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sezione I; decisione 27 gennaio 1987, n. 28; Pres. Caruso, Est. Morgante; Proc. gen. Corte conti c....

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sezione I; decisione 27 gennaio 1987, n. 28; Pres. Caruso, Est. Morgante; Proc. gen. Corte conti c. Abbro e altri (Avv. Violante, Scudiero, Abbamonte) Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 11 (NOVEMBRE 1987), pp. 537/538-541/542 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179165 . Accessed: 28/06/2014 16:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.195 on Sat, 28 Jun 2014 16:57:49 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I; decisione 27 gennaio 1987, n. 28; Pres. Caruso, Est. Morgante; Proc. gen. Corte contic. Abbro e altri (Avv. Violante, Scudiero, Abbamonte)Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 11 (NOVEMBRE 1987), pp. 537/538-541/542Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179165 .

Accessed: 28/06/2014 16:57

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

diatamente che gli impugnati provvedimenti siano stati dettati non

dall'intento d'assicurare un pubblico interesse, ma, piuttosto, un

interesse privato, come assunto dal ricorrente.

Né, come preteso dal ricorrente medesimo, il dedotto vizio di

sviamento può trovare conforto nella diversa stima degli stessi

beni espropriati fatta, in altra vicenda giudiziaria, dai periti no

minati dal Tribunale di Velletri, trattandosi di stime effettuate

in momenti diversi, anche se non lontani, e in distinti procedi

menti, aventi differenti finalità, dettate, ovviamente, da insoppri mibili apprezzamenti soggettivi, tuttavia, affatto dimostrativi del

vizio denunciato.

E, del resto, la ventilata possibilità che l'esproprio fosse stato

disposto per favorire l'altro soggetto espropriato si appalesa co

me una mera illazione, dettata da un chiaro intento difensivo

e del tutto indimostrata.

Per tali considerazioni pure il sesto mezzo di gravame del ri

corso n. 1939/84 e l'ottavo mezzo di gravame del ricorso n.

1845/85 debbono essere in toto respinti. Col quarto motivo del ricorso n. 1845/85, il ricorrente ha de

nunciata la violazione dell'art. 68 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, sostenendo che l'esproprio non poteva essere finanziato mediante

l'utilizzazione degli avanzi di gestione della cessata azienda di Stato

per le foreste demaniali.

La censura è infondata. Sul punto, si richiama il già citato

parere del Consiglio di Stato n. 615/80 del 27 maggio 1981, dal

collegio pienamente condiviso, che ha Claris verbis affermato l'u

tilizzabilità dei fondi di gestione della detta azienda per l'espro

prio in questione.

E, invero, come evidenziato nel detto parere, i fondi di gestio ne della ripetuta azienda «non rientrano in alcuna delle categorie dei beni elencati nell'art. 68 citato e trasferiti alle regioni a segui to della soppressione dell'azienda».

Costituendo, pertanto, tali fondi, nettamente distinti da altri

fondi eventualmente esistenti, una dotazione di pertinenza dello

Stato, ben potevano, come lo sono stati, essere utilizzati per l'e

sproprio di cui trattasi, rientrante nelle attribuzioni dello Stato,

giusto quanto precedentemente osservato.

Anche il quarto mezzo di gravame del ricorso n. 1845/85 va,

quindi, respinto. L'infondatezza di tutti i mezzi di gravame proposti con i due

ricorsi de quibus comporta la loro reiezione.

CORTE DEI CONTI; sezione i; decisione 27 gennaio 1987, n.

28; Pres. Caruso, Est. Morgante; Proc. gen. Corte conti c.

Abbro e altri (Avv. Violante, Scudiero, Abbamonte).

CORTE DEI CONTI;

Responsabilità contabile e amministrativa — Regione

— Invio

di delegazione a congresso — Risarcimento del danno — Giuris

dizione della Corte di conti — Responsabilità dei consiglieri — Esclusione (Cost., art. 117, 122; d.p.r. 24 luglio 1977 n.

616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975

n. 382, art. 4, 57).

