sezione I civile; sentenza 9 settembre 2004, n. 18177; Pres. De Musis, Est. Petitti, P.M. Sepe(concl. conf.); Banca nazionale del lavoro (Avv. Romano) c. Russo (Avv. D'Amico). Cassa App.Roma 8 marzo 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 3 (MARZO 2005), pp. 739/740-743/744Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200215 .
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739 PARTE PRIMA 740
mare nel comune di Cerveteri, era cessato allo spirare del termi
ne decennale di durata previsto dall'art. 2604 c.c.
La Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata il 13
marzo 2001, confermò integralmente la decisione del primo
giudice. La corte respinse, anzitutto, una serie di eccezioni pregiudi
ziali di rito proposte dai consorziati appellanti e tra queste, in
particolare, l'eccezione sollevata dalla difesa della sig. Pierina
Marini, che lamentava la mancata notificazione ad essa Marini
dell'atto di integrazione del giudizio di primo grado, disposta a
suo tempo dal tribunale nei riguardi di tutti i partecipanti al con
sorzio ed eseguita per pubblici proclami, e comunque la nullità
di tale citazione per violazione dei termini minimi di compari zione. Quanto al merito, la corte d'appello, dopo aver preso in
esame lo statuto del consorzio Campo di mare, ne dedusse che
in realtà non si trattava di un vero e proprio consorzio per la
produzione e per gli scambi, del genere di quelli contemplati
dagli art. 2602 ss. c.c., bensì di una convenzione atipica che
aveva dato vita ad un'associazione volta alla conservazione ed
alla gestione delle strade e di altri beni e servizi comuni ai pro
prietari immobiliari del comprensorio, implicante l'assoggetta mento a reciproche servitù di transito. La durata di tale associa
zione si sottraeva quindi al dettato dell'art. 2604 c.c. e dipende va invece dal verificarsi di particolari evenienze specificamente indicate nello statuto (sostanzialmente ricollegatesi all'assun
zione a proprio carico, da parte del comune, della manutenzione
e gestione dei beni e dei servizi pubblici del comprensorio), che
nella specie non risultavano però ancora essersi verificate.
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso la
sig. Marini e gli altri consorziati indicati in epigrafe. Ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memo
ria, il solo consorzio Campo di mare.
Con ordinanza depositata il 6 novembre 2002, questa corte, avendo rilevato che nei precedenti gradi di merito il contraddit
torio era stato esteso a tutti i partecipanti al consorzio (gran
parte dei quali evocati in giudizio con atto notificato per pubbli ci proclami), vertendosi in situazione di litisconsorzio necessa
rio, e che, viceversa, gli intimati nel giudizio di cassazione non
costituivano la totalità di coloro nei cui riguardi la sentenza im
pugnata era stata resa, ha disposto l'integrazione del contrad
dittorio nei confronti di tutti costoro anche nel presente giudizio di legittimità.
In conseguenza di ciò, i ricorrenti hanno proceduto a notifica
re a tutti i soggetti prima pretermessi, in taluni casi individual
mente e, per il resto, mediante pubblici proclami, un atto di in
tegrazione del contraddittorio.
Nessuno dei destinatari di tali notifiche ha spiegato difese.
I ricorrenti hanno depositato ulteriore memoria.
Motivi della decisione. — Come già riferito in narrativa, que sta corte ha disposto l'integrazione del contraddittorio nei con fronti di tutti coloro che, essendo già stati evocati nel giudizio di
merito in quanto litisconsorti necessari, non erano stati invece
chiamati a partecipare anche al presente giudizio di cassazione.
Al fine di ottemperare a quanto disposto da questa corte, i ri
correnti hanno quindi proceduto a notificare a tutti i litisconsorti
originariamente pretermessi un atto, definito di «integrazione del contraddittorio», che è stato poi depositato nella cancelleria
di questa corte.
Occorre allora, preliminarmente, verificare se in tal modo sia
stata idoneamente realizzata l'integrazione del contraddittorio
disposta dalla precedente ordinanza di questa corte.
