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Sezione I; decisione 31 gennaio 1983, n. 14; Pres. Toro, Est. Clemente; Proc. gen. c. Baglini e...

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Sezione I; decisione 31 gennaio 1983, n. 14; Pres. Toro, Est. Clemente; Proc. gen. c. Baglini e altri (Avv. Paoletti) Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 11 (NOVEMBRE 1983), pp. 395/396-401/402 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175474 . Accessed: 28/06/2014 08:38 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.53 on Sat, 28 Jun 2014 08:38:32 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I; decisione 31 gennaio 1983, n. 14; Pres. Toro, Est. Clemente; Proc. gen. c. Baglini ealtri (Avv. Paoletti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 11 (NOVEMBRE 1983), pp. 395/396-401/402Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175474 .

Accessed: 28/06/2014 08:38

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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PARTE TERZA

La vicenda attuale fa venire alla mente un'altra, analoga decisione del Consiglio di Stato (44), in cui si confermava, in maniera pe rentoria, al limite dell'assenza di motivazione, l'esclusione delle donne dalla magistratura ordinaria. E fa ricordare le parole con cui Crisaful li commentò quella decisione: « Probabilmente il Consiglio di Stato si è lasciato prendere la mano da uno stato d'animo — spiegabilissimo, e

magari giustificabile sul piano dei motivi psicologici ed entro il quadro di un certo costume sociale — ma che non avrebbe dovuto, né dovrebbe mai, fuorviare l'esatta applicazione della legge da parte del

giudice ». In tale stato d'animo confluiscono « moventi irrazionali, sedimenti di generazioni nel fondo dei nostri animi, e perfino veri e

propri ' complessi

' ancestrali ». Questo però non giustifica, ma anzi è una « ragione in più, quando si passa alla fase della riflessione cosciente ed anzi alla soluzione di un preciso problema di diritto positivo, che è essenzialmente un problema di libertà e di rispetto della persona umana, per sentirci in dovere di fare appello a tutte le nostre facoltà critiche e raziocinanti, dissipando le tenebre dell'irrazionale e con esse disperdendo gli idola tribus » (45).

Sono passati 25 anni e non sembra che, fino ad oggi, quest'appello alla ragione abbia sortito effetti nella giurisprudenza del Consiglio di

Emanuele Rossi

(44) Cons. Stato, sez. IV, 18 gennaio 1957, n. 21, Foro it., 1957, III, 41.

(45) Crisafulli, Una « manifesta infondatezza » che non sussiste (a proposito dell'ammissione della donna alla carriera giudiziaria), in Foro it., 1957, III, 41.

I

CORTE DEI CONTI; Sezione I; decisione 31 gennaio 1983, n. 14; Pres. Toro, Est. Clemente; Proc. gen. c. Baglini e

altri (Avv. Paoletti).

CORTE DEI CONTI;

Responsabilita contabile e amministrativa — Amministratori di

un comune — Spese per il « gemellaggio » con città straniera —

Insussistenza (R. d. 3 marzo 1934 n. 383, t. u. della legge comu

nale e provinciale, art. 92, 145 , 312, 314; d.p.r. 24 luglio 1977

n. 616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 4, 57; d. 1. 10 novembre 1978 n. 702, disposi sizioni in materia di finanza locale, art. 7; 1. 8 gennaio 1979

n. 3, conversione in legge, con modificazioni, del d. 1. 10 no

vembre 1978 n. 702, art. 1).

Vanno esenti da responsabilità i componenti della giunta del

comune di Livorno, che abbia deliberato di inviare alcuni

amministratori comunali a Guadalajara, in occasione del « ge

mellaggio » con quella città, nel quarantesimo anniversario

della battaglia nella quale perirono numerosi livornesi, se le

spese risultino adeguatamente contenute (nella specie, circa tre

milioni). (1)

(1) La ricomprensione delle spese di rappresentanza nell'ambito delle spese c.d. facoltative costituisce il decisum implicito della

riportata decisione; anzi l'adozione di uno schema generale circa la

legittimità delle spese facoltative consente di disporre di criteri di identificazione della legittimità delle spese di rappresentanza, basati essenzialmente sulla particolare qualità del fine perseguito: infatti sia la sussistenza di un interesse della comunità rientrante oggettivamente tra « i servizi ed uffici di utilità pubblica », sia l'attinenza di tale interesse al territorio, sotto il profilo di un vantaggio materiale o morale attribuibile all'ente-comune, costituiscono ragioni tali da giu stificare la legittimità di una erogazione finanziaria per attività di

rappresentanza. L'esperimento pratico dello schema cosi fissato è

rappresentato dal giudizio di responsabilità proposto nei confronti di amministratori comunali, per aver deliberato spese facoltative aventi ad oggetto attività di rilievo internazionale, come i c.d. gemellaggi con città straniere oppure la partecipazione ad iniziative o a manifestazioni

internazionali oppure ad iniziative di soccorso a favore di popolazioni estere colpite da calamità naturali o da eventi bellici: cfr. C. conti, sez. riun., 28 maggio 1980, n. 234/A, Foro it., 1980, I'll, 517, con

nota di richiami.

