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sezione I civile; sentenza 9 marzo 1996, n. 1890; Pres. F. E. Rossi, Est. Criscuolo, P.M. Leo...

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sezione I civile; sentenza 9 marzo 1996, n. 1890; Pres. F. E. Rossi, Est. Criscuolo, P.M. Leo (concl. conf.); Aquino (Avv. D'Auria) c. Soc. Enel (Avv. Iaccarino, Paternò, Castallo). Cassa App. Napoli 20 luglio 1991 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 5 (MAGGIO 1997), pp. 1605/1606-1609/1610 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191225 . Accessed: 28/06/2014 10:27 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.199 on Sat, 28 Jun 2014 10:27:01 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 9 marzo 1996, n. 1890; Pres. F. E. Rossi, Est. Criscuolo, P.M. Leo(concl. conf.); Aquino (Avv. D'Auria) c. Soc. Enel (Avv. Iaccarino, Paternò, Castallo). Cassa App.Napoli 20 luglio 1991Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 5 (MAGGIO 1997), pp. 1605/1606-1609/1610Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191225 .

Accessed: 28/06/2014 10:27

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Quanto al mancato esperimento di consulenza tecnica, è suf

ficiente ricordare il costante insegnamento della giurisprudenza di questa Suprema corte secondo cui non è sindacabile in sede

di legittimità la valutazione del giudice del merito circa la neces

sità o meno di integrare le proprie conoscenze in ordine a parti colari aspetti problematici scientifici o tecnici mediante il ricor

so all'ausilio di un consulente tecnico. Il problema si sposta,

quindi, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 360 c.p.c., sul

piano della verifica della rilevanza motivazionale, della attendi

bilità intrinseca, della congruenza logica e della correttezza giu ridica degli argomenti ai quali il giudice stesso, sulla base di

elementi aliunde acquisiti, abbia affidato la formazione del pro

prio convincimento.

Ci si avvicina così a quello che costituisce il nucleo essenziale

ed esauriente della ratio decidendi. L'affermazione di estremi

di comportamento colposamente omissivo per mancata adozio

ne di doverose cautele preventive si pone, nel contesto motiva

zionale oggetto del presente riesame, in relazione implicita ma

inequivocabile con un obbligo giuridico di ordine generale emer

gente da norme giuridiche agevolmente individuabili nel regola mento per la polizia, la sicurezza, la regolarità delle strade fer

rate approvato con r.d. 31 ottobre 1873 n. 1687, il cui art. 2

prescrive nel 1° comma che «nell'esercizio delle ferrovie si do

vranno prendere tutte le misure ed usare tutte le cautele suggeri te dalla scienza e dalla pratica per evitare qualsiasi sinistro»

e nella più recente 1. 11 luglio 1980 n. 753 il cui art. 8 con

formula precettiva di contenuto coincidente dispone che «nel

l'esercizio delle ferrovie si devono adottare le misure e le caute

le suggerite dalla tecnica e dalla pratica atte ad evitare sinistri», il cui tenore traduce nel concreto il dovere del neminem laedere

da intendersi in funzione della natura e delle modalità dell'atti

vità esercitata dall'agente (e in particolare, trattandosi di un

servizio pubblico, in funzione dell'affidamento che esso ingene ra nell'utente circa l'assenza di situazioni pericolose e insidio

se), e la cui mancata espressa specifica menzione da parte della

corte territoriale non incide sulla completezza e sulla adeguatez za della motivazione trattandosi di dati normativi sui quali si

era già ampiamente sviluppata la dialettica processuale nei pre

gressi gradi di giudizio. E nell'applicazione delle citate disposizioni va tenuto presente

il criterio, enunciato altra volta da questa Suprema corte in fat

tispecie del tutto analoga, dal quale questo collegio non ritiene

di doversi discostare, secondo cui un accadimento del genere «certamente realizza una anormalità del servizio, non potendosi dubitare che la rottura del vetro del finestrino si presenta come

una deviazione rispetto all'ordinato e regolare svolgimento del

servizio stesso il quale deve assicurare al viaggiatore tutte le

condizioni di sicurezza e incolumità» onde l'utente «ha assolto

l'onere probatorio . . . avendo provato l'anormalità del servi

zio e il nesso di causalità tra questa e l'evento dannoso» mentre

«il fatto che a provocare la rottura del predetto vetro sia stata

una pietra attiene invece alla prova liberatoria» incombente al

soggetto gestore del servizio, ma «nella sua obiettività non as

solve in alcun modo alla prova che l'evento si è verificato per l'intervento di fattori inevitabili o imprevedibili riconducibili al

concetto di caso fortuito o forza maggiore o per fatto addebita

bile al danneggiato o a un terzo» (Cass. 21 giugno 1984, n.