A tal riguardo è opportuno ricordare che in più occasioni, e di
recente con sentenza n. 4144 del 2003 (Foro it., Rep. 2003, vo
ce Cassazione civile, n. 234), questa corte ha chiarito in qual modo debba operarsi l'integrazione del contraddittorio prevista dall'art. 371 bis c.p.c. In particolare, si è precisato che l'atto di
integrazione non costituisce una mera denuncia dell'esistenza
del processo in Cassazione, né una sorta di sollecitazione a ri
correre (o controricorrere) rivolta al suo destinatario. Costitui
sce, invece, la riproposizione dell'impugnazione nei confronti
dei soggetti precedentemente pretermessi. Donde consegue che
l'atto da notificare altro non può essere che il ricorso originario nella sua interezza (con l'eventuale aggiunta delle difese suc
cessivamente depositate), sia pure con la diversa intestazione ri
chiesta dalla citata disposizione del codice (la cui mancanza, pe raltro, non incide sulla sostanziale idoneità dell'atto a realizzare
Il Foro Italiano — 2005.
il suo scopo: cfr. Cass. n. 8464 del 1999, id., Rep. 1999, voce
Impugnazioni civili, n. 93). Se così non fosse, se cioè si dovesse ritenere consentita la
notificazione di un atto d'integrazione di contenuto diverso e ri
dotto rispetto al ricorso, si determinerebbe un'inammissibile di
sparità di situazioni tra i destinatari del ricorso originario e colo
ro che, pur essendo litisconsorti necessari, sono chiamati a par
tecipare al giudizio in un momento successivo.
Nel caso di specie, viceversa, l'atto di integrazione del con
traddittorio non contiene l'integrale esposizione del ricorso, ma
ne costituisce una mera sintesi, priva, tra l'altro, di una com
piuta ed esauriente enunciazione del fatto e delle norme di di
ritto che si assumono violate, e con una succinta riepilogazione dei motivi di impugnazione, contenuta in solo poco più di quat tro pagine a fronte delle circa dieci pagine lungo le quali si di
spiega l'esposizione di tali motivi nell'atto originario di ricorso.
Stando così le cose, l'atto in esame non appare conforme al
corrispondente modello normativo e non può, pertanto, conside
rarsi idoneo ad adempiere l'ordine d'integrazione del contrad
dittorio formulato con la precedente ordinanza da questa corte.
Ne consegue che l'integrazione del contraddittorio non può dirsi avvenuta, entro i termini prescritti, e che il ricorso deve
quindi essere dichiarato inammissibile, ai sensi dell'art. 331, 2° comma, c.p.c.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 9 set tembre 2004, n. 18177; Pres. De Musis, Est. Petitti, P.M. Se
pe (conci, conf.); Banca nazionale del lavoro (Avv. Romano) c. Russo (Avv. D'Amico). Cassa App. Roma 8 marzo 2001.
Prova documentale — Scrittura privata — Attestazione di
conformità all'originale del notaio — Validità — Fatti specie (Cod. civ., art. 2714; d.p.r. 28 dicembre 2000 n. 445, t.u. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
documentazione amministrativa (testo A), art. 18).
L'attestazione del notaio di conformità della copia all'origina le, che egli stesso abbia redatto e che presenti i requisiti di
forma previsti dall'art. 18 d.p.r. n. 445 del 2000, è idonea a
conferire alla copia il carattere di copia autentica, e conse
guentemente l'efficacia propria di tale atto, anche ove dalla
predetta attestazione non risulti che l'originale, non nella
disponibilità del notaio, sia stato esibito a quest'ultimo
(nella specie, si trattava di una procura generale alle li
ti). (1)
(1) La pronuncia si segnala per aver affrontato la tematica delle mo dalità di rilascio di copia c.d. autentica da parte del notaio sotto lo spe cifico profilo del «contenuto» dell'attestazione di conformità della co
pia all'originale che il pubblico ufficiale deve porre in essere in sede di rilascio della copia.