In senso analogo è orientata la giurisprudenza amministrativa: cfr. T.AjR. Toscana 29 marzo 1980, n. 168, id., Rep. 1980, voce Comune, n. 171, sulla illegittimità del provvedimento di liquidazione per spese facoltative, concernenti indennità di missione a un assessore e a

due consiglieri comunali per una visita alla mostra della maglieria italiana a New York, e Cons. Stato, sez. I, 21 novembre 1977, n.

3306/73, id., Rep. 1981, voce cit., n. 164, secondo cui non rientra

tra le spese facoltative la corresponsione di sussidi alle famiglie dei lavoratori in sciopero.

II

CORTE DEI CONTI; Sezione controllo; deliberazione 15 ottobre

1981, n. 1191; Pres. Terranova, Est. Bonadonna; Min. difesa.

Responsabilità contabile e amministrativa — Forze armate —

Spese di rappresentanza di comandi militari e di alti ufficiali .—

Legittimità (R. d. 23 maggio 1924 n. 827, regolamento per l'ese

cuzione della legge sull'amministrazione del patrimonio e sulla

contabilità generale dello Stato, art. 141; 1. 28 ottobre 1970

n. 775, modifiche e integrazioni alla 1. 18 marzo 1968 n. 249,

art. 12; d.p.r. 30 giugno 1972 n. 748, disciplina delle funzioni

dirigenziali nelle amministrazioni dello Stato, anche a ordina

mento autonomo, art. 50; d.p.r. 16 aprile 1973 n. 573, modifiche

al regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la

contabilità generale dello Stato, art. 1).

Responsabilità contabile e amministrativa — Spese di rappresen tanza — Legittimità — Limiti.

È legittima l'erogazione di somme per spese di rappresentanza sostenute anche da comandi militari e alti ufficiali, e non solo

dal ministro della difesa e dai sottosegretari. (2)

L'erogazione di somme per spese di rappresentanza, in ogni caso

in funzione esclusiva dei fini amministrativi istituzionali, è

legittima solo se disposta per attività di rappresentanza svolta

da soggetti particolarmente qualificati, in occasione di contatti

Sul punto della distinzione tra spese facoltative e obbligatorie la

giurisprudenza appare orientata a ritenere che la loro c.d. abolizione

disposta dall'art. 7 d.l. 10 novembre 1978 n. 702, convertito nella 1. 8

gennaio 1979, n. 3, non inibisca ai comuni la possibilità di disporre, entro determinati limiti, spese facoltative, ma intenda equipararle sotto il profilo della disciplina finanziaria a quelle aventi ad oggetto attività

legislativamente previste: in termini, cfr. C. conti, sez. riun., 28

maggio 1980, n. 234/A, id., 1980, 'III, 517; contra Cons. Stato, sez.

VI, 26 ottobre 1979, n. 374, id., Rep. 1980, voce cit., n. 170, secondo cui l'evoluzione della legislazione finanziaria comunale, am

pliando la sfera dell'intervento pubblico, ha fatto venir meno la distinzione tra spese obbligatorie e facoltative, sia sotto il punto di vista di una differente finalità, sia sotto il punto di vista di un diverso regime finanziario.

Conforme agli orientamenti giurisprudenziali è la dottrina: v. F.

Staderini, La responsabilità degli amministratori degli enti locali per spese facoltative, in Nuova rassegna, 1979, 1252; Mazzeo, Spese dei comuni facoltative e obbligatorie, in Ammin. it., 1979, 390; G.

Eberle, Le spese di rappresentanza dei comuni, in Comuni d'Italia, 1981, 931.

Diversi appaiono i profili critici circa i rapporti e/o le attività di rilievo internazionale delle regioni disciplinate dall'art. 4 d.p.r. 24

luglio 1977 n. 616: in termini generali, v. E. Morviducci, Le attività di rilievo internazionale delle regioni, in Le regioni, 1980, 983; E.

Grzzi, La ripartizione delle funzioni tra Stato e regioni, 1977, 9 ss.; con particolare riferimento ai rapporti delle regioni con la CEE, v. S. M. Carbone, Relazioni internazionali, normativa comunitaria, poteri delle regioni, in Dir. e società, 1981, 71; C. Pinelli, Stato, regioni e

obblighi comunitari, id., 1980, 913; G. Strozzi, Problemi di coordi namento tra diritto comunitario, diritto internazionale e autonomie regionali: le soluzioni del d.p.r. 616, in Le regioni, 1978, 924.

Per un'applicazione di specie dell'art. 4 d.p.r. n. 616/77, v. Comm. controllo reg. Abruzzo 13 febbraio 1979, Foro it., Rep. 1978, voce Regione, n. 142, relativa all'organizzazione da parte della regione di una gita d'istruzione nei paesi della CEE.

Circa la legittimità dei provvedimenti di spesa delle regioni attinenti a rapporti internazionali, v. la decisione della Comm. controllo reg. Lombardia 23 settembre 1980, n. 8487/10618, id., Rep. 1981, voce cit., n. 221, secondo cui il provvedimento con il quale la regione concede contributi per attività di rappresentanza da effettuare all'estero deve indicare le norme in base alle quali l'erogazione viene disposta.