Sussiste la giurisdizione della Corte di conti sulla domanda di

risarcimento del danno provocato alla regione dai consiglieri

che abbiano deliberato di inviare una delegazione consiliare e

un funzionario regionale ad un congresso dei comuni gemellati

d'Europa. (1)

(1) La decisione ha affrontato il problema della sussistenza della giuris dizione della Corte dei conti in ordine alla responsabilità dei consiglieri

regionali per i danni patrimoniali arrecati nell'esercizio delle loro funzio

ni alla regione di appartenenza, sotto un unico profilo: se debba o meno

ravvisarsi un difetto assoluto di tale giurisdizione, in ordine a tale respon

sabilità, come conseguenza dell'immunità accordata ai consiglieri regio nali dall'art. 122, 4° comma, Cost., secondo il quale essi «... non posso no essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati ...»

in tale esercizio. Sotto quel medesimo profilo, l'affermazione della decisione ora ripor

tata, anzitutto, deve essere confrontata con la giurisprudenza della Corte

costituzionale che ha interpretato la richiamata disposizione della Costi

tuzione. Tale decisione cita Corte cost. 20 marzo 1985, n. 69, Foro it.,

1985, I, 1274, con nota di R. Moretti, che ha ammesso che la ripetuta immunità copre le opinioni espresse e i voti dati dai consiglieri regionali non solo nell'esercizio della funzione legislativa regionale, ma anche nel

l'esercizio di altre funzioni regionali aventi diversa natura; ma ha limitato

Il Foro Italiano — 1987 — Parte III-38.

Vanno esenti da responsabilità i consiglieri di una regione che

abbiano deliberato l'invio di una delegazione consiliare e di

un funzionario regionale ad un congresso dei comuni gemellati

d'Europa. (2)

queste altre diverse funzioni «protette» solo a quelle tipiche ed esclusive

del consiglio regionale, secondo lo schema organizzatorio già delineato

dalla Costituzione, e ampliabili, eventualmente, solo dalla legislazione sta

tale: con esclusione, quindi, di quelle fondate su normative di fonte re

gionale, ivi compresi gli statuti, come ricorreva nel caso allora sub iudice.

Nel caso ora deciso dalla Corte dei conti, i consiglieri regionali convenu

ti, in qualità di componenti l'ufficio di presidenza del consiglio, avevano

deliberato l'invio di una delegazione consiliare al quarto congresso, a Brigh

ton, dei comuni gemellati di Europa. Il confronto della affermazione del

la riportata pronuncia, della sussistenza in proposito della giurisdizione della Corte dei conti, con la sentenza n. 69/85 della Corte costituzionale,

perciò, circoscrive il problema in termini tutto sommato limitati: se l'in

dicata deliberazione dell'ufficio di presidenza del consiglio regionale rien

tri o meno (come nega la Corte dei conti), nelle funzioni consiliari tipiche nel senso assunto dalla sentenza della Corte costituzionale.

La decisione non ha tenuto conto della successiva sentenza della Corte

costituzionale 22 aprile 1986, n. 100, peraltro già pubblicata da vari mesi

alla data dell'udienza di discussione, in questo fascicolo, I, 2974, con

nota di richiami, relativa alla questione di legittimità costituzionale di

disposizioni legislative della regione Abruzzo, che ponevano a carico del

bilancio regionale l'assicurazione dei consiglieri regionali per rischi non

connessi con l'esercizio del loro mandato: questione sollevata con ordi

nanza 18 giugno 1977 della sez. II della Corte dei conti, Foro it., 1978,

III, 686, con nota di richiami, nel corso del giudizio di responsabilità nei confronti dei consiglieri che avevano deliberato tali disposizioni legi

slative, sul presupposto che, ove queste fossero risultate incostituzionali, essi avrebbero risposto in quella sede dei danni in tal modo arrecati alla

regione di appartenenza; presupposto, però, che la Corte costituzionale

ha smentito, sostenendo che l'immunità accordata ai consiglieri regionali

per le opinioni espresse e i voti dati nell'esercizio della funzione legislati va regionale, li avrebbe comunque esonerati dalla responsabilità contabile

e amministrativa rientrante nella giurisdizione della Corte dei conti, dei

danni arrecati alla regione con l'adozione di disposizioni legislative, an

che se queste fossero poi risultate incostituzionali; e, quindi, dichiarando

inammissibile per difetto di rilevanza la sollevata questione. II confronto della riportata decisione con la sentenza n. 100/86 della