A tal proposito, la Cassazione era più precisamente chiamata a scio
gliere il seguente quesito: «se, ai fini della autenticazione della copia di un atto, la mera attestazione di conformità all'originale apposta da un notaio (o da altro pubblico ufficiale) sulla copia sia o meno sufficiente ad attribuire a questa l'efficacia di copia autentica ovvero se, perché si
produca tale effetto, nel caso in cui l'atto non sia nella disponibilità del notaio (o del pubblico ufficiale), sia altresì necessario che il notaio (o il
pubblico ufficiale) attestino che l'originale è stato loro esibito». Nella specie trattavasi di procura alle lìti autenticata da notaio rite
nuta dalla corte d'appello «non . .. idonea allo scopo, trattandosi di co
pia la cui conformità risultava attestata senza menzione dell'esame del
l'originale, esame che, invece, nel caso di specie, sarebbe stato neces
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Con sentenza in data 5 febbraio
1996, il Tribunale di Roma, in accoglimento dell'opposizione proposta da Russo Filippo avverso il decreto ingiuntivo richie sto e ottenuto dalla Banca nazionale del lavoro nei suoi con
fronti, nella constatata mancanza del fascicolo di detto istituto e
del conseguente difetto di prova del credito azionato, disponeva la revoca del decreto opposto.
La Corte d'appello di Roma, adita dalla Banca nazionale del
lavoro, dichiarava inammissibile l'appello, rilevando che la co
sano», trattandosi di atto non messo a raccolta dal notaio e dunque non conservato dallo stesso.
Ad avviso della corte d'appello, in sostanza, ove il notaio sia chia mato a rilasciare copia c.d. autentica di atto il cui originale non sia con servato dallo stesso in originale, nell'attestare la conformità rispetto a
quest'ultimo della copia rilasciata, tale pubblico ufficiale dovrebbe ne cessariamente dar conto dell'avvenuta esibizione dell'originale.
Per tali motivi la corte d'appello aveva dichiarato inammissibile
l'appello. La Cassazione è di diverso avviso. La Suprema corte, infatti, nel cassare la pronuncia impugnata, dopo
essersi soffermata sulle previsioni di cui agli art. 67 1. not. e 14, 2°
comma, 1. 4 gennaio 1968 n. 15 (abrogato dall'art. 77 d.p.r. 28 dicem bre 2000 n. 445 e riprodotto nel 1° e 2° comma dell'art. 18 medesimo
d.p.r.) e sull'assenza di indicazioni «circa il modo di formazione delle
copie» nel codice civile (essendo gli art. 2714-2719 destinati a discipli nare l'efficacia delle copie degli atti e non anche le modalità di forma zione delle copie stesse), è giunta a ritenere che: «l'attestazione del
notaio, di conformità della copia all'originale che egli stesso abbia re
datto, che presenti gli altri requisiti di forma previsti dall'art. 18 d.p.r. n. 445 del 2000, sia idonea a conferire alla copia il carattere di copia autentica e, conseguentemente, l'efficacia propria di tali atti, anche se dalla predetta attestazione non risulti che l'originale, non nella disponi bilità del notaio, sia stato esibito».
Sotto il profilo probatorio, l'efficacia cui la Cassazione fa riferi mento è chiaramente quella di cui all'art. 2714 c.c., il quale reca «copie di atti pubblici» e, giova ricordarlo, prevede che: «le copie di atti pub blici spedite nelle forme prescritte da depositari pubblici autorizzati fanno fede come l'originale».
La Suprema corte giunge alla conclusione su riferita in quanto: «l'attestazione di conformità di una copia ad un originale . .. non può non comportare l'attività di verifica della effettiva conformità all'origi nale che, quindi, se non depositato presso il notaio che procede all'au
tenticazione, deve presumersi sia stato esibito. Se così non fosse, del
resto, dovrebbe ipotizzarsi, in contrasto con il senso delle espressioni utilizzate dal notaio, che l'attestazione di conformità sia stata effettuata dal notaio senza aver preso visione dell'originale; contestazione, que sta, che potrebbe essere mossa con l'unico rimedio della querela di fal so. Ne consegue che l'attestazione, da parte del notaio, della conformità della copia all'originale (nella specie, giova ribadirlo, redatto dal me desimo notaio attestante la conformità), ove non venga contrastata con la proposizione della querela di falso, deve presumersi sia stata apposta dal notaio previa esibizione dell'atto non depositato presso di lui».