3672, id., Rep. 1984, voce Ferrovie e tramvie, n. 12). E la affermazione della possibilità dell'applicazione al fine

strino del treno di vetri di tale struttura da impedire, in caso

di rottura, la formazione e la dispersione di pericolosi fram

menti, è in se stessa tutt'altro che illogica e costituisce anzi, allo stato attuale della tecnica, un dato di comune esperienza la cui utilizzazione da parte del giudice è consentita dal 2° com

ma dell'art. 115 c.p.c.: restando così a carico del gestore l'one

re (non assolto) della dimostrazione che il contatto con il corpo estraneo sia avvenuto con modalità tali da rendere inutile l'ado

zione delle suindicate cautele, e da attribuire allo stesso la rile

vanza eziologica di fattore autosufficiente, e perciò interruttivo

della conseguenzialità causale traente origine dalla condotta omis

siva, agli effetti della produzione dell'evento dannoso. Va quin di esente da censura l'applicazione che i giudici del merito han

no fatto nel caso di specie dei criteri che governano la distribu

zione dell'onere della prova in materia di responsabilità aquiliana, col risultato decisionale sintetizzato nella affermazione conclu

siva che «deve ravvisarsi anche la responsabilità per colpa ex

art. 2043 c.c.».

Tale conclusione comporta, nelle sue ulteriori conseguenze, un effetto satisfattorio a favore della Partipilo assorbente (an

II Foro Italiano — 1997.

che in considerazione della risarcibilità del danno non patrimo

niale) di quello che risulterebbe correlato al riconoscimento di

una eventuale concorrente responsabilità da inadempimento con

trattuale. Resta quindi privo di rilevanza il problema dell'affer

mazione della responsabilità della ricorrente amministrazione an

che ai sensi dell'art. 1681 c.c. che ha formato oggetto della pri ma parte della motivazione della impugnata sentenza e che forma

oggetto del primo motivo dell'attuale ricorso, con specifico ri

ferimento alla questione relativa alla prescrizione dell'azione con

trattuale.

Si fa luogo pertanto al rigetto del ricorso.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 9 marzo

1996, n. 1890; Pres. F. E. Rossi, Est. Criscuolo, P.M. Leo

(conci, conf.); Aquino (Avv. D'Auria) c. Soc. Enel (Avv.

Iaccarino, Paterno, Castaixo). Cassa App. Napoli 20 lu

glio 1991.

Espropriazione per pubblico interesse — Determinazione del

l'indennità — Criteri dichiarati incostituzionali — Azione per la rideterminazione — Prescrizione — Decorrenza (L. 25 giu

gno 1865 n. 2359, espropriazioni per causa di pubblica utili

tà, art. 39; 1. 22 ottobre 1971 n. 865, programmi e coordina

mento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espro

priazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle

leggi 17 agosto 1942 n. 1150, 18 aprile 1962 n. 167, 29 set

tembre 1964 n. 847, ed autorizzazione di spesa per interventi

straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e

convenzionata, art. 16, 19; 1. 29 luglio 1980 n. 385, norme

provvisorie sulla indennità di espropriazione di aree edificabi

li nonché modificazioni di termini previsti dalle leggi 28 gen naio 1977 n. 10, 5 agosto 1978 n. 457 e 15 febbraio 1980 n. 25).

