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Sezione I; decisione 8 luglio 1983, n. 107; Pres. Baiocchi, Est. Mastropasqua; Comune di Inveruno

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Sezione I; decisione 8 luglio 1983, n. 107; Pres. Baiocchi, Est. Mastropasqua; Comune di Inveruno Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 4 (APRILE 1984), pp. 143/144-145/146 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23176078 . Accessed: 28/06/2014 14:09 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.48 on Sat, 28 Jun 2014 14:09:19 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I; decisione 8 luglio 1983, n. 107; Pres. Baiocchi, Est. Mastropasqua; Comune di InverunoSource: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 4 (APRILE 1984), pp. 143/144-145/146Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176078 .

Accessed: 28/06/2014 14:09

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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PARTE TERZA

L'introduzione delle nuove norme, a parere della amministra

zione riferente, potrebbe avvenire attraverso lo strumento del

regolamento governativo ovvero del regolamento tipo da adottarsi

con decreto ministeriale e, quindi, di obbligatoria ricezione da

parte delle amministrazioni provinciali.

Alla adozione delle norme di cui trattasi l'amministrazione

riferente ritiene di essere legittimata: dal potere di vigilanza sulle

autoscuole ad essa spettante per gli aspetti normativi ed attribuito

alle amministrazioni provinciali solo per gli aspetti esecutivi;

perché le funzioni amministrative di autorizzazione e vigilanza sulle autoscuole non sono da annoverare tra quelle di interesse

esclusivamente locale attribuite agli enti locali nelle materie di

cui all'art. 117 Cost., ma sono da ritenere funzioni attribuite alle

province ai sensi dell'art. 128 Cost, e, perciò, attinenti a materie

per le quali lo Stato conserva integra la potestà legislativa e

regolamentare. Data la complessità e la delicatezza della questione l'ammini

strazione riferente ha ritenuto di formulare al Consiglio di Stato

apposito quesito.

La sezione ritiene al quesito vada data risposta negativa. La

questione va esaminata sotto il duplice profilo della libertà di

iniziativa economica privata e del rispetto delle autonomie locali.

Sotto il primo profilo, la Corte costituzionale, con la sent. n. 24

del 6 aprile 1965 (Foro it., 1965, I, 1134), ha posto l'accento sulla

particolare delicatezza e complessità del settore relativo alle

scuole guida disciplinata dall'art. 84 del codice della strada ed ha

osservato che siffatta attività non poteva e non può essere

lasciata alla « incontrollata ed illimitata iniziativa dei privati e

ben si giustifica l'intervento del legislatore diretto a dettare norme

che, specificando condizioni e ponendo limiti all'esercizio di tale

attività, contemperino ed armonizzino il diritto dei singoli con le

esigenze della collettività ».

Va subito soggiunto, però, che la libertà di iniziativa economi

ca di cui all'art. 41, 1° comma, Cost, ha la garanzia formale della

riserva di legge, sicché limiti e condizioni ad essa, che la

comprimano e riducano in relazione ai fini sociali, possono essere

posti solo con la legge o in base alla legge. Non è il caso di soffermarsi a citare le numerose sentenze della

Corte costituzionale che hanno affermato e chiarito il principio della riserva di legge riguardo alla libertà di iniziativa economica

(art. 41, 2° e 3° comma, Cost.).

Certo, trattandosi di riserva di legge relativa, può trovare

spazio anche un'attività normativa secondaria, in attuazione, però, di criteri e direttive poste dal legislatore primario che siano

idonee a contenere l'esercizio della potestà normativa secondaria

in un ambito ben delineato, evitando che si svolga in modo

assolutamente discrezionale (Corte cost. 6 febbraio 1962, n. 4, id.,

1962, I, 408; 5 febbraio 1963, n. 1, id., 1963, 1, 398).

Siffatti criteri e direttive non sono rinvenibili, come invece

sembrerebbe ritenere l'amministrazione riferente, per quanto at

tiene alle limitazioni del numero delle autoscuole in funzione

dell'ubicazione e delle distanze, né nel potere di vigilanza che il

ministero dei trasporti conserverebbe per gli aspetti normativi, né

nel potere di sospendere o di revocare l'autorizzazione quando l'attività della scuola non si svolge regolarmente.