Non sussistono, a quanto consta, precedenti giurisprudenziali speci fici in termini.
Sulla diversa ipotesi di attestazione da parte del notaio, anziché della conformità della copia (nella specie, copie fotografiche di scritture) al
l'originale, solo della conformità della stessa rispetto al documento esi
bitogli, cfr. Cass. 24 giugno 1998, n. 6263 (Foro it., Rep. 1999, voce Prova documentale, n. 75, e Nuova giur. civ., 1999, I, 117, con nota di S. Patti, Conformità della copia al documento e conformità al docu mento originale), secondo la quale in tal caso «le suddette copie non assumono il valore di prova legale, dovendo ad esse riconoscersi la più limitata efficacia di un principio di prova per iscritto ai sensi dell'art. 2717 c.c.».
In dottrina, cfr. P. Boero, Copia, estratto e certificato notarile, voce del Digesto civ., Torino, 1989, IV, 406 ss., spec. 407, testo, e 408, nota
3, il quale, nell'occuparsi delle disposizioni in materia di cui al r.d.l. n. 1666 del 1937 ed alla 1. n. 15 del 1968, pone in rilievo come queste «presuppongono entrambe la produzione al pubblico ufficiale dell'ori
ginale da cui trarre la copia, ancorché tale originale possa venire resti tuito al richiedente» e come «di tale restituzione è usuale, ma non ob
bligatorio, fare menzione nella formula dell'autenticazione della co
pia». In via più generale, sulla tematica in esame, cfr., per tutti, da ultimo,
A. Ruotolo, in G. Casu-S. Tondo-A. Ruotolo, Il documento, in Trat tato di diritto civile del Consiglio nazionale del notariato diretto da P.
Perlingeri, Napoli-Roma, 2003, 344 ss.; nonché, oltre al già citato contributo di Boero, G. Casu, Competenza del notaio a rilasciare copie autentiche, in Studi e materiali a cura della commissione studi del Con
siglio nazionale del notariato, Milano, 1986,1, 70 ss.; G. Trisorio Liuz
zi, Copia e collazione di atti, voce del Digesto civ., Torino, 1989, IV,
Il Foro Italiano — 2005.
pia «dichiarata conforme» della procura alle liti, autenticata dal notaio Liguori di Roma, depositata dalla banca su richiesta del
consigliere istruttore, non era idonea allo scopo, trattandosi di
copia la cui conformità risultava attestata senza la menzione dell'esame dell'originale, esame che, invece, nel caso di specie, sarebbe stato necessario. La procura in questione, pur essendo
generale, destinata cioè ad essere utilizzata un numero indeter minato di volte, non era stata messa a raccolta dal notaio, sicché
il professionista non aveva conservato presso di sé l'originale. Tuttavia, osservava la corte, le fotocopie delle scritture private hanno la stessa efficacia dell'originale, ove questo si trovi pres so chi ne dichiari la conformità; in mancanza di detto deposito, non è invece sufficiente l'attestazione di conformità della copia
all'originale, genericamente dichiarata, essendo invece necessa
rio che il pubblico ufficiale esplicitamente e univocamente atte
sti di aver avuto l'esibizione dell'originale medesimo. E la pre visione della messa a raccolta degli atti notarili è volta proprio a
soddisfare la finalità di evitare che la parte si trovi sempre nella
necessità di portare l'originale presso l'ufficiale competente al
rilascio della copia; competenza che, nel caso del notaio, spetta solo a quest'ultimo, ai sensi dell'art. 67 1. n. 89 del 1913, con la
deroga di cui all'art. 2673 c.c., o, se cessato, all'archivio nota
rile dal quale questi dipendeva. Conseguentemente, allorquando la persona che necessita della copia non abbia la disponibilità
dell'originale, deve provvedere a rinnovare l'atto, non essendo
più possibile estrarne copie. Nella specie, inoltre, dalla fotoco
pia in atti non risultavano neanche gli estremi della registrazio ne —
obbligatoria in termine fisso, trattandosi di procura gene rale — e nella cui assenza il notaio non avrebbe neanche potuto rilasciare copie.