Corte costituzionale appare significativo per la determinazione dei limiti della giurisdizione della Corte dei conti nei confronti dei consiglieri regio nali, almeno sotto due profili. Il primo, che poi è l'unico del quale, come si è osservato, tale decisione ha tenuto conto, riguarda l'estensione della immunità costituzionalmente accordata ad essi: che, quando ricorre, in riferimento all'esercizio della funzione legislativa regionale e delle altre

funzioni che sono tipiche del consiglio, copre non solo la responsabilità

penale (su cui Delogu, in Riv. it. dir. eproc. pen., 1980, 621), considera

ta dalla sentenza n. 69/85, ma anche quella contabile e amministrativa; il che rende essenziale la verifica dell'assenza di contrasti circa la tipicità 0 meno della funzione consiliare esercitata, secondo l'ordine di idee so

pra accennato. Il secondo, che poi è quello di gran lunga più rilevante, investe il fondamento stesso della giurisdizione che la Corte dei conti

avrebbe nei confronti dei consiglieri regionali, in ordine alla loro respon sabilità per i danni che essi abbiano arrecato alla regione di appartenenza nell'esercizio delle loro funzioni: se la decisione ora riportata tace al ri

guardo, si deve supporre che essa presupponga quella affermazione della

sussistenza di tale giurisdizione, che la Corte dei conti ha dovuto avanza

re esplicitamente nel giudizio nel corso del quale ha emesso l'ordinanza

di rimessione alla Corte costituzionale 18 giugno 1977: sez. II 18 novem

bre 1977, n. 208, Foro it., 1978, III, 618, con nota di Garrone (annotata da Trimarchi Banfi, in Regioni, 1979, 208; per altri riferimenti, sez.

1 18 febbraio 1980, n. 18, Foro it., Rep. 1981, voce Responsabilità conta

bile, n. 83), che ne ha rintracciato il fondamento negli art. 18, 30, 31

e 32 1. 19 maggio 1976 n. 335, principi fondamentali e norme di coordi

namento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni; la sentenza

n. 100/86 della Corte costituzionale che ha dichiarato inammissibile la

questione sollevata da quella ordinanza, poiché ha adottato come ratio

decidendi l'accennata estensione della immunità prevista dall'art. 122 Cost.,

ha potuto evitare di saggiare funditus la consistenza di questa argomenta zione della Corte dei conti: ma pare difficile non percepire il dubbio al

riguardo, nelle parole che a tali disposizioni ha comunque dedicato: in

particolare, nella sottolineatura che esse si riferiscono, oltre che ai dipen

denti, ai soli «amministratori» della regione.

(2) L'affermazione va inquadrata nella giurisprudenza della Corte dei

conti relativa alla responsabilità degli amministratori pubblici, specie de

gli enti locali, che hanno deliberato l'invio di delegazioni a congressi,

viaggi di studi, ecc.: giurisprudenza che è costante nei principi affermati, secondo i quali tali amministratori vanno esenti da responsabilità, quan do la partecipazione a quei congressi e viaggi risponda ad una utilità

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PARTE TERZA

Diritto. — Va, preliminarmente, esaminata la questione, relati

va all'iter procedurale seguito dal presidente del collegio giudi cante nella audizione delle parti processuali, sollevata in udienza

dal pubblico ministero, il quale assume che l'invito, al medesimo

rivolto, ad esprimere, per primo, le proprie motivate conclusioni

in ordine al giudizio, si appaleserebbe in contrasto con l'art. 19

del regolamento di procedura per i giudizi dinanzi alla Corte dei

conti, il quale contemplerebbe che il procuratore generale conclu

da, dopo la difesa dei convenuti.

L'eccezione deve essere respinta, in quanto priva di giuridico fondamento.

Reputa, invero, la sezione che la richiamata norma regolamen tare non stabilisca un ordine cronologicamente inderogabile nel

l'audizione delle parti nella fase di discussione della causa, ma

abbia un valore meramente indicativo dei soggetti, nei cui con

fronti va assicurata, in tale fase, l'instaurazione del contradditto

rio; di tal che la tassatività indotta dalla disposizione de qua affe

risce piuttosto alla individuazione delle parti che debbono essere

necessariamente sentite e non tanto all'ordine della loro audizione.

La disposizione medesima si limita, infatti, a prescrivere che

«dopo la relazione della causa, le parti, o i rappresentanti di esse, se presenti, ed il procuratore generale o chi ne fa le veci, enunci

no le rispettive conclusioni svolgendone i motivi».

Peraltro, ove si ponga mente alle tipiche connotazioni del giu dizio di responsabilità, non appare in verun modo priva di fon

damento giuridico la scelta di un ordine di discussione analogo a quello indicato dall'art. 468 c.p.p., laddove si afferma che l'im

putato ha diritto di esporre, per ultimo, le proprie difese.

