 marzo 1997, n. 2404, id.. Rep. 1998, voce cit., n.

80; 26 ottobre 1988, n. 5806, id., Rep. 1989, voce cit., n. 89. V. - In dottrina, nel senso che spetta, comunque, sempre al giudice

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PARTE PRIMA

Svolgimento del processo. — Il Tribunale per i minorenni di

Torino con decreto dell'11 novembre 1998 dichiarava lo stato di

adottabilità del minore Hussen Gassim Adamo, nato a Novi Li

gure il 7 settembre 1990, per mancanza della necessaria assi

stenza morale e materiale da parte del padre, Hussen Gassim

Mohamed, spesso assente per motivi di lavoro, e della madre

Anisa Haji Amdullahi, etilista ed artefice di episodi nel corso

dei quali era andata in escandescenze e si era mostrata aggressi va anche nei confronti del bambino, il quale aveva tra l'altro as

sistito in casa ad atti sessuali ed a proiezioni di materiale porno

grafico, era stato poco dopo la nascita istituzionalizzato dagli stessi genitori più volte e per lunghi periodi e comunque, poco

prima dell'emissione del decreto di adottabilità e dopo una pri ma esperienza negativa di affidamento ad una famiglia, era en

trato stabilmente il 31 luglio 1998 nella casa dei nuovi affidatari

ove si era ben integrato con effetti positivi anche sul profitto scolastico.

Avverso tale decreto proponevano opposizione i genitori e la

nonna materna Zeinab Hagi Dini, giunta in Italia il 15 novembre

1998 insieme a due nipotine, figlie della madre del minore.

Il tribunale per i minorenni respingeva l'opposizione e la re

lativa sentenza veniva sottoposta a reclamo dagli stessi avanti

alla corte d'appello, sezione per i minorenni, che lo rigettava. Sottolineava la corte che, a causa del comportamento dei ge

nitori che per tanti anni avevano delegato ad altri la cura del fi

glio e si erano mostrati incapaci di instaurare relazioni affettive

nei suoi confronti, rivelando anzi trascuratezza ed incuria, il mi

nore si era trovato in una condizione soggettiva irreversibile di

abbandono materiale e morale, essendo vissuto in pratica dal

quarantatreesimo giorno di vita presso terzi od istituti.

Pur prendendo atto delle drammatiche esperienze che la ma

dre si era trovata a vivere (a causa della guerra in Somalia, che

le aveva anche procurato lutti in famiglia, aveva abbandonato il

paese dopo il fallimento del primo matrimonio lasciando la pro

pria madre e le figlie di primo letto) e della forzata assenza da

casa del padre, costretto ad un duplice e triplice lavoro per poter

provvedere mediante le rimesse in Somalia alle necessità della

famiglia allargata propria e della moglie Anisa, la corte di me

rito riteneva che i trascorsi che aveva dovuto subire il minore

per un così lungo periodo di tempo non consentivano più un suo ulteriore riavvicinamento alla famiglia di origine, la cui pro

spettiva egli avvertiva ormai come una minaccia ed il cui even

tuale verificarsi sarebbe vissuto come un trauma ancora maggio re dopo il suo positivo inserimento nella nuova famiglia.

Per quanto riguarda la nonna materna, le cui qualità positive venivano riconosciute dalla stessa corte, riteneva l'impugnata sentenza che, non avendo avuto il minore rapporti significativi con lei, la sua presenza non poteva assumere rilevanza per escludere lo stato di abbandono materiale e morale del minore medesimo.

Avverso tale sentenza Hussen Gassim Mohamed, Anisa Haji Amdullahi e Zeinab Hagi Dini propongono ricorso per cassa

zione notificato al procuratore generale presso la Corte d'ap pello di Torino, al curatore speciale del minore ed al tutore, illu strandolo anche con memoria.

All'udienza del 23 gennaio 2001 questa corte disponeva la trasmissione degli atti al primo presidente per la loro rimessione alle sezioni unite.