In dottrina sul punto, cfr. le osservazioni di F. Pizzetti a T.A.R. Lombardia 28 agosto 1975, n. 295, id., 1976, III, 559 e A. Clarizia, Rapporti internazionali e competenze regionali, in Giur. agr. it., 1976, 7.

Sulla delicata materia del rimborso ad amministratori comunali di spese sostenute in occasione di viaggi in Italia o all'estero, è poi intervenuta la sentenza del Tribunale di Roma (giud. Squillante) 19 aprile 1983, Vetere, Rossi Doria, Nicolini, che sarà riportata in un prossimo fascicolo. Per quel che riguarda gli aspetti più propriamente amministrativi della motivazione, questa prende le mosse dall'esame dei poteri del giudice ordinario nei confron ti della p.a., con particolare riferimento ai limiti del sindacato penale in ordine alla legittimità degli atti amministrativi: la legittimità dell'atto amministrativo è funzione essenziale dell'ordinamento ammi nistrativo, cui è radicalmente estranea l'indagine penale sulla illiceità della condotta criminosa: la discriminazione è accolta dalla prevalente giurisprudenza: v. Cass. 14 aprile 1981, Ambrosini, Foro it., Rep. 1982, voce Competenza penale, n. 11; 11 febbraio 1981, P.m. id., 1982, II, 88, con nota di C. M. Barone.

(2) Non constano precedenti specifici editi.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

a carattere ufficiale diversi dai normali rapporti di servizio, con

adeguata esternazione delle circostanze e dei motivi che hanno indotto a sostenere la spesa, e con la cura più puntuale possibile della documentazione. (3)

I

Diritto. — Il collegio ritiene che, al fine di individuare la

responsabilità di amministratori comunali per avere deliberato ed

autorizzato il pagamento di spese connesse con il « gemellaggio »

del comune con altro comune di Stato estero va preliminarmente accertato se, all'epoca dei fatti, esisteva una normativa « sostan

ziale » che prevedeva tale tipo di spese.

In effetti tale normativa non è dato rinvenire.

Non sembra, però, a contrario che l'assenza di una normativa

che autorizzi i gemellaggi, e le conseguenti eventuali spese da

parte dei comuni, possa indurre a ritenere, secondo la tesi del

procuratore generale, che « ogni attività ufficiale all'estero è

disciplinata per legge e rientra nella competenza degli organi dello Stato » e che, quindi, automaticamente sia fatto divieto agli enti locali di svolgere qualsiasi tipo di attività all'estero.

In effetti il sistema normativo si sta orientando in maniera

meno rigorosa nel senso di riaffermare la competenza dello Stato

per ciò che attiene alle funzioni attinenti ai rapporti internazio

nali laddove tali rapporti, nascendo tra Stato e Stato o tra Stato

ed organismi internazionali sovraordinati, comporti l'eventuale

assunzione di impegni o l'espressione di « dichiarazioni o valuta

zioni afferenti alla politica nazionale » (cfr. decreto del presiden te del consiglio dei ministri 11 marzo 1980, su G.U. 17 aprile

1980, n. 106; Le leggi, 1980, 420) ma non escluda, anzi consenta,

certi rapporti, lato sensu, internazionali da parte degli enti

territoriali limitatamente alle materie di loro competenza.

Lo stesso procuratore generale ricordava, nell'atto di citazione, che l'art. 4 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616 consente alle regioni di

svolgere all'estero attività promozionali nelle materie di loro

competenza, salva l'intesa con il governo e nell'ambito degli indirizzi e degli atti di coordinamento adottati dallo Stato (indi rizzi poi esplicitati nel citato decreto del presidente del consiglio dei ministri 11 marzo 1980); nella stessa ottica va, altresì, ricordato l'art. 57 del citato d.p.r. n. 616 del 1977, che disciplina in particolare l'attività di propaganda all'estero delle iniziative

turistico-alberghiere proprie di ciascuna ragione.

Perciò, il legislatore statale ha esplicitamente ammesso che le

regioni possono svolgere limitate attività all'estero nelle materie

di loro competenza e, si ritiene, che ciò abbia dovuto fare perchè la regione opera in regime di competenza — legislative ed

amministrative — ripartite con lo Stato, perchè, cioè, l'elencazio

ne delle « materie » di spettanza delle regioni è, cosi come

costantemente considerata dalla stessa Corte costituzionale, tassa

tiva, con conseguente esclusione di ogni possibilità per le regioni di ingerirsi nelle « materie » non trasferite dalla Costituzione e

rimaste, quindi, di esclusiva pertinenza statale.

Diverso è, invece il discorso per quanto concerne comuni e

province; si suol dire, infatti, che tali enti territoriali sono enti

a fini generali perchè idealmente portatori della generalità degli interessi della collettività sociale che personificano e possono

perciò assumersi, se non siano riservati ad altri enti (ed innanzi

tutto allo Stato e alle regioni), oltre all'esercizio di compiti « obbligatori », anche altri compiti che appaiano di interesse

generale per la comunità locale, l'esercizio, cioè, di attività

« facoltative » che tali enti hanno il potere di scegliere nell'ambi

to dei « servizi ed uffici di utilità pubblica » e, naturalmente,

« entro i termini della rispettiva circoscrizione amministrativa »

(art. 92, 145 e 312 t.u. n. 383/34), semprechè, naturalmente, non

vengano trascurati i compiti obbligatori e che le possibilità di

bilancio consentano l'esercizio di tali ulteriori attività.

