Sezione I; decisione 8 marzo 1960, n. 25886Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 9 (1961), pp. 197/198-199/200Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175039 .
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197 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 198
In sostanza, secondo la tesi dell'Avvocatura generale dello Stato, essendo il gravame proposto avverso un provve dimento di perequazione e non contro il decreto di liquida zione originaria della pensione, ricorre il presupposto per una declaratoria d'inammissibilità, in forza del principio di carattere generale per cui il ricorso in materia di riscatto
è ammesso soltanto contro il decreto concernente la liqui dazione del trattamento di quiescenza, entro il termine di
90 giorni dalla comunicazione o notificazione del provve dimento stesso. Senonchè l'enunciato precetto, che peraltro lia subito, con riguardo alle cessazioni dal servizio successive
al 1° gennaio 1958, una radicale trasformazione per effetto
della nuova disciplina contenuta nell'art. 6 legge 15 feb
braio 1958 n. 46, che consente un'autonoma impugnativa del provvedimento ministeriale di riscatto anche in costanza
di servizio del dipendente statale, si riferisce pur sempre alla ipotesi in cui l'Amministrazione, di fronte ad una espli cita richiesta, abbia omesso una qualsiasi pronuncia sia pre cedentemente al collocamento a riposo dell'impiegato sia
contestualmente al provvedimento di liquidazione del trat
tamento di quiescenza.
Consegue che, ogni qualvolta in detto provvedimento non sia stato fatto alcun riferimento, positivo o negativo, alla
valutazione di un determinato servizio soggetto a riscatto,
in relazione ad apposita formale domanda tempestivamente
proposta dall'interessato in ottemperanza delle specifiche norme regolanti la materia dei riscatti, sussiste il diritto di
quest'ultimo ad ottenere la correlativa pronuncia in pre senza di un generico obbligo giuridico dell'Amministrazione
di provvedere al riguardo. Fondata appare, invece, l'eccezione formulata in udienza
dal Procuratore generale, secondo cui l'esaminato motivo
di gravame dev'essere ritenuto sotto altro profilo giuridico
inammissibile, in ossequio cioè alla norma dell'art. 71,
lett. b), del regolamento di procedura approvato con r.
decreto 13 febbraio 1933 n. 1038, che tale sanzione commina
per le domande giudiziali sulle quali non siasi provveduto
in sede amministrativa.
È appena il caso di precisare che, se, nella specie, da un
punto di vista strettamente terminologico identica appare la qualificazione della sanzione de qua, diversi sono gli ef
fetti che scaturiscono a seconda che a fondamento di essa
sia posta la norma dell'art. 62, 3° comma, t. u. n. 1214
del 1934 implicitamente invocata dalla difesa dell'Ammini
strazione resistente, ovvero quella dell'art. 71, lett. b), r.
decreto n. 1038 del 1933 richiamata dal Procuratore ge
nerale. Poiché, mentre dalla prima deriva la definitività
del trattamento liquidato, in difetto di tempestivo gravame
avverso il decreto min. 30 ottobre 1954 n. 2055 di conferi
mento originario della pensione e in conformità dei criteri
sulla riliquidazione delle pensioni stabiliti dall'art. 9 legge
29 aprile 1949 n. 221 e dall'art. 25 decreto pres. 11 gennaio
1956 n. 20, la seconda fa salvo il diritto dell'impiegato,
corrispondente all'obbligo dell'Amministrazione di cui
dianzi si è fatto cenno, di ottenere una esplicita pronuncia, suscettibile a sua volta di gravame dinanzi a questa magi
stratura se emessa in violazione di precise norme giuri
diche. Nè d'altra parte, la mancanza di specifico riferimento
alla riscattabilità del servizio prestato dal ricorrente presso
la Scuola di guerra di Torino, tanto nel decreto di liquida
zione originaria quanto in quello di perequazione della pen
sione, potrebbe indurre il Collegio a ritenere implicitamente
respinta la domanda amministrativa dell'interessato, e,
in conseguenza, ammissibile il gravame, nonché fondata la
pregiudiziale mossa dall'Avvocatura generale dello Stato.