Per la cassazione di tale sentenza, propone ricorso la Banca
nazionale del lavoro, cui resiste con controricorso il Russo.
Motivi della decisione. — Con il ricorso la Banca nazionale
del lavoro deduce violazione di legge e falsa applicazione del
l'art. 66 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 (o 1. 4 gennaio 1968 n. 15). Erroneamente la sentenza impugnata ha trattato la procura, ri
tenendone necessaria la registrazione, come se la stessa avesse
natura di procura ad negotia, e cioè di una procura destinata a
produrre effetti negoziali, e non anche di atto destinato ad esau
rirsi in un unico contesto. Mentre, infatti, la procura di natura
sostanziale è certamente soggetta all'obbligo di registrazione in
termine fisso, ovvero deve essere sottoposta a registrazione
prima del rilascio di copie, per la procura alle liti è invece
espressamente prevista l'esenzione dall'obbligo di registrazio ne, giacché l'art. 2 della tabella allegata al t.u. dell'imposta di
registro dispone che non vi sia obbligo di richiedere la registra zione per «atti, diversi da quelli espressamente contemplati dalla prima parte della tariffa, dell'autorità giudiziaria in sede
civile e penale (...), atti del contenzioso elettorale e dei proce dimenti disciplinari; procure alle liti».
400 ss.; S. Evangelista, Copia, collazione e riproduzione di atti e do
cumenti, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1988, IX; C. Petrucci, Copia. II. Copia e collazione di atti pubblici, voce del
l'Enciclopedia del diritto, Milano, 1962, X, 636 ss.; G. Girino, Copia, estratto, certificato notarile, voce del Novissimo digesto, appendice, Torino, 1980. II, 815 ss.; Martinetto, Copia e collazione di atti, id., Torino, 1968, IV, 842 ss., ed ivi ulteriori riferimenti.
La pronuncia pare meritevole di adesione.
Ciò, direi, non solo in considerazione della ragionevole argomenta zione di fondo su cui la stessa poggia, più sopra testualmente richia
mata, ma anche della lettera della normativa vigente in materia; la
quale, effettivamente non si preoccupa di disciplinare in sede codicisti ca le modalità secondo cui deve avvenire il rilascio della «copia auten tica» e quando lo fa (ossia fondamentalmente con il citato art. 18 d.p.r. n. 445 del 2000; ma si veda anche la legge notarile, ed in particolare l'art. 69), nel disciplinare sia l'ipotesi dell'autenticazione di copia di atto depositato presso il pubblico ufficiale che quella di pubblico uffi ciale «al quale deve essere prodotto il documento», esplicita in modo analitico ciò che il pubblico ufficiale deve indicare in sede di «attesta zione di conformità con l'originale scritta alla fine della copia» (ossia «la data e il luogo del rilascio, il numero dei fogli impiegati, il proprio cognome e nome, la qualifica rivestita, nonché apporre la propria firma
per esteso e il timbro dell'ufficio» e «se la copia dell'atto e documento consta di più fogli, ... la propria firma a margine di ciascun foglio in
termedio») non ricomprendendovi anche, per l'ipotesi di atto non depo sitato presso il pubblico ufficiale che pone in essere l'attività di cui so
pra, la menzione dell'avvenuta esibizione dell'originale. [E. Fabiani]
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743 PARTE PRIMA 744
Del resto, osserva la ricorrente, il beneficio disposto in favore
di tale ultimo tipo di atti trae fondamento dall'esigenza di eli
minare ogni impedimento fiscale al diritto di agire in giudizio
per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, dovendo le
parti necessariamente farsi rappresentare in giudizio da difenso
re munito di procura, nei limiti di quanto stabilito dagli art. 82 e
83 c.p.c.