Quest'ultimo potere, sul quale l'amministrazione riferente insiste

particolarmente, è e rimane un potere repressivo sul quale non si

può fare alcuna leva per cercare di legittimare, pur nel

lodevole intento di evitare il determinarsi di situazioni di possibi le irregolare funzionamento, l'uso di strumenti normativi non

adeguati alla introduzione di limiti e condizioni ad un diritto

costituzionalmente garantito.

Sotto il profilo del rispetto delle autonomie locali (art. 5 e 128

Cost.), va rilevato che egualmente non sembra consentito il

programma normativo che l'amministrazione vorrebbe attuare.

Il ministero fa presente che le funzioni relative alla autorizza

zione ed alla vigilanza delle autoscuole di cui all'art. 84 d.p.r. 15 giugno 1959 n. 393, non rientrano nelle materie di cui all'art.

117 Cost., sicché l'attribuzione alle province da parte dell'art.

96 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616 deve ritenersi operata ai sensi

dell'art. 128 Cost.

È quanto è stato ritenuto anche dal comitato tecnico per la

interpretazione e l'applicazione del citato d.p.r. n. 616 (nota della

presidenza del consiglio n. 66500/36.6 del 5 febbraio 1980).

Da ciò deriva, sostiene l'amministrazione riferente — e il

comitato tecnico di cui sopra è dello stesso avviso — che il

potere legislativo e regolamentare in ordine alle funzioni medesi

me continua a spettare allo Stato con i corollari della piena validità delle disposizioni già emanate e della possibilità di

emanare direttive — nelle forme del decreto ministeriale — alle

province in ordine all'esercizio dell'attività di vigilanza.

Ora, ad avviso della sezione, non v'è dubbio che lo Stato

conservi il potere legislativo ed il potere regolamentare di esecu

zione e che l'amministrazione statale mantenga il potere di

emanare circolari interpretative, che hanno valore in quanto

interpretano — e nei limiti in cui le interpretano esattamente —

le norme vigenti.

La sezione, però, ritiene assai dubbio che, laddove funzioni

sono state attribuite ai comuni (al di fuori dei casi di funzioni

attribuite al sindaco quale ufficiale di governo) ed alle province, si possa poi intervenire a disciplinarle non con regolamenti di

esecuzione, ma con regolamenti indipendenti od autonomi, quali

sicuramente sarebbero nel caso di specie le norme che adottate

con lo strumento regolamentare, introducessero nuovi limiti al

potere di autorizzazione delle autoscuole.

In tal modo, infatti, si verrebbero a delimitare e a definire, e

in definitiva a comprimere, funzioni dei comuni e delle province che solo la legge può fare nel rispetto delle autonomie locali (art. 5 e 28 Cost.).

L'uso dello strumento regolamentare ai fini perseguiti dall'am

ministrazione riferente, perciò, qualora non fosse già proibito in

funzione della riserva di legge di cui all'art. 41, 2° comma, Cost., non potrebbe attuarsi anche per un'ulteriore e diversa riserva che

consente solo alla legge di determinare le funzioni dei comuni e

delle province, nel rispetto anche per la legge del principio delle

autonomie locali.

È appena il caso di dire ancora che se si volesse agire con il

regolamento tipo da adottare con decreto ministeriale come ob

bligatorio per le province (in altre parti della relazione in

epigrafe si parla, peraltro, da proporre alle province) an

drebbe ulteriormente osservato che, mentre il potere rego lamentare del governo ha portata generale, i regolamenti ministe

riali trovano la loro fonte di legittimazione in specifiche norme di

legge che nella specie mancherebbero.

In definitiva, il collegio ritiene che il problema sollevato sia

indubbiamente di grande momento e rilevanza sociale e meriti

attenta considerazione e pronta soluzione.

La soluzione, però, è da affidare alla legge {almeno per quanto

riguarda i criteri e le linee direttive) e non allo strumento

regolamentare.

CORTE DEI CONTI; Sezione i; decisione 8 luglio 1983, n.

107; Pres. Baiocchi, Est. Mastropasqua; Comune di Inve

runo.