D'altra parte, attesa l'innegabile forza propulsiva assegnata dalla

legge al titolare dell'azione di responsabilità, è, invero, opportu no che lo stesso, nella fase dibattimentale, ribadisca e precisi le

proprie contestazioni, anche alla luce delle eventuali controdedu

zioni prodotte dal convenuto, che viene cosi posto in grado di

apprestare una più compiuta difesa.

Tale procedura è, del resto, pacificamente, seguita davanti alle

sezioni riunite della corte, in sede di discussione dei gravami pro

posti dal medesimo procuratore generale. Il diverso iter prospettato dal pubblico ministero, all'udienza,

appare, invero, più conferente ai giudizi ad impulso privato (ad

esempio in materia di pensioni ordinarie, di guerra, ecc.) e a quelli di conto, per l'implicita istanza di discarico della gestione che

accompagna la presentazione del conto da parte del contabile; di tal che risponde ad un criterio di logica dibattimentale che

la precedenza, ad esporre le proprie conclusioni, venga data a

chi ha formulato le relative istanze.

Comunque, l'adottato ordine di discussione nel dibattimento

odierno non ha minimamente turbato il regolare svolgimento del

processo, nel quale tutte le parti, anche con repliche successive, hanno avuto la possibilità di esporre ampiamente le proprie ragioni.

Cosi respinta l'eccezione di rito mossa dal procuratore generale

prima di passare all'esame del merito della contestata responsabi lità, il collegio deve pronunciarsi, in via pregiudiziale, sull'altra

eccezione, sollevata da una parte della difesa, di inammissibilità

dell'amministrazione di appartenenza, e quando i costi relativi appaiano ragionevolmente adeguati a questa utilità: sez. I 24 settembre 1984, n. 173, nonché sez. II 16 febbraio 1985, n. 35, Foro it., 1985, III, 244 e 428, con note di richiami, ai quali adde, successivamente, sez. II 16 feb braio 1985, n. 36, id., Rep. 1985, voce Responsabilità contabile, n. 229; 4 marzo 1985, n. 56, id., Rep. 1986, voce cit., n. 131; sez. I 24 aprile 1985, n. 64, ibid., n. 251. Specificamente relativa ad un viaggio della

delegazione di un comune per il gemellaggio con un comune estero, sez. I 31 gennaio 1983, n. 14, id., 1983, III, 395, con nota di richiami.

Rispetto a tale giurisprudenza, l'argomentare della decisione riportata sottolinea con maggiore accentuazione i limiti, pur ritenuti nel caso non

superati, che, in termini peculiari, concernono le attività regionali aventi rilevanza internazionale; in materia, vi è una ricca giurisprudenza della Corte costituzionale: v., tra le tante, sent. 28 giugno 1985, n. 187, id., 1985, I, 2842, con nota di Ronzitti (annotata anche da Caretti, in Re gioni, 1985, 1178; Pedetta, in Giur. costit., 1985, I, 1796; Murgia, in Riv. giur. sarda, 1986, 199; sul tema, ma più accentuatamente nella pro spettiva comunitaria, v. anche gli scritti di La Pergola, in Dir. e società, 1985, 571, e di Pitruzzella, in Regioni, 1986, 63). Corte conti, sez. II, 17 aprile 1984, n. 64, Foro it., Rep. 1985, voce Regione, n. 217, ha ammesso la legittimità, sotto determinate condizioni, tra le quali il coordinamento governativo, della erogazione una tantum da parte della regione di somme destinate a soccorrere la popolazione di uno Stato este ro colpita da una grave calamità naturale.

II Foro Italiano — 1987.

della domanda attrice per difetto assoluto di giurisdizione della

corte a procedere, nella concreta fattispecie, all'accertamento del

l'eventuale responsabilità patrimoniale dei convenuti.

Ciò, in quanto la condotta tenuta ed i voti dai medesimi espressi nell'adozione degli atti deliberativi di cui in narrativa costituisco

no estrinsecazioni dell'esercizio delle funzioni di consiglieri regio nali e rientrano, pertanto, nel sistema di guarentigie previsto dal

l'art. 122, 4° comma, Cost.