Con provvedimento del 26 giugno 2001 ne veniva disposta la restituzione a questa sezione.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell'art. 8, 2° comma, 1. 4 maggio 1983 n. 184, sostenendo che il ricovero in istituto non integra gli

accertare, in concreto, che la disponibilità manifestata dai parenti, pur dettata da sinceri propositi, non sia meramente velleitaria o obiettiva mente inattuabile, alla stregua della situazione di fatto esistente al mo mento in cui essa viene manifestata, cfr. M. Dogliotti, Convocazione di genitori e parenti prima e dopo la riforma dell'adozione, in Giust. civ., 1984,1, 2569.

In generale, sul tema, cfr. S. Giuliano, Sulla disponibilità dei parenti a prestare assistenza al minore abbandonato, in Famiglia e dir., 2000, 465; M. Moretti, Dichiarazione di adottabilità e rapporti significativi con i parenti, id., 1999, 365; A. Figone, Sulla disponibilità dei parenti a prestare assistenza al minore abbandonato, id., 1997, 325; L. Rossi Carleo, Rientrano i nonni nella «famiglia propria» del minore?, ibid., 228; F. Tommaseo, in Commentario al diritto italiano della famiglia di retto da Cian-Oppo-Trabucchi, Padova, 1993, IV, 2, sub art. 17 1. 184/83, 143; M. Dogliotti, Affidamento e adozione, in Trattato di di ritto civile e commerciale diretto da Cicu e Messineo e continuato da Mengoni, Milano, 1990, VI, 3, 143.

Il Foro Italiano — 2003.

estremi dell'abbandono quando sia determinato non già dalla

volontà dei genitori di delegare ad altri la cura dei figli ma dalla

loro situazione economico-sociale e costituisca, oltre tutto, un

momento formativo essenziale secondo la cultura somala.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione del

2° comma della stessa norma, lamentando che la corte d'appello non abbia tratto le dovute conseguenze dalla valutazione positi va data al padre, definito come unica figura di riferimento per il

minore e costretto solo per motivi di lavoro a rimanere lontano

dal figlio e non abbia ravvisato nei confronti della madre, in re

lazione alle crisi depressive cui era soggetta ed alla condizione

di etilista dalla quale era affetta, la sussistenza di una situazione

di forza maggiore di carattere provvisorio dovuta alle vicende

della sua famiglia e del suo paese d'origine. Le esposte censure, da esaminarsi congiuntamente per la loro

intima connessione logica e giuridica, sono inammissibili, muo

vendo, in parte, su presupposti di fatto diversi da quelli accertati

dalla Corte d'appello è risolvendosi, per il resto, in una diversa

valutazione delle circostanze emerse.

Sotto il primo profilo si osserva che il riferimento alle condi

zioni economiche e sociali dei genitori, ritenute dai ricorrenti la

vera causa della situazione venutasi a creare, non coglie la so

stanza delle considerazioni espresse dall'impugnata sentenza, basate sull'incapacità dei genitori medesimi di instaurare rap

porti affettivi con il minore, vissuto per gran parte del tempo lontano dalla famiglia, ed in particolare sul comportamento pre

giudizievole della madre che, nei brevi periodi in cui ne ha

avuto la cura, non gli ha risparmiato esperienze assolutamente

negative da cui aveva il preciso dovere di tenerlo lontano.

Trattasi, come si vede, di rilievi cui è stato attribuito per la lo

ro gravità un valore assorbente ad ogni altra considerazione di

ordine economico e sociale, pur tenuta presente nella sua ampia motivazione dalla corte d'appello che ha ritenuto superato ogni limite di tolleranza anche in presenza delle indiscutibili soffe

renze vissute dai genitori e soprattutto dalla madre, scampata dalla guerra in Somalia che le aveva procurato anche gravi lutti.