L'azione per la rideterminazione dell'indennità di esproprio li

quidata salvo conguaglio in base ai criteri della I. 385/80, dichiarati incostituzionali, non costituisce propriamente un 'op

posizione alla stima e non è soggetta alla decadenza prevista dall'art. 19 l. 865/71, ma all'ordinario termine di pre scrizione. (1)

(1) Conf., Cass. 6 settembre 1994, n. 7683, Foro it., 1996, I, 243, con nota di richiami, cui adde, Cass. 27 marzo 1992, n. 3791, id., Rep. 1992, voce Espropriazione per p.i., n. 207; 24 luglio 1992, n. 8915, id., Rep. 1993, voce cit., n. 233.

Il denominatore comune delle pronunce che hanno trattato del con

guaglio previsto dall'art. 1 1. 29 luglio 1980 n. 385, è che la somma a suo tempo liquidata in base a detta disposizione non costituisce un'in dennità provvisoria (come quella autonomamente prevista dall'art. 11 1. 865/71), ma definitiva (Cass. 10 novembre 1989, n. 4755, id., Rep. 1989, voce cit., n. 211; 9 maggio 1990, n. 3803, id., Rep. 1990, voce

cit., n. 174). Condizione questa imprescindibile per la proposizione di un'azione giudiziaria per il conseguimento della differenza rispetto a

quanto sarebbe spettato in base ad una futura legge, da emanare, sosti tutiva delle norme dichiarate illegittime.

Il diritto al conguaglio non è venuto meno una volta che anche le

disposizioni della 1. 385/80 sono state dichiarate costituzionalmente ille

gittime in quanto riproducevano, sia pure provvisoriamente, criteri in dennitari già dichiarati illegittimi e rinviavano per il conguaglio a criteri futuri (poi emanati solo con 1. 8 agosto 1992 n. 359, art. 5 bis). La suddetta declaratoria di incostituzionalità, travolgendo e caducando per intero la disciplina della 1. 385/80, compreso il rinvio alla legge futura

non più in grado di assolvere la funzione integrativa assegnatale, com

portava il diritto dell'espropriato di conseguire quell'integrazione se

condo il criterio del valore venale del bene, in applicazione della norma

generale dettata dall'art. 39 1. 2359/1865, rimasta nell'ordinamento a

regolare la materia dell'indennità per i suoli edificatori, dopo l'espun zione delle norme dichiarate illegittime (Cass. 29 maggio 1984, n. 3278,

id., Rep. 1984, voce cit., n. 104). Tali principi sono stati affermati dalla Suprema corte sia nell'ipotesi

in cui la declaratoria d'incostituzionalità fosse sopravvenuta nel corso del giudizio di opposizione alla stima (Cass. 6 novembre 1986, n. 6488, id., 1986, I, 3000; 16 marzo 1987, n. 2688, id., Rep. 1987, voce cit., n. 120; 4 dicembre 1990, n. 11610, id., Rep. 1991, voce cit., n. 100),

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1607 PARTE PRIMA 1608

Motivi della decisione. — Con l'unico mezzo di annullamen

to il ricorrente denunzia violazione dell'art. 112 c.p.c., dell'art.

123 t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775, dell'art. 40 1. n. 2359 del

1865, nonché travisamento dei fatti e della domanda, motiva

zione contraddittoria, mancata pronuncia. Afferma che la corte

territoriale, pur dando atto ripetutamente che esso Aquino ave

va chiesto la «rideterminazione» dell'indennità di asservimento, ha dichiarato improponibile la domanda perché il medesimo

Aquino non aveva proposto opposizione nel termine di giorni trenta di cui all'art. 19 1. n. 865 del 1971, ma ha sostenuto, al contempo, che la pronuncia d'incostituzionalità della 1. n.

385 del 1980 aveva importato per il proprietario la necessità

di ottenere l'equivalente di mercato del bene espropriato, che

erti appunto la domanda dal medesimo ricorrente avanzata, sul

la base del carattere edificatorio del suolo asservito. Tale do

manda — prosegue il ricorrente — secondo il consolidato inse

gnamento della giurisprudenza di legittimità era proponibile nel

termine prescrizionale di dieci anni, anche qualora l'Aquino aves

se proposto, a suo tempo, opposizione alla stima e questa si

fosse risolta con una sentenza passata in giudicato. Il ricorso deve essere accolto. Al di là di qualche imprecisione

nella sua articolazione, peraltro senza rilievo sul contenuto so

stanziale delle doglianze, queste si riassumono nella proposizio ne diretta a censurare la sentenza impugnata per aver dichiarato

improponibile la domanda stante la ritenuta decadenza dal di

ritto azionato (ex art. 19 1. n. 865 del 1971), laddove tale diritto

era soggetto non già alla suddetta decadenza bensì al termine

di prescrizione decennale.