Va subito detto che il collegio non ignora che l'art. 7 d.l. 10

novembre 1978 n. 702, convertito nella 1. 8 gennaio 1979 n. 3, ha

abolito la distinzione delle spese dei comuni e delle province in

obbligatorie e facoltative, ma ritiene che il predetto articolo non

(3) La motivazione propone un modello decisorio circa la legittimità delle spese di rappresentanza, giustificate da una immanente esigenza di rappresentatività dell'ente o dell'organo che le dispone, in connes

sione con il perseguimento delle finalità istituzionali: la misura della

legittimità dipende non solo dall'osservanza di atti regolamentari o di

amministrazione generale, ma anche dal sindacato sull'effettiva utilità

delle attività di rappresentanza: cfr. C. conti, sez. I, 30 settembre

1978, n. 92, Foro it., 1979, III, 468, con nota di richiami.

ha inteso abrogare l'art. 312 t.u. cit. escludendo la possibilità per i comuni e le province di effettuare spese aventi per oggetto attività non espressamente previste dalla legge ma ha solo inteso

equiparare, ai fini della disciplina finanziaria, queste ultime spese a quelle aventi ad oggetto attività legislativamente previste (cfr. in termini sez. riun. 28 maggio 1980, nn. 234, 235, 236, Foro it.,

1980, III, 517). Per i comuni e le province, quindi, l'assenza di una normativa

che consenta attività relative a « gemellaggi » non può portare sic et simpliciter ad affermare che le conseguenti spese sono da

dichiarare illegittime; va, invece, valutato se tali spese rientrino

nei limiti che dianzi sono stati indicati.

Trattasi, nella fattispecie, di valutare in concreto se sussisteva

un interesse della popolazione di Livorno all'espletamento dell'at

tività concretasi nel gemellaggio con la città di Guadalajara in

Spagna. Tale interesse è attinente al territorio, come ricordavano le

sezioni riunite di questa corte (dee. nn. 234, 235, 236 del 1980,

cit.), « nei casi in cui il suo soddisfacimento attribuisce al comune un vantaggio, materiale o morale, diretto, valutabile oggettiva mente sia nel senso che lo stesso interesse potrebbe anche essere

perseguito da qualsiasi altro comune e sia nel senso che la

soddisfazione di esso non possa essere sentita dai cittadini come ad essi estranea in quanto rispondente ad una finalità politica o

sociale di parte. In altri termini l'autonomia dei comuni, ed in

genere degli enti territoriali, comunque intesa, non può intendersi come libertà di fini, seppure nei limiti dei principi generali dell'ordinamento, ma come autonoma individuazione e realizza zione delle esigenze morali e materiali, proprie della collettività comunale ».

Orbene, facendo applicazione dei suesposti principi, il collegio ritiene che il gemellaggio di Livorno con la città di Guadalajara, in occasione del 40° anniversario della battaglia di quella città ove perirono numerosi cittadini livornesi, non può considerarsi non rispondente ad una peculiare esigenza sociale propria ed

esclusiva della cittadinanza livornese e come tale non attribuita, né attribuibile, ad altro ente territoriale o allo Stato.

Le spese, poi, conseguenti a tale gemellaggio, come risulta

dagli atti, furono deliberate nei modi di legge e trovarono

capienza negli stanziamenti originariamente previsti nel bilan cio di previsione dell'ente (le spese di villaggio nel capitolo riservato alle spese per cerimonie solenni ed i doni nel capitolo relativo alle spese di rappresentanza).

Ritiene altresì il collegio che debba essere ulteriormente con dotta altra indagine, discendente proprio dalla natura di tali

spese non collegate con compiti istituzionali dell'ente, sulla ade

guatezza di dette spese ai fini del soddisfacimento di un interesse

proprio della collettività comunale.

Va cioè individuato, caso per caso, il parametro — implicito nello stesso sistema della legge comunale e provinciale: art. 314 — che legittima l'amministrazione comunale ad intraprendere, entro determinati limiti, una spesa che tenda al soddisfacimento di un interesse della popolazione ulteriore rispetto a quelli già esplicitamente individuati dal legislatore.

E tale giudizio di adeguatezza della spesa rispetto all'interesse della cittadinanza che tende a soddisfare non può ohe variare in considerazione della situazione finanziaria del comune e non può che tendere, nel generale dissesto di tutta la finanza pubblica e di quella locale in particolare, a ridursi in margini ristrettissimi nel momento in cui il disavanzo economico degli enti locali

viene coperto dallo Stato a partire dal d.l. 29 dicembre 1977 n.

946, convertito nella 1. 27 febbraio 1978 n. 43.