CORTE DEI CONTI;

Responsabilità contabile e amministrativa — Giudizio di conto —

Comune — Spese eccedenti i singoli bilanci — Esenzione di

responsabilità — Limiti (R.d. 3 marzo 1934 n. 383, t.u. della

legge comunale e provinciale, art. 325).

Non va esente da responsabilità il tesoriere del comune, che

abbia pagato mandati eccedenti i fondi disponibili dei corri

spondenti capitoli, anche se per spese obbligatorie e indifferibi

li, a meno che il bilancio risulti globalmente in pareggio, e il

consiglio comunale, al quale la questione dovrà essere sottopo sta dal sindaco su invito della sezione, deliberi a sanatoria di

stornare a favore di quei capitoli i fondi necessari, prelevandoli

dagli altri capitoli risultati eccedentari. (1)

(1) Non risultano, a quanto consta, precedenti specifici: circa la

responsabilità del tesoriere, sia pure concorrente con quella c.d. formale degli amministratori ex art. 252 r.d. 3 marzo 1934 n. 383 (su cui v. Corte cost. 23 marzo 1983, n. 72, Foro it., 1983, I, 1524, con nota di richiami, nel senso della infondatezza dell'eccezione di inco

stituzionalità), Corte conti, sez. I, 16 febbraio 1983, n. 25, Riv. Corte conti, 1983, 94, ne ha escluso la sussistenza per pagamenti effettuati in eccedenza ai limiti degli stanziamenti di bilancio, anche se per spese obbligatorie e rispondenti alle finalità istituzionali

dell'ente, quando sia intervenuta, preventivamente alla presentazione del conto, una deliberazione consiliare di sanatoria, la quale abbia provveduto alla eliminazione degli effetti lesivi delle spese irregolar mente disposte in eccedenza ai capitoli di bilancio: nella decisione in esame l'invito rivolto dalla sezione al consiglio comunale a ridetermi nare a sanatoria il bilancio, onde eliminare la lesione contabile derivante da mandati di pagamento eccedenti i fondi disponibili dei

corrispondenti capitoli, appare pertanto come un espediente pratico di verifica della capienza di bilancio a far fronte alle spese disposte e dell'uso delle risorse finanziarie in conformità ai limiti di spesa indicati nel bilancio stesso, sia pure riferito alla attività gestoria del

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Fatto e diritto. — 1. - È ormai consolidata giurisprudenza di

questa sezione che il giudizio sui conti degli enti locali ha quale

proprio ambito non solo la gestione del tesoriere ma anche quella

degli amministratori e che la pronuncia sul conto si estende a tutti i fatti emergenti dalla documentazione esibita ed acquisita.

In tale prospettiva il magistrato relatore sui conti degli enti locali della provincia di Milano ha chiesto il giudizio della

sezione sul conto del comune di Inveruno per l'esercizio 1977, avendo rilevato dall'esame del conto stesso che il tesoriere ha

pagato somme eccedenti lo stanziamento in bilancio, che risultano

assunti impegni di spesa per importi superiori allo stanziamento in bilancio e, infine, che erano state pagate somme per impegni assunti in esercizi precedenti.

Sul punto relativo ai pagamenti eccedenti lo stanziamento in

bilancio, che hanno riguardato i capitoli 6 per la somma di lire

300.000, 15 gennaio per lire 204.210, 15 maggio per lire 1.000.000, 94 per lire 1.911.775, 11 febbraio per lire 1.202.700 e 11 marzo

per lire 210.670, la difesa del tesoriere di Inveruno ha sostenuto

che il tesoriere è tenuto ad un controllo puramente formale dei

titoli di spesa e che il suo obbligo di accertare la capienza dei

capitoli di spesa è limitato anch'esso ad un fatto formale, dovendo risultare chiaramente dai titoli di spesa. In fatto ha

precisato che le spese per le quali sono stati emessi i mandati in

questione hanno tutte le caratteristiche della obbligatorietà e della

indifferibilità e che il comune avrebbe potuto provvedere median

te storni di fondi da capitoli dello stesso titolo che presentavano

adeguata disponibilità.