Al riguardo il collegio osserva che, come emerge dalla senten

za impugnata, l'indennità in sede amministrativa era stata de

terminata «salvo conguaglio» ai sensi della 1. 29 luglio 1980

n. 385. Tale legge — emanata a seguito della sentenza della

Corte costituzionale n. 5 del 1980 (Foro it., 1980, I, 273), che

dichiarò costituzionalmente illegittimi, quanto ai suoli edifica

tori, i criteri di determinazione dell'indennità introdotti dalla

sia nel caso in cui la misura dell'indennità secondo i criteri della 1. 385/80 con salvezza di conguaglio fosse stata stabilita anche con sen tenza passata in giudicato (Cass. 9 giugno 1988, n. 3924, id., Rep. 1988, voce cit., n. 167), sia nel caso di cessione volontaria del bene con inden nità determinata con gli stessi criteri (Cass. 25 gennaio 1989, n. 422, id., Rep. 1989, voce cit., n. 247; 5 maggio 1995, n. 4917, id., Rep. 1995, voce cit., n. 107), sia a maggior ragione nel caso in cui l'indenniz zo sia semplicemente rimasto soggetto a conguaglio, senza opposizione avverso la sua determinazione amministrativa, a prescindere dalla que stione se fosse o meno decorso il termine di decadenza di cui all'art. 19 1. 865/71 (ed è l'ipotesi oggetto della pronuncia che si riporta).

L'azione per il conseguimento del conguaglio, dunque, è esperibile anche quando la liquidazione dell'indennità sia divenuta irretrattabile

per scadenza, a suo tempo (prima della sentenza che ha dichiarato l'in costituzionalità dei criteri di cui alla 1. 385/80), dei termini di decaden

za, o anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza che nello stes so periodo abbia deciso sull'opposizione alla stima tempestivamente pro posta. Del resto, l'orientamento della Suprema corte è sempre stato nel senso di ritenere il giudizio di opposizione alla stima previsto dal l'art. 19 non già un'impugnazione davanti al giudice ordinario del prov vedimento di stima amministrativa, o anche di semplice continuazione della fase amministrativa di determinazione della stima, in sede giudi ziaria, ma un autonomo procedimento di cognizione ordinaria rivolto alla quantificazione della domanda (Cass. 9 aprile 1984, n. 2260, id., Rep. 1984, voce cit., n. 169; 9 giugno 1987, n. 5018, id., Rep. 1987, voce cit., n. 152; 21 giugno 1988, n. 4221, id., Rep. 1988, voce cit., n. 158; 7 maggio 1990, n. 3772, id., Rep. 1990, voce cit., n. 96; 7 dicembre 1990, n. 11724, ibid., n. 192; 6 maggio 1992, n. 5379, id.. Rep. 1993, voce cit., n. 211).

Nel sistema originario della 1. 865/71, il giudizio di determinazione del quantum dell'indennità di esproprio (e anche di occupazione) pre supponeva la determinazione amministrativa della stessa indennità, da

parte dell'apposita commissione presso l'ufficio tecnico erariale, previ sta dagli art. 15 e 16 e la relativa offerta all'espropriando. Senza di che la domanda era da considerare improponibile (Cass. 25 marzo 1988, n. 2571, id., Rep. 1988, voce cit., n. 79; 18 febbraio 1989, n. 964, id., Rep. 1989, voce cit., n. 177; App. Napoli 23 maggio 1985, id., Rep. 1987, voce cit., n. 161, e Giur. agr. it., 1987, 365. Si è però chiari to che l'esistenza della stima definitiva non costituisce in senso proprio un presupposto processuale, ma una condizione di procedibilità, sicché

quando nel corso del giudizio sopravvenga la decisione definitiva, la condizione dovrà dirsi verificata: Cass. 12 ottobre 1989, n. 4076, Foro

it., Rep. 1989, voce cit., n. 213). Dopo Corte cost. 20 febbraio 1990, n. 67, id., 1990, I, 3057, in base

alla quale si è offerta all'espropriato la facoltà di chiedere la determina

li. Foro Italiano — 1997.