In ordine al secondo profilo si rileva che non può certamente

trovare ingresso in questa sede la diversa valutazione sulla figu ra paterna prospettata in ricorso il quale si è limitato, d'altra

parte, ad evidenziarne gli aspetti positivi, omettendo quelli ne

gativi che la corte d'appello aveva ravvisato nel fatto che il pa dre, vissuto per gran parte del tempo lontano dalla famiglia sia

pure per motivi di lavoro, si era di fatto estraniato dai problemi relativi all'educazione ed alla crescita del figlio anche quando

questi era rimasto in famiglia, abbandonato sostanzialmente in

un contesto caratterizzato dalle gravi inadempienze e dagli at

teggiamenti assolutamente sconvenienti della madre.

Anche se rapportati al più ampio sindacato consentito a que sta corte dall'art. 17 1. 184/83, come sostituito dall'art. 16 1. 28

marzo 2001 n. 149, i motivi di ricorso in esame esulano quindi dall'ambito di legittimità, investendo unicamente il merito della

decisione.

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione del l'art. 1 1. 184/83, sostenendo che la norma attribuisce al minore

il diritto di essere educato nell'ambito della propria famiglia e

considera l'adozione uno strumento eccezionale da utilizzare

quale estremo rimedio e che la corte d'appello non abbia tenuto

conto adeguatamente della volontà dei genitori di recuperare il

rapporto con il figlio. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione degli

art. 1, 12, 1° comma, e 17, 4° comma, 1. 184/83. Sostengono che

il riferimento operato dalla legge ai parenti entro il quarto grado che abbiano avuto rapporti significativi con il minore risponde ad un'esigenza istruttoria, per gli elementi di valutazione che

essi possono fornire (art. 12) e processuale per la legittimazione loro conferita ad impugnare (art. 17), ma non preclude, anche in

assenza di rapporti siffatti, di valutare la disponibilità di parenti in grado di occuparsi del minore.

Anche tali motivi vanno esaminati congiuntamente, essendo

riconducibili nell'ambito di una medesima valutazione giuridi ca.

In linea di principio non v'è dubbio che il minore ha il diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia, come espressamente prevede, in armonia con il dettato costitu zionale (art. 30), l'art. 1 1. 184/83 anche nella formulazione data dall'art. 1 successiva 1. 149/01 che ne ha anzi rafforzato il con

tenuto, prevedendo a carico dello Stato, delle regioni e degli enti locali misure di sostegno finanziario per agevolare l'attua zione di una tale finalità per i nuclei familiari bisognosi.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

L'istituto dell'adozione è quindi certamente considerato co

me extrema ratio, cui ricorrere allorché il minore risulti privo di

assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi.

Accertata dalla corte d'appello una tale situazione di abban

dono del minore da parte dei genitori, le cui censure sono state

esaminate in relazione al primo ed al secondo motivo e sulla cui

valutazione i giudici di merito non hanno attribuito alcuna rile

vanza alla situazione economica, rimane da verificare l'inciden

za che può assumere ai fini in esame la comparsa della nonna

materna.

Al riguardo si osserva che, avendo la legge sull'adozione nel

l'indicare i parenti entro il quarto grado fatto riferimento in va

rie disposizioni a coloro che «abbiano avuto rapporti significati vi con il minore», si pone ancora una volta il problema se tale

precisazione abbia una valenza solo processuale e cioè quella di

restringere l'ambito delle indagini ai parenti che tali rapporti

possano vantare ovvero un rilievo anche sostanziale, nel senso

che, in caso di abbandono da parte dei genitori, solo la presenza di tali parenti potrebbe precludere la dichiarazione dello stato di

adottabilità, non assumendo alcuna rilevanza a tal fine gli altri

parenti, sia pure rientranti in quel grado. A fronte dell'orientamento maggioritario che privilegia la

prima di tali due soluzioni (Cass. 1095/00, Foro it., Rep. 2000, voce Adozione, n. 82; 10656/96, id., Rep. 1997, voce cit., n. 79;

2397/90, id., Rep. 1991, voce cit., n. 52), sostenendo che la

mancanza di assistenza morale e materiale deve essere valutata

dal giudice anche con riguardo ai parenti entro il quarto grado che non abbiano avuto pregressi rapporti significativi, se ne po ne uno minoritario (Cass. 3083/97, id.. Rep. 1997, voce cit., n.