Invero, essendo rimessi all'apprezzamento del giudice gli
elementi presuntivi della volontà dell'Amministrazione
circa la richiesta valutazione del servizio, allorché manchi
una esplicita pronuncia, non potrebbe essere trascurata la
circostanza, chiaramente desumibile dagli atti processuali,
che la pronuncia stessa venne emessa proprio in quanto
erano in corso accertamenti da parte della medesima Am
ministrazione ferroviaria (accertamenti mai definiti) circa
la natura del servizio prestato dal ricorrente, in rapporto
alla norma che contempla la valutabilità mediante riscatto
soltanto dei servizi non di ruolo resi con carattere di conti
nuità.
Gli atti vanno pertanto rinviati al Ministero dei trasporti, Direzione generale delle Ferrovie dello Stato, affinchè, ulti
mate le indagini in corso, emetta il provvedimento in que stione.
Quanto al secondo motivo del ricorso, che, come si è
detto, appare indirettamente formulato attraverso il pro
spetto dei servizi pensionabili compilato a cura del ricor
rente, non risulta dal fascicolo amministrativo che nella do
manda datata 18 aprile 1954 il Ponzini, oltre al servizio reso
presso la Scuola di guerra di Torino, abbia chiesto anche il
riscatto del periodo di avventiziato prestato anteriormente
all'assunzione in ruolo presso l'Amministrazione ferroviaria, come sarebbe stato necessario trattandosi di servizio non
valutabile di per sè. Di conseguenza per questo punto, mancando l'apposita istanza nei termini voluti dall'art. 1
r. decreto 7 dicembre 1923 n. 2960, il ricorso va respinto sic
come infondato.
Per questi motivi, dichiara inammissibile, ecc.
COMMISSIONE CENTRALE PER LE IMPOSTE DIRETTE.
Sezione I ; decisione 8 marzo 1960, n. 25886.
Tasse e imposte in 9; nere — Mancata dichiarazione
annuale Iscrizione a ruolo del reddito dell'anno
precedente, inferiore al minimo imponibile, mag
giorato — Illegittimità (L. 11 gennaio 1951 n. 25, norme nella perequazione tributaria, art. 3, 2° comma).
Se la dichiarazione annuale dei redditi per l'annata in corso
non è stata presentata, per essere il reddito mobiliare infe riore al minimo imponibile, non è legittima l'iscrizione a
ruolo, per l'anno successivo, del reddito accertato per l'anno
precedente, maggiorato del 10%. (1)
La Sezione, ecc. —r L'assunto dell'Ufficio non appare fondato.
In virtù dell'art. 1 t. u. 5 luglio 1951 n. 573 tutti coloro
che posseggono redditi soggetti alle imposte dirette devono
presentare annualmente la dichiarazione unica. Sono quindi
obbligati alla dichiarazione quei contribuenti i cui redditi
siano assoggettabili ad imposizione. Come è stato chiarito
dalla circolare ministeriale 28 luglio 1951, n. 1441 «la di
chiarazione deve essere fatta quando può dall'ufficio essere
utilizzata ai fini dell'accertamento, mentre sarebbe precetto senza scopo richiedere una dichiarazione che non serve ai
fini dell'imposizione ». Non devono quindi presentare la
dichiarazione coloro i cui redditi siano esenti e la stessa
circolare precisa che la esenzione va intesa non solo in senso
oggettivo, ma anche in senso soggettivo. Di tale principio hanno fatto applicazione la legge 21
maggio 1952 n. 477, art. 3, e successivamente la legge 5 gennaio 1956 n. 1, art. 31, che hanno preso in considera
zione per esonerarli dalla dichiarazione ai fini dell'imposta
complementare, i possessori di redditi di terreni, agrari, e
tassabili per rivalsa (r. m. categ. A). Ma lo stesso principio è applicabile ai percettori di red
diti di r. m. di cat. B, C/1 e C/2 (questi ultimi, se non tassa
bili in via di rivalsa), che non superano la quota esente, la
(1) Non risultano precedenti editi : l'art. 3, 2° comma,
della legge 11 gennaio 1951 n. 25, di cui la Commissione centrale
ha fatto applicazione, è riprodotto nell'art. 142 del t. u. sulle
imposte dirette, approvato con decreto pres. 29 gennaio 1958
n. 645. Il testo della circolare ministeriale 28 luglio 1951, n. 144L,
richiamata nella decisione, si legge nella Rassegna mensile delle
imposte dirette, 1952, 81.