1. 22 ottobre 1971 n. 865 — stabilì che l'indennità per i predetti

suoli, da determinarsi in via provvisoria secondo gli stessi crite

ri già dichiarati incostituzionali con la menzionata sentenza, era

soggetta a conguaglio in base ad una disciplina da introdurre

con una futura legge sostitutiva delle norme dichiarate illegitti

me, che doveva essere emanata entro il termine di un anno,

poi ripetutamente prorogato. Nell'ambito della procedura espro

priativa l'indennità così determinata, pur essendo soggetta a con

guaglio, non era un'indennità provvisoria ai sensi e per gli ef

fetti di cui all'art. 11 1. 865/71, ma aveva carattere definitivo

e rendeva esperibile l'opposizione ex art. 19 1. 865/71. Tuttavia, se l'opposizione non fosse stata proposta o l'indennità fosse

divenuta altrimenti irretrattabile, essa, appunto perché soggetta a conguaglio in un rapporto per espresso disposto di legge non

esaurito ma sorto programmaticamente incompiuto e da com

pletare con un intervento successivo, lasciava integro e impre

giudicato il diritto del proprietario destinatario dell'ablazione

a conseguire il conguaglio o l'integrazione dell'indennità stessa

secondo le future norme da emanarsi.

Tale diritto non è certamente venuto meno, una volta che

anche le disposizioni della 1. n. 385 del 1980 sono state dichiara

te costituzionalmente illegittime con la sentenza della Corte co

stituzionale n. 223 del 1983 (id., 1983, I, 2057). Infatti il diritto

dell'espropriato ad una congrua indennità trae fondamento dal

disposto dell'art. 42 Cost., come interpretato dalla medesima

Corte costituzionale (v., in particolare, la ricordata sentenza n.

5 del 1980). Anzi, come questa Corte suprema ha ripetutamente afferma

to, proprio la declaratoria di cui alla sentenza n. 223 del 1983, caducando per intero la disciplina della 1. n. 385 del 1980 (com

preso il rinvio alla legge futura), comporta di per sé il diritto

dell'espropriato di conseguire l'integrazione o il conguaglio del

l'indennità secondo il criterio del valore venale di cui all'art.

39 1. 25 giugno 1865 n. 2359, rimasto vigente nell'ordinamento

dopo la rimozione delle norme dichiarate illegittime. E ciò non

zione dell'indennità di espropriazione indipendentemente da una stima amministrativa (analogamente riguardo all'indennità di occupazione in virtù di Corte cost. 22 ottobre 1990, n. 470, ibid.), il giudizio instaurato dal privato si è definitivamente svincolato dalla logica della opposizione alla stima (che non c'è), assumendo i caratteri di autonomo giudizio di cognizione per la determinazione dell'indennità di esproprio (per il

conseguimento dell'indennità di occupazione, il termine è stato fatto decorrere dalla pubblicazione di Corte cost. 470/90, che ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 20 1. 865/71 nella parte in cui non consenti va di agire per il conseguimento dell'indennità di occupazione in man canza della determinazione amministrativa della stessa: Cass. 1° feb braio 1996, n. 868, Giust. civ., 1996, I, 1325). Esso è di conseguenza esperibile soltanto dopo l'emanazione del decreto di esproprio (Cass. 5 luglio 1995, n. 7401, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 105) e non è soggetto al termine decadenziale di cui all'art. 19 1. 867/71. Si è posto semmai il problema della competenza, per il quale si registrano due orientamenti: da un lato, per l'affermazione della competenza della corte

d'appello in unico grado, stanno ragioni di ordine pratico e sistematico, giustificate da una progressiva trasformazione dello speciale rimedio pre visto dall'art. 19 1. 865/71, per effetto della sentenza 67/90 della Corte

costituzionale, ed estensione ad ogni ipotesi in cui si sia promossa l'e

spropriazione secondo la 1. 865/71 e si sia emanato il decreto di espro priazione, a prescindere dall'intervenuta determinazione dell'indennità in sede amministrativa (Cass. 21 giugno 1989, n. 2960, id., Rep. 1989, voce cit., n. 171; 4 dicembre 1989, n. 5343, ibid., n. 169; 2 febbraio

1991, n. 1031, id., Rep. 1991, voce cit., n. 163; 6 maggio 1992, n.