L'eccezione è infondata. In proposito, ritiene la sezione di do

ver richiamare l'orientamento ormai consolidato della giurispru denza costituzionale, dal quale non intende discostarsi nel caso

all'esame, secondo cui la guarentigia invocata dalla difesa va vi

sta in chiave funzionale alla tutela delle più elevate attribuzioni

di rappresentanza politica (potestà legislativa, di indirizzo, di con

trollo e regolamentare) assegnate al consiglio regionale dal costi

tuente che ha voluto, pertanto, sottrarre le stesse all'ordinario

sindacato giurisdizionale (cfr., in termini, Corte cost. n. 69 del

20 marzo 1985, Foro it., 1985, I, 1274). Di guisa che le funzioni di amministrazione attiva, ove non

legislativamente imposte, sono da ritenere, in linea di principio, estranee al nucleo caratterizzante delle attribuzioni consiliari, co

perte dalla menzionata immunità.

Tale sistema trova, del resto, la sua precipua ratio nella consi

derazione che alle funzioni di amministrazione attiva sono, di

norma, deputati altri organi regionali (giunta e presidente della

giunta) o, per delega, enti diversi dalla regione (province, comuni

ed altri enti locali) e che l'inserzione del consiglio regionale in

tali funzioni, pur se compatibile con la normativa costituzionale,

può costituire espediente finalizzato a sottrarre l'attività ammini

strativa al sindacato giurisdizionale. Nel caso di specie, reputa la sezione che la decisione di dispor

re l'invio al convegno di Brighton di una delegazione di consiglie ri e di un funzionario regionale, disposta con le deliberazioni con

siliari menzionate in narrativa, costituisca esplicazione di una nor

male attività amministrativa in verun modo riconducibile al livel

lo funzionale ed al sistema di guarentigie costituzionalmente pre

visto; di tal che compete a questa corte l'esame della condotta

dei componenti il consiglio regionale che hanno posto in essere

dette delibere, ai fini dell'accertamento dell'eventuale responsabi lità amministrativa.

Passando, ora, all'esame del merito della concreta fattispecie, il collegio deve verificare se la condotta dei convenuti, in relazio

ne agli addebiti per cui è causa, integri elementi di responsabilità tali da giustificare l'accoglimento della domanda attrice.

Al riguardo, osserva il collegio, la contestazione ai medesimi

mossa si fonda sulla affermazione che la vigente normativa non

contiene disposizioni che autorizzino i consiglieri regionali ad as

sumere iniziative le quali comportino la loro presenza fisica al

di fuori del territorio nazionale per la partecipazione a congressi di comuni italiani e stranieri tra i quali intercorrono rapporti di

gemellaggio. Ciò, in quanto tali iniziative non riguardano alcuna delle fun

zioni ordinamentali assegnate alle regioni dalla normativa costi

tuzionale od ordinaria statale, entro i cui limiti appare consentita

l'esplicazione delle relative funzioni amministrative e degli stru

mentali interventi di spesa.

Invero, prende atto la sezione che, per quanto riguarda la re

gione Campania, non è dato rinvenire alcuna norma, anche a

livello regionale, che abiliti l'ente autarchico ad una siffatta atti

vità o preveda a tale titolo erogazioni di spesa. Non sembra, però, che l'assenza di una norma specifica, rinve

nibile, peraltro, nella produzione legislativa di altre regioni (cfr. 1. reg. Piemonte n. 4 del 1980 e 1. reg. Lazio n. 20 del 1982),

possa indurre a ritenere, secondo la prospettazione del procura tore generale, che sia precluso alla regione di legiferare in materia

o di assumere iniziative del tipo censurato dall'organo requirente. Un tale assunto presupporrebbe che le iniziative stesse non fos

sero suscettibili in radice di essere attratte in alcuna delle materie

nelle quali si attua per trasferimento o per delega di funzioni, la c.d. competenza normativa ripartita delle regioni; di tal che

ne resti preclusa l'esplicazione della connessa attività amministra tiva.

Presupporrebbe, altresì', ove anche venisse comprovata la ri

conducibilità delle iniziative alla normativa concorrente, la man

canza, in concreto, della rispondenza della spesa sostenuta all'in

teresse regionale.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Non pare, però, a questi giudici che una tale ipotesi si realizzi

nel caso all'esame.