Sembrerebbe, infatti, quanto meno non rispondente alla logica del sistema che la soddisfazione degli interessi locali — di

rilevante momento ma per definizione, come s'è detto, locali —

che sono alla base dei « gemellaggi », comporti delle spese, « facoltative », che debbano, poi, gravare, sia pure indirettamente, sull'intera collettività statale.

Ma anche una doverosa verifica di tal genere induce a consi

derare che la spesa di meno di lire 3 milioni sostenuta nell'anno

1979 dal comune di Livorno sia adeguata rispetto alla finalità di

realizzare la peculiare esigenza morale della collettività comunale

di quella città di essere rappresentata alle cerimonie svolgentisi

presso la città « gemellata » di Guadalajara.

Nessuna ulteriore indagine deve inoltre essere condotta al fine

di escludere una responsabilità degli amministratori convenuti i

quali, peraltro, si sono attenuti, sia pure con non commendevole

tempestività, alle circolari della prefettura di Livorno che, ri

facendosi alle istruzioni trasmesse dalla presidenza del consiglio,

impartivano direttive proprio sulle iniziative del tipo in esame

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PARTE TERZA

ponendo degli obblighi di comunicazione all'amministrazione de

gli esteri a fini di coordinamento, implicitamente riconoscendo,

però, la legittimità delle iniziative stesse.

Conclusivamente ritiene il collegio che gli amministratori con

venuti debbano essere mandati assolti dalla domanda giudiziale alla stregua della legislazione vigente, anche se auspica che sulla

delicata materia intervenga il legislatore statale soprattutto dopo ohe risultano approvate leggi regionali (1. reg. Piemonte n. 4/80, 1. reg. Lazio n. 20/82) che legittimano iniziative di « gemellag

gio » — in quanto « attività promozionali che rientrano nella

competenza di province e comuni » — e prevedono, anzi, la

corresponsione di contributi per l'attuazione delle iniziative stes

se.

Il

Diritto. — È all'esame del collegio la questione concernente la

regolarità di una serie di rendiconti amministrativi della difesa che

espongono spese, con imputazioni a capitoli di bilancio aventi ad

oggetto « spese di rappresentanza », sostenute da vari comandi militari e alti ufficiali delle forze armate nel corso degli esercizi

1976, 1977 e 1978, in varie occasioni e con varie modalità.

La soluzione della questione postula l'esame di due distinti

aspetti, dei quali il ricorso, di carattere pregiudiziale, attiene alla individuazione del titolo legittimante le erogazioni a carico del bilancio dello Stato, per attività di rappresentanza svolte da

organi dell'apparato militare sottoordinati al ministro ed ai sotto

segretari; l'altro si riferisce alla identificazione della natura delle

spese effettuate in concreto per verificarne la riferibilità ad attività di rappresentanza dell'amministrazione.

Quanto al primo aspetto, ad escludere la regolarità, nel caso di

specie, delle spese, sembrerebbe indurre, invero, il disposto del l'art. 141 r.d. 23 maggio 1924 n. 827 nel testo sostituito dall'art. 1 d.p.r. 16 aprile 1973 n. 537, secondo il quale « al capitolo spese di rappresentanza sono imputate soltanto le spese relative ad esigenze dei ministri e dei sottosegretari ». Talché potrebbe inferirsi che le spese oggetto dei rendiconti in esame, attinenti ad

esigenze di comandi militari e di altri ufficiali delle forze armate, non fossero consentite, anche in mancanza di preventiva autoriz

zazione ministeriale, non apparendo esse riferibili, sia pure in via

indiretta, ad esigenze proprie degli organi di vertice dell'ammini

strazione.

In altri termini la disposizione citata parrebbe limitare le spese di rappresentanza alla funzione dei ministri e dei sottosegretari.

La sezione non ritiene di poter trarre dal testo normativo ora richiamato persuasivi argomenti per la definizione in tal senso

del quesito.

Invero l'ambito entro il quale l'art. 141 è destinato ad operare

riguarda l'aspetto prevalentemente formale della facoltà di istitui

re un capitolo, quello per le spese di rappresentanza dei ministri e sottosegretari, negli stati di previsione dei vari ministeri e non si presta a comprendere una disciplina sostanziale della titolarità della funzione di rappresentanza. La norma, infatti, innestandosi coerentemente nel complesso di disposizioni contenute nel d.p.r. n. 537 del 1973 modificativo del regolamento di contabilità

generale dello Stato, tutte miranti a disciplinare gli elementi

strutturali del bilancio, è diretta a fissare il contenuto ed i

limiti delle erogazioni per un capitolo a tipica denominazione e

con oggetto singolo (già, del resto, presente negli stati di previ sione antecedenti al decreto presidenziale citato sotto la rubrica « servizi generali ») e anche nel presumibile intento di evitare, per l'avvenire, l'utilizzazione dei relativi stanziamenti — e solo di

quelli — per esigenze di rappresentanza estranee a quelle ineren ti alle cariche di vertice delle amministrazioni dello Stato.