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199 PARTE TERZA 200
quale, a decorrere dal 1° gennaio 1951, è stata portata nei
confronti delle persone fisiche per i redditi di cat. B, a
lire 240.000 (art. 13 legge 11 gennaio 1951 n. 25). Ne con
segue clie la R. R., non godendo di un reddito di r. m. cat. B, superiore alle 240.000, non aveva l'obbligo di pre sentare la dichiarazione unica. Non soggiacendo a tale
obbligo, non poteva esserle applicata la presunzione iuris et de iure che l'art. 3 della citata legge n. 25 del 1951 pre vede a carico di coloro che abbiano omesso di presentare la dichiarazione. È chiaro che non può parlarsi di omessa dichiarazione se il contribuente non sia tenuto a presen tarla, e che pertanto non possa operare, per mancanza del
presupposto, la presunzione iuris et de iure prevista dal citato art. 3 ed invocata dall'Ufficio.
Va quindi ritenuto che illegittimamente l'Ufficio ha
proceduto all'iscrizione con la maggiorazione del reddito anteriormente accertato. Nè vale obiettare che alla contri buente non fosse consentito proporre opposizione al ruolo ai sensi dell'art. 117 del reg. 11 luglio 1907, giacché questa disposizione contempla tale rimedio, così per le ipotesi di addotta inesistenza di reddito, come per quelle di reddito
esente, prescrivendo che i contribuenti possano proporre l'opposizione per provare che nel tempo in cui doveva farsi la dichiarazione il reddito non esisteva o era esente
dall'imposta. È quest'ultima l'ipotesi ricorrente nella fat
tispecie : la contribuente ha proposto opposizione appunto per provare che essa aveva un reddito il cui ammontare non raggiungeva il minimo tassabile e quindi che il reddito era esente da imposta.
Bene quindi la Commissione provinciale ha proceduto ad estimare l'ammontare del reddito per accertare se esso fosse o non soggetto ad imposta e conseguentemente se la reddituaria avesse dovuto fare o no la dichiarazione onde ulteriormente valutare la legittimità della iscrizione a ruolo.
Per questi motivi, ecc.
Rivista di Giurisprudenza Amministrativa
Milizia volontaria per la sicurezza nazionale — Poteri jjià spettanti al comando generale — Esercizio da parte del Ministero della difesa — Esclusione — Fattispecie (R. d. 1. 6 dicembre 1943 n. 16/B, scio
glimento della m.v.s.n., art. 1, 2, 3, 4).
Il Ministero della difesa non può esercitare i poteri già spettanti al soppresso comando generale della disciolta milizia volontaria per la sicurezza nazionale, e legittima mente, pertanto, nega il riesame di un reclamo proposto a tale comando da un ufficiale della milizia contro la can cellazione disciplinare dai ruoli. (1)
Consiglio di Stato ; Sezione IV ; decisione 26 aprile 1961, n. 249 ; Pres. Polistina P., Est. Landi ; Zanelli (Avv. Uderzo) c. Ministero difesa-esercito (Avv. dello Stato Malinconico).
(1) Per il riferimento, contenuto nella motivazione, alla legge 20 marzo 1954 n. 72, v. Cons. Stato, Sez. IV, 26 aprile 1961, n. 281, II Consiglio di Stato, 1961, I, 709.
Secondo Cons. Stato, Sez. IV, 4 maggio 1956, n. 486 (Foro it., Rep. 1956, voce Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, n. 1) il Ministero della difesa è comp tente a pronun ciare l'annullamento di ufficio di un provvedimento di radia zione dai ruoli adottato dalla m. v. s. n. nei confronti di un suo ufficiale, tenuto conto che la milizia, prima dello scioglimento, era stata incorporata nell'esercito.