5379, id., Rep. 1993, voce cit., n. 216; 17 giugno 1992, n. 7462, id., Rep. 1992, voce cit., n. 137; 17 giugno 1992, n. 7472, id., Rep. 1993, voce cit., n. 132; 20 giugno 1994, n. 5915, cit.).

Dall'altro lato, per l'applicazione delle ordinarie regole di competen za per valore, depongono ragioni di correttezza costituzionale, legate alla preoccupazione di un possibile abuso nell'impiego di uno strumen to, l'opposizione alla stima, eccezionalmente previsto dalla legge per ipotesi ben determinate, e dunque non applicabile per analogia (Cass. 18 dicembre 1989, n. 5661, id., Rep. 1989, voce cit., n. 168; 18 giugno 1992, n. 7554, id., Rep. 1992, voce cit., n. 185; 12 febbraio 1993, n. 1776, id., Rep. 1993, voce cit., n. 218; 11 maggio 1994, n. 4592, id., Rep. 1994, voce cit., n. 97. In dottrina, sembra propendere per questa tesi, Vignale, L'espropriazione per pubblica utilità e le ultime leggi di modifica, Napoli, 1994, 371: analogamente, per l'ipotesi di congua glio richiesto in relazione ad intervenuta cessione volontaria del bene: Cass. 28 luglio 1994, n. 7070, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 101; 25 febbraio 1992, n. 2324, id., Rep. 1992, voce cit., n. 239; 5 giugno 1992, n. 6960, ibid., n. 241).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

solo quando la declaratoria di incostituzionalità fosse interve

nuta nel corso di un giudizio di opposizione alla stima già pen dente, ma anche nell'ipotesi che la misura dell'indennità deter

minata in sede amministrativa ai sensi della 1. 385/80, con sal

vezza di conguaglio, fosse rimasta ferma per mancata opposizione alla stima, o che essa avesse costituito la base per la determina

zione del corrispettivo di una cessione volontaria in ambito espro

priativo (cfr. in questi termini Cass. 11 maggio 1994 n. 4592,

id., Rep. 1994, voce Espropriazione per p.i., n. 152, in motiva

zione, ed ivi ulteriori richiami). A codesti principi, che trovano base nella normativa vigente,

va data in questa sede continuità, con la precisazione che, ai

fini dell'integrazione dell'indennità, deve ora tenersi conto dei

nuovi criteri introdotti dalla sopravvenuta disposizione dell'art.

5 bis, aggiunto al d.l. 11 luglio 1992 n. 333 dalla legge di con

versione 8 agosto 1992 n. 359, nel testo risultante dalla dichia

razione di parziale illegittimità costituzionale di cui alla senten

za della Corte costituzionale n. 283 del 1993, criteri dichiarati

dalla norma stessa espressamente applicabili anche per i proce dimenti in corso.

Dalle considerazioni fin qui svolte discende che l'esercizio del

diritto soggettivo ad ottenere il conguaglio non è sottoposto al

l'osservanza e al decorso del termine di decadenza di cui all'art.

19 1. n. 865 del 1971, in quanto l'azione per l'integrazione del

l'indennità, già definita e liquidata in via amministrativa con

salvezza di conguaglio, non può definirsi un'azione di opposi zione alla stima in senso proprio, perché essa spetta anche quando la liquidazione della detta indennità sia divenuta irretrattabile, finanche a seguito di sentenza passata in giudicato in esito a

già proposta opposizione. Pertanto, la detta azione può essere

proposta nell'ordinario termine di prescrizione decennale, de

corrente dalla data del decreto di esproprio (o, come nella spe

cie, di asservimento). In tal senso, del resto, questa corte si

è ripetutamente pronunciata (Cass. 6 settembre 1994, n. 7606,

id., Rep. 1994, voce cit., n. 100; 28 luglio 1994, n. 7060, ibid., n. 98; 11 maggio 1994, n. 4592, cit., in motivazione; 12 aprile

1994, n. 3406, ibid., n. 99; 24 luglio 1992, n. 8915, id., Rep. 1993, voce cit., n. 233; 27 marzo 1992, n. 3791, id., Rep. 1992, voce cit., n. 207).