A conferma del circoscritto ambito di operatività del richiama to art. 141, è il caso di ricordare l'esigenza di un complesso normativo primario — destinato quindi a prevalere sulla norma

predetta avente carattere regolamentare — tipico di alcune am ministrazioni e, tra queste, dell'amministrazione della difesa, che si presenta come espressione del carattere di rappresentatività che a taluni titolari di funzioni l'ordinamento ha inteso riconoscere, non soltanto in adesione a tradizioni storiche e culturali, ma anche per favorire i rapporti indispensabili di collaborazione tra

organi nell'ambito della comunità interna od internazionale, per il

più adeguato svolgimento delle attività istituzionali. Cosi, come nell'ambito del ministero degli affari esteri e del ministero dell'in

terno, in quello della difesa, una serie di norme, anche di data non più recente, ha mirato a riconoscere, direttamente o in via

mediata, particolari posizioni di rilevanza esterna a determinati

organi o soggetti in posizione generica elevata, talvolta costituen

do per essi vantaggi retributivi personalizzati sotto forme di

indennità di rappresentanza (è il caso per l'amministrazione della

difesa, delle norme del testo unico delle disposizioni concernenti

gli stipendi ed assegni fissi dei militari, approvato con r.d. 31

dicembre 1928 n. 3458 e successive modificazioni); altra volta,

più di recente, in vista della tendenziale applicazione di un

principio di onnicomprensività retributiva, abolendo il sistema

delle indennità (per ufficiali, in modo particolare, con l'art. 11 1.

10 dicembre 1973 n. 804) e destinando (per le esigenze degli uffici per i quali le disposizioni vigenti prima della 1. 28 ottobre

1970 n. 775 consentivano la corresponsione di indennità per

spese di rappresentanza) appositi stanziamenti di bilancio da

ripartire annualmente fra gli uffici interessati (art. 50 d.p.r. 30

giugno 1972 n. 748). E che la disposizione da ultimo citata, contenuta nel decreto presidenziale concernente la dirigenza civile

trovi applicazione analogica nell'ambito delle amministrazioni mi

litari, non sembra potersi porre in dubbio, anche per il supporto

interpretativo offerto dalla 1. 28 ottobre 1970 n. 775 (art. 16

quater), dalla quale si trae un principio direttivo mirante alla

sostanziale uniformità, pur con le inevitabili differenziazioni, dei

sistemi normativi e retributivi del personale dei vari settori dello

Stato.

Nel novero delle norme che interessano ai fini in esame non può,

inoltre, trascurarsi di ricordare, come significativa di una volontà

del legislatore intesa a riconoscere un ruolo di rappresentatività a

taluni organi titolari di funzioni istituzionali della difesa, la

disposizione che, nell'individuare il personale militare destinatario

dell'assegnazione di alloggi di servizio, ha indicato nei capi di

stato maggiore della difesa, nei capi e sottocapi di stato maggiore delle tre forze armate e nei comandanti militari territoriali, di

dipartimento marittimo e di regione aerea, i soggetti cui spettano

particolari « obblighi di rappresentanza. È evidente che là dove

l'ordinamento ha imposto taluni obblighi a carico di determinati

soggetti, non possa che ammettersi la capacità di spese di questi ultimi per assolvere gli obblighi stessi.

Quanto precede consente di ritenere che la titolarità dell'attivi

tà di rappresentanza dell'amministrazione può, nei casi previsti dalla legge, spettare a soggetti diversi da quelli di verifica; salva

l'imputazione delle spese connesse con tale attività a capitoli

specifici opportunamente allocati negli stati di previsione delle

singole amministrazioni e diversi da quelli compresi nella rubrica

« servizi generali », da destinare a spese di rappresentanza pro

prie dei ministri e sottosegretari.

Nel caso in esame concernente l'amministrazione della difesa,

legittime si presentano, quindi, sotto il profilo soggettivo, le spese

erogate sul capitolo 3536 degli stati di previsione del ministero

della difesa per j?li esercizi 1976 e 1977 e sul capitolo 1077 per l'esercizio 1978, entrambi aventi ad oggetto oltre che le spese di

rappresentanza, oneri per riviste, conferenze e cerimonie a carat

tere militare.

L'altro aspetto della questione concerne, come avvertito in

precedenza, l'identificazione della natura delle spese effettuate in

concreto dall'amministrazione della difesa per determinare la riferibilità ad attività di rappresentanze proprie di organi di detta

amministrazione.

La soluzione della questione postula preliminarmente la deter

minazione della nozione di spesa di rappresentanza e, in definiti

va, l'individuazione dei principi cui deve ispirarsi l'attività corre

lativa, il cui pur ampio margine di discrezionalità — derivante dalla mancanza di espresse definizioni di ordine normativo —

non può dirsi sottratto a taluni limiti essenziali desumibili dal

l'ordinamento e dal sistema organizzativo generale.

Dall'individuazione di tali limiti dovrà poi discendere una

verifica circa la compatibilità con i medesimi dell'ambito in cui

l'amministrazione, nei casi di specie, ha operato nel far luogo alle varie spese dei rendiconti in esame.