72), che il collegio condivide, secondo cui per escludere lo stato

di abbandono in presenza di figure parentali sostitutive è neces

sario che costoro abbiano avuto rapporti significativi con il mi

nore.

Sotto il profilo dell'interpretazione letterale si osserva in pri mo luogo che l'art, 12 1. 184/83, accanto a prescrizioni di ordine

processuale (1°, 2° e 3° comma), contiene anche delle previsioni di carattere sostanziale (4° comma) volte a garantire, sia pure in

via provvisoria, l'assistenza morale, il mantenimento, l'istru

zione e l'educazione del minore, facendo riferimento ai parenti entro il quarto grado che detti significativi rapporti abbiano

avuto.

Ciò appare già rivelatore dello stretto collegamento fra

l'aspetto processuale e quello sostanziale, dovendosi ritenere

che la legge, non estendendo le indagini a tutti i parenti entro il

quarto grado comunque informati dei fatti, abbia inteso circo

scriverli a coloro che, per i pregressi rapporti già instaurati con

il minore, siano idonei ad osservare le prescrizioni di carattere

urgente previste dal 4° comma ed in grado successivamente di

coltivare tali rapporti e di creare le condizioni per poter esclude

re lo stato di abbandono.

Inoltre non solo l'art. 13 ma anche l'art. 15 fanno esclusivo

riferimento ai parenti che abbiano avuto rapporti significativi. Per quanto riguarda in particolare l'art. 15, che costituisce

certamente una norma di carattere sostanziale prevedendo i casi

in cui debba dichiararsi lo stato di adottabilità, una tale limita

zione è evidente nelle ipotesi di cui ai nn. 1 e 3, stante l'espres so richiamo agli art. 12 e 13, ma risulta sufficientemente chiaro

anche nell'ipotesi di cui al n. 2 in base alla quale lo stato di

adottabilità è dichiarato allorché dall'audizione dei parenti indi

cati negli art. 12 e 13 e cioè di quelli entro il quarto grado che

abbiano avuto rapporti significativi risultino il persistere della

mancanza di assistenza morale e materiale e l'indisponibilità da

parte dei parenti medesimi di ovviarvi.

Superato dalla nuova normativa (1. 149/01) è poi l'argomento di carattere sistemàtico che Cass. 1095/00 ha ritenuto di trarre

dall'art. 11, condividendo sul punto quanto già sostenuto da

Cass. 2397/90. Si è Osservato al riguardo che, prescindendo detto art. 11 —

ai fini della verifica sulla presenza di parenti entro il quarto gra do in caso di decesso dei genitori

— dal requisito dei pregressi

rapporti significativi, non può conseguentemente ritenersi pre clusiva l'inesistenza di tali rapporti nell'ipotesi di cui al n. 2

dell'art. 15 di indisponibilità dei genitori medesimi per inido neità.

Avendo l'art. 11 1. 149/01 introdotto una modifica al 1°

comma dell'art. 11 1. 184/83, in forza della quale in caso di de

cesso dei genitori la presenza di parenti entro il quarto grado, idonea ad escludere la declaratoria di adottabilità, è ora circo

li. Foro Italiano — 2003.

scritta a quelli che abbiano avuto con il minore rapporti signifi cativi, non solo viene a mancare la base normativa su cui pog

giava una tale tesi, ma viene automaticamente rafforzato l'op

posto orientamento che questo collegio condivide, risolvendosi

detta modifica in un riscontro nella direzione, questa volta, della

tesi più restrittiva.