Per contrastare tale conclusione non vale addurre — come

si sostiene nel controricorso — che la corte di appello, con ac

certamento di fatto insindacabile in questa sede, avrebbe ritenu

to l'azione spiegata dall'Aquino «una tipica opposizione alla

stima prevista dall'art. 19 1. n. 865 del 1971», sicché sarebbe

vano, ed in ogni caso tardivo, il tentativo del ricorrente di mo

dificare in questa sede la propria linea di difesa, sostenendo

che l'azione de qua non doveva essere qualificata come opposi zione ex art. 19 1. 865/71, bensì come azione diretta alla rideter

minazione dell'indennità di asservimento, in conseguenza della

dichiarazione d'incostituzionalità della 1. n. 385 del 1980.

Si deve replicare che, come si evince dalla stessa sentenza im

pugnata, l'Aquino fin dall'inizio aveva formulato (tra le altre

domande) quella diretta ad ottenere la rideterminazione dell'in

dennità di asservimento. Che poi tale pretesa sia stata ricondot

ta nel parametro dell'art. 19 1. 22 ottobre 1971 n. 865, al fine

di radicare la competenza in unico grado della corte di appello

(sul punto v. Cass. 28 luglio 1994, n. 7060, cit.), è questione attinente non già ad accertamento di fatto bensì a qualificazio ne giuridica che, in quanto tale, non incontra preclusione di

sorta di questa sede di legittimità. Né può sostenersi che, una

volta adottato il parametro descritto nel citato art. 19, sarebbe

conseguibile l'applicazione del termine di decadenza di trenta

giorni. Detto termine, infatti, si riferisce alla opposizione alla

stima effettuata in sede amministrativa, non già alla (diversa ancorché collegata) azione finalizzata ad ottenere il conguaglio necessario per ricondurre l'indennità alla nozione costituzionale

di serio ristoro del diritto oggetto dell'ablazione.

Alla stregua delle esposte considerazioni la sentenza impu

gnata — che ha ritenuto improponibile la domanda dell'Aquino

per intervenuta decadenza — deve essere cassata e la causa va

rinviata, per nuovo esame, ad altra sezione della Corte di ap

pello di Napoli, che si uniformerà al seguente principio di dirit

to: «l'azione per la rideterminazione dell'indennità di esproprio

(o di asservimento), calcolata in base a criteri dichiarati incosti

tuzionali, è soggetta all'ordinario termine decennale di prescri

zione, decorrente dalla data del decreto di esproprio o di asser

vimento».

Ti. Foro Italiano — 1997.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 2 maggio 1995, n. 4814; Pres. Lanni, Est. Ravagnani, P.M. Martone

(conci, conf.); Soc. Italia di navigazione (Aw. Marazza, Car

dillo) c. Inpdai (Avv. Barbaria, Vecchioni) e Inps; Inps (Avv. Cantarini, Sarto, Pasarella) c. Inpdai e Soc. Italia di navigazione. Cassa Trib. Genova 29 giugno 1993.

Previdenza e assistenza sociale — Comandanti di nave e diret tori di macchina — «Ius superveniens» — Natura di interpre tazione autentica — Diritto alla qualifica di dirigente ai fini

previdenziali — Esclusione — Limiti (Cod. civ., art. 2095; cod. nav., art. 292, 295, 321; r.d.l. 7 dicembre 1936 n. 2081, nuovo assetto delle linee di navigazione di preminente interes

se nazionale, art. 3; 1. 27 dicembre 1953 n. 967, previdenza dei dirigenti di aziende industriali, art. 3; 1. 27 luglio 1967 n. 658, riordinamento della previdenza marinara, art. 58, 59; 1. 15 marzo 1973 n. 44, norme integrative della 1. 27 dicembre 1953 n. 967, art. 4; 1. 26 luglio 1984 n. 413, riordinamento

pensionistico dei lavoratori marittimi, art. 4, 6; 1. 9 marzo

1989 n. 88, ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previ denza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione con tro gli infortuni sul lavoro, art. 49; d.l. 20 maggio 1993 n.