Sul problema delle spese di rappresentanza, invero, la corte ha

già avuto modo di pronunciarsi, sia nell'esercizio dell'attività di controllo (deliberazioni n. 679 del 25 marzo 1976, Foro it., Rep. 1977, voce Istruzione pubblica, n. 86 e n. 858 del 16 marzo 1978

id., Rep. 1978, voce cit., n. 298), sia in sede giurisdizionale (seconda sezione per la contabilità pubblica n. 109 del 2 febbraio

1973, id., Rep. 1973, voce Responsabilità contabile, n. 97), fissan

do, nell'una e nell'altra sede, i criteri ai quali l'amministrazione deve conformarsi, nel disporre erogazioni per attività di rappre sentanza e, in particolare, richiamando la necessità che le spese siano in funzione esclusiva dei fini istituzionali, non destinate a beneficio di dipendenti e prive di intenti a connotazioni di mera liberalità.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Ritiene il collegio di dover condividere l'orientamento già

espresso nelle precedenti pronunce.

Peraltro, in relazione alla peculiarità e varietà delle spese

oggetto della presente indagine, reputa opportuna qualche ulterio

re precisazione.

In ordine alla rispondenza ai fini istituzionali delle attività di

rappresentanza va, innanzitutto, rilevato che essa è determinata

dal grado di idoneità delle medesime a mantenere o ad accresce

re il prestigio dell'amministrazione, inteso quale elevata conside

razione, anche sul piano formale, del ruolo e della presenza attiva della medesima nel contesto sociale, interno ed internazio

nale. È evidente che il predetto grado di idoneità è ravvisabile

soltanto in diretta connessione, da un lato, con la qualità dei

soggetti che, in quanto espressione normativamente riconosciuta

della istituzione, esplicano l'attività, dall'altro, con le circostanze

temporali e modali dell'attività stessa che, per assumere una

precisa valenza rappresentativa, devono avere il carattere dell'ec

cezionalità, rinvenirsi, cioè al di fuori delle ordinarie ed imper sonali operazioni dell'amministrare.

Ne discende che un'attività di rappresentanza non può configu rarsi se svolta da soggetti non particolarmente qualificati — e su

questo punto il collegio si è già in precedenza soffermato — e

che essa non ha ragione di essere nell'ambito dei normali

rapporti istituzionali e di servizio, anche se questi siano intratte

nuti con soggetti estranei all'amministrazione.

Analogamente, e a maggior ragione, l'idoneità al raggiungimento dei fini istituzionali va esclusa per quelle manifestazioni di saluti

o di auguri in occasione di particolari eventi o ricorrenze

(promozioni, trasferimenti, ecc.) nei confronti di appartenenti alla

stessa amministrazione, ovvero per quelle che, travalicando il fine

rappresentativo, si traducano in veri e propri atti di liberalità.

Devono, pertanto, riconoscersi idonee al compimento dei fini

istituzionali tutte quelle attività, eventualmente implicanti oneri

finanziari per forme di ospitalità o atti di cortesia a contenuto e

valore prevalentemente simbolico, che siano da svolgere, per consuetudine affermata o per motivi di reciprocità in occasione

di rapporti, a carattere ufficiale tra organi dell'amministrazione con

precisa veste rappresentativa e organi e soggetti estranei, anch'essi

dotati di rappresentatività. L'ufficialità dell'occasione e la rappre

sentatività di entrambi i soggetti del rapporto costituiscono, infatti,

gli elementi la cui ricorrenza consente all'amministrazione, dismes

sa la veste impersonale ed astratta che caratterizza il normale

espletamento delle sue funzioni, di assumere una soggettività formale specificamente idonea ad esaltare il suo ruolo verso

l'esterno.

Definito il contenuto tipico dell'attività di rappresentanza, in

termini, del resto, che nelle loro grandi linee sostanzialmente

coincidono con quelli delle istruzioni dettate in materia per la

stessa amministrazione della difesa, con decreto del 4 ottobre

1979 citato in narrativa, ritiene il collegio di dover sottolineare

come la presenza di parametri da applicare e verificare nell'azio

ne amministrativa ed il margine non ristretto di discrezionalità,

di cui l'amministrazione dispone circa la scelta delle modalità e

dei mezzi per l'esercizio dell'attività di rappresentanza, postulino,

anche in funzione del riscontro di legittimità, la osservanza, da

parte degli ordinatori di spesa e dei soggetti tenuti alla resa del

conto, di due canoni di comportamento, che nel caso dei rendi

conti in esame, risultano in misura non trascurabile disattesi:

l'adeguata esternazione delle circostanze e dei motivi ohe hanno

indotto a sostenere le spese e la cura, quanto più possibile

puntuale, dell'aspetto documentale, del resto in conformità a

quanto prescritto dalle norme di contabilità (art. 277, 291, 333

reg. di c.g.s.); ciò allo scopo di rendere manifesto il collegamento

tra la natura delle erogazioni e le circostanze che le hanno

occasionate, e, altresì, di evitare ogni esposizione di spesa in

forma globale o forfettaria e senza precisi riferimenti temporali e

modali.