Non può essere negato, infatti, un interesse dell'ente regione alla diretta acquisizione, mediante lo strumento congressuale de

quo, delle esperienze di enti territoriali minori, in presenza di

una normativa costituzionale (art. 117 Cost.) e di quella ordina

ria di attuazione che attribuiscono alle stesse, pur nei limiti dei

principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, la potestà di legiferare e svolgere le conseguenti attività amministrative in

importanti settori ordinamentali di quegli enti (ordinamento ed

organizzazione amministrativa, circoscrizioni comunali, urbani

stica, turismo ed industria alberghiera, fiere e mercati, ecc.). Di guisa che, in disparte il fenomeno del gemellaggio ex se,

la partecipazione a disquisizioni su problematiche che interessino,

negli indicati settori, comuni gemellati, ancorché intervenga al

di fuori del territorio nazionale, non può essere ritenuta estranea

alle funzioni ordinamentali delle regioni, quali, peraltro, esplici tate nella normativa statale di attuazione del richiamato art. 117

della Carta costituzionale.

Ciò, soprattutto ove si abbia riguardo che l'art. 4 d.p.r. 24

luglio 1977 n. 616 consente alle regioni, previa intesa con l'auto

rità governativa e nei limiti degli indirizzi e degli atti di coordina

mento adottati dallo Stato, di svolgere all'estero attività promo zionale nelle materie di propria competenza.

Nella stesa ottica va considerato il successivo art. 57 che, nel

rispetto delle medesimi garanzie, abilita le regioni a svolgere, al

di fuori del territorio nazionale, una sia pur limitata attività pro

pagandistica in materia di iniziative ed attività turistico alberghiere. Del resto, l'esplicazione, da parte delle regioni, di una sia pur

limitata attività al di fuori dei confini nazionali, va ritenuta quale

aspetto fisiologico del regime di competenze ripartite tra Stato

e regioni attuato dal costituente e destinata, in particolare, a sop

perire alla parziale spoliazione statale nelle materie a queste ulti

me trasferite.

La delineata costruzione della disciplina costituzionale nella su

biecta materia non abilita ovviamente a giustificare l'esplicazione all'estero di qualsivoglia attività, dappoiché l'ammissibilità in

astratto per la regione di una tale possibilità necessita pur sempre di una verifica, in concreto, dell'esistenza dell'indispensabile nes

so funzionale tra l'attività svolta e le attribuzioni e finalità istitu

zionali dell'ente, nonché di un effettivo interesse regionale alla

erogazione della conseguente spesa e della sua congruità. Sulla base degli indicati criteri, reputa la sezione che, nel caso

all'esame, la partecipazione della regione Campania al congresso

per cui è causa non può non considerarsi non rispondente alla

peculiare, plausibile esigenza della regione medesima di venire a

conoscenza, attraverso tale mezzo di informazione, di problema

tiche, cognizioni ed esperienze, suscettibili di appropriata valuta

zione ed eventuale applicazione nell'esercizio delle tipiche funzio

ni ordinamentali normativamente assegnate nei confronti delle am

ministrazioni comunali operanti nel proprio ambito territoriale.

Osserva, inoltre, la sezione che la partecipazione al congresso, come risulta dagli atti del giudizio, fu deliberata nei modi di leg

ge ed ottenne il preventivo assenso dell'autorità governativa; di

modo che, anche sotto il profilo soggettivo della contestata re

sponsabilità, ai convenuti non può muoversi un addebito di ne

gligenza dovendo, comunque, essere riconosciuta, nell'assunzio

ne dell'iniziativa, la loro buona fede.

Infine, la doverosa verifica sulla adeguatezza dell'onere posto a carico della regione Campana, onde soddisfare il rappresentato interesse ad una sua presenza in sede congressuale, induce ad espri

mere, al riguardo, una valutazione positiva, ove si ponga mente

all'estremo contenimento della spesa sostenuta ed al limitato nu

mero dei componenti la delegazione regionale.

Ritiene, pertanto, conclusivamente la sezione che, alla stregua

delle estese considerazioni, i convenuti debbono essere mandati

assolti alla domanda attrice.

Il Foro Italiano — 1987.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA; sezione II; sentenza 10 febbraio 1987, n. 18; Pres. Albini, Est. Ranalli; Regione Emilia-Romagna

(Avv. Galgano) c. Commissione statale di controllo sugli atti

amministrativi della regione Emilia-Romagna e altro.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA; sezione II; sentenza 10 febbraio 1987,

Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza — Estinzione —

Illegittimità — Fattispecie (Cod. civ., art. 27; 1. 17 luglio 1890

n. 6972, norme sulle istituzioni pubbliche di assistenza e bene

ficenza, art. 70; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della

delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 25).