In proposito la sezione afferma che la disposizione di cui

all'art. 325 t.u. 1. com. e prov. 3 marzo 1934 n. 383, secondo la

quale il tesoriere deve estinguere i mandati nei limiti del fondo stanziato in bilancio segna i limiti dell'attività gestoria del teso

riere oltre i quali egli agisce al di fuori del mandato conferitogli ed è, conseguentemente, responsabile in proprio dell'attività stessa.

Né è sufficiente a configurare comunque una utile gestione da

parte del tesoriere la obbligatorietà ed indifferibilità della spesa sostenuta e per la quale è stato sfondato lo stanziamento del

capitolo. Invero il bilancio dei comuni è astretto a vincoli

specifici perché chiuda in pareggio e perché i trasferimenti a

carico del bilancio dello Stato, che tale pareggio debbono assicu

rare ove l'ente locale non sia come normalmente accade in

grado di raggiungerlo con le proprie risorse, non superino i livelli

stabiliti dalla singole leggi di intervento. Di talché non si può valutare se il comportamento del tesoriere e degli amministratori comunali abbia arrecato danno all'ente prendendo in considera

tesoriere e alla sua conseguente responsabilità. V. anche Corte conti, sez. riun., 1" ottobre 1980, n. 251, Foro it., Rep. 1981, voce Responsabilità contabile, n. 90, in tema di efficacia di deliberazione consiliare in funzione sanatoria di spese non previste o maggiori di quelle autorizzate in bilancio. Peraltro nel senso dell'applicabilità della medesima disciplina sostanziale sia alla responsabilità contabile degli amministratori, sia a quella del tesoriere, v. Corte conti, sez. I, 23 maggio 1977, n. 44, id., Rep. 1978, voce cit., n. 137.

La pronuncia interlocutoria, incentrata prevalentemente su un'ipote si di responsabilità contabile del tesoriere, lascia in disparte le connesse problematiche relative all'individuazione dell'oggetto del giu dizio sul conto del tesoriere e di quello sul conto consuntivo degli enti locali, su cui v. Corte conti, sez. I, 19 novembre 1982, n. 137, Riv. Corte conti, 1983, 70, caratterizzata dall'esigenza di una rappresentazione monistica dei rapporti contabili intercor renti tra tesoriere ed enti locali: sul punto cfr. le conformi Corte conti, sez. riun., 2 luglio 1982, n. 308/A, id., 1982, 900; 20

luglio 1979, n. 219/A, Foro it., 1980, III, 521, con nota di richiami, e, meno recentemente, Corte conti, sez. I, 4 maggio 1972, n. 42, id., Rep. 1973, voce cit., n. 138; 4 marzo 1972, n. 39, ibid., n. 137. Sui rapporti tra conto del tesoriere e conto consuntivo dell'ente locale, v. Corte conti, sez. II, 20 settembre 1982, n. 117 e 13 luglio 1982, n. 97, Riv. Corte conti, 1982, 957; 2 giugno 1980, n. 76, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 109.

Per altri profili relativi al giudizio di conto del tesoriere, v. Corte

conti, sez. II, 27 settembre 1980, n. 127, id., 1981, III, 449, con nota di richiami di L. Verrienti. In dottrina v. Gileno, Profili processuali del giudizio di conto, in Foro amm., 1981, I, 2624.

Per quanto riguarda la sottoposizione a giudizio di conto dei tesorieri delle regioni e delle province autonome di Trento e di

Bolzano, v. Corte conti, sez. I, 3 gennaio 1983, n. 5, Riv. Corte

conti, 1983, 85; 5 febbraio 1982, n. 12, Foro it., 1982, III, 159, con nota di richiami; a tali giudizi di conto si applicano le norme della legge e del regolamento di contabilità generale dello Stato, cioè

rispettivamente il r.d. 18 novembre 1923 n. 2440 e il r.d. 23 maggio 1924 n. 827, cfr. Corte conti, sez. I, 29 novembre 1982, n. 139, Riv. Corte conti, 1982, 955; 19 ottobre 1981, n. 110, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 170.

zione la singola spesa che ha provocato lo sfondamento senza

considerarla nel contesto gestorio quale emerge dai bilanci. Sa

rebbe invero facile a tali fini iscrivere in bilancio importi insufficienti nei capitoli relativi a spese obbligatorie ed indifferibi

li, per poi travalicarne i limiti, e contemporaneamente stanziare

fondi per spese non urgenti o comunque non indispensabili.