Alla stregua dei criteri suindicati è possibile passare all'esame

dei singoli rendiconti per verificare se e quali spese in essi

rappresentate non siano conformi agli stessi e, conseguentemente, siano da ritenere illegittime. (Omissis)

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; Sezione I; sentenza 8 giugno 1983, n. 491; Pres. Tozzi,

Est. G. Ferrari; Canosa (Avv. A. Bianchi, Nespor, U. Fer

rari) c. Consiglio superiore della magistratura, Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato Ferri).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; Sezione I; sentenza 8 giugno 1983, n. 491; Pres. Tozzi,

Ordinamento giudiziario — Consiglio superiore della magistratura — Delibere — Natura — Autonoma impugnabilità — Fattispe cie (L. 24 marzo 1958 n. 195, norme sulla costituzione e sul

funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, art.

17).

Ordinamento giudiziario — Consiglio superiore della magistratura — Magistrato — Promozione — Delibera di sospensione — Ille

gittimità — Fattispecie (L. 20 dicembre 1973 n. 831, modifiche

dell'ordinamento giudiziario per la nomina a magistrato di cas

sazione e per il conferimento degli uffici direttivi superiori, art. 1).

Non è inammissibile il ricorso contro la deliberazione del Consi

glio superiore della magistratura, con la quale viene sospesa la

promozione di un magistrato a consigliere di cassazione, non

trasfusa in decreto o in altro atto del governo che ad essa

si conformi e dia attuazione. (1) È illegittima la deliberazione del Consiglio superiore della magi

stratura con la quale si dispone la sospensione della procedura di promozione di un magistrato a consigliere di cassazione in

ragione della pendenza di procedimento disciplinare, e in

attesa della conclusione di questo, e non al fine di esplicare l'attività istruttoria supplementare prevista ed autorizzata dal

l'art. 1 l. 20 dicembre 1973 n. 831. (2)

(1) La massima si pone in contrasto con il consolidato orientamento

giurisprudenziale secondo il quale non è ammissibile il ricorso al

giudice amministrativo contro le deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura diverse dalle decisioni disciplinari finché non siano trasfuse in provvedimenti del governo {cfr. TA.R. Lombardia 18 novembre 1982, n. 1093, Foro it., 1983, IH, 107, con nota di richiami), e si riallaccia a Cons. Stato, sez. IV, 18 maggio 1971, n. 567, id., 1971, HI, 213, decisione emessa in diversa materia (verifica dei titoli di ammissione dei componenti del C.S.M.), ma preoccupata, come quella in epigrafe, di non lasciare privi di tutela interessi

legittimi e diritti lesi da delibere dell'organo di autogoverno dei giudici non destinate, per la mancata previsione legislativa, a sfociare in decreti presidenziali o ministeriali.

Sull'impugnabilità delle delibere del Consiglio superiore della magi stratura non recepite in decreti del ministro guardasigilli ma da questo fatte proprie attraverso la pubblicazione nel Bollettino ufficiale del ministero di grazia e giustizia o mediante l'emanazione di atti, diversi dal decreto, che ne costituiscono attuazione, v. T.A.R. Lazio, sez. I, 4 e 11 febbraio 1976, nn. 69 e 92, id., 1977, III, 163.

Riguardo al doppio grado di giurisdizione sui provvedimenti non disciplinari concernenti i magistrati v. Cass. 13 ottobre 1980, n. 5461, id., 1981, I, 91, con nota di richiami.

Quanto alla giurisdizione sui provvedimenti disciplinari v. Cass. 5 febbraio 1983, n. 975, id., 1983, 1, 298, con nota di richiami e osservazioni critiche di C. M. Barone.

Sul costante orientamento giurisprudenziale (derogato nel processo in esame grazie all'accordo delle parti) che ritiene competente il tribunale nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio in cui il magistrato presta servizio cfr. TA.R. Piemonte 21 dicembre 1976, n. 432, Jd., 1977, III, 666; T.A.R. Lombardia 21 gennaio 1976, n. 5, ibid., 164, entrambe con nota di richiami.

In dottrina, sulla natura degli atti del Consiglio superiore della

magistratura e il sindacato giurisdizionale su di essi, v. Volpe, Ordinamento giudiziario generale, voce dell'Enciclopedia del diritto, 1980, XXX, 86 ss., ove ulteriori richiami di dottrina e giurisprudenza.

(2) Nulla in termini. La sentenza della sezione disciplinare del Consiglio superiore della

magistratura, in attesa della quale lo stesso consiglio aveva adottato il

provvedimento di sospensione annullato dalla decisione qui riportata, leggesi in Lavoro 80, 1983, 153.

Sulla vicenda processuale che aveva dato luogo all'instaurazione del

procedimento disciplinare nei riguardi del ricorrente, v. Trib. Milano, ord. 9 luglio e 5 ottobre 1981, e Pret. Milano, ord. 28 luglio e 7 ottobre 1981, Foro it., 1981, I, 2832, con nota di richiami e

osservazioni di G. Silvestri; sull'esito della questione di legittimità costituzionale sollevata con la seconda delle ordinanze pretorili citate, v. Corte cost., ord. 22 giugno 1983, n. 187, che sarà riportata in un

prossimo fascicolo. Sull'assetto della disciplina della nomina a magi strato di cassazione in seguito all'intervento del giudice delle leggi, v. Corte cost. 10 maggio 1982, n. 86, Foro it., 1982, I, 1497, con nota di A. Pizzorusso.

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