148, interventi urgenti a sostegno dell'occupazione, art. 6; 1. 19 luglio 1993 n. 236, conversione in legge, con modificazio

ni, del d.l. 20 maggio 1993 n. 148, art. 1).

Il comma 15 bis dell'art. 6 d.l. 20 maggio 1993 n. 148, intro dotto dalla legge di conversione 19 luglio 1993 n. 236 — che ha innovato (soltanto per il personale in servizio e con esclu

sione di quello in pensione) la materia dell'inquadramento ai

fini previdenziali dei comandanti di nave e dei direttori di

macchina — ha natura di norma di interpretazione autentica

della precedente normativa e pertanto ha efficacia retroatti

va; conseguentemente, dalla data di entrata in vigore della

norma indicata i comandanti di nave e i direttori di macchina

non hanno più diritto ad essere inquadrati, ai fini previden ziali, nella categoria dei dirigenti e ad essere iscritti presso l'Istituto nazionale di previdenza per i dirigenti di aziende industriali salvo che, trattandosi di personale in servizio, non

abbiano optato, entro il 31 ottobre 1993, per la conservazio ne dell'iscrizione all'Inpdai (nella specie, la nuova normativa

era entrata in vigore nel corso del giudizio). (1)

Motivi della decisione. — Devesi anzitutto disporre la riunio

ne dei ricorsi, siccome proposti avverso la medesima sentenza

(art. 335 c.p.c.). Con i ricorsi — sostanzialmente analoghi — proposti dal

l'Inps, con la deduzione dell'oggettiva violazione dello ius su

perveniens costituito dal comma 15 bis dell'art. 6 d.l. 20 mag

gio 1993 n. 148, introdotto dalla legge di conversione 19 luglio 1993 n. 236, entrata in vigore prima del passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Genova, e dall'Italia di naviga zione s.p.a., con la deduzione della violazione ed erronea appli cazione dell'art. 4, lett. a) ed i), 1. 26 luglio 1984 n. 413, e

dell'art. 6, comma 15 bis, 1. 20 maggio 1993 n. 148, si assume

che l'intervento ultimo del legislatore sulla materia dell'inqua dramento previdenziale dei comandanti di nave e dei direttori

di macchina abbia, per effetto dell'indicata norma dell'art. 6 — da ritenere di natura interpretativa — efficacia retroattiva, sicché i marittimi con le predette qualifiche di comandanti e

di direttori debbono essere compresi nell'equipaggio, di cui al

l'art. 4, 2° comma, lett. a), 1. 26 luglio 1984 n. 413, e nello

stato maggiore navigante, di cui alla lett. i) della stessa norma, con il conseguente loro assoggettamento al trattamento pensio nistico dell'Inps, salvo l'esercizio dell'opposizione, da parte dei

marittimi in servizio, per la conservazione dell'iscrizione al

l'Inpdai.

(1) La Suprema corte modifica, a seguito dell'entrata in vigore del comma 15 bis dell'art. 6 d.l. 20 maggio 1993 n. 148 introdotto dalla

legge di conversione 19 luglio 1993 n. 236 (che ha interpretato autenti camente la 1. 413/84 nel senso che il comandante e il direttore di mac china devono ritenersi compresi anche ai fini previdenziali nell'equipag gio e nello stato maggiore navigante con conseguente iscrizione all'Inps) l'indirizzo ormai consolidato in merito alla possibilità di attribuire, ai comandanti di nave e ai direttori di macchina, la qualifica dirigenziale (ignota al codice della navigazione) ai soli fini previdenziali con conse

guente obbligo di iscrizione all'ente previdenziale dei dirigenti di azien de industriali.

Da ultimo, nel senso indicato e oggi superato, Cass. 24 marzo 1993, n. 3467, Foro it., 1993, I, 3299, con nota di richiami.

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