Per l'App. Genova 22 giugno 1950 (id., Rep. 1950, voce cit., nn. 1-3) la soppressa milizia fu all'origine istituita come
corpo di aspetto apparentemente militare, ma con effettivo fine politico e, come tale, fu posta alle dipendenze del Capo del Governo, senza alcuna ingerenza dei Dicasteri militari. Tuttavia, essa, dopo il 25 luglio 1943, perdette ogni carattere di corpo politico, per assumere esclusivamente quello di corpo militare, venendo a far parte delle forze armate dello Stato, con l'unico fine della difesa militare del Paese in guerra ; di conseguenza, la sua successiva soppressione trasferi nei Dicasteri militari, e particolarmente in quello della guerra, la competenza a trattare ogni controversia cui l'operato di persone in precedenza alla mi lizia appartenenti avesse dato luogo.
Per riferimenti, sui ricorsi giurisdizionali avverso provve dimenti emessi da autorità, i cui poteri, al momento della propo sizione dei ricorsi stessi, siano stati trasferiti ad altra autorità : Cons. Stato, Ad. plen., 27 febbraio 1961, n. 7, retro, 107 e 168, con nota critica del prof. De Vali.es.
In dottrina cons., in generale, S. Foderaro, La milizia volontaria nel diritto pubblico italiano2, Padova, 1940.
* * *
La Sezione ha così motivato : « Il ricorso è infondato. « Il r. decreto legge 6 dicembre 1943 n. 16/B ha disposto
lo scioglimento della milizia volontaria per la sicurezza nazio nale (art. 1), ha restituito alle forze armate di provenienza il relativo personale (art. 2 e 3), ed infine ha destinato all' sercito ed alla marina le armi, equipaggiamento e materiale della di sciolta organizzazione (art. 4). Ma nè il decreto legge citato, nè le norme successive, hanno trasferito ad altri organi dello Stato le attribuzioni già spettanti al comando generale m. v. s. n. : le disposizioni che è dato rinvenire concernono solo determinate materie ; così ad es., quelle della legge 20 marzo 1954 n. 72, riguardano il trattamento di quiescenza.
« È dunque da escludere che il Ministero della difesa possa esercitare i poteri spettanti al soppresso comando generale, rie saminando il reclamo a suo tempo proposto dallo Zanelli contro la cancellazione disciplinare dai ruoli. L'esercizio di tali po teri presupponeva l'esistenza della particolare organizzazione alla cui struttura disciplinare erano connessi. Ed avendo la m. v. s. n. compiti strettamente legati al regime dal quale fu creata, si deve escludere che essi possano trovare successione o continua zione nelle funzioni attuali dell'uno o dell'altro organo dello Stato, in base a superficiali analogie quali ad esempio quella del tipo militare dell'organizzazione ».
Tasse e imposte in genere — Gravami alla commis sione provinciale — « Solve et repete » — Incosti tuzionalità — Questione non manifestamente in fondata (R. d. 1. 5 marzo 1942 n. 186, provvedimenti in materia di valutazione agli effetti dell'applicazione delle imposte dirette, art. 4).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esame alla Corte costituzionale) la questione di legittimità dell'art. 4, 3° comma, r. decreto legge 5 marzo 1942 n. 186, che subordina la proponibilità del gravame alla commis sione provinciale delle imposte al pagamento di quanto do vuto in base alla decisione emessa in prima istanza. (1)
Commissione provinciale delle imposte di Milano ; or dinanza 26 aprile 1961; Pres. Montaldo ; Barbera c. Ufficio
registro Milano.
(1) Il testo dell'ordinanza è riprodotto su Le Leggi, 1961, 1136. Oons. le ordinanze della Corte di cassazione (22 e 8 giu
gno e 18 maggio 1961), in questo fascicolo, I, 1567, nonché la sentenza 8 giugno 1961, n. 1332, in questo fascicolo, I, 1476, con nota di richiami.
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