Non sarebbe ragionevole infatti condizionare, nella sola ipo tesi di decesso di entrambi i genitori e non anche nei casi di ac

certata inidoneità degli stessi, la declaratoria di adottabilità alla

mancanza di parenti che abbiano intrattenuto rapporti significa tivi con il minore in quanto verrebbero applicati due diversi

criteri pur in presenza di situazioni analoghe sotto il profilo in

esame.

Né è sostenibile che il legislatore, nell'operare una tale modi

fica, non abbia tenuto conto dell'orientamento maggioritario in

materia e delle conseguenze sul piano interpretativo che essa

avrebbe comportato. Peraltro la corte d'appello, dopo aver espresso le proprie va

lutazioni giuridiche privilegiando l'interpretazione che attribui

sce anche rilevanza sostanziale alle previsioni che si riferiscono

solo ai parenti entro il quarto grado che abbiano avuto rapporti

significativi con il minore, ha operato le proprie scelte tenendo

presente pure i concreti interessi del minore medesimo in base

alla considerazione che egli, ormai inserito stabilmente e con

esito positivo presso una famiglia, non comprenderebbe e vi

vrebbe anzi con disagio e sofferenza un ritorno alla famiglia di

origine con affidamento alla nonna materna che neppure cono

sce.

Sotto tale ulteriore profilo appare ancora più evidente nel ca

so in esame la validità dell'interpretazione data dalla corte

d'appello in quanto proprio la mancanza, da una parte, di rap

porti significativi con i parenti entro il quarto grado e la presen za invece, dall'altra, di un valido inserimento presso terzi con

solidatosi ormai da tempo hanno consentito di armonizzare in

concreto le due esigenze di cui il giudice non può non tener

conto e cioè il diritto del minore di essere educato nella propria

famiglia e l'interesse del medesimo, anch'esso meritevole di

tutela, di non subire oltre il necessario, in conseguenza della

comparsa di altri parenti, ulteriori disagi che proprio la legge sull'adozione ha inteso evitare.

Il ricorso deve essere pertanto nel complesso rigettato.

CORTE D'APPELLO DI CATANZARO; sentenza 19 giu gno 20G3; Pres. Ammirata, Est. Valea; Pagano (Avv. V.

Ferrari, Patursi) c. Soc. Telecom Italia (Avv. Maresca,

Romei, Boccia).

CORTE D'APPELLO DI CATANZARO; !

Lavoro (rapporto di) — Licenziamento disciplinare — Ne

gazione degli addebiti — Irrogazione in base a presuppo sizioni — Illegittimità (Cod. civ., art. 2119; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavo

ratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luo

ghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 7).

Va dichiarata l'illegittimità del licenziamento disciplinare irro

gato in relazione a contestazione di addebiti secondo cui il

lavoratore aveva presentato, per rimborso spese di pernotta mento in trasferta, ricevute alberghiere di importo superiore a quello effettivamente pagato, presupponendo che egli, pur avendo negato la veridicità del fatto, si fosse in realtà com

portato analogamente ad altri lavoratori i quali, trovatisi

nelle medesime circostanze (stesso perìodo di tempo, stesso

albergo, e stesso prezzo indicato nelle ricevute), avevano in

vece ammesso il fatto. ( 1 )

(1) Una fattispecie analoga (rimborso per un pernottamento in alber

go mai effettuato, ottenuto mediante utilizzazione di una ricevuta defi

nita «di favore» dal portiere che l'aveva compilata), è stata esaminata

da Cass. 17 giugno 1991, n. 6814, Foro it., Rep. 1991, voce Lavoro

(rapporto), n. 1492, che ha affermato il principio secondo cui, ai fini

del licenziamento disciplinare, occorre tenere conto dell'idoneità del

comportamento a produrre un pregiudizio potenziale per sé stesso va

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