L'obbligo di chiudere comunque in pareggio finanziario il

bilancio e di garantire in ogni caso l'equilibrio finanziario del

bilancio stesso, statuito in tutta la normativa che disciplina la

finanza locale — indicano in modo inequivoco come il legislatore abbia inteso assicurare non solo la legittimità di ogni singola

spesa ma anche evitare che gli enti locali superino nella gestione del bilancio l'ambito delle risorse finanziarie, che, secondo le

scelte effettuate dagli organi statali a ciò preposti, ad essi

compete.

Ed invero l'accertamento delle entrate nello Stato e la riparti zione che questi opera delle risorse finanziarie fra tutti i centri di

spesa pubblica implica che spetta allo Stato stabilire sotto l'aspet to finanziario il livello di soddisfacimento globale degli interessi

pubblici di cui sono attributari i singoli enti e che, conseguente

mente, costituisce danno per la finanza pubblica ogni spesa che

ecceda i limiti posti dalla legislazione statale in materia di

finanza locale.

Quando la spesa — ancorché indifferibile — non trovi capienza

negli stanziamenti in bilancio deve trovare copertura mediante lo

storno di somme da altri capitoli o mediante l'espansione delle

entrate, non essendo sufficiente l'obbligatorietà ed indifferibilità

della spesa a legittimare l'impegno e/o il pagamento del corri

spondente importo.

Nella fattispecie all'esame della sezione, peraltro, le risultanze

finali del bilancio, chiuso con un avanzo di amministrazione pur

dopo computate le eccedenze di pagamenti di che trattasi, fanno

emergere la inesistenza di un danno nei termini sopradelineati. Il

comune avrebbe potuto correttamente impegnare e pagare le

somme in questione impinguando previamente i correlativi capito li di spesa, mediante storni da altri capitoli che presentavano la

necessaria disponibilità.

Pertanto, fermo restando che il tesoriere non avrebbe comunque dovuto pagare somme superiori allo stanziamento in bilancio, e

che i pagamenti cosi' effettuati sono ad essi direttamente imputa

bili perché eccedono i limiti di legge del mandato a lui conferito,

si chiede al sindaco del comune di Inveruno di sottoporre la

questione al consiglio comunale per accertare se il comune stesso

intende rideterminare a sanatoria il bilancio 1977 apportando le

modifiche necessarie a legittimare le spese di che trattasi e di

trasmettere, nell'affermativa, copia della relativa delibera del con

siglio comunale.

La sezione si riserva di apportare le necessarie rettifiche al

conto, ove nel termine appresso indicato non verrà depositata la

delibera nella segreteria della sezione.

2. - Un discorso del tutto analogo va fatto — salvo il punto relativo alla responsabilità del tesoriere — per quanto riguarda le

eccedenze di impegno. Allo stato esse non possono essere iscritte

tra i residui passivi del comune per l'esercizio 1977. Si chiede, anche per queste eccedenze di impegno, al sindaco se il comune

intende rideterminare a sanatoria il bilancio 1977 apportando le

modifiche necessarie a legittimare gli impegni di che trattasi, trasmettendo nell'affermativa copia della relativa delibera.

Si fa riserva di giudizio anche su questo punto.

3. - Per quanto riguarda le passività arretrate pagate nel corso

dell'esercizio 1977, al fine di accertare la legittimità del loro

pagamento, il comune di Inveruno dovrà depositare nella segrete ria della sezione i titoli estinti muniti della relativa documenta

zione di sostegno ed in particolare delle delibere del consiglio comunale di assunzione delle spese di che trattasi e dovrà

fornire analitici chiarimenti sui motivi per i quali le spese stesse

non sono state impegnate nell'esercizio nel corso del quale sono

state disposte.

Per tutti gli adempimenti indicati può essere fissato il termine

di sessanta giorni dalla data di comunicazione della presente a

cura della segreteria, e, trattandosi di giudizio di conto per la cui

prosecuzione deve procedersi ad impulso d'ufficio, va anche

fissata la data dell'udienza per la prosecuzione del giudizio.

Il Foro Italiano — 1984 — Parte ///-11.

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