Correttamente, quindi, il notaio rogante non ha provveduto alla registrazione della procura. I requisiti formali della dichia
razione di conformità della copia all'originale sono stabiliti
dalla 1. n. 15 del 1968 e consistono nella dichiarazione di con
formità con l'originale, nella data di rilascio, nell'impronta del
sigillo e nella sottoscrizione del notaio; requisiti tutti posseduti dalla copia della procura generale depositata in atti, sicché que sta doveva ritenersi sufficiente per adire i diversi gradi di giudi zio.
Il ricorso è fondato e merita pertanto accoglimento. Come si è rilevato, la corte d'appello ha ritenuto inidonea la
procura generale alle liti esibita dal procuratore della banca ri
corrente nel giudizio di appello in copia autenticata da un no
taio, ritenendo che le norme che disciplinano il rilascio di copie richiedano, allorquando l'atto della cui copia si tratti non risulti
depositato presso il notaio che lo ha redatto, l'attestazione del
l'avvenuta esibizione dell'originale. E nella specie, trattandosi
di procura non depositata presso il notaio che ha proceduto al
l'autenticazione della copia, difettava l'attestazione, da parte del notaio, della conformità della copia all'atto esibitogli.
Il quesito al quale questa corte è chiamata a rispondere è dun
que il seguente: se, ai fini della autenticazione della copia di un
atto, la mera attestazione di conformità all'originale apposta da
un notaio (o da altro pubblico ufficiale) sulla copia sia o meno
sufficiente ad attribuire a questa l'efficacia di copia autentica
ovvero se, perché si produca tale effetto, nel caso in cui l'atto
non sia nella disponibilità del notaio (o del pubblico ufficiale), sia altresì necessario che il notaio (o il pubblico ufficiale) atte
stino che l'originale è stato loro esibito.
In proposito, deve rilevarsi che l'art. 67 1. 16 febbraio 1913 n.
89 (ordinamento del notariato e degli archivi notarili), inserito
nel capo III, recante la rubrica «delle copie degli estratti e dei
certificati», dispone che «il notaro, finché risiede nel distretto
dello stesso consiglio notarile, e continua nell'esercizio del no
tariato, ha egli solo il diritto di permettere l'ispezione e la lettu
ra, di rilasciare le copie, gli estratti e i certificati degli atti da lui
ricevuti, o presso di lui depositati». Il r.d.l. 14 luglio 1937 n.
1666, recante modifiche all'ordinamento del notariato e degli archivi notarili, a sua volta dispone, all'art. 1, che ai notari è
concessa anche la facoltà di: «(...) 5) rilasciare copie od estratti
di documenti ad essi esibiti e di libri e registri commerciali, sal
va sempre all'autorità presso cui se ne fa uso la facoltà di ri
chiedere l'esibizione degli originali». Ai sensi del 2° comma dell'art. 14 1. 4 gennaio 1968 n. 15
(articolo abrogato dall'art. 77 d.p.r. 28 dicembre 2000 n. 445, e
riprodotto nel 1° e 2° comma dell'art. 18 medesimo decreto), «l'autenticazione delle copie può essere fatta dal pubblico uffi
ciale dal quale è stato emesso o presso il quale è depositato l'o
riginale, o al quale deve essere prodotto il documento, nonché
da un notaio, cancelliere, segretario comunale o altro funziona
rio incaricato dal sindaco. Essa consiste nell'attestazione di con
formità con l'originale scritta alla fine della copia, dopo le
eventuali chiamate in calce, a cura del pubblico ufficiale auto
rizzato, il quale deve altresì indicare la data e il luogo del rila
scio, il numero di fogli impiegati, il proprio cognome e nome, la
qualifica rivestita, nonché apporre la propria firma per esteso e
il timbro dell'ufficio. Se la copia dell'atto o documento consta
di più fogli, il pubblico ufficiale appone la propria firma a mar gine di ciascun foglio intermedio».
Nessuna indicazione circa il modo di formazione delle copie si desume dal codice civile, essendo le disposizioni degli art.
2714-2719 destinati a disciplinare l'efficacia delle copie degli atti e non anche le modalità di formazione delle copie stesse.