È illegittima la deliberazione con la quale la regione dispone, in

base alla normativa civilistica, l'estinzione di istituzione pubbli ca di assistenza e beneficenza per la sopravvenuta impossibilità di perseguire il suo scopo. (1)

Diritto. — Nell'esame del provvedimento impugnato si evince

chiaramente che la commissione di controllo sull'amministrazio

ne della regione Emilia-Romagna, anche mediante il richiamo a

quanto evidenziato nella precedente richiesta di chiarimenti, ha

ritenuto illegittimo procedere all'estinzione di una I.p.a.b., nella

considerazione che tale istituto giuridico non è previsto dalla 1.

n. 6972 del 17 luglio 1890.

Ciò premesso, con il primo motivo d'impugnazione si prospet ta innanzitutto che l'estinzione è istituto applicabile anche ad una

I.p.a.b. in quanto l'art. 27 c.c. prevede siffatta ipotesi per impos sibilità dello scopo e la norma trova analogica applicazione anche

agli istituti pubblici di assistenza e beneficenza, come conferme

rebbe una consolidata giurisprudenza. Ritiene il collegio al riguardo che una tale conclusione non possa

essere accolta in quanto, per la specialità propria della disciplina di questi istituti contenuta nella 1. n. 6972/1890, non può farsi

luogo all'estinzione analogica del disposto dell'art. 27 c.c.; del

resto, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, questo è at

tualmente anche l'orientamento prevalente della giurisprudenza

(v. al riguardo la decisione n. 269 del 12 marzo 1968 della V

sezione del Consiglio di Stato, Foro it., Rep. 1968, voce Istituzio

ni pubbliche di assistenza e beneficenza, n. 17, con i riferimenti

relativi, nonché quella n. 456 del 17 ottobre 1985 della sez. IV,

id., 1986, III, 376). Neanche può ritenersi, inoltre, fondata la prospettata erroneità

del riferimento — attuato dalla commissione per l'adozione del

provvedimento impugnato — alla nuova disciplina del d.p.r. 616/77 e della 1. reg. n. 25/80: questo riferimento, infatti, è stato

effettuato al solo scopo di ulteriore dimostrazione dell'impossibi lità di procedere all'estinzione, ma l'unico motivo determinante

del provvedimento è comunque quello della non previsione dell'i

stituto dell'estinzione nella legge fondamentale relativa.

La possibilità di procedere all'estinzione ex art. 27 c.c. viene

però prospettata nell'impugnazione anche come conseguenza del

l'art. 5, 2° comma, 1. reg. n. 25/80 allorquando esclude l'istituto

in questione, per la sua particolare natura dalla procedura di li

quidazione: questo aspetto di asserita illegittimità non può rite

nersi fondato atteso che l'articolo stesso, nel suo complesso, è

(1) Il precedente immediato e diretto è rappresentato dalla decisione, sul medesimo oggetto e con identico contenuto dispositivo quanto al pun to di diritto affermato, Cons. Stato, sez. IV, 17 ottobre 1985, n. 456, Foro it., 1986, III, 376, con nota di richiami di Saracco.

Come appendice a quanto già scritto in sede di commento a tale sen tenza devono unicamente essere sottolineati due punti.

Il primo è costituito dal rafforzamento della linea giurisprudenziale che

nega l'applicabilità dell'art. 27 c.c. alle istituzioni pubbliche di assistenza

e beneficenza, rafforzamento che appare tanto più significativo e rilevan

te in quanto viene ad incidere su di una situazione degli enti assai com

plessa e confusa, provata com'è da Corte cost. 30 luglio 1981, n. 173,

id., 1981, I, 2617. Il secondo profilo da far rilevare è invece rappresentato dal sospetto

che, in tale situazione delle I.p.a.b., vi sia la tendenza da parte delle

regioni a risolvere il problema in linea di fatto ed in modo silenzioso, facendo unicamente ricorso ad un'attività provvedimentale incentrata, ap

punto, non sulla normativa specifica delle istituzioni (nella specie l'art.

70 1. 6972/1890), quanto piuttosto su quella generica e generale del codi

ce civile.

Tendenza, questa, che urta contro una giurisprudenza già consolidata

sin da prima che il problema specifico si ponesse, e che allo stato dei

fatti manifesta una ancora maggiore coerenza nel non voler lasciare che

il problema venga aggirato ed eluso.

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