Per quel che rileva nel presente giudizio, si deve osservare
che la procura esibita dal difensore della banca ricorrente, al cui
esame il collegio può procedere in considerazione della natura
della censura proposta, risulta essere una fotocopia recante
l'attestazione di conformità all'originale apposta dal medesimo
notaio che ha redatto l'originale.
Il Foro Italiano — 2005.
Orbene, il collegio ritiene che l'attestazione del notaio, di
conformità della copia all'originale che egli stesso abbia redat
to, che presenti gli altri requisiti di forma previsti dall'art. 18
d.p.r. n. 445 del 2000, sia idonea a conferire alla copia il caratte
re di copia autentica e, conseguentemente, l'efficacia propria di
tali atti, anche se dalla predetta attestazione non risulti che l'o
riginale, non nella disponibilità del notaio, sia stato esibito.
L'attestazione di conformità di una copia ad un originale, infat
ti, non può non comportare l'attività di verifica della effettiva
conformità all'originale che, quindi, se non depositato presso il
notaio che procede all'autenticazione, deve presumersi sia stato
esibito. Se così non fosse, del resto, dovrebbe ipotizzarsi, in
contrasto con il senso delle espressioni utilizzate dal notaio, che
l'attestazione di conformità sia stata effettuata dal notaio senza
aver preso visione dell'originale; contestazione, questa, che po trebbe essere mossa con l'unico rimedio della querela di falso.
Ne consegue che l'attestazione, da parte del notaio, della con
formità della copia all'originale (nella specie, giova ribadirlo, redatto dal medesimo notaio attestante la conformità), ove non
venga contrastata con la proposizione della querela di falso, de
ve presumersi sia stata apposta dal notaio previa esibizione del
l'atto non depositato presso di lui.
Nessun rilievo può poi essere attribuito alla circostanza, evi
denziata dalla corte d'appello, della mancanza di registrazione della procura generale alle liti, giacché, come correttamente os
servato dalla banca ricorrente, la procura alle liti è espressa mente inserita nell'art. 2 della tabella allegata al d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, tra gli atti per i quali non vi è obbligo di chiedere
la registrazione. In conclusione, il ricorso deve essere accolto e la sentenza
impugnata deve conseguentemente essere cassata, con rinvio a
una diversa sezione della Corte d'appello di Roma, la quale, nel
procedere a nuovo giudizio, si atterrà al seguente principio di
diritto: «In presenza dell'attestazione, da parte del notaio, della
conformità di una copia all'originale, ove sussistano gli altri re
quisiti di forma previsti dall'art. 18 d.p.r. 28 dicembre 2000 n. 445, e nel caso in cui l'originale non sia depositato presso il
notaio stesso, deve presumersi che l'originale sia stato esibito al
notaio».
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 4 set
tembre 2004, n. 17891; Pres. Losavio, Est. Ragonesi, P.M.
Martone (conci, conf.); Soc. Gardenia di Iacono & C. (Avv. Del Vecchio) c. Fall. soc. Interimpianti (Avv. Balsamo).
Conferma App. Roma 8 maggio 2000.
Arbitrato e compromesso — Clausola compromissoria —
Fallimento di una parte anteriormente alla deliberazione — Credito nei confronti del fallito — «Vis attractiva» —
Eccezione del curatore — Pronuncia di improcedibilità del giudizio (Cod. proc. civ., art. 829; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 52, 95).
Quando nel corso di un giudizio arbitrale avente ad oggetto una
pretesa creditoria nei confronti di una delle parti costituite
questa venga dichiarata fallita prima della deliberazione del
lodo e il curatore faccia valere con l'impugnazione del lodo
la circostanza dell'intervenuto fallimento, il giudice di merito
deve dichiarare l'improcedibilità del giudizio per la vis at
tractiva del procedimento di accertamento del passivo. (1)
(1) In termini, per effetto dell'applicazione del principio di esclusi vità del procedimento di accertamento del passivo, Cass., sez. un., 6
giugno 2003, n. 9070, Foro it., Rep. 2003, voce Arbitrato, n. 72; 11
giugno 1969, n. 2064, id., 1969, I, 2490. In dottrina, Jorio, Le crisi
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